Il vostro caro numero chiuso

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itreniavapore@
00venerdì 11 aprile 2014 01:03
Protagonista: l'ormai nota Università di Bari (ma, ricordo, che qualche anno fa a Napoli più di una testa saltò per motivi analoghi...).

Plichi manomessi, raccomandazioni, "i soci vitalizi del potere ammucchiati in discesa a difesa della loro celebrazione", il posto ad odontoiatria, il figlio del primario...

QUESTO E' IL VOSTRO NUMERO CHIUSO !

Ma scusate... il prof. Prisco conferma che l'Università ha perso il primato nella formazione culturale e professionale; il prof. Pollice sorseggiando un caffè diceva ai propri studenti di "non veder l'ora di ANDARE IN PENSIONE e abbandonare QUESTA Università"; decine di assistenti "apertis verbis" dicono di essere consapevoli del fatto "che NON DIVERRANNO MAI PROFESSORI ORDINARI"...

Eppure... nel Paese caratterizzato dalla più bassa mobilità sociale dell'Occidente evoluto; nella Patria delle più feroci organizzazioni criminali; nella Nazione in cui "LA TESSERA 1816 DELLA P2" per 20 anni è stata presidente del Consiglio nonché detentore quasi indiscusso dell'informazione televisiva; nella Terra delle Baronie e della assegnazione "iure sanguinis" delle cattedre universitarie (in realtà conosciamo le storie di un paio di "signore" famose per esser diventate docenti "per certe prestazioni fuori orario" volendo citare Bertoli)...
In questo paese, dicevo, C'E' ANCORA CHI CREDE ALL'UNIVERSITA' ED AL NUMERO CHIUSO COME SERIA MODALITA' DI SELEZIONE ALL' INGRESSO...

Buona lettura

bari.repubblica.it/cronaca/2014/04/10/news/test_di_medicina-83234366/?ref=...
napulitanboy
00venerdì 11 aprile 2014 13:00
Come se la colpa fosse del numero chiuso e non dei baroni/accaparratori seriali.
itreniavapore@
00venerdì 11 aprile 2014 14:18
Adottare il numero chiuso come criterio di selezione per l'accesso all'Università in un contesto come quello italico è come affidare una pistola carica ad un omicida seriale...
"Se non ci scappa il morto è solo un caso"
Paperino!
00venerdì 11 aprile 2014 15:38
Qualsiasi cosa affidi ad una baronia o a un sistema basato su corruzione e lobby, non puoi attenderti che la gestisca secondo criteri di benessere collettivo o meritocratici.

Il numero chiuso c'entra poco o nulla, le Università che ne son prive non sono immuni dai mali della Baronia, delle cattedre pilotate e tutto il resto...

Al netto della corruzione, che andrebbe combattuta sempre direttamente, e mai per via indirette (osteggiandola col numero aperto, ad esempio
[SM=g2725400] [SM=g2725302] ) è innegabile che una selezione all'ingresso limiterebbe le conseguenze mostruose, le devianze ed immoralità di una selezione all'uscita.
Raffaele_23
00venerdì 11 aprile 2014 16:01
A mio parere è un'inversione logica criticare il numero chiuso sulla base delle malefatte di alcuni. Ciò per una serie di ragioni:
In primis, numero chiuso equivale a selezione all'ingresso ma non è sinonimo esclusivo di test d'accesso (per quanto i test siano lo strumento più diffuso): i fautori del numero chiuso - che andrebbe più propriamente chiamato numero programmato - sostengono che debba esserci all'ingresso una selezione, perchè l'Università non è scuola dell'obbligo, dalla quale differisce per metodi e obiettivi finali, ma non sono dei fan tout court del test: nessun mezzo è perfetto e tutti sono perfettibili, ma da qui a desumere la negatività del principio della selezione alla base ci passa un abisso.
Anche perchè se si ritiene l'Italia ontologicamente inadeguata a gestire un sistema di selezione pubblica - e già questo dovrebbe suscitare scandalo - se ne dovrebbero trarre conseguenze generali, eliminando in nuce il principio del concorso pubblico, sancito nella Costituzione. Per quale motivo l'Italia, incapace di selezionare i migliori studenti da destinare alle sue università, dovrebbe essere capace di selezionare, con modalità concorsuali tra le più varie, magistrati, notai, pubblici dipendenti, insegnanti etc?
L'unico effetto di difendere strenuamente l'accesso libero è quello di accelerare il progressivo decadimento dell'Università italiana.
trixam
00venerdì 11 aprile 2014 19:00
Lo sfascio dell'università è dovuta alla mancanza totale di accountability, da questo punto di vista il numero chiuso non incide né in meglio né in peggio ed è quindi un falso problema.

Infatti nelle argomentazioni a favore il problema del migliorare l'università non si pone: i sostenitori(tra gli studenti o già laureati) pensano semplicemente che sia un modo per ridurre la concorrenza con la speranza(illusoria) di trarne qualche beneficio.
Il classico modo italiano di sentirsi diversamente furbi.

Sarebbe carino che i sostenitori del "numero programmato" dimostrassero, possibilmente con studi seri, il rapporto di causalità tra l'introduzione del numero chiuso e il miglioramento del sistema universitario italiano. Questo non lo fanno mai ed anche Raffaele se ne esce con un argomento straw man del tipo "ma anche" che non ha nulla a che vedere con il punto.
Perché se l'università pubblica deve essere solo ad appannaggio di alcuni - principalmente gli appartenenti alle classi medio
alte nati in famiglie che si preoccupano di colmare le lacune del sistema di istruzione pubblico- io continuo a non capire perché debba essere pagata da tutti(i contribuenti).

Se non spiegate bene questo punto la lotta strenua per l'introduzione del numero chiuso all'italiana avrà come unico effetto di escludere dall'università quel 30% di studenti che vengono dai ceti medio bassi in un paese dove già oggi, con le iscrizioni in calo, solo il 10% dei figli di genitori non diplomati raggiunge la laurea.





itreniavapore@
00venerdì 11 aprile 2014 20:00
Ma cosa dite?
Il test d'ingresso elemento neutro???
Ma voi lo avete fatto un test d'accesso a medicina e chirurgia?
Io l'ho fatto-per provarlo- qualche anno fa...
Uscivo dal liceo col massimo dei voti, 3 borse di studio e voti alti nelle materie scientifiche...
Mi sono preparato DA SOLO come dovrebbe avvenire in un paese civile...
NON SONO ENTRATO!
Erano richieste conoscenze IN CHIMICA E FISICA CHE PRESUPPONEVANO UN CORSO PRIVATO A PAGAMENTO!
LA RIPETIZIONE DEL PROGRAMMA DI 2° E 3° LICEO non valse il superamento della prova: c'erano argomenti CHE NON AVEVO MAI STUDIATO !!!
Per superare il test d'ingresso di medicina e chirurgia i ragazzi DEVONO, A PARTIRE ALMENO DAL TERZO ANNO FARSI PAGARE (TANTI EURO RAGAZZI...TANTI!!!) UN CORSO PRIVATO DAL BABBO E DALLA MAMMA !!!

