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Tutto Berlusconi: vs Tremonti, vs Vaticano, caso Ruby, varie ed eventuali

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2011 23:41
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20/01/2011 15:08
 
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Il golpe morbido

di Fabrizio Rondolino

La posta in palio del Rubygate non è la distruzione dell’immagine del presidente del Consiglio, la fine della sua carriera politica o addirittura (come piacerebbe a Repubblica e al Fatto) la sua incarcerazione. Non è in gioco il potere di Berlusconi, ma il potere della magistratura. E cioè la facoltà, che un pezzo di magistratura si è autoattribuita negli anni di Tangentopoli, di esercitare un controllo di legalità preventivo e inappellabile sulle scelte del corpo elettorale.

Per conquistare e mantenere questo potere di condizionamento permanente della vita democratica, la magistratura ha abbandonato da tempo la strada del semplice processo giudiziario. Le inchieste che si aprono a ripetizione sul presidente del Consiglio e sulle persone a lui vicine non hanno come scopo il processo e l’eventuale condanna dell’imputato, ma lo scatenamento di una tempesta mediatica che ha al suo centro lo sputtanamento integrale dell’indagato e di chi lo frequenta. Ai pm non interessa (più) portare Berlusconi in tribunale: il loro obiettivo è coprirlo di fango per innescare un processo politico che porti alla sua eliminazione.

Questo meccanismo extragiudiziario – che in Italia ha in Woodcock e in De Magistris i suoi riconosciuti maestri – è trasparente nell’inchiesta della Procura di Milano. Da più parti, e giustamente, si riconosce la preparazione e la serietà di quei magistrati. Proprio perché sono seri e preparati, non possono non sapere che l’inchiesta che hanno aperto non è di loro competenza. O, per meglio dire, che sono molto fondate le obiezioni di chi, non soltanto fra i legali di Berlusconi, contesta le prerogative della Procura su un reato commesso ad Arcore (che ricade sotto la Procura di Monza) e su un altro che con ogni probabilità compete al Tribunale dei ministri, previa autorizzazione della maggioranza assoluta della Camera.

I magistrati di Milano sono troppo seri e troppo preparati per non sapere che, con queste premesse, l’invito a comparire e la richiesta di processo immediato non hanno alcuna possibilità di essere accolti, a meno che l’indagato non rinunci alla propria difesa. Sanno anche, i preparatissimi magistrati di Milano, che il rifiuto di Berlusconi ad accondiscendere alle loro richieste verrà presentato dalla grande stampa “indipendente” come un rifiuto a farsi processare e come una pretesa di impunità. E sanno infine che la divulgazione delle intercettazioni, del tutto ininfluente ai fini dell’inchiesta, assesta un colpo mortale alla persona di Silvio Berlusconi, alla carica che ricopre, e al Paese che rappresenta. Allo sputtanamento di queste ore, e anche questo è ben noto ai seri e preparati magistrati di Milano, nessuna sentenza potrà mai rimediare, per la buona ragione che ciò di cui si parla – i “festini” di Arcore – non costituisce reato.

Se la Procura di Milano apre un’inchiesta sapendo fin dall’inizio che non porterà a nulla, vuol dire che il suo obiettivo non è giudiziario: l’obiettivo dei magistrati è far cadere il governo.

Il golpe morbido comincia con la guerra alla legge sulle intercettazioni, che rinsalda l’alleanza di ferro fra magistrati e giornali rinnovando l’antico patto di Tangentopoli (verbali e buona stampa in cambio dell’immunità per gli editori) e punta esplicitamente, fin dall’inizio, ad aprire una crepa nella maggioranza scelta dagli elettori. Operazione in parte riuscita, perché proprio allora Gianfranco Fini accentuò la sua marcia di allontanamento da Berlusconi facendo naufragare la legge (e ricavandone in cambio, dicono i maligni, una grazia per l’appartamentino di Montecarlo).

Il Rubygate è il secondo atto: rendere impresentabile agli occhi dell’opinione pubblica il presidente del Consiglio, per togliergli le simpatie della Chiesa, per mettere in dubbio la fedeltà della Lega, per ridare fiato al Terzo polo (che oggi candida Letta a palazzo Chigi). E per insinuare nello stesso Pdl (come accadde col Psi di Craxi) l’idea che la partita sia chiusa, e che i meno compromessi farebbero ancora in tempo a salvarsi passando dall’altra parte, dove verrebbero accolti a braccia aperte.

