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Stefano Cucchi: morte sospetta in carcere

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2012 13:07
01/11/2009 14:29
 
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Re: Re:
chinesedemocracy, 01/11/2009 14.18:



infatto non ho detto che è solo frutto di una caduta per le scale,indi per cui non ho tanta fantasia [SM=x43606]
ho detto che la caduta per le scale... e una pesona in crisi di satinenza affetta da epilessia non sappiamo cosa si sia potuta procurare da sola [SM=x43606]






infatti non ho detto che è solo frutto di una caduta per le scale,indi per cui non ho tanta fantasia [SM=x43606]
una pesona in crisi di astinenza per altro affetta da epilessia non sappiamo cosa si sia potuta procurare da sola [SM=x43606]

mi correggo un pò...sto incasinato
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01/11/2009 14:33
 
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Re: Re: Re:
chinesedemocracy, 01/11/2009 14.25:




ho letto che era un tossico(nessun giudizio morale),mi sembra sul corriere della sera,...per altro le immagini parlano più di mille parole,,penso che solo l'eroina possa ridurti pelle e ossa




vabbè che nn solo l'eroina può rendere pelle e ossa.
Ma le lesioni sono troppo esagerate x una caduta.E dall'autopsdia nn è emerso un nesso tra caduta e morte(rottura dell'osso del collo ecc..)
per cui...

Cmq ripeto,l'importante è che si faccia luce su una vicenda che x ora è fin troppo oscura
nel mezzo c'è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è
silenziosamente costruire
e costruire è potere e sapere
rinunciare alla perfezione

Niccolò Fabi-Costruire

01/11/2009 14:54
 
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Re: Re:
chinesedemocracy, 01/11/2009 12.46:






la strada più semplice è ....lo hanno picchiato a sangue..io penso sia anche quella più retorica allo sato dei fatti....più retorica poi non ecslude sia quella vera,,,,precisiamo



mai sentito parlare di "rasoio di occam?";)


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01/11/2009 18:41
 
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Re: Re: Re: Re:
diegoo., 01/11/2009 14.33:




vabbè che nn solo l'eroina può rendere pelle e ossa.
Ma le lesioni sono troppo esagerate x una caduta.E dall'autopsdia nn è emerso un nesso tra caduta e morte(rottura dell'osso del collo ecc..)
per cui...

Cmq ripeto,l'importante è che si faccia luce su una vicenda che x ora è fin troppo oscura




si farà luce,e dato ke i colpevoli avranno una divisa addosso avranno il minimo del minimo del minimo possibile!vuoi scommettere?
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01/11/2009 18:59
 
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Re: Re: Re: Re:
azzurra1006, 31/10/2009 16.53:




concordo con rebus...
il ragazzo di certo non meritava questo e chiunque abbia concorso alla sua morte deve pagare ma caro pacovarra, ci sono carabinieri epoliziotti che rischiano la vita tutti i giorni facendo una vita di merda e per 4 soldi non credo sia giusto parlare così...parlo anche per esperienza personale ma soprattutto per difendere chi per mille euro fa un lavoro pericoloso,duro sia psicologicamnete che fisicamnete..
ps non ho letto tutte le risposte mi ha solo colpito questa generalizzazione stupida...



La mia non era una semplice e scontata generalizzazione indebita bensì l'esclamazione dettata dalla rabbia per l'ennesima vicenda del genere.
Probabilmente ti senti colpita perchè avrai papà o mamma in polizia, la verità è che chi ci dovrebbe difendere, chi dovrebbe in primo luogo mantenere ed applicare la legalità delude e mortifica la giustizia e la dignità di cittadino.

Stefano cucchi e Federico Aldrovandi sono vittime di carabinieri e poliziotti sempre più corrotti e frustrati.

E' evidente che non tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine sono dei delinquenti ci mancherebbe. Nutro massimo rispetto e stima per chi realmente lotta e ci difende.

la vicenda Marazzo, gli scandali del g8, carabinieri - polizia e le connivenze con la malavita, prostituzione, traffico di droga, traffico di armi.
Sono sdegnato, schifato da chi indossa la divisa e viene retribuito per tutelarci ed invece arreca ulteriori danni alla società.
E poi basta con questi patetismi, "una vita di merda e per 4 soldi" , chi li obbliga ad essere carabinieri o poliziotti?
Se decidono di svolgere questo lavoro lo facciano con rispetto e senza pensare alla busta paga

[Modificato da pacovarra 01/11/2009 19:00]
01/11/2009 20:58
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
pacovarra, 01/11/2009 18.59:



La mia non era una semplice e scontata generalizzazione indebita bensì l'esclamazione dettata dalla rabbia per l'ennesima vicenda del genere.
Probabilmente ti senti colpita perchè avrai papà o mamma in polizia, la verità è che chi ci dovrebbe difendere, chi dovrebbe in primo luogo mantenere ed applicare la legalità delude e mortifica la giustizia e la dignità di cittadino.