Mi pare di ricordare che La Repubblica DOVREBBE ELIMINARE "GLI OSTACOLI DI ORDINE ECONOMICO E SOCIALE CHE LIMITINO L'EGUAGLIANZA..."
O forse ricordo male???
IL NUMERO CHIUSO, è lo strumento che garantisce l'accesso all' Università, oltre che ai figli dei soci vitalizi del potere, A QUELLI CHE POSSONO PERMETTERSI 2/3 ANNI DI CORSI DI PREPARAZIONE A PAGAMENTO (parliamo di corsi che costano migliaia di euro...)

ESAMINATA LA PRIMA DISCRIMINAZIONE, PASSIAMO ALLA SECONDA...
IL NUMERO CHIUSO GESTITO DALLE BARONIE E' LO STRUMENTO DELLA CONSERVAZIONE DEL POTERE.
VI RACCONTO UN ANEDDOTO: L'ANNO IN CUI FECI IO IL TEST I NIPOTI DELLA DIRETTRICE DI UNA NOTA CASA DI CURA PRIVATA DELLA PROVINCIA DI NAPOLI NON RIUSCIRONO AD ENTRARE A MEDICINA (due emeriti ignoranti) MA EBBERO RASSICURAZIONI SUL FATTO CHE SAREBBERO ENTRATI L'ANNO SUCCESSIVO...
OGGI QUEI DUE EMERITI IGNORANTI SONO AD UN PASSO DALL'ESSERE MEDICI !!!
Il numero chiuso è il giocattolo del potente che dispone agevolmente delle graduatorie...
ULTIMA PORCATA DEL NUMERO CHIUSO (INTRODOTTA QUEST'ANNO): il test ad ANNO SCOLASTICO IN CORSO...
E' LA DIMOSTRAZIONE CHE L'ISTRUZIONE SUPERIORE NON SERVE AD UN EMERITO CA##O RISPETTO ALL'INGRESSO ALL' UNIVERSITA'...
IL TEST D'INGRESSO-PORCATA AD APRILE E' LA DIMOSTRAZIONE CHE LA SCUOLA SUPERIORE NON FA TESTO... QUELLO CHE STUDI AL LICEO "NON SERVE" A SUPERARE I TEST A MEDICINA (cito medicina come parte per il tutto)...

MA COME CA##O FATE A DIRE CHE IL NUMERO CHIUSO E' ELEMENTO NEUTRO?

Ma un po di onestà intellettuale...?
Raffaele_23
00venerdì 11 aprile 2014 21:48
Forse ha ragione Trixam, siamo tutti un po' qualunquisti. Però non credo che tutti i fautori del numero programmato siano dei meschini desiderosi di annientare la concorrenza. In primis, non posso citare dati statistici a tal proposito, ma mi sembra di buon senso affermare che una selezione all'accesso (ripeto, non discuto sulle modalità, che possono essere varie e sicuramente perfettibili) è la base per una migliore didattica. A parità di fattori, secondo voi si insegna/apprende meglio in una classe di 500 studenti oppure in una di 50? Quando gli studenti di Giurisprudenza chiedono lezioni pratiche, tirocini e amenità del genere, si ricordino che si trovano in una Università che materialmente non ha spazio a sufficienza per tutti gli studenti iscritti.
Poi, un passo sull'accountability: non so se Trixam la intendeva anche in questa accezione, ma che accountability ha un'Università che si presenta come una scelta di ripiego per alcuni (molti?) dei suoi iscritti, che funge da parcheggio per chi non ha molto altro da fare?
Certo, se volessi perseverare nel qualunquismo, potrei opporre a itreniavapore gli esempi, a me più o meno vicini, di ragazzi che hanno studiato prima, dopo e durante i test di ingresso a Medicina e li hanno passati, pur non avendo baroni alle spalle. Io stesso, da figlio di operaio, nella mia vita da studente e ora da laureato ho superato alcune selezioni e altre no. Nè mi sento di affermare che tutti i medici italiani, che hanno superato più di un test, siano dei raccomandati ignoranti. Nè oso negare che possono esserci malcostumi e illegalità, ma non possono diventare il presupposto per negare il principio alla base della selezione.
Oltre alle ragioni didattiche che ho menzionato, è innegabile che ci sia nel numero chiuso anche una esigenza di "programmazione" (Trixam mi lapiderà!) di lungo periodo del mercato del lavoro. Ma non certo in un'ottica di minore concorrenza: proprio Giurisprudenza dovrebbe essere a numero chiuso da decenni, visto che i suoi sbocchi lavorativi d'elezione (pubblico impiego, professioni legali) sono in calo costante. Personalmente non sono favorevole a trasformare i diciannovenni di oggi (che spesso non scelgono Giurisprudenza, ma se la riservano come ultima spiaggia in quanto priva di test) in presumibili disoccupati di domani. Ma ciò non vuol dire che per quelli che superano la selezione, si formano (meglio) ed entrano nel mercato del lavoro la concorrenza non sia aperta. Anzi, forse è anche più autentica, oserei dire.
Infatti, personalmente penso che il miglior regalo che si possa fare alle classi privilegiate sia quello di un'Università pubblica scadente, dal momento che chi se lo può permettere manda il figlio a studiare all'estero, magari in un'aula con 20 persone, non certo nell'Università pubblica dove il professore parla a centinaia di studenti in aule diroccate. Il problema non è selezionare all'accesso, ma rendere la strada verso la selezione all'accesso non discriminatoria: il punto non è il test, che secondo il luogo comune passano solo i "figli di", ma mettere lo studente figlio di operaio nelle condizioni di passarlo e di avere un'Università con una didattica decente e con una prospettiva lavorativa di concorrenza, ma non di precariato a vita. D'altronde, non capisco perchè il concetto di numero programmato non possa andare di pari passo con un'Università pubblica: in Germania le tasse universitarie sono quasi inesistenti, eppure molti percorsi universitari prevedono non solo il numero chiuso, ma percorsi molto più strutturati e regimentati del nostro (ad esempio, date un'occhiata alla formazione legale in Germania).
itreniavapore@
00sabato 12 aprile 2014 09:13
Raffaele... sei un ragazzo intelligente ma ti ostini a non comprendere il senso delle parole dei tuoi interlocutori.