Lo scopo dell’inchiesta di Milano è dunque il “governo di transizione”. Cioè il coagularsi di una maggioranza in Parlamento che mandi all’opposizione i vincitori del 2008 (Pdl e Lega) e vari una riforma elettorale di impianto proporzionale, perché con il proporzionale la maggioranza relativa del centrodestra diventa, d’incanto, minoranza.

Personalmente non credo che le cose finiranno così, e prevedo piuttosto una nuova, ulteriore fase di incanaglimento collettivo. Ma è sempre bene sapere come stanno le cose. Lo scontro in corso è cruciale non perché Berlusconi rischia la carriera, ma perché la fragile democrazia italiana rischia il suo definitivo commissariamento.







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20/01/2011 15:10
 
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Hanno vinto i peggiori

di Claudio Velardi

Il Quirinale ha perfettamente ragione: il Paese è turbato, profondamente turbato. La valanga di fango che la Procura di Milano sta riversando sul presidente del Consiglio, non per provare i reati che gli vengono imputati (una telefonata in Questura e un rapporto sessuale a pagamento con una minorenne) ma al solo scopo di distruggerne l’immagine, la credibilità e la carriera, è destinata ad infliggere un colpo mortale alla vita democratica e civile del Paese.

Ciò che abbiamo letto e leggeremo sui giornali non ha nulla a che fare con le accuse penali: è il racconto in presa diretta di un “puttanaio”, secondo la felice espressione di una ragazza, perfettamente legale quanto intollerabile, del tutto ininfluente ai fini dell’inchiesta in corso (salvo un paio di telefonate di Ruby) quanto devastante per il Paese.

Le libertà individuali sono travolte, come ha magistralmente osservato Piero Ostellino, nel momento in cui decine di persone possono essere schedate, intercettate e interrogate, e la loro vita privata può essere impunemente scagliata in pasto all’opinione pubblica, senza che siano indagate o imputate di alcun reato, ma per il solo fatto di frequentare il presidente del Consiglio (che gli inquirenti non vogliono intercettare, perché per farlo dovrebbero chiedere l’autorizzazione al Parlamento democraticamente eletto, che aborrono).

La politica è paralizzata, e le libertà democratiche sono stravolte e deturpate: l’unico criterio di scelta che orienta oggi i politici e che domani orienterà gli elettori è se essere con Berlusconi o contro di lui, a prescindere.

La Procura di Milano, che già nel ’92-’94 fu il motore di un terremoto mediatico-giudiziario conclusosi con l’assoluzione o la prescrizione per la stragrande maggioranza degli imputati, con la distruzione dei partiti democratici e con l’ascesa al potere di Silvio Berlusconi, si è assunta oggi una responsabilità gravissima, la cui giustificazione è esclusivamente politica.

E tuttavia non si possono negare le responsabilità del presidente del Consiglio. Trincerarsi dietro la privacy, ancorché discutibile in linea di principio, è del tutto inefficace nel momento in cui di privato, nella vita di Berlusconi, non è rimasto più nulla. Gridare al complotto dei magistrati ha senz’altro un fondamento, ma non serve a indicare una prospettiva, un orizzonte, una exit strategy.

Diversamente dai mozzaorecchi e dai moralisti che hanno prima degradato e poi distrutto la sinistra italiana, facendone una larva impotente, non ci interessano i reati imputati a Berlusconi e non giudichiamo in nessun modo la sua vita privata. Il problema è un altro, e investe non tanto il decoro e l’immagine dell’Italia, quanto la sua tenuta.

Diciamoci la verità: si può governare un grande paese organizzando ogni sera una festa a luci rosse, ma non si governa neppure un quartiere se non si è in grado di controllare gli apparati dello Stato. Gli scandali sessuali non erano infrequenti nella Prima repubblica: ma il rapporto specialissimo che la Dc aveva con la magistratura, i Servizi e le forze dell’ordine bastavano e avanzavano per mantenere la situazione sotto controllo. Berlusconi, come tutti i riformatori falliti, si è inimicato lo Stato senza riuscire a riformarlo: e oggi ne paga le conseguenze.

