border="0"

È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
       
CHI SIAMO
            
PROBLEMI D'ACCESSO?
            
SALVASTUDENTI
            
MATRICOLE
     
GALLERIA
      
INFO UTILI UNIVERSITà
        
FACEBOOK
 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Scuola e libertà: l'esempio della Svezia(il paradiso del welfare state)

Ultimo Aggiornamento: 28/02/2011 10:07
Email Scheda Utente
Post: 1.137
Post: 1.137
Utente Veteran
OFFLINE
27/02/2011 20:52
 
Quota

Sebbene la riforma dell’istruzione sia sulle bocche di tutti da ormai lungo tempo, in pochi tra i suoi detrattori hanno saputo presentare un’alternativa concreta che non fosse il consolidamento dello status quo. Eppure, qualche esempio non troppo lontano da cui poter trarre ispirazione ci sarebbe.In questo senso, vorrei segnalare l’analisi dell’economista Gabriel H. Sahlgren , pubblicata dall’Institute of Economic Affairs, a proposito della riforma approvata e messa in pratica già nel 1992 in un paese come la Svezia, da molti considerato la patria del welfare state.

La riforma ha fatto sì che venissero finanziate dallo stato non le scuole, ma le famiglie, tramite un sistema di voucher. Le famiglie possono poi scegliere tra scuole pubbliche (gestite a livello municipale) e scuole private, a loro volta divise in istituti for-profit e istituti non-profit. Queste scuole possono essere fondate da chiunque, ma devono essere approvate dalla National Agency for Education, devono rispettare il programma nazionale e non possono fare distinzione tra gli studenti basandosi su abilità, etnia o status socio-economico. Inoltre, non è loro consentita l’applicazione di rette che superino il valore del voucher.

Prima della riforma, in Svezia vi erano poche scuole private (meno dell’1% degli studenti frequentava questo tipo di istituto). Oggi, circa il 10% degli studenti in età da scuola dell’obbligo le frequenta, e la percentuale complessiva risulta maggiore del 30% guardando anche all’istruzione superiore.

L’obiettivo della riforma era una gestione cost-effective dell’istruzione, realizzata tramite l’incremento della concorrenza. Il principale argomento di critica dei detrattori riguardava la possibilità che questo sistema potesse portare detrimento alle scuole pubbliche, le quali avrebbero visto i fondi a propria disposizione ridursi e la qualità peggiorare. Per smentire questa ipotesi, Sahlgren cita i risultati di numerosi studi svolti tra il 2001 e il 2010, i quali mostrano come l’introduzione della riforma abbia portato a un generale miglioramento nella qualità dell’insegnamento, che si riflette in voti medi più elevati. In particolare, andando ad analizzare i risultati del GPA del nono anno (un esame nazionale standardizzato) nel 2006, Tegle (2010) trova che un aumento del 10% nella percentuale delle scuole private rispetto al totale delle scuole provocherebbe un aumento del 2% nel punteggio GPA relativo alle scuole pubbliche, incrementando il punteggio del test di matematica del 5,9%. Egli mostra anche come frequentare una scuola indipendente porti in media a un punteggio GPA più alto del 21%, con un ancor più stupefacente miglioramento del 33% nel punteggio di matematica rispetto alle scuole pubbliche. Un altro importante dato che emerge dagli studi è quello relativo alla soddisfazione dei genitori e dei professori, che risulta in media maggiore per le scuole private rispetto a quelle pubbliche. Inoltre, il salario degli insegnanti in aree dove è presente concorrenza tra gli istituti è di circa il 2% più elevato rispetto alle aree prive di concorrenza.

Questi risultati possono essere spiegati in due modi. Primo, le scuole private potrebbero essere semplicemente migliori di quelle pubbliche; in questo caso, la riallocazione (volontaria) degli studenti dalle seconde alle prime porta a un miglioramento nell’efficienza. Secondo, la competizione produce un incentivo per le scuole pubbliche a migliorarsi.

Per verificare tali risultati, Sahlgren propone un suo modello, basato sui database di NAE e Statistic Sweden, utilizzando come campione tutte le scuole svedesi con più di 15 studenti. Per isolare l’effetto delle diverse strutture di proprietà sui voti degli studenti, egli utilizza come variabili indipendenti il numero di insegnanti ogni 100 studenti, il livello di istruzione dei genitori, la percentuale di maschi, la percentuale di immigrati, il numero di alunni. In un secondo modello inserisce poi alcune variabili di comodo per segnalare l’effetto di altri particolari fattori influenzanti il risultato (queste riducono la generalità dei risultati del modello, adattandolo maggiormente al caso specifico).

