"l' università itagliana"

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.pisicchio.
00sabato 5 ottobre 2013 12:40
Bari, denunciati cinque dei saggi scelti da Letta per riformare la Costituzione: «Truccavano i concorsi»
L’inchiesta si estende a 7 facoltà universitarie e a 35 docenti tra cui l’ex Garante Pizzetti e l’ex ministro Anna Maria Bernini
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NASCONDI

L’INDAGINE

Bari, denunciati cinque dei saggi scelti da Letta per riformare la Costituzione: «Truccavano i concorsi»

L’inchiesta si estende a 7 facoltà universitarie e a 35 docenti tra cui l’ex Garante Pizzetti e l’ex ministro Anna Maria Bernini



Augusto Barbera (Imagoeconomica)
Un duro colpo alla fiducia in una giusta riforma della Costituzione. E un assist a chi, come il M5s, vorrebbe che tutto restasse immutato. La Guardia di Finanza su ordine della procura di Bari, come rivela il quotidiano La Repubblica, ha aperto un’inchiesta su numerosi docenti universitari che, secondo l’accusa, in almeno sette »Facoltà di diritto, avrebbero truccato concorsi per associati e ordinari.

L’INCHIESTA - Denunciati, a vario titolo, per associazione a delinquere, corruzione, falso, truffa aggravata, 35 professori universitari tra cui numerosi volti noti del panorama del diritto italiano. Tra questi ben 5 dei 35 saggi scelti dal premier Enrico Letta per accompagnare il previsto progetto di riforma costituzionale: Augusto Barbera (Università di Bologna), Beniamino Caravita di Toritto (La Sapienza di Roma), Giuseppe De Vergottini (Università di Bologna), Carmela Salazar (Università di Reggio Calabria), Lorenza Violini (Università di Milano). Ma nell’inchiesta emergono anche altri volti noti della politica, tra cui l’ex Garante per la privacy Francesco Pizzetti e l’ex ministro per le Politiche europee Anna Maria Bernini (Pdl). Gli indagati si dicono estranei alla vicenda.
connormaclaud
00sabato 5 ottobre 2013 12:44
Un laureato in medicina,pur con le differenzzazioni delle specializzazioni, sa che opererà nel settore medico, sia esso pratico o della ricerca,allo stesso modo il dottore in giurisprudenza,ipotizzando quanto da me scritto, dovrebbe essere consapevole che il suo titolo di studio permette di accedere alla carriera forense,magistratuale e notarile. Si può anche discutere sull'eventuale aggiunta di altri sbocchi,come il concorso da commissario o d'interesse legale nella pa,ma a tutto un limite.
Così come un medico non può improvvisarsi architetto la laurea in giurisprudenza non può essere spendibile in tutte le stagioni,se poi-come giustamente afferma- la pratica e la formazione professionale devono essere implementate.
Lo stesso concetto di laurea equipollente va rivisto, in caso contrario si continuerà ad avere una stragrande maggioranza di studenti,più o meno mediocri, che propenderà per la nostra facoltà solo perchè ritenuto il nostro pezzo di carta più spendibile di altri.
Non lamentiamoci poi se,con questi numeri e questa motivazione,non è possibile introdurre la frequenza obbligatoria e un approccio pratico;lo studente deve essere,a mio avviso, doppiamente volontario: volontario per la scelta di un percorso universitario e volontario per la consapevolezza che quel percorso porta in un luogo ben definito,il lavoro.

Questo porterà inevitabilmente altre facoltà ad avere una considerazione maggiore e ,sicuramente, porterà alla creazione di nuovi corsi ibridi,ma se la facoltà di giurisprudenza verrà colpita nei numeri,guadagnerà nella qualità della formazione.
Fatto il cambiamento che propongo,non solo il docente potrà/dovrà chiedere di più agli studenti,ma gli stessi potranno pretendere di più dai docenti.

Gentile professore,sa meglio di me che la laurea in giurisprudenza ha oggi il valore di un diploma delle superiori,dato l'esercito di laureati.
L'alternative è ,come ben sa, l'abolizione del valore legale della laurea,ma sa ancor meglio che è solo un'utopia nel nostro sistema.


.pisicchio.
00sabato 5 ottobre 2013 12:46
Con i post precedenti ho voluto semplicemente ricondurre il topic all'oggetto iniziale.