Come negli anni di Tangentopoli, ha vinto il peggio. Può darsi che Berlusconi resista a palazzo Chigi, o che scelga la strada delle elezioni anticipate per chiamare i cittadini ad un referendum sulla sua persona. È anche possibile, ancorché improbabile, che compia quel passo indietro che molti (anche in privato, anche tra gli amici) gli chiedono. Sarebbe, questa, un’ipotesi ragionevole, e un estremo tentativo di ricondurre sui binari della politica una situazione fuori controllo: esiste una maggioranza, e questa maggioranza può dar vita ad un nuovo governo con un nuovo presidente del Consiglio

In ogni caso, la partita rischia di essere già chiusa. Il giustizialismo populista, oggi rafforzato da un moralismo nauseante e guardone, si appresta a forzare un nuovo cambiamento di regime, in barba alla democrazia e in spregio al diritto. Stanno vincendo i peggiori, e l’Italia che verrà sarà peggiore, come peggiore è stata l’Italia che è venuta dopo Tangentopoli.







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20/01/2011 15:16
 
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gli ultimi due articoli sono di un fazioso raccapricciante. questo sarebbe il giornalismo "buono".

povero Silvio, vittima dei giudici comunisti
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20/01/2011 15:17
 
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da Il Riformista

Il Cav. sospetta la manina dei servizi

di Alessandro De Angelis
Retroscena. Il premier sospetta dei servizi. I fedelissimi: «Hanno giocato di sponda con i loro referenti politici». L’incubo che il sottosegretario non li controlli o che sia il terminale dei fautori del governo di transizione. E allora sceglie la controffensiva mediatica.

