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Libia: «Raid aerei sulla folla, 400 morti». («Genocidio». Esercito:«Uniamoci al popolo»)

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2011 15:57
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22/02/2011 14:02
 
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Dal Corriere della Sera,
22 febbraio 2011


LA CLINTON: «STOP A QUESTO INACCETTABILE BAGNO DI SANGUE»
Tripoli brucia tra saccheggi e scontri
«Raid aerei sulla folla, 200 morti»
Il vice-ambasciatore libico all'Onu: «Genocidio». Voci di fuga di Gheddafi. Alcuni ufficiali: «Uniamoci al popolo»

NOTIZIE CORRELATE:
*
Libia in rivolta, «Gheddafi ha lasciato». Minacce alla Ue: non collaboriamo più (20 febbraio 2011)


I corpi carbonizzati (Video)


- La Libia è sprofondata nel caos e gravi fratture si sono aperte nel regime di Muammar Gheddafi. L'atmosfera è da guerra civile con aerei dell'aviazione libica che - secondo Al Jazeera - «hanno bombardato i dimostranti». Si parla di almeno 250 morti solo nei raid di lunedì, circa 400 dall'inizio delle rivolte. Ci sono ufficiali libici, sia nel paese che all'estero, che hanno rassegnato le loro dimissioni, piloti dell'aviazione che hanno rifiutato di obbedire agli ordini di bombardare, e una sanguinosa protesta nella capitale Tripoli dove auto ed edifici sono stati dati alle fiamme.
I leader di tutto il mondo si sono indignati davanti alle «terribili forme di repressione» usati contro i dimostranti. La tv araba al Jazeera parla di caccia militari che hanno attaccato gruppi di manifestanti in via della Jamahiriya. Mentre fonti dell'esercito libico, citate dalla tv concorrente Al Arabiya, sostengono che i vertici delle forze armate hanno ordinato di eseguire un raid aereo anche su Bengasi. In tarda notte, in una clip di 22 secondi, Gheddafi è apparso sulla tv di stato: «Sono a Tripoli, non in Venezuela» ha detto per poi aggiungere che le notizie trasmesse dai media arabi durante la giornata sono solo «notizie di cani rabbiosi a cui non credere».

I MILITARI SI SPACCANO - Secondo Al Jazeera, un gruppo di ufficiali dell'esercito libico ha pubblicato una dichiarazione in cui esortano i soldati a «unirsi al popolo» per abbattere il regime del leader libico. Una sorta di contrappasso per il colonnello che assunse il potere con un golpe incruento di «giovani ufficiali» destituendo nel 1969 re Idriss. Nel frattempo, Yusuf al-Qaradavi, l'influente imam sunnita di origine egiziana, ha emesso una fatwa che chiede a tutti i soldati libici di uccidere Muammar Gheddafi «per liberare la Libia da lui». Seif al-Islam, secondogenito del colonnello e volto pubblico del regime, ha negato le notizie riportate da tutte le reti internazionali secondo cui i jet militari abbiano bombardato i manifestanti a Tripoli. In realtà, riporta la tv di Stato, i loro obiettivi sarebbero stati i depositi di armi all'esterno della città.

GENOCIDIO - Intanto gli Usa, dopo una giornata di silenzio, fanno sentire la loro voce. Il Segretario di Stato americano Hillary Clinton condanna fermamente le violenze in Libia e chiede alle autorità di Tripoli di porre fine immediatamente a questo «inaccettabile bagno di sangue. La Libia deve rispettare i diritti umani».
Intanto il vice-ambasciatore libico all'Onu ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito «un genocidio» perpetrato dal regime di Tripoli e ha chiesto che venga istituita una no fly zone su Tripoli.
Secondo l'emittente inglese BBC l'intera delegazione libica presso le Nazioni Unite avrebbe chiesto un'azione internazionale.