(pollastro)
00sabato 5 ottobre 2013 12:57
C'è chi sta peggio di noi, ma che tristezza
Grecia al collasso: chiude l’Università Nazionale di Atene. Le testimonianze degli studenti greci di Francesco Cannone

In Grecia le università pubbliche sono in ginocchio. In un comunicato pubblicato dall’Università Nazionale Capodistriana di Atene, la più antica e prestigiosa del Paese, si legge: “Il Senato dell’Università Nazionale, nella sua sessione straordinaria di oggi 23 settembre 2013, riscontra l’oggettiva e assoluta impossibilità dell’Università di Atene di svolgere le sue funzioni didattiche, di ricerca e amministrative. [...] L’Università di Atene è costretta contro la propria volontà a dover cessare l’immatricolazione di nuovi studenti, lo svolgimento degli appelli, le sessioni di laurea e in generale qualsiasi altra attività accademica e sociale”, per la prima volta dall’anno della sua fondazione: il 1837. La responsabilità è in primo luogo del Governo Samaras che, per ridurre ancora la spesa pubblica, ha deciso il trasferimento di 1.349 impiegati degli otto atenei del territorio (pari al 40% del personale totale), ad altre amministrazioni, lasciando di fatto gli atenei vuoti e impossibilitati a lavorare. Il rischio è la chiusura definitiva. I rettori delle università hanno promesso una lotta legale ad oltranza. Interruzione dei servizi e ricorsi sono i principali mezzi esercitati per fare pressione sul Governo. Contro i provvedimenti di Samaras e della Troika che, in generale, sembrano tendere a favorire l’istruzione privata e indurre i giovani a scegliersi un mestiere e non a continuare a studiare (come dimostrano i tagli del personale nel settore dell’istruzione pubblica e la riforma degli esami di ammissione nelle università con lo scopo di dimezzare il numero dei ragazzi che aspirano a entrare in una facoltà, dato che i quindicenni dovranno sopportare un calvario di esami lungo tre anni), al momento non esiste un movimento studentesco nelle università.
A raccontarci come gli studenti stanno vivendo la situazione, sono i ventenni Natalia e Stratis, della facoltà di legge dell’Università di Atene.
Di seguito riportiamo le loro testimonianze.

Immagino abbiate letto che la nostra Università è stata chiusa dal Senato dell’ateneo lo scorso 23 Settembre, dal momento che il governo ha ridotto gli impiegati amministrativi. Nel comunicato ufficiale, si può leggere che non si accetteranno nuove richieste d’immatricolazione e le sedute di laurea o di esame sono annullate fino a quando le cose non cambieranno. Nello scritto, inoltre, si può leggere che il rettore si appellerà alla giustizia. I professori, nel frattempo, assicurano tutto il loro sostegno. Gli studenti non possono fare altro che aspettare di giorno in giorno nuovi risvolti: in Grecia si sta vivendo una grave crisi politica e in questo momento nessuno sembra indignarsi né reagire alla chiusura dell’Università. Staremo a vedere.
Natalia Athanasouli, 20 anni, studentessa della facoltà di Legge dell’Università di Atene

