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Ucciso Osama Bin Laden

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2011 11:44
03/05/2011 13:28
 
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A parte il fatto che non si è trattato di un assassinio! I militari sono entrati nella dimora, gli occupanti della casa hanno sparato, ne è nato un conflitto a fuoco e Bin Laden e le sue guardie del corpo hanno avuto la peggio... mica è stato preso e giustiziato...

e poi, ma questo è da confermare, potrebbe essere stata una guardia del corpo dello stesso Bin Laden ad ucciderlo, rispondendo ad un suo preciso ordine..

Però non parliamo di processi o di opportunità di prenderlo vivo, perchè sono discorsi senza senso!


Mi sembra assurdo leggere commenti quansi dispiaciuti per la morte del capo della più grande, spietata e potente organizzazione terroristica del pianeta! Morto in un conflitto a fuoco e non a seguito di esecuzione capitale, ricordiamocelo! [SM=x43666]
[Modificato da .|arles|. 03/05/2011 13:29]
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03/05/2011 13:28
 
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Re: Re:
legittimagiustizia, 03/05/2011 12.03:




una scelta che non c'era a mio parere....
o lo prendevi morto o non lo prendevi o per prenderlo vivo rischiavi la vita di giovani soldati e a quale prezzo e con quali garanzie che non si sarebbe ucciso?
ma soprattutto avrebbe mai parlato?no
e quanti rapimenti e attentati per ottenere la liberazione del prigioniero Osama? molti

è importante mettere in conto queste cose prima di agire.....,non si può essere così superficiali,stiamo parlando appunto di Bin Laden e di cellule impazzite pronte a tutto in suo nome

la missione era uccidere,l'unica plausibile




Sicuramente se lo avessero preso vivo sarebbe stato un cacchio di guaio.
Oppure, da un altro punto di vista, se lo hanno preso vivo, hanno fatto bene a non dirlo a nessuno.
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03/05/2011 16:01
 
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Re:
trixam, 02/05/2011 23.33:

Il mio pensiero va ai navy seals e al loro coraggio immenso. Grandi soldati e grandi patrioti.
Un paese che ha uomini così è un paese che può andare orgoglioso di sé stesso.

I paesi invece dove si filosofeggia sui festeggiamenti definendoli medievali è un paese alla canna del gas.
Questo giorno è il risultato di dieci anni di lotte e di sofferenze.
Chi non ha mai lottato e sofferto, magari perché troppo impegnato a discettare sui torti arbitrali del napoli, non può capire.




Ciao Dio. Perdonaci per non averti chiesto il permesso di scrivere: discutevamo sulle possibilità che Mazzarri aveva di restare a napoli e non ne abbiamo avuto il tempo.
Profondamente desolato, un peccatore implora il tuo perdono.

La faccia mia sotto i piedi tuoi. E non devi restare fermo. Puoi pure muoverti,


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04/05/2011 00:57
 
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una ricostruzione del Raid


Osama Bin Laden, fondatore di al Qaeda e ideologo del jihadismo internazionale, lo sceicco che sul terrore ha fondato la sua guerra santa ai cristiani, agli ebrei, agli sciiti e all'islam eretico, non salafita, viene individuato e ucciso alle 0,30 (le 21,30 in Italia) di domenica primo maggio. Trasportati su due elicotteri decollati dalla portaerei Uss Carl-Vinson in navigazione nel Golfo Persico, il gruppo di incursori si dirige, senza luci di via e con i rotori silenziati, verso il nord del Pachistan.

Le ultime informazioni raccolte confermano che il terrorista più ricercato al mondo si trova con la sua famiglia e gli uomini della scorta in una casa alla periferia di un piccolo villaggio 7 circondato dal verde. Vive, assieme ad altre 22 persone, all'interno di un'abitazione diversa dalle altre. E' una sorta di compound di 300 metri quadrati. E' protetto da alte mura, tra i tre e i sei metri, costruite con mattoni artigianali sormontati da filo spinato. Grazie alle fotografie satellitari i Navy Sails hanno anche una piantina della casa. Ci sono diverse abitazioni all'interno, tutte separate da mura e protette da inferriate. La casa non ha contatti con l'esterno. Non ci sono celle telefoniche nelle vicinanze, non c'è un server, né una linea Internet. Persino l'immondizia viene bruciata all'interno in un inceneritore costruito apposta.