Ho adoperato tecnicamente il termine "garantire" proprio perché parto dalla lettura del comma 3 dell'Art. 34 Cost ai sensi del quale: "I capaci e i meritevoli, ANCHE SE PRIVI DI MEZZI, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi"

SIAMO TUTTI D'ACCORDO, al di là di discussioni sull'ordine eziologico e sul prius ontologico (discussioni interessanti MA "FUORI TRACCIA"), sul fatto che in un contesto come quello italiano DI SICURO IL SISTEMA A NUMERO CHIUSO per come è strutturato METTE LE GRADUATORIE NELLE MANI DI CHI LE GESTISCE i.e. LE BARONIE UNIVERSITARIE che -e cito 'Paperino'- "non le gestiranno MAI secondo criteri di benessere collettivo o meritocratici".
QUINDI: SIAMO TUTTI D'ACCORDO SUL FATTO CHE IL NUMERO CHIUSO GARANTISCE DI SICURO I FIGLI DEI SOCI VITALIZI DEL POTERE.
(lo stesso napulitanboy conferma il fatto che le Baronie deterranno sempre, rebus sic stantibus, il monopolio delle cattedre e del controllo del sapere universitario)

E' ALTRETTANTO FUORI DISCUSSIONE (proprio perché nessuno ha messo in discussione il punto) IL FATTO CHE CHI PUO' PERMETTERSI DI PAGARE UN CORSO DI PREPARAZIONE AI TEST (il più gettonato si tiene al centro direzionale di Napoli e costa qualche migliaio di euro) HA PER QUESTA RAGIONE MAGGIORI POSSIBILITA' DI SUCCESSO RISPETTO ALLO STUDENTE MEDIO CHE NON HA SOLDI DA SPENDERE E CHE CREDE CHE STUDIARE BENISSIMO ALLE SUPERIORI SIA NECESSARIO E SUFFICIENTE A GARANTIRSI UN FAVOREVOLE GIUDIZIO DI CAPACITA' E MERITEVOLEZZA per l'accesso "ai più alti gradi degli studi"
QUINDI: SIAMO TUTTI D'ACCORDO SUL FATTO CHE IL NUMERO CHIUSO DISCRIMINA TRA STUDENTI RICCHI E STUDENTI POVERI (OFFRENDO MAGGIORI GARANZIE AI PRIMI RISPETTO AI SECONDI) E CHE E' SLEGATO (in buona parte) DAI PROGRAMMI DI STUDIO DELL' ULTIMO TRIENNIO DELLE SCUOLE SUPERIORI (il test di ingresso ad Aprile ad a.s. in corso E' UNA VERA E PROPRIA PORCATA, oltre che la impietosa conferma della nostra conclusione).

ORA...Raffaele, ragazzi...seguitemi...
Se su OLTRE 4000 ISCRITTI AI TEST alla facoltà di medicina e chirurgia della Fed II entrano 400 studenti...
Non è forse evidente che, SODDISFATTE LE ESIGENZE DEI SOCI VITALIZI DEL POTERE, assorbiti GLI STUDENTI A PAGAMENTO (uso non a caso il termine "assorbire" perchè molti dei partecipanti a questi corsi a pagamento sono studenti che "provano per più di un anno il test a medicina"),AI COMUNI MORTALI CHE NON HANNO SANTI IN PARADISO NE' SOLDI DA SPENDERE (magari per più di un anno) PER UNA PREPARAZIONE UNIVERSITARIA E CHE HA CREDUTO ALLA SERIA PREPARAZIONE SCOLASTICA COME STRUMENTO NECESSARIO E SUFFICIENTE PER L'ACCESSO AI PIU' ALTI GRADI DEGLI STUDI RESTANO LE BRICIOLE DEI POSTI RIMASTI VACANTI AL TERMINE DELLA SPARTIZIONE...???

E' piuttosto evidente la deviazione rispetto al testo del comma 3 dell'Art. 34 Cost...
o forse mi sbaglio???
Legittimare il numero chiuso per come è strutturato da 13/14 anni in Italia significherebbe leggere il comma 3 dell'Art. 34 Cost nei seguenti termini: "I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, SOLO NEL CASO IN CUI CIO' RISULTI POSSIBILE A SEGUITO DELLA SPARTIZIONE DEI POSTI DELLE FACOLTA' A NUMERO CHIUSO AD OPERA DEI SOCI VITALIZI DEL POTERE IN FAVORE DEI PROPRI DISCENDENTI, AFFINI ED AMICI E SUBORDINATAMENTE ALL'ASSORBIMENTO DI TUTTI GLI STUDENTI CAPACI E MERITEVOLI CHE ABBIANO I MEZZI PER PAGARSI CORSI DI PREPARAZIONE"

Raffaele... un ultima cosa...
Le parole sono importanti...
Purtroppo noto che nemmeno tu ti sei sottratto al lento, silenzioso e corrosivo processo di stravolgimento del significato delle parole portato avanti da certa MALApolitica negli ultimi 20 anni.
Anche tu adoperi SCORRETTAMENTE il termine "qualunquismo"; anche tu lo adoperi come "signum" screditante dell'altrui opinione al fine di evitare la contro-argomentazione.
Per definizione un post nel quale ci si sofferma sulla compatibilità del sistema a numero chiuso con gli articoli 2, 3 e 34 Cost, NON PUO' ESSERE qualunquista proprio perché CARATTERIZZATO DA FORTE IMPEGNO CONCETTUALE E POLITICO.
Per il corretto significato del termine QUALUNQUISMO RIMANDO A WIKIPEDIA it.wikipedia.org/wiki/Qualunquismo
itreniavapore@
00sabato 12 aprile 2014 13:11
"... CHE HA CREDUTO ALLA SERIA PREPARAZIONE..." Ovviamente sta per "CHE HANNO CREDUTO"...
è un refuso.
Buon fine settimana!
(pollastro)
00sabato 12 aprile 2014 16:57
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Chiamato in causa, preciso il senso della mia posizione, che confermo (sono intenzionato a mettermi in pensione con anticipo), ma che non può essere valutata fuori contesto, carpendo casualmente una mia espressione mentre bevo il caffé con alcuni studenti.
E' mia risalente convinzione che il cosiddetto "sistema di Bologna", dal nome di un accordo europeo di diversi anni fa (crediti, modello 3 + 2, ricerca di una maggiore efficienza e di un maggiore numero di laureati) nasce forse da buone intenzioni (modernizzare e internazionalizzare le università, anche con scambi tra docenti, programmi Erasmus per gli studenti e simili, rendendole più trasparenti, meno clientelari nel reclutamento, mettendole in "rete"), ma presenta notevoli criticità. A mio - qui ribadito - parere, la cultura non può essere evasiva rispetto alla realtà, ma nemmeno può essere funzionale solo alle esigenze dell'impresa. Anche la ricerca di base è essenziale, non si possono quindie adesempio finanziare soltanto ricerche in taluni settori e non in quello umanistico. Perciò questa università non mi piace: molti vi si iscrivono e restano tali senza reale interesse, tra docenti e allievi vi è a volte un implicito patto al ribasso (preciso che ovviamente conosco miei colleghi e studenti bravissimi, il discorso deve quyindi distinguere caso per caso): lezioni routinarie dei primi, impegno basso dei secondi (dispense, tesi copiate da Internet) ed esami superati in qualche modo; alzare il numero dei laureati, senza preoccupazioni di qualità, soddisfa comunque gli obiettivi del "sistema di Bologna".
Quanto alla formazione, cioè, ritengo che essa debba essere critica, di persone nella loro considerazione integrale, non solo di europei-consumatori.
Quanto al numero chiuso, preferisco il modello francese: test dopo il primo, o meglio alla fine del secondo anno: all'inizio non tutti hanno un buon metodo di studio, per cui bisogna lasciare un periodo di "ambientamento" ai nuovi iscritti (è il motivo per cui credo che la media vada perciò fatta non sugli esami del primo anno). A un certo punto si fa un "tagliando" e, se si sono fatti pochi o nessun esame senza giustificazione (una malattia personale o familiare grave e documentata, ad esempio, sono motivo di giustificazione di eventuali bassi rendimenti), si va fuori: il "fuori corso" è un istituto italiano che andrebbe eliminato
Raffaele_23
00domenica 13 aprile 2014 15:50
Sono parzialmente favorevole al modello francese. Infatti io non contesto chi sottolinea le disfunzioni dell'attuale strumento dei test, ma chi nega la necessità, per le ragioni anzidette, di una selezione tout court per l'accesso agli studi universitari.
connormaclaud
00lunedì 14 aprile 2014 09:55
Che io sappia,fino a poco fa,i candidati a medicina si lamentavano dei test di "cultura generale" che poco avevano a che fare con la preparazione dei più. D'altro canto, questo genere di scremature è presente in molti concorsi pubblici e non potrebbe essere altrimenti.
Se la memoria non m'inganna, le selezioni per la luiss si tengono anch'esse nel mese d'aprile,poi capirete, tra aprile e giugno quanta differenza può esserci nella preparazione...
Il ambito brogli e raccomandazioni, il test, con codice a barre e correzione elettronica, è forse il metodo più sicuro per contenere il fenomeno: avere la libera iscrizione e venir silurati in corso non è poi tanto meglio.
Certo, il test permette al fattore C di giocare un ruolo importante,ma nella vita questa è la regola.