Sono uno studente di vent’anni iscritto al quarto semestre degli studi nella facoltà di legge nella Università Nazionale Capodistriana di Atene, la più grande e antica università della Grecia. Durante gli esami della sessione di settembre, gli appelli sono stati cancellati a causa degli scioperi degli impiegati che lavorano negli uffici dell’Università.
Il fatto che i nostri esami fossero stati ritardati non sembrava qualcosa di imprevisto. Lo sciopero non è la sola ragione della chiusura dell’Università. Atene è una città in crisi. Specialmente per gli studenti di Legge il rinvio degli esami e la cancellazione delle lezioni è una cosa all’ordine del giorno, dal momento che la Facoltà di Legge è situata nel pieno centro di Atene.
Durante le grandi manifestazioni o qualsiasi piccola agitazione, l’ateneo è spesso restato chiuso per ragioni di sicurezza.
Inoltre, la politica gioca un ruolo significativo all’interno della vita universitaria in Grecia. Non è insolito che le università restino chiuse a causa di assemblee studentesche o altre azioni di protesta.
Ciononostante, questa volta la situazione era differente. Il 23 settembre, infatti, è stato annunciato ufficialmente dal Senato dell’Università che l’ateneo non è più nelle condizioni di svolgere le sue funzioni a causa di scelte di governo che hanno allontanato 500 impiegati dall’Università di Atene. Lo stesso rettore ha annunciato che probabilmente l’università resterà chiusa per l’intero semestre.
Questa dichiarazione ha provocato una forte incertezza in tutti gli studenti. In queste condizioni, infatti, nessun iscritto è in grado di organizzare i propri studi. Provate a immaginare uno studente che ha programmato i suoi corsi di perfezionamento post-laurea ai quali, però, sarebbe potuto accedere soltanto conseguendo gli esami nel mese di Settembre. Ma questo è solo un esempio. Inoltre, il fatto che 500 impiegati siano stati licenziati aumenta il pessimismo di molti studenti universitari che vedono un futuro sempre più incerto all’interno del mondo del lavoro. Ancora una volta, gli studenti greci sembrano essere costretti a lasciare il proprio paese in cerca di un futuro migliore.
Credo che la crisi dell’Università di Atene sia il picco del malfunzionamento della Grecia dopo la crisi del debito scoppiata nel 2010. Continua ad esserci una forte pressione da parte dei creditori della Grecia che cercano di operare cambiamenti nel settore pubblico. Una pressione che porta, però, ad atti spasmodici con criteri sbagliati.

Stratis Koulierakis, 20 anni, studente della facoltà di Legge dell’Università di Atene
(pollastro)
00sabato 5 ottobre 2013 13:26
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Caro Connor e cari tutti, non vengo da Marte e non caso dal pero. Denunciate giustamente episodi di malcostume. Sono in effetti più volte cambiate le regole di reclutamento, ma nessuna regola (in nessun campo) tiene, se non assistita da una esigente etica di ceto, sotto il controllo di un'opinione pubblica informata. Anche con le attuali procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale e concorsi locali, dopo la riforma Gelmini, si annunciano ricorsi.
Detto questo, se un Maestro forma un allievo e lo sorregge, se lo fa lavorare, pubblicare, se questo o questa è stimato dalla comunità scientifica di riferimento, che vinca poi un concorso non vuole sempre dire che esso sia "truccato". Nella logica (non ne conosco altra, in nessuna università del mondo civile) della cooptazione dei pari, chi è dentro individua una persona capace, la forma, la fa studiare duramente e pubblicare, le fa fare le ossa nella competizione accademica (seminarii, lezioni, partecipazione relatrice a convegni), poi la fa "approdare" ad un concorso. La via retta è questa, poi alcuni o più di alcuni la percorrono col trucco. Il che implica la necessità di controlli migliori, ma non vuol dire che la via sia in sé sbagliata.
Mi reputo una persona dignitosa come professore e non avevo parenti nel settore, salvo uno a medicina, zio caro, ma del tutto estraneo al mio ambiente, ma - se a suo tempo qualcuno non avesse creduto in me e non mi avesse aiutato - non sarei un docente: un concorso da professore non è uno all'ASL, non tutti sono portati per l'insegnamento e la ricerca. Va condannata la "parentopoli", ad esempio, ma (se una persona fosse figlia, moglie, fratello o sorella di un professore), non per questo - se è brava - va penalizzata. Attenzione a demagogia e a giustizialismo, attenzione a distinguere caso per caso. Anche Bach e Strauss ebbero famiglia e non tutti i parenti erano indegni, conosco personalmente famiglie intere di medici e di avvocati preparati: perché escludere a priori questa possibilità?
ObbligazioneNaturale
00sabato 5 ottobre 2013 13:26
Re:
(pollastro), 05/10/2013 01:22:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

"Esami culturali in pratica perfettamente inutili?". Ah, Trixam, che bestemmia! Lo sarebbero, se uno la cultura se la facesse altrove. Ma prego credere... Per il resto, molto di questa discussione è utile per un confronto e rivela assonanze e diversità tra il dato italiano e certe tendenze americane. E' vero, cinque anni di sola teoria sono una palla inutile e vomitevole; è vero: tanti da noi si laureano in legge (finché non ci saranno test d'ingresso, sarà sempre il refugium peccatorum), ma pochi sono avvocati (soprattutto bravi e con clienti), magistrati, notai; è vero: negli USA (e in Inghilterra) la formazione è perlopiù pragmatica e giurisprudenziale. Mettiamola così: da noi troppo lunga e troppo solo teorica, lì corta e pragmatica, forse un'esagerazione opposta. Il giusto mezzo no, eh?