Tutti, nel villaggio, conoscono quella struttura un po' anomala e sicuramente diversa dalle piccole case sparpagliate tra prati e boschi. Si sa che ci vive qualcuno, che è stata costruita nel 2005, che il proprietario è un certro Arshad, figlio di Naqeeb, originario dell'area di Tangi Fas, nel distretto tribale di Charsadda, nel nord ovest, la parte opposta del Paese. Si scoprirà che è un nome fittizio, inventato, sconosciuto all'anagrafe. Una delle tante dissimulazioni per nascondere la vera identità di chi ci vive e che probabilmente ha ordinato la costruzione dell'abitazione. Ma il team, ristrettissimo e segreto, che da quattro anni sta lavorando al caso è ormai certo che all'interno si nasconda il nemico numero uno dell'Amministrazione americana.

I due elicotteri atterrano in piena notte a trecento metri dal compound. I velivoli fanno un frastuono infernale, sono stati visti da qualcuno che lancia un allarme. Dei militanti jihadisti, forse gente del villaggio, spara sui tre mezzi. Uno viene colpito ed è costretto ad atterrare più lontano. Non ci sono feriti. I cinque incursori all'interno, assieme ai piloti, sono imbarcati sull'altro mentre il primo, ormai danneggiato, viene fatto saltare in aria con l'esplosivo. La missione prosegue. E' seguita personalmente dal presidente Barack Obama su un grande video nella Situation Room, collegata con un'altra stanza insonorizzata e isolata da ogni interferenza elettronica nella sede del Pentagono. Leon Panetta, capo della Cia, presto nuovo segretario alla Difesa al posto di Robert Gates, è in prima fila. Resta in piedi mentre si vedono le sagome dei Navy Sails che avanzano verso l'obiettivo e si sentono gracchiare gli ordini dati in cuffia.

L'azione dura 40 minuti. Gli uomini del commando si sparpagliano, eliminano alcune guardie all'ingresso, fanno saltare le inferriate, avanzano tra sentieri interni, corridoi, sale e stanze. Osama Bin Laden è sveglio. E' armato, oppone una breve resistenza. Con lui ci sono le tre mogli e i sette figli che lo seguono da sempre. C'è una rapida ma violentissima sparatoria. La prima versione dei fatti racconta che una delle donne viene usata come scudo umano da uno dei quattro uomini presenti nella stanza. Viene raggiunta da una serie di colpi e resta uccisa. Nel conflitto a fuoco muoiono anche quattro membri della scorta permamente di Osama Bin Laden e, sembra, uno dei suoi figli più grandi. Altre due donne restano ferite. Bin Laden è circondato, non può fuggire. Reagisce, spara di nuovo, viene colpito da una serie di proiettili. Uno, mortale, lo raggiunge in faccia, all'altezza del sopracciglio sinistro.

Ci sarà polemica sul fatto che non sia stato catturato vivo. Ma l'ordine della missione era chiaro: "Se reagisce, uccidetelo". Commenterà una fonte anonima vicina al commando di incursori: "Non eravomo lì per arrestare Bin Laden. Era una mission killed, una missione omicida". Il commando resta ancora pochi minuti, raccoglie moltissimi documenti e pc che vengono trovati nella casa. Porta via il corpo del capo di al Qaeda. Alcune fonti parlano anche della cattura delle due donne e dei sei figli. Ma altre fonti negano e affermano che "non ci sono stati prigionieri". L'unico elicottero rimasto si è avvicinato, è a cento metri dal compound, ha ancora i rotori accesi, le pale non hanno mai smesso di girare. Pochi, secchi ordini e poi via: i 15 uomini del commando salgono a bordo e puntano verso sudovest, verso il Mar d'Arabia dove incrocia ancora la portaerei Carl-Vinson. Al Pentagono si tira un sospiro di sollievo. C'è soddisfazione, grande soddisfazione e probabilmente qualche moto di gioia. Ma l'euforia è contenuta. L'impegno annunciato nove anni e 8 mesi fa è stato mantenuto. La promessa di catturare Osama Bin Laden vivo o morto è stata esaudita.