L’accerchiamento è sempre più asfissiante. La paura è che dalla procura di Milano il «grosso» non sia ancora arrivato. Che nei cassetti delle redazioni ci siano arsenali pronti ad esplodere. Il quadro è davvero fuori controllo. E non è un caso che Niccolò Ghedini, durante la riunione con tutti gli avvocati del premier, ha dato voce al sospetto più inquietante: «Ma è possibile che tutti gli apparati sono in mano ad uomini non nostri, da D’Alema a De Gennaro, e in questa vicenda non abbiamo avuto comunicazioni su quel che stava accadendo?». Ecco il punto: in «questa storia» Silvio Berlusconi teme la manina dei servizi. Troppi gli elementi che tornano. Al dossier sta lavorando la cerchia ristrettissima, quella che agisce nell’ombra. Perché se il sospetto fosse fondato, ne uscirebbe colpito il cuore pulsante del berlusconismo.
A ripercorrere tutti i passaggi dello scandalo l’elenco delle «anomalie» è lunghissimo. A partire dalla telefonata in questura: «Vengono sempre e comunque verbalizzate tutte le telefonate di tutti?». Ma il centro dei sospetti è altro. Riguarda la protezione del premier: «Nel nostro sistema - dice una fonte vicina al dossier - i servizi ricevono informazioni da ambienti della prostituzione di alto bordo. Questo è normale. La domanda è: come le usano? Ai fini della sicurezza o giocano con referenti politici per destabilizzare il quadro?».
Già, i referenti politici. Come in un mosaico in cui tutti in tasselli tornano al loro posto si capirebbe, alla luce dello scandalo, l’accelerata di Fini sulla crisi di governo quando esce la notizia su Ruby a novembre («Aveva informazioni da sindacati di polizia milanesi vicini a lui» dicono i fedelissimi), le manovre per un governo tecnico quando la dead line della fiducia coincide con il pronunciamento della Consulta, il contestuale pressing di D’Alema dal Copasir. In questo quadro il ruolo dei servizi sarebbe cruciale. Sia perché non avrebbero messo in moto nessuna azione volta a tutelare la privacy del premier, sia perché avrebbero agevolato la manovra politica: «Nelle fasi di transizione - ragionano gli uomini del Cavaliere - si stabiliscono collegamenti tra pezzi di apparati e pezzi di quello che può diventare il nuovo establishment».
Sospetti che, a loro volta, alimentano paure ancor più cupe. Un ministro vicinissimo al premier chiede i microfoni spenti per descriverle: «Il problema non è quello che i servizi hanno fatto, ma quello che non hanno fatto. Ci sono molti aspetti strani in questa vicenda, e non è a prima volta. Come il fatto che responsabilità sui servizi e in capo a Gianni Letta, anche se gli apparati non hanno l’obbligo di riferire a lui».
Di qui, due tesi che rischiano ugualmente di terremotare alcune certezze del berlusconismo. Come quando, ai tempi degli scandali a Villa Certosa (le foto di Zappadu e il primo sexgate) Fabrizio Cicchitto e il finiano Carmelo Briguglio sollevarono il tema dell’efficienza dei servizi. Questa volta tra i big del Pdl prevale l’imbarazzato silenzio. Prosegue il ministro: «Delle due l’una. O Letta non controlla più la catena di comando, oppure…». La velocità con cui si sta cementando un fronte trasversale - da pezzi di Pd ad autorevoli ministri pidiellini passando per tutto il terzo polo - a favore di un «governo Letta» che sostituisca il premier azzoppato alimenta scenari da incubo per il Cavaliere. Anche perché da ambienti dei servizi è stato più volte manifestato (a Letta?) lo stupore sul fatto che nessuno abbia mai chiesto alle barbe finte di indagare sugli invitati ad Arcore o nelle residenze del premier, per consentire di accogliere persone più affidabili. E qui nasce un altro lacerante dubbio: chi ha chiesto ai vertici degli apparati di sicurezza di stare fermi? Berlusconi che voleva mano libera? O altri che lo volevano rosolare? Chissà.
Ecco il clima avvelenato dello scontro finale. E non è un caso che il premier si muove in totale solitudine e sceglie, per difendersi, una linea che non è quella delle colombe. Con i direttori delle sue testate d’attacco - Alessando Sallusti, Alfonso Signorini, Giorgio Mulè - mette a punto la controffensiva mediatica di ieri. L’intervista a Ruby, quella a Sabina Began. E soprattutto il suo messaggio ai Promotori della libertà. Lo spartito non è nuovo. Il premier attacca la procura di Milano («Cerca di sovvertire il voto popolare»), ne denuncia metodi da Gestapo («Le violazioni di legge che sono state commesse in queste indagini sono incredibili, hanno utilizzato tecniche sofisticate come se dovessero fare una retata contro la mafia o contro la camorra»), spara ad alzo zero sull’uso massiccio delle intercettazioni, sullo spionaggio verso i suoi ospiti («Nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perché va contro i più elementari principi costituzionali»), minaccia «punizioni» verso le toghe.
Il tentativo è dare l’idea di un premier all’attacco e non in fuga dai magistrati («Vorrei andare immediatamente dai giudici per ottenere una rapida archiviazione, ma non posso presentarmi a dei pubblici ministeri che non hanno competenza territoriale, anche per non avallare questa violazione»). E di un leader che non si lascia disarcionare. Tanto che sottolinea l’importanza del passaggio parlamentare di ieri: «Oggi (ieri, ndr) il Senato e la Camera hanno riconfermato la loro fiducia al governo su un tema delicato e di grande rilievo per i cittadini: la relazione al parlamento del ministro Alfano sullo stato della giustizia in Italia. Lo considero come il 14 dicembre: un voto di rinnovata fiducia». Un messaggio ai giudici, e a tutte le “manine” in azione. Per fermarle Berlusconi trascina tutti nell’ordalia finale, convinti e titubanti: «Voglio tutti in campo per un contropiede micidiale» dice ai sui. L’accento è sui «tutti».






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20/01/2011 15:18
 
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Re:
gran generale, 20/01/2011 15.16:

gli ultimi due articoli sono di un fazioso raccapricciante. questo sarebbe il giornalismo "buono".

povero Silvio, vittima dei giudici comunisti




Sì, ma sono scritti da due comunisti.






