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Cuba: il paradiso democratico

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2010 19:46
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27/09/2010 17:29
 
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Per la prima volta in oltre 50 anni di rivoluzione a Cuba, un prigioniero politico osa denunciare pubblicamente le torture sessuali subite nelle carceri di Castro.

Il suo nome è José Ángel Duque Álvarez. Ha 40 anni e una laurea in Fisica, una cintura nera di judo ed è stato un membro della squadra nazionale di questo sport. Non ha mai viaggiato al di fuori del paese per le sue convinzioni politiche.

“ABBASSO LA DITTATURA!” - Al momento, scrive El Mundo è al 50esimo giorno di sciopero della fame e ha perso oltre 25 chili. Chiede di uscire da un incubo che ha avuto inizio più di tre anni fa. Nel 2007 le autorità lo hanno condannato a più di tre anni di carcere per aver gridato: “Abbasso Fidel!“. A Cuba, gridare slogan contro Fidel e Raul Castro rappresenta un delitto di mancanza di rispetto al Comandante in Capo, così come contempla l’articolo 144 del vigente Codice Penale cubano.

LE TORTURE - Dopo essere stato spostato di carcere in carcere è arrivato a Villa Marista, una prigione famosa alla periferia dell’Avana, dove sono passati più di 20.000 prigionieri politici incarcerati dalla Rivoluzione durante i suoi 51 anni di storia. Da lì è stato poi trasferito nella prigione di Arisa nella provincia di Cienfuegos. Era il 21 ottobre 2008. Lì incontrò il capo della prigione , il maggiore Guillermo González Mora. Letto il suo fascicolo, l’ufficiale gli chiese se davvero avesse gridato “Abbasso Fidel e abbasso la dittatura“, poi, senza lasciarlo rispondere aggiunse: “Ora ti insegno io che cosa è la dittatura“. Lo rinchiusero in cella, ma ben presto apparvero parecchi ufficiali che gli ordinarono di spogliarsi. Lo minacciarono ancora poi lo lasciarono e Duque si addormentò nudo sul pavimento della cella. ”Fui svegliato da un dolore nel corpo. Quando ripresi conoscenza, due ufficiali mi avevano ammanettato a croce a due tubi. Mi chiesero se volevo usare la mia cintura nera contro di loro“. “Il capo della prigione Guillermo González Mora chiamò un ufficiale di nome Pablo ‘El Bembón’, un uomo di colore, molto corpulento. Sono stato violentato per tre giorni, poi mi ha lasciato sdraiato nudo e sanguinante sul pavimento della cella“, racconta piangendo Duque.

NIENTE LIBERTA’ - Duque ha già scontato la pena di tre anni di galera per oltraggio, ma le autorità cubane gli hanno negato la libertà in diverse occasioni. Non si sa fino a quando continueranno a tenerlo in carcere. E non hanno fornito spiegazioni. Il 9 agosto, all’interno della prigione di Arisa egli ha scritto su un cartello una denuncia per rivendicare la giustizia che attende da oltre un anno. Per questo motivo, il capo della prigione lo ha rinchiuso in una cella di punizione e ha minacciato di aumentare di un anno e mezzo la reclusione per il suo impegnarsi in attività controrivoluzionarie. Da allora Duque ha dichiarato lo sciopero della fame. La sua famiglia ora teme per la sua vita. Sono settimane che non riescono a vederlo perché è in isolamento, ma non perdono la fiducia che un giorno Duque Álvarez, che ha scontato la pena e ha pagato a caro prezzo il suo crimine, verrà rilasciato. La speranza lo aiuta a credere che un giorno incontrerà faccia a faccia i propri aguzzini in tribunale. Ma questa è un’altra storia che dovrà darsi un’ altra Cuba. Qualcosa che finora non sembra possibile. Mentre alcuni parlano di cambiare gli errori della Rivoluzione, ci sono altri che soffrono per i suoi deliri più folli.
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27/09/2010 19:46
 
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che scena raccapricciante viva la democrazia
spero che possa uscire di carcere quanto prima e che il suo esempio di ribellione serva per far capire alla popolazione quanto sia dannosa e inutile la dittatura
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