Stefano cucchi e Federico Aldrovandi sono vittime di carabinieri e poliziotti sempre più corrotti e frustrati.
E' evidente che non tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine sono dei delinquenti ci mancherebbe. Nutro massimo rispetto e stima per chi realmente lotta e ci difende.

la vicenda Marazzo, gli scandali del g8, carabinieri - polizia e le connivenze con la malavita, prostituzione, traffico di droga, traffico di armi.
Sono sdegnato, schifato da chi indossa la divisa e viene retribuito per tutelarci ed invece arreca ulteriori danni alla società.
E poi basta con questi patetismi, "una vita di merda e per 4 soldi" , chi li obbliga ad essere carabinieri o poliziotti?
Se decidono di svolgere questo lavoro lo facciano con rispetto e senza pensare alla busta paga





un minimo di presunzione di non colpevolezza,,,,anzi stiamo parlando di persone che non sono nemmeno sotto indagine....potenziale presunzione di non colpevolezza,,,ripeto quando si tratta di queste cose io preferisco avanzare varie ipotesi plausibili e non seguire la massa,,la gogna mediatica
che nelle forze dell' ordine ci siano mele marce,,,,è all' ordine del giorno..è nella storia degli uomini,nella storia dei tempi e sarà
sempre così nei secoli dei secoli....poi ci sono paesi in cui è la maggioranza ad essere corrotta(sud america),,,,e paesi in cui è la minoranza(piccola) ad essere corrotta...tra questi ultimi c'è sicuramente l'Italia,,concordo nel ritenere che generalizzare sia un pò superficiale,, va fatto un discorso più realista
[Modificato da chinesedemocracy 01/11/2009 21:01]
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01/11/2009 23:46
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
chinesedemocracy, 01/11/2009 20.58:




un minimo di presunzione di non colpevolezza,,,,anzi stiamo parlando di persone che non sono nemmeno sotto indagine....potenziale presunzione di non colpevolezza,,,ripeto quando si tratta di queste cose io preferisco avanzare varie ipotesi plausibili e non seguire la massa,,la gogna mediatica
che nelle forze dell' ordine ci siano mele marce,,,,è all' ordine del giorno..è nella storia degli uomini,nella storia dei tempi e sarà
sempre così nei secoli dei secoli....poi ci sono paesi in cui è la maggioranza ad essere corrotta(sud america),,,,e paesi in cui è la minoranza(piccola) ad essere corrotta...tra questi ultimi c'è sicuramente l'Italia,,concordo nel ritenere che generalizzare sia un pò superficiale,, va fatto un discorso più realista




Si indubbiamente però lo sdegno rimane.
Premessa la presunzione di non colpevolezza, la logica vuole che una persona non possa ridursi in quello stato per autolesionismo.
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03/11/2009 09:59
 
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Sciacallaggio indegno di un uomo civile
Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha espresso affermazioni gravissime. Sulla morte di Stefano Cucchi, brutalmente picchiato a sangue dopo l'arresto per pochi grammi di marijuana, il nostro è riuscito laddove neanche la più sottile parodia dello sfortunato personaggio avrebbe potuto. La morte di Cucchi? Due le cause per Giovanardi:
1. la droga. Se non la consumi, non vieni arrestato, e quindi non muori. Non fa 'na piega.
2. la mancanza di una legge che impone il testamento biologico stile Opus dei (quello, per intendersi, che obbliga il paziente ad alimentarsi e idratarsi anche contro la sua volontà).
Neanche il ministro della giustizia, Angelino Alfano, aveva osato tanto. Si era limitato a riportare la più classica delle giustificazioni, anche detta "la scusa del marito violento": Cucchi è morto perché caduto per le scale.