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20/01/2011 15:21
 
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Re: Re:
maximilian1983, 20/01/2011 15.18:



Sì, ma sono scritti da due comunisti.



ti svelo una grande verità: i comunisti, oltre a usare i bambini per cibarsi e concimare i campi, posso anche scrivere cazzate [SM=x43668]
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20/01/2011 15:21
 
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da Il Foglio

Intellettuali non tartufeschi consigliano al Cav. una squillante difesa della sua vita privata.

Berlusconi ha detto ieri a chiare lettere che dai giudici milanesi non andrà, che si difenderà con altri mezzi. Resta quindi inascoltato quanto scriveva ieri sul Corriere della Sera Piero Ostellino. Eppure quella sarebbe la cosa giusta da fare, spiega al Foglio il commentatore, perché “l’aula di tribunale è l’unica sede in cui ci si possa difendere dalle accuse. Non in piazza, anche perché non si dovrebbero fare processi morali in piazza, che sono roba da talebani. Dopo aperto e libero dibattimento verrà fuori una sentenza e questa sentenza verrà rispettata da tutti. Non so e non è mio compito dire se questo convenga a Berlusconi. Dico che in un caso di questo genere l’unica sede in cui sia possibile ascoltare le accuse e replicare apertamente è l’aula di un tribunale”. Ostellino sottolinea che “ai magistrati tocca giudicare dal punto di vista giuridico, non morale. Io difendo le vite degli altri, da liberale è doveroso. Difendo anche le vite di quelle ragazze messe alla gogna in un processo morale, bollate come prostitute, come leggiamo negli atti della procura. E’ inaccettabile”.


Anche lo scrittore Raffaele La Capria pensa che Berlusconi dovrebbe andare davanti ai giudici. Per dire “condannatemi subito, visto che non posso difendermi. So di dire qualcosa di provocatorio e di paradossale, ma così si rivelerebbe lo squilibrio che c’è in Italia tra i poteri, evidenzierebbe che quello giudiziario è più forte degli altri. Per me, che sono di origine radicale, i diritti umani vengono prima di tutto. Sto parlando del rispetto della persona e della privacy, che un buon governo dovrebbe garantire. Quei diritti sono stati lesi da tutte le parti, e in questo senso, berlusconiani e antiberlusconiani hanno commesso più o meno le stesse indegnità. Ma continua a meravigliarmi – prosegue La Capria – il modo in cui i giornali si associano a questo andazzo”.

I testi delle intercettazioni, le foto e quello che si legge quotidianamente, dice ancora Raffaele La Capria, “sono qualcosa che lede non soltanto la nostra immagine ma anche la nostra fiducia in noi stessi. Ci si aspetterebbe invece una bella campagna giornalistica per difendere quei principi morali che valgono sia contro Berlusconi sia contro la persecuzione di Berlusconi”.

Il critico Alfonso Berardinelli pensa che “non solo per igiene pubblica e disintossicazione mediatica – per evitare un ulteriore instupidimento dell’opinione pubblica – Berlusconi deve andare dai giudici: ma perché il confronto ci sia e si veda, la pièce vada in scena davanti al suo pubblico, gli attori si fronteggino nei loro panni e con i loro argomenti. Se la politica deve essere il nostro solo teatro, lo sia”.

Rimanendo nella metafora teatrale, Claudia Mancina dice che stavolta “sarà difficile che si possa recitare il solito copione, quello che prevede di aspettare che la bufera passi e tutto si sgonfi. Ho la sensazione che non sia possibile, che la situazione sia più difficile da mandar giù. Innanzitutto per la chiesa, che non è un particolare di poco conto, ma anche per i cittadini italiani, sia per l’elemento di ripetitività, sia per il particolare della minorenne. Il presidente del Consiglio dovrebbe avere il coraggio di rivolgersi al paese in un modo diverso, e questo modo diverso potrebbe e forse dovrebbe essere andare dai magistrati e dire lì la sua verità. Non per parlare con i magistrati ma per parlare con il paese. Potrebbe essere il modo di uscire dall’accerchiamento, e del resto era quello che aveva detto all’inizio, prima di tornare sulla solita strategia. Ho però l’impressione che le cose dette e fatte finora, compreso il video di sabato scorso, denuncino una grande sensazione di debolezza e di difficoltà”.