L’autore osserva che la presenza di scuole private dopo la riforma ha un effetto positivo sul voto medio del GPA di quasi 6 punti nel primo modello e di circa 5,5 nel secondo. Le scuole private ottengono risultati migliori rispetto a quelle pubbliche, e quelle non-profit ottengono in media punteggi maggiori rispetto a quelle for-profit. Tuttavia, la presenza di scuole private for-profit ha un effetto maggiore sul punteggio laddove vi sia un livello socio-economico non elevato. Il motivo di profitto, dunque, non solo è un incentivo all’entrata nel mercato e dunque uno stimolo alla concorrenza, ma risulta in questo caso essere anche un buono strumento per la riduzione delle differenze sociali.

Tenuto conto che si riferiscono a periodi di relativa instabilità economica, questi risultati appaiono ancor più interessanti; sebbene non si possa considerare il sistema a voucher come la panacea di tutti i mali, esso può rappresentare uno strumento affidabile ed efficiente, e dunque una possibilità da non trascurare.

Email Scheda Utente
Post: 3.338
Post: 3.334
Utente Master
Moderatore
OFFLINE
28/02/2011 10:07
 
Quota

Tutelare il merito e valorizzare le differenze dovrebbero essere i parametri di qualsiasi riforma scolastica che renda il diritto allo studio un diritto al proprio futuro.