L'ampiezza del bacino clientelare credo sia collegata al corredo genetico e alle soft skills (chi ha detto networking?) che all'effettiva bravura del leguleio in questione. Altrimenti non si giustificherebbero le greggi caproni a tutti i livelli (anche nei grandi studi, d'altronde se papa' ha gli agganci si puo' tollerare il puerulo incapace). Del resto la vulgata in via Arenula e' che nel mercato dei limoni il cliente non sappia distinguere tra bravo e cattivo (essendo obbligazione di mezzi, l'avvocato con un cursus di soccombenze non e' necessariamente incapace), quel "bravi e con clienti" si presta ad essere la descrizione dell'outlier.
connormaclaud
00sabato 5 ottobre 2013 15:15
Gentile professore,non sono solito condannare o indignarmi,i miei interventi erano in riferimento ad una,pour parler, generica riforma della facoltà.
Detto questo,le credo sulla parola in merito al rapporto maestro -mi perdoni,ma la maiuscola la uso solo per Quel Maestro- allievo, per quanto le confesso, conscio della mia incompetenza e non conoscenza dell'ambiente, molti di questi allievi non mi ricordano Baldo redivivo valorizzati nella ricerca. Per carità,il mio è un discorso generale, non potendo fare riferimenti specifici, non avendo una visuale sufficientemente chiara.

Condivido il suo precisare che il figlio d'arte può venire anche penalizzato,per i strani giochi di forza che si creano in un ambiente lavorativo.Come al solito,è un terno al lotto.



fridafrida
00sabato 5 ottobre 2013 15:57
Re: Re:
ObbligazioneNaturale, 05/10/2013 13:26:


L'ampiezza del bacino clientelare credo sia collegata al corredo genetico e alle soft skills (chi ha detto networking?) che all'effettiva bravura del leguleio in questione. Altrimenti non si giustificherebbero le greggi caproni a tutti i livelli (anche nei grandi studi, d'altronde se papa' ha gli agganci si puo' tollerare il puerulo incapace). Del resto la vulgata in via Arenula e' che nel mercato dei limoni il cliente non sappia distinguere tra bravo e cattivo (essendo obbligazione di mezzi, l'avvocato con un cursus di soccombenze non e' necessariamente incapace), quel "bravi e con clienti" si presta ad essere la descrizione dell'outlier.




Vada per il discorso sul bacino clientelare, d'altronde se sei figlio di papà ti inserisci in un'attività già avviata e il pacchetto clienti fa parte della formula all- inclusive. Ma non in tutti gli studi legali ci sono solo "figli di papà" (e per figli intendo anche nipoti, amici e compagnia bella). Credo che il discorso del Prof. si rivolgesse ai restanti comuni mortali figli di NN. Quest'ultimi meno agevolati, vero, ma non per questo impossibilitati a farsi un nome e con esso un tot di clienti(prima o poi). E, volente o nolente, il nome nell'ambito legale te lo fai se vinci cause, e meglio se di un certo spessore. La logica mi suggerisce che le cause le vinci se sei in gamba e conosci bene il mestiere (se sei un caprone la vedo difficile insomma). Va da sé che l'avvocato con un cursus di soccombenze, come scrivi, non per questo sarà necessariamente incapace... ma allora che cos'è... necessariamente sfigato?
(pollastro)
00sabato 5 ottobre 2013 18:38
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Il discorso è via via mutato, andando avanti nella conversazione, comunque riprendo l'ultimo punto, in base alla mia esperienza personale. In qualunque campo, essere "figlio di papà" dà indubbiamente un vantaggio iniziale, ma poi lo devi sapere gestire e devi essere bravo e "capace di relazioni" (capisc' 'a mme) da solo. Nessuno va da un figlio di papà se è solo questo. Escudo pure che si vada avanti se si ha solo "un cumulo di soccombenze". E comunque, alla lunga, essere figli di papà vale poco: ci vuole - come diceva la nonna di un mio amico - "'a rraggia d'a' famma", per andare avanti: un'ambizione assoluta e poco pelo sullo stomaco, bravura, furbizia. Mescolare bene e servire freddo (come la vendetta [SM=g2725401])
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