Piero Sansonetti, a lungo direttore di Liberazione e attualmente del quotidiano Calabria Ora, dice invece che “al posto di Berlusconi non andrei dai giudici, se i giudici sono la Boccassini. Che ci va a fare, Berlusconi, da chi in cinque anni gli ha fatto recapitare cinque avvisi di garanzia? Da giudici che hanno tirato fuori valanghe di intercettazioni? Io da quei giudici non ci andrei, perché il sospetto che si tratti di una persecuzione mi verrebbe. Se Berlusconi vuole andarci ci vada, ma non risolverebbe nulla, perché la soluzione da trovare è politica. Ed è politica l’iniziativa che Berlusconi dovrebbe prendere. Aprendo all’opposizione, ammettendo che così non è più possibile andare avanti e che servono due riforme essenziali per uscire da questa situazione tragica: la riforma della giustizia e la riforma della legge elettorale. Trattiamo, dovrebbe allora dire il premier. Il quale dovrebbe accettare che la riforma elettorale sia fatta dall’opposizione per garantirsi di poter fare la riforma della giustizia, in modo tale che l’Italia non sia più il paese in cui un giudice si sveglia e mette sotto accusa il presidente del Consiglio”.







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20/01/2011 15:21
 
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Re: Re: Re:
gran generale, 20/01/2011 15.21:



ti svelo una grande verità: i comunisti, oltre a usare i bambini per cibarsi e concimare i campi, posso anche scrivere cazzate [SM=x43668]




Ne sono assolutamente convinto. [SM=x43799]






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20/01/2011 15:37
 
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Re: Re:
maximilian1983, 20/01/2011 15.18:




Sì, ma sono scritti da due comunisti.




Soffri della sindrome di Berlusconi: vedi comunisti ovunque, anche in due soggetti che del trasformismo( e dunque della mancanza di una posizione ideologica chiara e ferma) hanno fatto la loro carta vincente......
In particolare entrambi si sono allontanati da posizioni di sinistra da un bel po': uno è acerrimo nemico di Vendola, l'altro spin doctor di destra e sinistra.....tra l'altro è possibilissimo( per scrivere le stronzate di cui sopra) che entrambi si siano posizionati, in ultimo, sul libro paga di Berlusconi- in posizione ideologica economicamente vantaggiosissima...-.....
Insomma proprio comunisti.... [SM=x43636]
[Modificato da nekonika 20/01/2011 15:41]
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20/01/2011 15:50
 
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Re:
gran generale, 20/01/2011 15.16:

gli ultimi due articoli sono di un fazioso raccapricciante. questo sarebbe il giornalismo "buono".

povero Silvio, vittima dei giudici comunisti




E dei servizi segreti......nonchè dei giornali di sinistra, dei programmi faziosi made in Rai e chi più ne ha più ne metta......
Insomma sta attaccando impunemente tutti i capisaldi della democrazia: libertà e pluralismo dell'informazione, separazione e autonomia dei poteri dello Stato, rispetto-almeno formale- dell'avversario politico .
E vuole passare anche per vittima. Che schifo.
E che vergogna l'ultimo discorso contro la magistratura( quello in cui minaccia punizioni per i giudici che stanno indagando su di lui...)
[Modificato da nekonika 20/01/2011 15:53]
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20/01/2011 16:13
 
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Re: Re: Re: Re:
maximilian1983, 20/01/2011 15.21:



Ne sono assolutamente convinto. [SM=x43799]



beh allora che questi 2 articoli siano un concentrato di cazzate è pacifico.. meno male [SM=x43819]
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20/01/2011 16:14
 
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veramente, ma non si vergognano di scrivere certe schifezze? Che tristezza.. quoto in pieno nekonika, ormai si è passata la soglia del buonsenso. Peccato che ci sia gente che a certe cose ci crede pure...