Sul banco della facoltà/dipartimento di giurisprudenza: sic et simpliciter, sono/siamo troppi e molti,mi ci metto anch'io nel mazzo, non hanno poi chissà quale vocazione.
gio.gil
00lunedì 14 aprile 2014 10:06
Re:
connormaclaud, 14/04/2014 09:55:

Che io sappia,fino a poco fa,i candidati a medicina si lamentavano dei test di "cultura generale" che poco avevano a che fare con la preparazione dei più. D'altro canto, questo genere di scremature è presente in molti concorsi pubblici e non potrebbe essere altrimenti.
Se la memoria non m'inganna, le selezioni per la luiss si tengono anch'esse nel mese d'aprile,poi capirete, tra aprile e giugno quanta differenza può esserci nella preparazione...
Il ambito brogli e raccomandazioni, il test, con codice a barre e correzione elettronica, è forse il metodo più sicuro per contenere il fenomeno: avere la libera iscrizione e venir silurati in corso non è poi tanto meglio.
Certo, il test permette al fattore C di giocare un ruolo importante,ma nella vita questa è la regola.

Sul banco della facoltà/dipartimento di giurisprudenza: sic et simpliciter, sono/siamo troppi e molti,mi ci metto anch'io nel mazzo, non hanno poi chissà quale vocazione.



allora includi anche me nel mazzo. In passato si sceglieva giurisprudenza perchè gli avvocati avevano i soldi e si poteva partecipare a centinaia di concorsi pubblici all'anno. Oggi viviamo in un altro mondo: la professione forense è in crisi(ormai il mercato è ipersaturo) e col blocco del turnover i concorsi li vedi col lumicino. A questo bisogna aggiungere che la nostra laurea è difficilmente spendibile all'estero rispetto a quelle scientifiche. In un modo o in un altro bisogna intervenire su questa situazione e il numero chiuso potrebbe essere una soluzione. E' vero che si corre il rischio di lasciare tutto in mano ai baroni, ma la domanda che mi pongo è: oggi non succede esattamente questo? Almeno c'è un vantaggio, cioè evitare di buttare 5 o più anni per prendere un pezzo di carta che ha un decimo del valore di 30 anni fa.
Magari si può pensare che si faccia questo discorso anche per ridurre la futura concorrenza...ebbene si c'è anche questo, anche perchè l'alternativa, cosa che tra l'altro si sta già verificando frequentemente, è di avere una pletora di laureati in giurisprudenza fare i camerieri a Londra o i lavapiatti a New York.
Tutto questo nonostante l'Italia sia il paese con meno laureati, in rapporto alla popolazione, dell'Unione Europea.
connormaclaud
00lunedì 14 aprile 2014 12:29
Condivido,ma trent'anni fa era forse meglio? Il prof. Prisco, che ha qualche luna più di me, potrà darci qualche delucidazione,ma io credo che anche prima esisteva un problema di laureati in giurisprudenza,falsato solo dall'alto numero di dipedenti che lo stato assorbiva.
Una riforma universitaria, "digiamolo" apertamente, non ci toccherà nemmeno di striscio se partiamo dal presupposto che i risultati si avranno solo da qui a qualche decennio,ergo nemmeno il nostro opportunismo verrebbe appagato.
In tutta onestà, non ho problemi ad ammettere che il mio piano b - erano altri numeri chiusi quelli che sognavo- portava il dubbio scienze politiche giurisprudenza e, solo per un ripensamento dell'ultim'ora, influenzato dalla presunta spendibilità del pezzo di carta - ah,come sono cambiate le cose- ho optato per le federico II e la nostra facoltà.
Col senno di poi non me ne pento,ho dato uno sguardo a diversi programmi di scienze politiche e, in soldoni, non differisce poi tanto dal nostro.

Dovrei a questo punto aprire una parentesi sulla carenza di caratterizzazione di molti corsi di laurea, altro elemento che porta ad avere troppo iscritti al nostro,ma non voglio tediare nessuno.
nando85
00lunedì 14 aprile 2014 19:24

Lascerei stare un attimo la discussione sul numero chiuso.

Per me il problema è un altro.

Che senso ha far uscire dall'università giovani laureati che NON SERVONO a nessuno e che NON HANNO FUTURO?

Migliaia di giovani laureati, magari già avvocati, si ritrovano a 30-35 anni con un titolo e tanti applausi, ma senza un LAVORO.

Ha senso far laureare un ragazzo e dirgli a 30 anni che la sua laurea NON SERVE A NULLA?

Direi proprio di no, anzi trovo la cosa una VERA SCHIFEZZA!!!


Allora, dico io, se non andiamo una volta e per sempre a PARAMETRARE il numero di laureati a ciò che serve nel mercato del lavoro, la laurea non ha senso alcuno...

Anzi un senso ce l'ha...
illudere i ragazzi per poi spiegargli a 30 anni che forse forse era meglio se imparavano a fare le pizze...