GIOVANARDI 1. "Allo stato degli atti c'è un sicuro, evidente responsabile indiretto o diretto della morte di Stefano: la droga". Lo scrive il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi sul 'Giornale', a proposito della morte di Stefano Cucchi.
"Questo è il killer che entra nelle nostre case, aggredisce le nostre famiglie, porta via i nostri figli lungo un calvario che i genitori dei tossicodipendenti purtroppo conoscono troppo bene", afferma Giovanardi. "La verità di quanto accaduto a Stefano - prosegue - puó essere dunque collegata al comportamento indegno di qualcuno che doveva proteggere la sua fragilità ma potrebbe essere anche l'avvelenato frutto finale dei danni della droga".

GIOVANARDI 2. "I medici devono o non devono obbligare un paziente a nutrirsi contro la sua volontà? E la volontà di un giovane fragile e malato come Stefano Cucchi non era evidentemente alterata tanto da obbligare i medici ad intervenire per salvargli la vita come giustamente i famigliari sostengono?".
Sono le domande che si pone Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in una nota.
"E' il Parlamento, mentre discute del testamento biologico, che deve sciogliere questi nodi, per confermare, come è scritto nel testo proveniente dal Senato, che alimentazione ed idratazione in alcuni casi sono atti dovuti", conclude.
[Modificato da ...Leon... 03/11/2009 10:00]
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Re:
gran generale, 04/11/2009 18.27:





a prescindere da qualsiasi giudizio,
a leggere ciò si rabbrividisce...







"Quando tutto intorno tace, basta una voce per rompere la magia, per tagliare il sottile filo del silenzio.
Quando a regnare, invece, sono caos, anarchia e rumore,
non bastano mille silenzi per far sì che i sospiri di chi è stanco di urlare si odano"
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e va beh,Leon,Giovanardi sappiamo benissimo chi è..ci vogliamo pure meravigliare?
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Il supertestimone del pestaggio di Stefano Cucchi nelle camere
di sicurezza del tribunale. "Lo prendevano a calci mentre era a terra"
"Ho visto dallo spioncino
gli agenti che lo picchiavano"
di CARLO BONINI


ROMA - Ha la pelle nera dell'Africa Occidentale l'uomo che ha visto Stefano Cucchi cominciare a morire in un sotterraneo del palazzo di Giustizia per mano di "due guardie", due agenti di polizia penitenziaria, di piantone alle "camere di sicurezza". Ha i suoi stessi anni, 31. Era stato arrestato dai carabinieri la stessa sera (il 15 ottobre), alla stessa ora, le 23.30, per lo stesso reato (stupefacenti). Ma in un quadrante diverso della città. Tra il raccordo Anulare e Tivoli. La mattina del 16 ottobre, ha visto crollare Stefano sotto due manrovesci al viso. Tra le urla, ha sentito il tonfo sordo dei calci delle "guardie" accanirsi su quel corpo rannicchiato in terra e già fragile. Poi, quando i suoi polsi e quelli di Stefano sono stati chiusi allo stesso schiavettone che dal palazzo di Giustizia li doveva trascinare a Regina Coeli, ha raccolto le sue ultime parole: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto?".

In questo incrocio di destini, l'uomo che "sa", si chiama S. Y. (Repubblica, che ne conosce il nome, ha accettato la richiesta del suo avvocato di tutelarne, almeno per il momento, un parziale anonimato), è un clandestino ed è detenuto in una cella del braccio "comuni" del carcere di Regina Coeli. Il 3 novembre, ha consegnato il suo segreto al pubblico ministero Vincenzo Barba. Quattro giorni dopo, sabato 7, nella sala colloqui del carcere ha fissato negli occhi il suo giovane avvocato, Francesco Olivieri, e con una smorfia gli ha confidato la paura di chi ora teme il prezzo di quella verità: "Avvocato, ho raccontato al magistrato una cosa per cui ho paura che ora non mi faranno più uscire di qua".

Olivieri non è ancora riuscito a tirare fuori S. da Regina Coeli. Ieri, ha bussato una prima volta alle porte degli uffici giudiziari per chiedere di sottrarre quel testimone al rischio di una possibile vendetta, di un'intimidazione, perché i segreti, si sa, in carcere durano assai poco. Tornerà a farlo oggi. E ora - nel suo studio di via Tuscolana - promette che non mollerà. "Intanto, sto facendo una colletta per raccogliere il denaro necessario a pagare l'ospitalità della "Casa dell'Amore fraterno". Dieci euro al giorno per poter indicare al giudice almeno un indirizzo in cui disporre gli arresti domiciliari. Poi, comincerà l'altra battaglia. Diciamocelo pure, quella più difficile. La parola di un ragazzo di colore accusato di spaccio contro quella di uomini in uniforme".