Adesso si tratta di confermare che l'uomo ucciso sia proprio il grande nemico degli Usa. La prima verifica è con il dna. Gli esperti americani conservano da anni quello della sorella, morta per un tumore al cervello. Il confronto è una conferma. "Al 99,80 per cento", precisano le fonti militari. Si scattano una serie di foto, si girano altri video, oltre quello che ha immortalato tutto il blitz. Le foto vengono scannerizzate e trasmesse subito a Langhley, la sede centrale della Cia. Nuovi confronti, nuove conferme. Si pensa cosa fare del corpo del capo di al Qaeda. Il rito religioso musulmano prevede che ogni fedele venga sepolto nel giro di 24 ore con una serie di atti ben precisi. Si pensa di consegnarlo allo Stato dove Osama Bin Laden è nato. Ma l'Arabia Saudita rifiuta. Nega ogni tipo di proposta lo stesso Yemen dove lo sceicco ha vissuto a lungo. La presenza di quel corpo è fonte di imbarazzo. La sua tomba potrebbe diventare meta di pellegrinaggi continui, c'è il rischio di trasformare il capo dell'organizzazione più spietata e feroce del Pianeta in un martire. La gestione sarebbe difficile, complessa, perfino pericolosa. Nuovi contatti tra Washington e il comando della portaerei. Si decide di officiare subito un rito islamico e di affidare il corpo alle acque del mare. Il cadavere viene lavato, ricomposto, avvolto in un lenzuolo bianco, e poi appesantito da un sacco e fatto scivolare in mare su una tavola piazzata sul bordo della nave. Un classico funerale marino. Ma la notizia, per ore, è solo in parte confermata e più volte smentita. Il caso del corpo di Bin Laden diventa un giallo. Solo nel tardo pomeriggio arriva la conferma ufficiale: il fondatore di al Qaeda è stato sepolto in mare, nessuno Stato era disposto ad accoglierlo. Sui siti islamici già si annuncia il nuovo successore alla guida dell'organizzazione: sarà il medico egiziano, numero due di al Qaeda, Ayman al Zawahiri, ideologo più che operativo.

Ma la Casa Bianca deve affrontare un altro dilemma. Non sa se rendere pubbliche le foto scattate sul corpo di Bin Laden. Sarebbe il modo più efficace pere mettere a tacere le tante voci che si inseguono da un capo all'altro del Pianeta. Ma pubblicare quelle foto potrebbe scatenare reazioni nel mondo degli jihadisti, in molti paesi arabi dove la morte dello sceicco viene condannata con durezza. Il suo volto è devastato dal proiettile, parte della fronte è esplosa, l'occhio sinistro è un buco, si noterebbe, addirittura, parte del cervello. Un brutto spettacolo. Facile immaginare certe reazioni. Ma senza foto, senza prove visive, si alimentano leggende difficili da smentire. E' molto probabile che l'amministrazione Obama alla fine deciderà di rendere pubbliche le immagini del corpo, anche se devastato durante la sparatoria seguita al blitz.

L'attacco era stato deciso da due mesi, ma in un primo momento si era pensato di eliminare lo sceicco colpendo il compound con due bombardieri invisibili B2. Poi Obama ha optato per un raid con quattro elicotteri. "Era considerato molto più rischioso - ha spiegato una fonte dell'Amministrazione Usa - ma il presidente voleva una prova della morte di bin Laden, non voleva lasciare solo un mucchio di macerie".