Ora, che sia numero chiuso o cosa caspita volete voi, serve uno strumento per evitare di rendere INUTILE LA LAUREA.

E non venitemi a dire che ci si laurea per cultura, perchè con la sola cultura nessuno ha mai messo il piatto a tavola...


trixam
00lunedì 14 aprile 2014 20:14
Per Raffaele. Mi sia consentita una nota tecnica. Il tuo punto su cui batti è il rapporto tra numero di studenti ed output. Il dibattito su questo punto è stato forte tra gli esperti di economia della conoscenza ma gli studi del professor Hanusheck di Stanford hanno dimostrato come questo rapporto sia insussistente ed oggi questo è
un punto di minore interesse.
Infatti i tuoi esempi possono essere ribaltati: un seminario con 300 Phd interessati(il numero di presenti in un semiario internazionale di alto livello) è più o meno didattico di un seminario con 30 persone scazzate che sono lì per la firma che comporta la riduzione di programma?
Qui mi sembra che si ragioni tenendo presente solo la facoltà di giurisprudenza della Fed II, un modello un po' ristretto per basarci una politica educativa.
Se prendessimo questo ragionamento alla lettera dovremmo applicarlo anche alle scuole superiori. L'obiezione che le superiori siano "scuola dell'obbligo" è formalistica e risibile in un paese che ha la dispersione scolastica italiana, problema particolarmente grave a Napoli e dintorni.
Se volessimo davvero mettere tutti i ragazzi in età scolare a scuola le strutture esistenti non basterebbero e dunque si potrebbe introdurre il numero chiuso, in alcune scuole del nord italia peraltro esiste un numero chiuso informale.

Ma un punto buono è quello dell'accountability. Il problema nell'università è macroscopico, ma riguarda tutto il sistema di istruzione italiano.
Voi vi dimenticate sempre che la causa prima dei tanti iscritti a giurisprudenza è che molti arrivano a 18/19 anni con un diploma ma senza saper distinguere un'equazione di secondo grado da una pera. Questo non è solo un problema italiano, ma riguarda molti paesi occidentali compresi i più avanzati sotto il profilo educativo come i Finlandesi che dopo aver primeggiato per anni nei test Pisa quest'anno hanno raggranellato un misero dodicesimo posto(meglio non dire dov'era
l'italia per carità di patria). E avrei voluto farvi vedere che tipo di dibattito c'è stato in quel paese dopo la pubblicazione dei risultati, roba fantascientifica per l'italia. Il sistema di istruzione italiano va drasticamente riformato ma con riforme vere e non quelle finte degli ultimi 20 anni, ad esempio superando l'arcaica
organizzazione delle scuole superiori attuali e prevedendo il liceo unico a specializzazione crescente(qui ai puristi del liceo classico viene la tachicardia) affiancato da scuole tecniche basate sulla partnership scuola azienda.
Finché questo non si fa l'introduzione di una singola misura come il numero chiuso produrrà sempre il miglioramento della posizione di alcuni a scapito di altri, situazione che notoriamente non soddisfa l'efficienza paretiana.

Quanto infine al numero chiuso come strumento per programmare il mercato del lavoro, ahimé è la solita mentalità da giurista continentale tipo "fermati o sole".
Perché non c'è dubbio che diminuiscano le opportunità di lavoro nella PA ma lo stato ancora oggi offre(al costo di una tassazione distorsiva) condizioni di lavoro generalmente migliori del privato sopattutto da certi livelli in su. L'italia è sempre il paese dove un funzionario della camera guadagna quanto il presidente degli
stati uniti.
Ma mi dovreste sempre spiegare come si calcola il giusto numero di una certa categoria, ad esempio come si calcola quanti avvocati devono esserci?
Mi potete indicare la formula con adeguata spiegazione di come ci arrivate.


Io non sono contrario al numero chiuso, ma in un sistema riformato dove vi sia una competizione fair che poi è l'unica vera competizione.
Nella situazione italiana attuale il numero chiuso è la risposta sbagliata ad un problema giusto. L'incapacità di affrontare il problema è sintomatico del livello di decomposizione del paese.

Ps Devo dire che queste discussioni sono utili perché fanno capire come ragiona la gente. Qui non si è fatto qualunquismo, anzi è venuta fuori la logica di persone cresciute in un paese che non conosce la crescita economica da un quindicennio con le conseguenti riduzioni di opportunità.
Un paese dove molti credono che l'unico modo di progredire sia di utilizzare l'arbitrio della legge per spoliare legalmente gli altri.
La logica che molti di voi utilizzano è figlia dello sdoganamento del conflitto di interessi. In questo senso 20 anni di berlusconismo non sono passati invano.
connormaclaud
00lunedì 14 aprile 2014 20:59
Stando ai dati della CCBE,vado a memoria, in Italia esistono oltre 216000 avvocati,contro i 150000 teutonici, i 50000 francesi e i 20000 circa dell'uk: non serve un premio nobel per comprendere che la categoria necessiti di una bella cura dimagrante.
Non mi addentro sulla questione dei soli laureati,dovendo riproporre idee scritte e riscritte in altre discussioni,basti ricordare che,in italia, la nostra laurea apre molte più porte delle nostre controparti d'oltreconfine. Poco male che, negli ultimi tirocini NATO banditi fossero richieste figure che i percorsi di laurea nostrani nemmeno osano contemplare come, poco significativo deve essere il numero sempre maggiore di dottori in giurisprudenza che si convertono tout court in economisti.

Sfrattare il classico per colmare lacune nelle materie scientifiche è un pò come far accoppiare una scimmia ad un albero, ma a questo punto mi domando, una volta esperti di analisi matematica e,con un mercato altrettanto saturo, rispolveriamo le chiare vecchie umanistiche? A questo punto,una moderata diversificazione non è poi così blasfema come idea.

Ritornando a gamba tesa sulla questione giustizia e categorie orbitanti, una miracolosa riforma normativa potrebbe salvarci non solo dall'asfissiante ipertrofia normativa,ma da una rivalutazione della figura della laurea in giurisprudenza, non più spelonca di ladri (NB riferimento alla percezione comune) ,ma apprezzata specializzazione.
Se la memoria non m'inganna il Savigny criticò aspramente la mole di avvocati e compagni nostrani e, da quel che ricordo, il berlusconismo era ancora nell'iperuranio...forse il solo Andreotti già governava
Raffaele_23
00martedì 15 aprile 2014 00:30
Re:

Infatti i tuoi esempi possono essere ribaltati: un seminario con 300 Phd interessati(il numero di presenti in un semiario internazionale di alto livello) è più o meno didattico di un seminario con 30 persone scazzate che sono lì per la firma che comporta la riduzione di programma?

