Non voglio entrare nel merito dei testi di Luigi Capozzi, non avendoli studiati ed avendone solo letto - in via incidentale - qualche passaggio.
E' evidente che filosofia del diritto è una materia
sui generis, che di per sé può risultare ostica, avendo una struttura linguistica e concettuale tutta propria, cui spesso lo studente di giurisprudenza non è affatto preparato.
Sorvolando quindi su questa materia, che è un po' "a parte", l'aforisma di Guido Capozzi è sacrosanto.
Esistono testi di alcune materie giuridiche scritte davvero in un italiano stentato.
I libri di procedura civile di Verde, ad esempio, a mio giudizio son scritti malino, con periodi in cui spesso non è rispettata nemmeno una corretta punteggiatura.
Tante sono le frasi e in alcuni casi i paragrafi che ho letto e riletto, e che infine mi son dovuto RISCRIVERE a margine, una volta capito il senso della frase.
Discorso simile per DI MAIO di diritto civile, dove a parte termini come
provincIe e simili, scritti sistematicamente in maniera errata, spesso è proprio la formazione del periodo a lasciare a desiderare.
Molti testi sono scritti con troppo narcisismo. Ciò che ho imparato col giornalismo, è che il più delle volte non c'è cosa più difficile che scrivere in maniera semplice e chiara.
La chiarezza e la semplicità dell'esposizione è quello che fa di un testo un BUON testo.
La verità è che i professori sono tanti, ma l'arte dello scrivere non appartiene a tutti, di certo.