<span><span>In Italia possiamo dire che manchi tutto tranne le riforme della scuola. Non c'è ministro che in qualche modo non abbia sbandierato il proprio progetto megagalattico di trasformazione del sistema scolastico. La parola riforma, violentata nel suo significato, è diventata un termine onnicomprensivo di qualsiasi bislacca idea. La riforma Gelmini a pieno titolo si inserisce nel filone. La riforma che vorremmo, invece, è molto semplice e va tratteggiata a prescindere dagli spot politici. I punti di riferimento imprescindibili sono il merito e l'efficienza (dato il momento potremmo accontentarci dell'efficace, ma puntiamo ad un Paese normale). </span></span>
<span><span>In primo luogo è necessario garantire agli studenti la piena libertà nell'individuazione sia del percorso di studi sia dei soggetti deputati ad impartire tali conoscenze. In pratica si lascia allo studente, aiutato da appositi programmi di orientamento, la determinazione quasi totale delle materie che affronterà nel suo monte orario scolastico. Una volta determinato un programma di formazione valido per le scuole primarie, durante le quali lo studente acquisisce le nozioni fondamentali di grammatica e matematica, si permette a ciascuno di individuare quale percorso seguire, decidendo in piena autonomia cosa ritiene più utile ed opportuno per la sua crescita personale. Parallelamente le scuole sarebbe costrette a presentare una pluralità di offerte didattiche e di corsi che le costringerebbe a selezionare i migliori docenti e a pretendere che l'insegnamento sia di alto livello. Questa prospettiva potrebbe essere avversata da chi ritiene che in questo modo l'interesse collettivo ad una popolazione istruita (interesse che si lega anche alle esternalità positive derivanti dal livello di istruzione) venga messo nella completa disponibilità di singoli incompetenti e\o incapaci di scegliere il meglio tanto che gli studenti potrebbero orientarsi verso corsi meno impegnativi e con professori meno esigenti, creando in questo modo il risultato opposto in ordine alle competenze dei professori e in ordine alla loro stessa preparazione. Si tratta di critiche superficiali che non considerano come già normalmente nella massa degli studenti molti decidano di ritagliarsi un percorso semplificato non ostacolato in modo realistico né dai professori né dai debiti formativi. Spesso questo disimpegno si lega semplicemente ad errori di valutazione nel momento dell'iscrizione (errori non riparabili in itinere) e alla presenza di materie non gradite ma che devono essere studiate obbligatoriamente perché si possa conseguire il titolo di studio. Infatti si aumenterebbe la possibilità che i risultati siano migliori, permettendo agli studenti di creare un percorso di studi perfettamente adatto alle proprie capacità e volontà. Inoltre il percorso scelto sarebbe altamente qualificante e specializzante, evitando inutili dispendi di tempo in materie pressoché inutili o poco formative. La vera libertà consiste nella scelta e solo dalla scelta possono derivare direttamente incentivi all'impegno, perché oggi tutti gli studenti sanno che l'unico elemento di differenziazione degli uni dagli altri potrebbe essere il voto con cui si consegue il titolo, un semplice trofeo per i migliori un alibi di disimpegno per gli altri. Inoltre l'attuale sistema garantisce geni della matematica costretti ad investire il loro tempo a cavillare su questioni di letteratura o di storia e geni della scrittura costretti ad incespicare sui numeri. L'obiettivo principale di un sistema scolastico, invece, dovrebbe essere quello di valorizzare le differenze, rendendole occasioni di crescita e di affermazione personale e professionale. Infatti la libertà di autodeterminazione culturale, oltre ad essere un chiaro diritto dell'individuo, in quanto il percorso di studi inciderà in modo determinante sul suo futuro familiare, sociale ed umano, non solo esalta le capacità dei migliori, ma permette ai meno brillanti sia di responsabilizzarsi, assumendo la responsabilità del proprio futuro, sia di eliminare quanto proprio non gli riesce senza che ciò precluda la possibilità di eccellere laddove il proprio talento si manifesta. </span></span>
<span><span>Si tratta di rinnegare una volta e per tutte l'idea che lo Stato conosca meglio dell'individuo cosa sia giusto ed utile per il singolo, cioè eliminare quell'idea per cui tutti devono essere uguali anche nei desideri, nelle capacità e nella volontà. Non si può pretendere che un programma scolastico ideato secondo canoni arbitrari sia compatibile con ogni studente inteso come un'unità indifferenziata e priva di individualità. In Italia si è consolidato un sistema per cui ciò che è bene per uno deve essere necessariamente bene per un altro e ciò che poteva essere valido dieci anni fa continua ad esserlo oggi. Non è un caso che lo Stato si ritrovi con le sue tipiche lentezze, vedi la lunga resistenza della riforma Gentile, a rincorrere senza successo la società moderna velocissima, complessa e mutevole, abbandonando di fatto lo studente al suo destino. È una prospettiva ingiusta soprattutto per tutti coloro che hanno minori capacità economiche, ma uguale se non maggiore voglia di salire la scala sociale, di cambiare il proprio destino senza doversi scontrare con costosissimi corsi di perfezionamento e con anni di studi specializzanti durante i quali la disoccupazione potrebbe costringerli ad abbandonare tutto, provocando una chiara perdita di benessere sia per il singolo a cui viene sottratto il futuro sia per la collettività a cui viene negata l'esternalità positiva di un soggetto potenziale più capace e competente di un altro.</span></span>
<span><span>Tuttavia l'altro passo fondamentale sarebbe quello di creare un sistema scolastico in cui ci siano libere aggregazioni di soggetti competenti che offrono le loro capacità per “metter su scuola”. Un sistema che non deve essere piegato necessariamente alle mire economiche del privato, ma che permetta ai membri della società civile di aggregarsi per offrire istruzione in concorrenza con altri soggetti potenzialmente più preparati. Gli studenti si troverebbero a scegliere coloro che offrono le maggiori competenze e le offerte più attinenti ai loro obiettivi. Gli insegnanti sarebbe costretti a dimostrare il loro valore sul campo non solo all'inizio della loro carriera, ma per tutta la vita. Inoltre si eviterebbero posizioni corporativiste e di chiusura del mondo dei titolari nei confronti dei precari. L'offerta didattica diventerebbe, quindi, il risultato della domanda che a sua volta sarebbe orientata non al soddisfacimento di un mero percorso legale, ma alla realizzazione di un percorso formativo in grado di specializzare e di fornire le competenze per entrare nel mondo del lavoro e dell'università. Certo sarebbe necessario abolire il valore legale del titolo di studio, ma solo così si eviterebbe l'assurdo di master post laurea, di scuole di specializzazione e di voti di laurea e di diploma non corrispondenti a parametri oggettivi. Inoltre finirebbe lo spreco di risorse in istituti incapaci di adempiere alle funzioni a cui sono chiamati, ma efficientissimi nel tutelare le proprie cattedre grazie alla garanzia di regalare l'ambito pezzo di carta a studenti incapaci di scrivere legittimo con una sola g.

Raffaele Minieri
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 08:41. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com