Sicuramente quello dei 300 Phd: ma non a caso hai fatto l'esempio del dottorato di ricerca che presuppone a monte una selezione, diversa per tipo di Paese. Francamente lo interpreto come un argomento a favore, non contro. Non metto in dubbio gli studi da te citati perché, leggendoti spesso sul forum, so che parli sempre per cognizione di causa, ma parlo sulla base della mia esperienza di ex studente: i corsi in cui si seguiva meglio, in cui erano possibili forme di didattica alternativa, in cui era maggiore l'interazione, erano sempre e comunque quelli meno affollati.


Se prendessimo questo ragionamento alla lettera dovremmo applicarlo anche alle scuole superiori. L'obiezione che le superiori siano "scuola dell'obbligo" è formalistica e risibile in un paese che ha la dispersione scolastica italiana, problema particolarmente grave a Napoli e dintorni.
Se volessimo davvero mettere tutti i ragazzi in età scolare a scuola le strutture esistenti non basterebbero e dunque si potrebbe introdurre il numero chiuso.

Perdonami ma qui sei un po' specioso. Il fatto che sia scuola dell'obbligo nnon è formalistico, perché presuppone una ratio diversa: non formare classe dirigente (possibilmente non per forza figlia di classe dirigente), ma dotare la cittadinanza di una adeguata cultura di base. La soluzione ai numeri della popolazione in età scolare è inderogabilmente legata all'aumento della ricettività del sistema. Ciò però non vuol dire che anche l'università non possa vedere aumentare il contingente programmato di volta in volta, nel lungo periodo ovviamente.

Per il resto sono d'accordo con la necessità di una riforma del sistema educativo: il numero chiuso è solo un tassello, non certo una panacea.
Però, a questo punto chiedo a Trixam: qual è la funzione che il numero chiuso ha in Paesi non anglosassoni, come la Germania o la stessa Francia con la variante della selezione in corso? E, anche in Italia, non crea delle distorsioni, una sorta di dumping sociale, il fatto che ci siano facoltà a numero chiuso e a numero aperto?





itreniavapore@
00mercoledì 7 maggio 2014 18:03
(pollastro)
00giovedì 8 maggio 2014 21:53
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

In linea di principio ed occorrendo studiare meglio i dettagli quando saranno noti, il modello del ministro Giannini per accesso degli studenti all'università e accesso dei professori alle cattedre sembra più equo e più razionale di quello attuale. Come dicevo più sopra, senza avere letto l'articolo ora postato da I treni a vapore, che ringrazio
iudicium
00sabato 20 settembre 2014 22:03
Re:
trixam, 11/04/2014 19:00:

Lo sfascio dell'università è dovuta alla mancanza totale di accountability, da questo punto di vista il numero chiuso non incide né in meglio né in peggio ed è quindi un falso problema.

Infatti nelle argomentazioni a favore il problema del migliorare l'università non si pone: i sostenitori(tra gli studenti o già laureati) pensano semplicemente che sia un modo per ridurre la concorrenza con la speranza(illusoria) di trarne qualche beneficio.
Il classico modo italiano di sentirsi diversamente furbi.

Sarebbe carino che i sostenitori del "numero programmato" dimostrassero, possibilmente con studi seri, il rapporto di causalità tra l'introduzione del numero chiuso e il miglioramento del sistema universitario italiano. Questo non lo fanno mai ed anche Raffaele se ne esce con un argomento straw man del tipo "ma anche" che non ha nulla a che vedere con il punto.
Perché se l'università pubblica deve essere solo ad appannaggio di alcuni - principalmente gli appartenenti alle classi medio
alte nati in famiglie che si preoccupano di colmare le lacune del sistema di istruzione pubblico- io continuo a non capire perché debba essere pagata da tutti(i contribuenti).

Se non spiegate bene questo punto la lotta strenua per l'introduzione del numero chiuso all'italiana avrà come unico effetto di escludere dall'università quel 30% di studenti che vengono dai ceti medio bassi in un paese dove già oggi, con le iscrizioni in calo, solo il 10% dei figli di genitori non diplomati raggiunge la laurea.








Sono perfettamente d'accordo su quello che affermi. Chiedilo agli studenti che devono sostenere i test se sono favorevoli al test d'ingresso? Chi è favorevole sono solo gli studenti che già sono dentro, è normale, è come chiedere agli avvocati o ai commercialisti se sono favorevoli all'abolizione degli ordini! I test non selezionano gli studenti in base alle loro capacità o predisposizioni ma sono solo sospettosi, servono a selezionare in base alla fortuna e a pratiche poco ortodosse. Non è questa la soluzione per avere una università + efficiente.
Alessandro.1987
00domenica 21 settembre 2014 11:47
concordo con te al 100% [SM=x43799] ...ricordo che in uno degli ultimi test d'ingresso per medicina, in una delle domande si chiedeva di indovinare le veline di striscia del 1992. si commenta da sola come cosa.
Giuseppe.appioclaudio
00domenica 21 settembre 2014 11:56
Per fortuna un lavoro l'ho trovato, ma da ex studente del Dipartimento di Giurisprudenza, trovo questa cosa delle barriere poste all'accesso di una professione una follia corporativa tipicamente italiota.
Comunque sta drasticamente aumentando il numero di barbieri. Proporrei il numero chiuso per le scuole professionali.