~Luca
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Re: Re:
nekonika, 20/01/2011 15.50:



E che vergogna l'ultimo discorso contro la magistratura( quello in cui minaccia punizioni per i giudici che stanno indagando su di lui...)



ho sentito di questa minaccia..
in altri Paesi (quelli con la P maiuscola) il premier (quello nostro, con la p minuscola) verrebbe arrestato per incitamento al colpo di Stato
[Modificato da gran generale 20/01/2011 16:14]
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20/01/2011 16:21
 
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Grangenerale se hai coraggio e tempo vatti a vedere il video: è raccapricciante.
Rennasuper: hai pienamente ragione. In un sondaggio dell'ultimo Ballarò c'era ancora Berlusconi in cima alle preferenze del" Presidente del Consiglio più capace e carismatico" [SM=g1617904], tutti gli altri venivano dopo con un certo distacco [SM=x43653] ......
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20/01/2011 17:07
 
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Re: Re: Re:
nekonika, 20/01/2011 15.37:




Soffri della sindrome di Berlusconi: vedi comunisti ovunque, anche in due soggetti che del trasformismo( e dunque della mancanza di una posizione ideologica chiara e ferma) hanno fatto la loro carta vincente......
In particolare entrambi si sono allontanati da posizioni di sinistra da un bel po': uno è acerrimo nemico di Vendola, l'altro spin doctor di destra e sinistra.....tra l'altro è possibilissimo( per scrivere le stronzate di cui sopra) che entrambi si siano posizionati, in ultimo, sul libro paga di Berlusconi- in posizione ideologica economicamente vantaggiosissima...-.....
Insomma proprio comunisti.... [SM=x43636]




Non soffro di un bel niente. Ho letto 11 pagine di post tutte in un senso. Volevo dare un punto di vista diverso.






Nolite conformari huic saeculo sed reformamini in novitate sensus vestri.
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20/01/2011 17:18
 
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Re: Re: Re: Re:
maximilian1983, 20/01/2011 17.07:




Non soffro di un bel niente. Ho letto 11 pagine di post tutte in un senso. Volevo dare un punto di vista diverso.




Ma infatti io non ho contestato la possibilità che tu offrissi un punto di vista differente.
Ho contestato la tua affermazione che gli autori degli articoli da te postati fossero effettivamente comunisti perchè non mi risultava.
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20/01/2011 17:30
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
nekonika, 20/01/2011 17.18:







Meglio: non ho contestato la tua possibilità di intervenire offrendo un punto di vista differente. E ci mancherebbe.......
Ho solo contestato la tua affermazione che gli autori degli articoli da te postati fossero effettivamente comunisti perchè non mi risultava.
Non confondiamo le carte in tavola [SM=x43673]
[Modificato da nekonika 20/01/2011 17:31]
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20/01/2011 18:08
 
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Re:
maximilian1983, 20/01/2011 15.08:

Il golpe morbido

di Fabrizio Rondolino

La posta in palio del Rubygate non è la distruzione dell’immagine del presidente del Consiglio, ... Le inchieste che si aprono a ripetizione sul presidente del Consiglio e sulle persone a lui vicine non hanno come scopo il processo e l’eventuale condanna dell’imputato, ma lo scatenamento di una tempesta mediatica che ha al suo centro lo sputtanamento integrale dell’indagato e di chi lo frequenta. ...



Ma se a screditarsi ci riesce già benissimo da solo!
Grazie a quello che fa, dice e di chi si circonda: da Cesare Previti a Mangano, da suo fratello Paolo a Marcello Dell'Utri, fino ad arrivare a quaquaraqua del calibro di Capezzone, Gasparri, Carlucci, Santanchè, Minetti e troppi altri, purtroppo per noi. [SM=x43619]
[Modificato da Etrusco 20/01/2011 18:09]

Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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20/01/2011 18:12
 
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nekonika, 20/01/2011 17.30:


Meglio: non ho contestato la tua possibilità di intervenire offrendo un punto di vista differente. E ci mancherebbe.......
Ho solo contestato la tua affermazione che gli autori degli articoli da te postati fossero effettivamente comunisti perchè non mi risultava.
Non confondiamo le carte in tavola [SM=x43673]




Mi consenta,
ma anche i berluskini hanno il diritto di controbattere liberamente come meglio san fare. [SM=x43812]
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Parallelo Leone-Berlusconi: è bufera

pubblicata da INFORMAZIONE LIBERA il giorno giovedì 20 gennaio 2011 alle ore 16.15

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/

 

Il vicedirettore del Tg1 ne parla al telegiornale. Poi chiarisce: Nessun parallelo». Ma si scatena la rissa

 

Napoli - Berlusconi come Leone? Il premier «perseguitato» come il capo dello Stato costretto all'impeachment dopo la campagna contro di lui? Il paragone è rimbalzato dopo un servizio del giornalista napoletano, Gennaro Sangiuliano, vicedirettore del Tg1. Un servizio, quello trasmesso dal telegiornale, che ha fatto andare su tutte le furie le opposizioni che hanno chiesto la testa del direttore Minzolini e del suo vice.

