| | | | Post: 300 Post: 300 | Utente Senior | | OFFLINE | |
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20/03/2011 18:06 | |
Dal professor Prisco, che mi prega di postare
Vorrei evitare di entrare in una polemica tra due studenti, comunque stimabili, qualunque idea abbiano, perché dibattendo si mettono in gioco. Parlo dunque solo per me, ricordando per l'ennesima volta che non ho mai votato per l'on. Berlusconi e che non mi piacciono né il suo stile di vita personale (ma questa non è una valutazione penalmente rilevante, a meno che un magistrato non accerti che abbia commesso reati), né il suo stile di governo (produttivo a mio parere di scarsi risultati). Ciò detto e ribadendo anche che - sempre a mio avviso - l'evidente torsione pro domo sua dell'azione del Presidente del Consiglio nel campo della giustizia maschera i problemi che considero enormi ed oggettivi della sua - comunque ineludibile - riforma e fornisce un alibi a chi non vuole toccare nulla, mi dichiaro ad esempio molto contrario agli interventi pubblici, preventivi e "schierati", del p.m. Ingroia (dal palco di una manifestazione a coloritura politica di opposizione) e del dottor Cascini, magistrato che è un alto dirigente dell'ANM.
Un magistrato è tenuto ad obbedire alla legge e a darle applicazione, a meno che non la indubbi di incostituzionalità, Ritengo che rammentarlo non sigifichi affatto auspicare un controllo improprio della magistratura da parte della politica, bensì richiamare il principio ovvio secondo il quale sono gli eletti dal popolo ad assumere - essendone legittimati dal corpo elettorale - le decisioni di fondo sulla vita di un Paese e poi a risponderne, nel caso, in sede di elezioni politiche successive, mentre gli organi pubblici tecnici integrano tali scelte in sede di loro applicazione, ma non possono stravolgerle: questa è semplicemente la vetusta divisione dei poteri. Ciò implica tra l'altro che correttamente né la politica possa delegittimare a priori l'azione della magistratura (di tutta o di parte di essa, magari tacciata di "comunismo"), né che possa accadere il contrario. Nei rapporti tra poteri dello Stato, come hanno ribadito il Presidente della Repubblica e molte sentenze della Corte Costituzionale, la regola e la retta via praticata devono essere la "leale collaborazione". Trovo dunque che gli illustri magistrati sopra ricordati, esternando le loro private opinioni da privati cittadini, non in un saggio scientifico e non in un loro provvedimento tecnico, se in ipotesi fosse stato necessario farlo per motivarlo, abbiano abusato della loro funzione, proprio come - ritengo - ha fatto il medesimo on. Berlusconi, chiamando la Questura di Milano a proposito della "nipote di Mubarak". In entrambi i casi si è infatti esorbitato dalle funzioni proprie delle rispettive competenze, cioè ci si è come "rivestiti" di un abito funzionale per perseguire interessi personali (di critica, per i magistrati; di protezione di se stesso e di una fanciulla, per Berlusconi) e in nessuno di tali casi si stava però esercitando atti di ufficio. Sono
insomma indispensabili sobrietà assoluta e autocontrollo nel manifestare il pensiero da parte di chiunque eserciti pubbliche funzioni. Auspicarlo non è invocare la censura, ma il senso dello Stato, che è cosa molto diversa. |