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Addio alle borse di studio

Ultimo Aggiornamento: 03/11/2010 10:06
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03/11/2010 00:33
 
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IL CASO
Addio alle borse di studio
tagliato il 90% dei soldi
Ridotti i fondi per gli atenei: per il 2011 la Gelmini prevede solo 26 milioni. Oltre 180 mila studenti hanno diritto all'assegno, ma otto su dieci non lo riceveranno
di SALVO INTRAVAIA e CORRADO ZUNINO

Torino, protesta contro i tagli
Arrivano tagli che sono colpi d'accetta e servono a celebrare nuove amputazioni nella scuola italiana. Con un passaggio della manovra finanziaria fin qui rimasto nascosto il ministro Maria Stella Gelmini, sotto la scorta del suo tutore Giulio Tremonti, ha decretato la fine dell'istituto della borsa di studio.

Un taglio ai finanziamenti del 90%. Un'altra morte per mancanza fondi, nella scuola ai tempi della Gelmini, dopo la riduzione del tempo pieno, la cancellazione delle graduatorie dei ricercatori, la soppressione di alcuni atenei.
È nata con la liberazione d'Italia, Regio decreto 574 del 1946, la borsa di studio universitaria e ha accompagnato l'evoluzione della democrazia scolastica offrendo fino al 2001 una possibilità di mantenimento a studenti in corso, fuori sede, sotto le soglie dell'Isee, meritevoli. In due anni, con il colpo d'accetta tirato lo scorso 14 ottobre sul tavolo del penultimo Consiglio dei ministri, l'ammontare in euro delle borse da erogare è passato da 246 milioni a 25,7. Un -89,55% che peggio di così c'è solo la loro soppressione. E nel 2012 si arriverà a 13 milioni scarsi trasformando la borsa universitaria in un premio per élite scelte.

Questa - 25,7 milioni - è la quota di finanziamento governativo per il 2011 all'interno di un sistema, quello delle università, fortemente regionalizzato. Già. Lo stato di crisi generale delle Regioni italiane, in particolare al Sud, abbatte le residue speranze. Così oggi su una platea di 184.034 aventi diritto, l'80 per cento non prenderà quei mille, a volte duemila euro (si decide per bandi regionali) che spesso rappresentano una necessità per gli studenti che li ricevono. "Con una borsa di studio, oggi, non si studia, ci si mantiene", racconta Claudio Riccio, universitario della Link, "si paga un pezzo dell'affitto se si vive fuori dalla propria sede naturale, si pagano pranzi e cene lontane dalla mensa convenzionata, l'abbonamento mensile alla municipalizzata trasporti". Libri, dispense, aggiornamenti, viaggi di preparazione restano fuori da una borsa di studio, che a tutto serve meno che a studiare.

Gli iper tagli dell'assegno universitario dicono come il fragile welfare studentesco italiano stia franando e contribuisca ad acuire le distanze tra università del Sud e del Nord: è sempre più intensa, infatti, la salita di ventenni meridionali alla ricerca di università dalla borsa di studio possibile. Piemonte, Toscana, Emilia sono regioni che ancora possono dare concretezza alle promesse scritte sui bandi annuali. Chi ha un reddito familiare (della famiglia di provenienza) sotto i 17mila euro, oggi può accedere alla possibilità di un finanziamento pubblico. E se ottiene medie scolastiche sopra la media, può entrare nella graduatoria degli aventi diritto. Nella maggior parte dei casi inutilmente: per otto studenti su dieci non ci sono soldi. Tra l'altro, le graduatorie regionali del 2010 sono per definizione amministrativa "definitive non confermate". Cioè, non valgono nulla fin qui: l'autunno è inoltrato e gli studenti d'ateneo ancora non sanno a chi toccherà lo scalpo della borsa di studio.

Dall'assegno universitario istituito nel 1963 e immaginato come un pre-salario - 200mila lire per gli studenti che vivevano nella loro città, 360mila lire per i fuori sede - alle norme del 1991, scritte per "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto limitano l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso all'istruzione superiore e per consentire ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi", alle ultime definizioni legislative dell'aprile 2001 la borsa di studio ha seguito, e a volte anticipato, le conquiste lavorative e civili del paese. Nelle ultime due stagioni il governo Berlusconi ha smantellato tutto. E se, come rileva una tesi presentata quest'anno a Scienze politiche della Sapienza, "Il diritto allo studio universitario in Italia", l'80 per cento dei meritevoli e bisognosi studenti italiani non percepisce l'assegno meritato, in Francia si scende al 70%, in Germania al 60%, in Olanda addirittura al 4%. D'altronde l'Italia, appare sempre meno un caso, resta il paese con il tasso d'abbandono universitario più alto.

fonte: la Repubblica
[Modificato da S3SI 03/11/2010 00:34]




Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali
porti gli uomini a mettersi nelle mani
del primo padrone che si presenti loro.
In effetti, nella vita di ogni popolo democratico,
vi è un passaggio assai pericoloso.
Quando il gusto per il benessere materiale si
sviluppa più rapidamente
della civiltà e dell'abitudine alla libertà,
arriva un momento in cui gli uomini
si lasciano trascinare e
quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare.
Preoccupati solo di fare fortuna,
non riescono a cogliere lo stretto legame
che unisce il benessere di ciascuno
alla prosperità di tutti.
In casi del genere, non sarà neanche necessario
strappare loro i diritti di cui godono:
saranno loro stessi a privarsene volentieri...
Se un individuo abile e ambizioso
riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico,
troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso.
Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali
e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto.
Che garantisca l'ordine anzitutto!
Una nazione che chieda al suo governo
il solo mantenimento dell'ordine
è già schiava in fondo al cuore,
schiava del suo benessere
e da un momento all'altro
può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla.
Quando la gran massa dei cittadini
vuole occuparsi solo dei propri affari privati
i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere.
Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo
delle moltitudini rappresentate da pochi uomini
che parlano in nome di una folla assente o disattenta,
che agiscono in mezzo all'universale immobilità
disponendo a capriccio di ogni cosa:
cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi;
tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti
nel vedere in che mani indegne e deboli
possa cadere un grande popolo
...
A. de Tocqueville

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03/11/2010 10:06
 
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grazie gelmini
ormai grazie a te
l'università non sarà più un diritto ma un privilegio di pochi eletti
lo sai che tante persone vanno all'università grazie alla borsa di studio, perchè con quest'ultima si mantengono gli studi?
così non gravano sul fià precario bilancio familiare?
scusa ma tu non puoi capire non hai di questi problemi....
scusate lo sfogo....
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