Tutto nasce nel 2007. Uno dei detenuti nel carcere di Guantanamo svela che Osama Bin Laden, per spedire e ricevere i suoi messaggi, si serve di un corriere. Ne conosce solo il soprannome. Al Qaeda non è un'organizzazione piramidale: è formata da cellule indipendenti, non ha strutture di raccordo. La sicurezza è la massima prorità del gruppo. Ma il detenuto è sicuro: il corriere è un protetto di Khalid Shaick Mohammed, la mente dell'11 settembre. Gli investigatori della Cia formano una sezione speciale. Solo sei elementi. Sono gli unici a conoscere i dettagli di un'operazione che è ancora nelle fasi embrionali ma può avere successo. Ci lavorano giorno e notte. Lavorano soprattutto su quel soprannome. Hanno subito le prove che il detenuto dice il vero. Due anni dopo, ottengono un risultato importante: attribuiscono al soprannome un nome vero. Spediscono informazioni false con alcune vere, sondano il terreno. Chiedono verifiche su quel nome come fosse uno dei tanti da ricercare ed eliminare. Arrivano le risposte e sono sempre più positive. Dicono che l'uomo gravita in una certa area e il cerchio si stringe. Si attivano satelliti speciali, alcuni sorvoli dei droni sono destinati solo a perlustrare una determinata zona. Le fotografie fanno il resto del lavoro.

Ad agosto scorso viene informato il presidente Barack Obama. E' naturalmente al corrente di quello che sta facendo la cellula speciale della Cia. Ma anche lui ha chiesto di essere informato solo davanti a progressi concreti. Gli dicono che è stata individuata la casa di Bin Laden. E' accaduto spesso anche in passato e molte volte le informazioni date per certe si sono rivelate delle bufale. Ma questa volta ci sono troppe conferme. Conferme fotografiche, visive. E poi ci sono le prove fonetiche, raccolte da un potente sistema di ascolto. Le voci raccolte vengono confrontate, ci sono altre, essenziali conferme. Le indagini proseguono nella massima segretezza. Non c'è la minima fuga di notizie. Nessuno sa, nessuno sospetta.

Nel marzo scorso il piano di intervento è quasi messo a punto. Il Consiglio di sicurezza della Casa Bianca si riunisce cinque volte: il 14 e 19 marzo e poi ancora il 12, il 18 e il 28 aprile. Il commando selezionato tra i Navy Sails prova e riprova l'incursione. E' stato disegnato un plastico del compound, gli incursori lo conoscono quasi a memoria. E' il momento di agire, spiegano a Obama. E il presidente, la sera del 29 aprile, dà il suo assenso. L'azione doveva scattare il 30 aprile. Ma le pessime condizioni del tempo sull'area hanno consigliato il rinvio di 24 ore. Il presidente Usa sa di rischiare e molto. Potrebbe andare anche male, c'è il precedente dell'ex presidente Jimmy Carter: tentò di liberare gli ostaggi tenuti nell'ambasciata Usa a Teheran e la missione fu un fallimento clamoroso. Ma il momento è perfetto, tutto il piano è stato messo a punto nei minimi dettagli. Bisogna rischiare. E' un obiettivo fondamentale. Per gli americani, per il mondo intero.

C'è sorpresa e una rabbia mal celata: si scopre, con amarezza, che Osama Bin Laden vive tranquillamente da nove anni in Pakistan. Nonostante le smentite furibonde di Islamabad, nonostante la partecipazione, vera o fittizia, dei vertici dell'esercito pachistano alle incursioni contro gli uomini di al Qaeda e i Taleban. Islamabad viene tenuta all'oscuro, non si può correre il rischio di una soffiata all'ultimo momento. Gli Usa non si fidano. Scoprono che il villaggio di Abbottabad pullula di militari in pensione e ospita anche un'Accademia degli ufficiali dell'esercito. E' chiaro che le Forze armate di lslamabad sanno e tacciono. Continuano a proteggere lo sceicco del terrore. Per quella solidarietà che non è mai cessata, per opportunità politica. Nonostante gli attentati, le uccisioni, gli agguati. Spezzoni compiacenti dei servizi segreti, il potente e ambiguo Isi, continuano a decidere e a gestire la più difficile e contrastata guerra dell'Asia centrale.