Meglio riderci su...Anche se i barbieri di questo paese sottosviluppato potrebbero prendermi sul serio...
(pollastro)
00domenica 21 settembre 2014 13:27
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ripeto: sono favorevole non al numero chiuso, ma a quello programmato flessibile, cioè alla selezione non subito, ma nel tempo, nel senso che si faccia una prova di conferma al secondo anno e (se non vi sono state ragioni oggettive di ritardo, ad esempio malattia personale dell'iscritta/iscritto o di uno stretto familiare) si valuti in quella sede, in modo personalizzato, caso per caso, il da farsi, ma tendenzialmente si metta fuori.
Va assolutamente eliminato il "fuori corso", istituto che all'estero devo spiegare, perché sconosciuto e quindi si deve puntare su moltiplicazione (ma mantenendone la qualità) dei corsi base, snellimento dei programmi, "pragmatizzazione" dei corsi stessi (con lezioni congiunte di professori, avvocati, magistrati, notai, funzionari, eccetera e prove pratiche, comprensive di scrittura di atti), frequenza obbligatoria e non ammissione agli esami se si supera un certo numero di assenze, ma anche con ineludibile rafforzamento e offerta dell'assistenza personalizzata online come pratica normale (le università dove essa non si fa continuamente ed efficacemente dovrebbero essere penalizzate e sconsigliate).
Piuttosto che la ghigliottina iniziale o successiva, devono funzionare inoltre servizi di orientamento (anche all'acquisizione del corretto metodo di studio) oggi inesistenti.
Il primo anno dovrebbe essere di rimedio alla carenze scolastiche e flessibile, per consentire allo studente un migliore orientamento sulle sue effettive attitudini; capita molto spesso che ci si iscriva su pressione familiare o per seguire amici a un tipo di studi per i quali non si è portati, mentre si farebbe meglio altrove.
Solo dopo tali riforme, il numero programmato ha senso e si può introdurre.
Io ad esempio agli studenti chiedo impegno, ma solo dopo avere dato il mio massimo: se facessi poco, non potrei pretendere dopo; prima si offre, cioè, poi si chiede e (se qualcuna o qualcuno non "risponde" - non alle domande, ma come serietà - ) si sanziona.
Aggiungo che non so se convenga fare i barbieri (colgo comunque l'ironia): ai corsi vedo anche molti ragazzi calvi o con pochi capelli già a vent'anni, ma consiglio (sinceramente, non per razzismo sociale, ci mancherebbe) di pensare seriamente all'agricoltura: è un settore dell'economia nazionale che tira ed è soddisfacente. Meglio un contadino serio (e moderno) che un mediocre avvocato in più (ce ne sono troppi), senza piacere e quindi voglia e perciò senza clienti. Io non l'ho fatto e ho sbagliato: lavorare la terra (propria, anche poca, non sotto padrone) è faticoso, ma dà sensazioni bellissime e fa sentire utili.
Bisogna perdere l'idea che si studia per fare quello per cui si è studiato. Può accadere, ma non è detto. Si studia invece per se stessi e si lavora dove si trova il lavoro. Questa è la situazione realistica, oggi.
Naturalmente, chi ha studiato molto bene in genere occupa le posizioni migliori, perciò il senso del mio discorso è: non accontentatevi, non siate mediocri. Se invece volete esserlo (studio da dispense, all'università solo per gli esami, ricerca di raccomandazioni, eccetera),meglio fare da subito altro e farlo bene
Giuseppe.appioclaudio
00domenica 21 settembre 2014 14:02
Sono d'accordo con il Professore su entrambi i punti. Oltretutto, lavorare la terra è un'indispensabile attività che andrebbe riscoperta in chiave moderna (sempre che la nostra terra sia ancora coltivabile).
La mia polemica era indirizzata ad una mentalità tipicamente italiana che mira alla costruzione di sacche protette all'interno del mercato.

P.S.
A scanso di equivoci, non sono un'ultraliberista come il buon Trixiam
iudicium
00domenica 21 settembre 2014 14:38
Re:
(pollastro), 21/09/2014 13:27:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ripeto: sono favorevole non al numero chiuso, ma a quello programmato flessibile, cioè alla selezione non subito, ma nel tempo, nel senso che si faccia una prova di conferma al secondo anno e (se non vi sono state ragioni oggettive di ritardo, ad esempio malattia personale dell'iscritta/iscritto o di uno stretto familiare) si valuti in quella sede, in modo personalizzato, caso per caso, il da farsi, ma tendenzialmente si metta fuori.
Va assolutamente eliminato il "fuori corso", istituto che all'estero devo spiegare, perché sconosciuto e quindi si deve puntare su moltiplicazione (ma mantenendone la qualità) dei corsi base, snellimento dei programmi, "pragmatizzazione" dei corsi stessi (con lezioni congiunte di professori, avvocati, magistrati, notai, funzionari, eccetera e prove pratiche, comprensive di scrittura di atti), frequenza obbligatoria e non ammissione agli esami se si supera un certo numero di assenze, ma anche con ineludibile rafforzamento e offerta dell'assistenza personalizzata online come pratica normale (le università dove essa non si fa continuamente ed efficacemente dovrebbero essere penalizzate e sconsigliate).
Piuttosto che la ghigliottina iniziale o successiva, devono funzionare inoltre servizi di orientamento (anche all'acquisizione del corretto metodo di studio) oggi inesistenti.
Il primo anno dovrebbe essere di rimedio alla carenze scolastiche e flessibile, per consentire allo studente un migliore orientamento sulle sue effettive attitudini; capita molto spesso che ci si iscriva su pressione familiare o per seguire amici a un tipo di studi per i quali non si è portati, mentre si farebbe meglio altrove.
Solo dopo tali riforme, il numero programmato ha senso e si può introdurre.
Io ad esempio agli studenti chiedo impegno, ma solo dopo avere dato il mio massimo: se facessi poco, non potrei pretendere dopo; prima si offre, cioè, poi si chiede e (se qualcuna o qualcuno non "risponde" - non alle domande, ma come serietà - ) si sanziona.
Aggiungo che non so se convenga fare i barbieri (colgo comunque l'ironia): ai corsi vedo anche molti ragazzi calvi o con pochi capelli già a vent'anni, ma consiglio (sinceramente, non per razzismo sociale, ci mancherebbe) di pensare seriamente all'agricoltura: è un settore dell'economia nazionale che tira ed è soddisfacente. Meglio un contadino serio (e moderno) che un mediocre avvocato in più (ce ne sono troppi), senza piacere e quindi voglia e perciò senza clienti. Io non l'ho fatto e ho sbagliato: lavorare la terra (propria, anche poca, non sotto padrone) è faticoso, ma dà sensazioni bellissime e fa sentire utili.
Bisogna perdere l'idea che si studia per fare quello per cui si è studiato. Può accadere, ma non è detto. Si studia invece per se stessi e si lavora dove si trova il lavoro. Questa è la situazione realistica, oggi.
Naturalmente, chi ha studiato molto bene in genere occupa le posizioni migliori, perciò il senso del mio discorso è: non accontentatevi, non siate mediocri. Se invece volete esserlo (studio da dispense, all'università solo per gli esami, ricerca di raccomandazioni, eccetera),meglio fare da subito altro e farlo bene




A questo punto è meglio fuori subito! Sarebbe ancora + umiliante fare un anno di corso per poi "sentirsi dire: hai scelto la strada sbagliata", del resto questo tipo di selezione indirettamente già esiste (non a caso i professori del primo anno sono molto selettivi e tendono a scoraggiare gli studenti "mediocri").
Non sono d'accordo nemmeno sull'ultimo punto(quello evidenziato, ma solo per evidenziare quale punto, non per gridare).Chi occupa le posizioni migliori (le posizioni apicali)non è migliore di un altro collega, occupa quella posizione perché è stato segnalato dalla politica. (Cronaca di questi giorni, non si mettono d'accordo per eleggere due membri della Consulta). E' vero non bisogna accontentarsi, bisogna pretendere il massimo, soprattutto da se stessi. Chi è determinato e motivato, arriva dove vuole, a dispetto di chi gli mette il bastone tra le ruota.
Giuseppe.appioclaudio
00domenica 21 settembre 2014 15:06
Mah, io credo che sarebbe ingiusto non dare a tutti almeno una possibilità. Ovviamente, affinchè questo meccanismo funzioni, è necessario che ci sia impegno e che, in mancanza di dedizione allo studio, lo studente venga tagliato. Dopotutto funziona così anche sul lavoro, quindi meglio entrare subito in quest'ottica.

Sottolineerei, però, un altro punto:

"...I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi".