CACCIA AI DIMOSTRANTI - A Tripoli si è scatenata una vera e propria «caccia ai dimostranti».
Gli aerei libici hanno sorvolato e bombardato le vecchie vie della città dove erano in corso le manifestazioni anti governative.

2 aviatori a bordo di altrettanti Mirage non hanno obbedito agli ordini dell'esercito libico e sono atterrati a Malta dove hanno chiesto asilo politico.

Già dal pomeriggio membri armati di un'organizzazione filo-governativa chiamata "Comitati rivoluzionari" si aggiravano per le strade della città vecchia in cerca degli anti governativi. Una presenza che ha fatto presagire nuovi scontri. Altro sangue. I manifestanti lanciano appelli, invitando i cittadini a unirsi a una nuova protesta per la serata di lunedì nella Piazza verde a Tripoli. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha parlato in giornata a lungo, con il leader libico Libia, Muammar Gheddafi, chiedendogli di cessare ogni violenza. Il documento non precisa se il colonnello si trovi ancora in Libia. Per tutto il giorno si sono rincorse notizie confuse sulla sua partenza, l'ultima verso il Venezuela. Ma il portavoce di Chavez ha smentito la notizia.

Messaggi da e per la Libia: il canale aperto per i lettori di Corriere.it

Bombe sulla folla. «Genocidio» (Video)


DIMISSIONI - In risposta all'ondata delle violenze, il ministro della giustizia libico, Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil, ha dato le dimissioni. Dopo di lui anche il collega responsabile dell'Emigrazione e della Comunità Straniera, Ali Errichi, si è dimesso e ha chiesto, durante un'intervista tv, a Gheddafi di dimettersi. Fonti libiche hanno fatto sapere ad Al Jazeera che all'interno dell'esercito vi sarebbero grandi tensioni, al punto da poter prevedere che il capo di stato maggiore aggiunto, El Mahdi El Arabi, possa dirigere un colpo di stato militare contro Gheddafi per mettere fine ai disordini. Le stesse milizie sarebbero nel caos. Polizia e forze di sicurezza sono fuggite in massa da al-Zawiya, località della Libia occidentale situata qualche decina di chilometri a ovest di Tripoli, lungo l'arteria che conduce alla frontiera con la Tunisia: lo hanno riferito testimoni oculari arrivati nella città di confine tunisina di Ben Guerdane. Da allora, hanno raccontato, la città è allo sbando: «Per due giorni ci sono stati scontri tra pro e anti Gheddafi e domenica la polizia ha lasciato la città. Da domenica tutti i negozi sono chiusi, una casa di Gheddafi è stata data alle fiamme, la gente ha rubato auto della polizia», è il racconto dei testimoni oculari. «Ci sono cecchini, ci sono case incendiate, non c'è polizia, se n'è andata. Nel centro della città ci sono manifestazioni pro Gheddafi».

ULEMA - In una Libia che brucia tra caos e sangue, il rais è abbandonato anche dai religiosi islamici: la Rete dei liberi ulema ha detto che la rivolta contro il regime è dovere divino
di ciascuno. Violenti scontri sarebbero in atto tra i fedelissimi gheddafiani delle Guardie dei Comitati rivoluzionari e i militari golpisti. In questi scontri sarebbe rimasto gravemente ferito il comandante delle forze speciali, Abdalla El Senoussi, secondo alcune voci sarebbe morto. Si susseguono le voci non confermate sul destino di Muhammar Gheddafi: tra chi lo dà in fuga e chi nell'opposizione assicura che si trovi ancora in Libia. Nel caos che regna sovrano in Libia e il bilancio delle vittime che si aggiorna di minuto in minuto, l'israeliano Haaretz ha calcolato che dall'inizio della rivolta, 7 giorni fa, i morti in Libia sono state oltre 600.