 

SANGIULIANO - Poche ore dopo la trasmissione e mentre in furia la polemica, Sangiuliano chiarisce il suo punto di vista, sperando così di placare le polemiche innescate dal suo servizio. «Non c'è stato nessun parallelo. Andiamo al testo letterale: "Sarebbe improprio su un piano storico, oltre che giuridico, paragonare il caso Leone a vicende di oggi, se non per il tema sempre attuale delle campagne mediatiche che a volte giungono a conclusioni che si rivelano inconsistenti". Spesso i parlamentari fanno dichiarazioni per sentito dire, - continua Sangiuliano - studiano poco, leggono ancor meno. So bene che un raffronto tra Berlusconoi e Leone è improponibile, sotto tutti i punti di vista. Ho voluto solo ricordare una vicenda emblematica nel rapporto tra potere e media. Giovanni Leone, uno dei più grandi giuristi che l'Italia abbia mai avuto, allievo di Alfredo De Marsico, sostenitore del codice Rocco, fu oggetto di una campagna di stampa che una sentenza della magistratura italiana passata in giudicato ha ritenuto diffamatoria. I giornali dell'epoca attaccarono Leone anche su innocui fatti personali derivanti dalla sua cultura partenopea, mentre Carlo Arturo Jemolo ha definito il suo settennato come perfetto dal punto di vista della prassi costituzionale».

 

LE REAZIONI - Fin qui le dichiarazioni di Sangiuliano. Ma il suo intervento non è bastato a placare le obiezioni. Per il deputato Udc, Enzo Carra, segretario della commissione di vigilanza Rai, «il direttore del Tg1 dovrebbe ritrovare il senso delle dimensioni: il paragone di questa sera tra le vicende di Berlusconi e la campagna di stampa contro l'ex Presidente Leone negli anni '70 è semplicemente ridicolo. Quella fu una mattanza politica questo è un problema di morale pubblica». «La misura è colma. L'accostamento del Tg1 fra il caso di Berlusconi e quello del presidente Leone è indegno. Chiediamo l'intervento del presidente Garimberti», tuona il portavoce dell'Idv, Leoluca Orlando. Mentre per Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, «il paragone scelto dal TG1 di Minzolini con il caso Leone è giornalisticamente appropriato. Anziché insultare, la sinistra farebbe bene a ricordare le scuse che tanti dovettero indirizzare a posteriori a Giovanni Leone. I linciatori di ieri e di oggi ci riflettano, e non cerchino di intimidire il TG1».

 

LE DIMISSIONI DI LEONE - Nel 1976 incominciò a circolare un'indiscrezione, secondo la quale sarebbe stato Leone stesso il personaggio chiave attorno al quale ruotava lo scandalo Lockheed (illeciti nell'acquisto da parte dello Stato italiano di aerei Usa), con il nome in codice Antelope Cobbler, ma le accuse avanzate contro Leone non furono mai provate. Fino al giorno delle sue dimissioni, Leone preferì non rispondere pubblicamente di tutto quello che era successo. Dopo il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro (16 marzo - 9 maggio 1978) le polemiche contro di lui ripresero in maniera più virulenta, e il Pci chiese formalmente per primo le sue dimissioni, che Leone stesso annunciò agli italiani il 15 giugno 1978 in un messaggio televisivo. Le dimissioni avvennero 14 giorni prima dell'inizio del cosiddetto "semestre bianco", ossia il periodo durante il quale il presidente della Repubblica non può sciogliere anticipatamente le Camere e con sei mesi e quindici giorni di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, che quindi cessò il 15 giugno 1978 con effetto immediato, dando luogo alla supplenza del presidente del Senato Amintore Fanfani.

 


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