Il Pakistan apprende la notizia a cose fatte. "Quel rifugio", commenta sorpreso il generale Hamid Gul, ex capo dei servizi segreti di Islamabad, "era un nascondiglio geniale. Mai nessuno avrebbe soispettato che Bin Laden si potesse nascondere in un villaggio pieno di militari, a due passi dall'Accademia degli ufficiali dell'esercito, visitata lo scorso weekend dallo stesso presidente Asif Ali Zardari". Forse qualcuno lo ha saputo prima, ma era troppo tardi.

Dopo molte ore di imbarazzato silenzio, anche il Pakistan si prende il merito dell'operazione. L'ambascdiatore di Islamabad a Londra, Wajid Shamsul Hasan commenta con un certo sarcasmo: "E' evidente che l'operazione Bin Laden è il frutto di una cooperazione tra intelligence Usa e pachistane. Chi afferma il contrario sa di dire una bugia". C'è in ballo un problema di sovranità. Elicotteri americani, stranieri, che sorvolano di notte, nel massimo segreto, all'insaputa delle autorità locali, il territorio del Pakistan., Perfino il Segretario di Stato, Hillary Clinton, viene in soccorso delle tentennanti dichiarazioni di Islamabad. "C'è stata", dichiara, "piena collaborazione tra i due paesi". Una dichiarazione finale dell'Amministrazione Usa chiude il balletto di comunicati: "C'è stata piena comprensione da parte del Pakistan per non essere stato avvertito prima dell'operazione". Ed è stato proprio questo silenzio, questo mancato coinvolgimento di Islamabad a decretare il successo della missione. Troppe volte, in passato, il capo di al Qaeda era stato salvato da preziose soffiate.

Il corpo di Osama Bin Laden viene portato via. Obama annuncia all'America e al mondo la notizia che tutti attendevano da anni. Inizia l'opera di disinformazione: una tv pachistana mette in rete una falsa fotografia 8 in cui il capo di al Qaeda appare con il viso sfigurato, gli occhi senza più bulbi, lo sguardo chiuso in una smorfia di dolore. La foto fa il giro del mondo, suscita la rabbia e i dubbi dei siti qaedisti che urlano alla menzogna e poi alla vendetta. Poche ore dopo la stessa tv è costretta ad ammettere che si tratta di un falso. Voci, indiscrezioni, annunci si susseguono senza sosta. Le notizie filtrano tra smentite e conferme. L'unica cosa certa è la morte di Osama Bin Laden, tra la soddisfazione della maggior parte del mondo, quello arabo e musulmano compreso. Qui, nelle terre dell'Islam, al Qaeda ha finito per massacrare migliaia di persone in nome di una jihad che pochi, pochissimi, erano ormai disposti ad accettare.

repubblica


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04/05/2011 01:13
 
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a proposito di chi parla dei festeggiamenti....il congresso ha fatto un bellissimo e lungo applauso ad Obama...:DDDDDD


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04/05/2011 11:07
 
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Non dovevano nemmeno applaudirlo... al rogo Obama :D
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04/05/2011 11:44
 
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Re:
giusperito, 04/05/2011 11.07:

Non dovevano nemmeno applaudirlo... al rogo Obama :D




Di sicuro ha detto ciò che gli americani(la stragrande maggioranza)voleva sentirgli dire.
L'uomo politico ha detto una frase che,in termini di costi-benefici,doveva dire.
L'uomo e basta avrebbe dovuto dire qualcosa di diverso.
Entrambi sono la stessa cosa,o meglio, l'uomo politico è la parte politica dell'uomo.
Mi batterò sempre quindi per cambiare una certa concezione della politica,così da fare in modo che la parte politica dell'uomo somigli di più alla sua parte umana.

[Modificato da J.Rebus 04/05/2011 11:44]
xxx Meglio essere vittima che complice.xxx
http://www.studibiblici.it/conferenze.html

Schiavo di nessuno,Servo di tutti.
http://www.studibiblici.it/videoomelieindiretta.html
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