Incendiati i palazzi governativi (Video)

FIAMME - Testimoni riferiscono che sono stati incendiati sia il Parlamento che la sede del Governo. Si parla di saccheggi di banche e negozi anche da parte delle forze dell'ordine mentre l'esercito si sarebbe unito ai dimostranti. Secondo il sito informativo al-Manara, bande armate hanno tenuto sotto controllo il quartiere di al-Azizia, dove si trova la sede della tv pubblica e diversi palazzi istituzionali, oltre alla residenza di Gheddafi. Gruppi armati hanno attaccato la caserma di al-Baraim, a una decina di chilometri dal centro di Tripoli. Cecchini appostati sui tetti hanno aperto il fuoco contro i manifestanti che tentavano di avanzare verso il centro di Tripoli. Altri testimoni parlano di spari con arma da fuoco da auto in corsa. Secondo Al-Arabiya l'esercito avrebbe rifiutato di dispiegarsi nella città di Bani Walid. Tarhouna, in Tripolitania, sarebbe in mano ai manifestanti, così come Bengasi, Beida, Sirte (ma qui le fonti sono discordi), Zaouia e Gialo, nel deserto nei pressi dell'oasi di Cufra.
«Un massacro» è stato definito quanto è accaduto nei sobborghi tripolini di Tajura e Fashlum. Testimoni raccontano di bande armate nel quartiere di Tajura che sparavano indiscriminatamente contro la folla.
Mentre dalle moschee del quartiere si lanciano appelli per ricevere aiuti medici.
A Fashlum, invece, i mercenari sarebbero arrivati trasportati da elicotteri militari: anche qui vi sarebbero state sparatorie con numerosi morti.

Fiamme a Tripoli (Video)

MESSAGGIO TV - Saif al-Islam, il figlio di Muhammar Gheddafi, in un messaggio tv lanciato alla nazione nella notte di domenica aveva detto che «la Libia è a un bivio». Nel discorso ha fatto più volte l'accenno a non meglio precisate «forze straniere» e «separatisti» che hanno messo in atto un «complotto» contro la Libia». Il figlio del rais ha indicato i nemici: islamisti, organi d'informazione, teppisti, ubriachi, drogati e stranieri, compresi egiziani e tunisini. «Arriveranno le flotte americane e europee e ci occuperanno», ha avvisato. Ha minacciato quindi di «sradicare le sacche di sedizione», in quanto «il nostro non è l'esercito tunisino o egiziano. Combatteremo fino all'ultimo uomo, all'ultimo proiettile».

LA CONDANNA UE - A fatica ma alla fine è arrivata. Dopo un'intera giornata di riunione, i ministri degli Esteri dell'Unione Europea riuniti a Bruxelles hanno raggiunto una posizione comune: «condannano la repressione in corso contro i manifestanti in Libia, deplorano la violenza e la morte di civili», esortando «la fine immediata dell'uso della forza». Si legge nelle conclusioni del Consiglio affari esteri. I ministri europei chiedono che «alle legittime aspirazioni ed alle richieste del popolo per le riforme si risponda attraverso un dialogo guidato dai libici aperto, inclusivo, significativo e nazionale, che porti ad un futuro costruttivo per il Paese e per il popolo». «Noi incoraggiamo fortemente tutte le parti in questo senso», si legge nel documento dei ministri dell'Ue, nel quale si invitano «tutte le parti a mostrare moderazione». «La libertà di espressione ed il diritto di riunirsi pacificamente - continua il testo - sono diritti umani e libertà fondamentali di ogni essere umano che devono essere rispettati e protetti».

ALLERTA IN ITALIA -
L'incendio libico sta contagiando il Mediterraneo. «In tutte le basi aeree italiane il livello di allarme è massimo in relazione alla crisi libica» come riportato da qualificate fonti parlamentari. Secondo le stesse fonti, una consistente quota di elicotteri dell'Aeronautica militare e della Marina militare italiana in queste ore avrebbe ricevuto l'ordine di spostarsi verso il sud. La Libia sta vivendo da ore nel sangue e nel caos.

Fonte: Corriere della Sera - Redazione online
21 febbraio 2011(ultima modifica: 22 febbraio 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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