Non occorre essere un esperto costituzionalista come il Professore, per accorgersi che questa norma sia ormai lettera morta. Basti pensare a quanti ragazzi, cresciuti in famiglie monoreddito, sono costretti a fare i conti non solo con le carenze di un sistema scolastico inadeguato, ma anche con difficoltà economiche che costringono ad alternare lavoretti e studio. Alla faccia, insomma, della frequenza obbligatoria che in molti, saggiamente, vorrebbero introdurre...
(pollastro)
00domenica 21 settembre 2014 19:37
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Non sono d'accordo con Iudicium. Perché "Meglio fuori subito" e perché è umiliante sentirsi dire "Hai sbagliato strada" (ma dopo avere fatto provare)?
La figlia di un mio amico aveva superato il test di medicina, aveva anche fatto esami. L'ho reincontrata - purtroppo - al funerale del padre e mi ha detto dopo le condoglianze,gli abbracci, la consolazione (che comprendeva chiederle che cosa stesse facendo) che ora era a Lettere. Opzione credo suicida e che, se lo avessi saputo, le avrei sconsigliato caldamente (gli esami fatti a Medicina le erano anche andati bene), ma se uno si accorge che una via non è la sua, che cosa deve fare? Se uno capisce che un partner o una partner non va bene, lo/la sposa lo stesso?
Piuttosto, capisco anche che i miei colleghi del primo anno siano selettivi, ma non va bene come si seleziona oggi: è notorio ed evidente che da matricole si è spaesati, bisogna acquisire un metodo, fare un salto di qualità rispetto alla scuola. Non amo i caproni e le caprette (e per questo ho sempre categoricamente rifiutato di fare la balia e ho più volte - in particolare - di passare a diritto costituzionale: non per la materia, che è quella mia di base, ma per l'utenza,giacché non so - e quindi non voglio - insegnare alle ragazzine e ai ragazzini, farei del male a loro e innanzitutto a me, diventerei isterico), ma dico che si può selezionare solo dopo avere fatto capire bene come si studia correttamente. Come ho scritto in un post precedente: prima dare, poi pretendere.
Sull'altro punto, insisto: chi vale si afferma. Accanto a chi vale ci sono certo i raccomandati, non sono cieco. Ma di quello davvero bravo alla fine si ha bisogno, il raccomandato coglione lo si sopporta e lo si circonda di angeli custodi perché non faccia danni. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili, d'accordo, ma nessun sistema può tollerare alla lunga che il fesso raccomandato lo inceppi; al limite lo si tiene a fare il burattino, ma quelli che contano sul serio devono avere gli attributi
iudicium
00domenica 21 settembre 2014 21:21
Re:
(pollastro), 21/09/2014 19:37:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Non sono d'accordo con Iudicium. Perché "Meglio fuori subito" e perché è umiliante sentirsi dire "Hai sbagliato strada" (ma dopo avere fatto provare)?
La figlia di un mio amico aveva superato il test di medicina, aveva anche fatto esami. L'ho reincontrata - purtroppo - al funerale del padre e mi ha detto dopo le condoglianze,gli abbracci, la consolazione (che comprendeva chiederle che cosa stesse facendo) che ora era a Lettere. Opzione credo suicida e che, se lo avessi saputo, le avrei sconsigliato caldamente (gli esami fatti a Medicina le erano anche andati bene), ma se uno si accorge che una via non è la sua, che cosa deve fare? Se uno capisce che un partner o una partner non va bene, lo/la sposa lo stesso?
Piuttosto, capisco anche che i miei colleghi del primo anno siano selettivi, ma non va bene come si seleziona oggi: è notorio ed evidente che da matricole si è spaesati, bisogna acquisire un metodo, fare un salto di qualità rispetto alla scuola. Non amo i caproni e le caprette (e per questo ho sempre categoricamente rifiutato di fare la balia e ho più volte - in particolare - di passare a diritto costituzionale: non per la materia, che è quella mia di base, ma per l'utenza,giacché non so - e quindi non voglio - insegnare alle ragazzine e ai ragazzini, farei del male a loro e innanzitutto a me, diventerei isterico), ma dico che si può selezionare solo dopo avere fatto capire bene come si studia correttamente. Come ho scritto in un post precedente: prima dare, poi pretendere.
Sull'altro punto, insisto: chi vale si afferma. Accanto a chi vale ci sono certo i raccomandati, non sono cieco. Ma di quello davvero bravo alla fine si ha bisogno, il raccomandato coglione lo si sopporta e lo si circonda di angeli custodi perché non faccia danni. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili, d'accordo, ma nessun sistema può tollerare alla lunga che il fesso raccomandato lo inceppi; al limite lo si tiene a fare il burattino, ma quelli che contano sul serio devono avere gli attributi




Rispetto l'opinione del prof. ma non la condivido. Io parto dal presupposto che nessuno è un "deficiente" e chi si iscrive all'università (almeno la maggioranza) conosce i propri limiti. Se odio la matematica, non penso minimamente di iscrivermi ad una facoltà scientifica (matematica, ingegneria, chimica) sarebbe un suicidio. Lo studente che fa cinque anni di superiori, è lì che testa le sue capacità, ed è lì che deve essere orientato. Non ci dovrebbe essere lo snobismo tra gli istituti superiori e universitari, ma collaborazione e l'orientamento andrebbe fatto durante gli ultimi anni delle superiori, magari già allora far capire allo studente come si studia all'università (una sorte di partnership scuola superiore università). Non una sola giornata, come sembra accade ora, dove prima di diplomarsi, si fa conoscere l'offerta formativa delle diverse università (fatta + per accaparrarsi gli scritti che veri e propri orientamenti). Quando mi sono iscritto io all'università, pensavo che l'unica facoltà che potessi fare fosse economia o giurisprudenza, avendo fatto gli studi economico aziendale, dove le materie di matematica, diritto, ed economia erano il nostro pane quotidiano. Ma credevo che così fosse strutturato il sistema universitario, nel senso che fosse una strada obbligata e che non potessi iscrivermi ad ingegneria o medicina perché non avessi le basi, e che fosse possibile solo iscriversi con il liceo scientifico.
Alla fine penso che nonostante pensassi erroneamente che il sistema fosse questo, penso che così dovrebbe essere strutturato il percorso. In base al percorso superiore che si intraprende già si sa quale può essere la sua strada, e capire già se continuare o fermarsi.
Purtroppo la selezione viene fatta successivamente, quando per un giovane, potrebbe vedersi chiudere la strada, dopo aver investito altro tempo e altro denaro.
Perciò ritengo che precludere il percorso dopo aver fatto già qualche anno, sarebbe frustrante.
Per quanto riguarda le posizioni apicale nelle aziende a capitale pubblico, vengono scelte dalla politica. Questo è il sistema, se io sono uno illustre sconosciuto perché non ho nessuna tessera politica, posso essere il migliore ma non sarò mai l' ad di Poste, Eni, Ferrovie. E questo il sistema è inutile girarci intorno.
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