Parliamo dell'uniforme blu degli agenti della Polizia penitenziaria, se i ricordi di S. non zoppicano. Almeno due. I due in servizio alle camere di sicurezza del palazzo di Giustizia, la mattina del 16 ottobre. Alle celle di piazzale Clodio, S. arriva di buon mattino, intorno alle 9. Scende i 20 gradini che dal piano stradale di via Varisco portano ai sotterranei. Supera la pesante porta in ferro laccato, blu cobalto, annunciata da due targhe di ottone ("Camere di sicurezza"; "Dap - Nucleo di Traduzione e piantonamento uffici giudiziari"). Quindi si accomoda, da solo, in una delle quindici celle che affacciano sul corridoio che le divide.

La sera prima, in un anonimo appartamento nella zona dei giardini di Tivoli, in una di quelle case che i nigeriani normalmente affittano a clandestini trasformati in "cavalli" per spacciare roba da marciapiede, i carabinieri lo hanno buttato giù dal letto per poi infilargli le manette. I militari trovano 13 grammi di eroina, 5 di marijuana, un bilancino di precisione. Per S. non è la prima volta. Insomma, quelle gabbie del Tribunale già le conosce (è stato arrestato per stupefacenti una prima volta nel 2006, per poi essere assolto in appello). E ora, dunque, attende la "chiama" per l'aula delle direttissime.

Stefano Cucchi è nella cella di fronte alla sua. Anche lui è solo. Anche lui è stato consegnato dai carabinieri alla polizia penitenziaria sulla soglia della porta blu cobalto. Anche lui è lì per droga. Anche lui aspetta. Poi, accade qualcosa. S. non sa dire che ora fosse ("Tarda mattinata", dice l'avvocato Olivieri nel riferirne i ricordi). Verosimilmente, prima delle 12.35, quando Cucchi entrerà nell'aula del suo processo per direttissima. Ma S., ricorda perfettamente cosa sente. Cosa vede. Il silenzio del sotterraneo si anima all'improvviso di urla. Le urla di Stefano Cucchi. S. si precipita allo spioncino della porta blindata che chiude la sua cella. E - per quello che riferirà prima al pubblico ministero e quindi al suo avvocato - vede quel ragazzo dal fisico esile "trascinato nel corridoio dalle guardie". "E' andato al bagno" e ora, a quanto pare, non vuole rientrare nella sua cella. I due agenti della polizia penitenziaria - prosegue S. - lo colpiscono al volto. Stefano Cucchi crolla in terra. I due finiscono di dargli una lezione a calci. Quindi "lo trascinano" nella cella chiudendosi la porta alle spalle.

S. ritrova Stefano a fine mattina. Dopo il suo processo per direttissima. Anche lui non è stato fortunato. Il giudice ha rinviato il dibattimento al 18 dicembre e disposto che venga "tradotto" a Regina Coeli. Quando rientra nei sotterranei, Cucchi e già lì. E questa volta i due vengono sistemati nella stessa cella. S. ora può vedere i lividi che gonfiano e macchiano il volto di Stefano. Gli agenti della polizia penitenziaria gli chiudono i polsi allo stesso schiavettone, il guinzaglio con cui devono essere caricati sul furgone diretto al carcere.

Stefano gli sussurra una parola all'orecchio: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto"? S. ha visto. Forse non tutta la violenza di quel mattino. Forse solo l'inizio e non la coda, se dovesse trovare una qualche conferma l'ipotesi che di "lezioni" Cucchi ne riceva dai suoi custodi della Penitenziaria una prima e una dopo l'udienza del suo processo. Ma ha visto. E ha deciso di non dimenticare.




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...perchè col tempo cambia tutto, lo sai, e cambiamo anche noi...
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11/11/2009 21:26
 
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Re:
°Paranoid Android°, 11/11/2009 21.18:

Il supertestimone del pestaggio di Stefano Cucchi nelle camere
di sicurezza del tribunale. "Lo prendevano a calci mentre era a terra"
"Ho visto dallo spioncino
gli agenti che lo picchiavano"
di CARLO BONINI


ROMA - Ha la pelle nera dell'Africa Occidentale l'uomo che ha visto Stefano Cucchi cominciare a morire in un sotterraneo del palazzo di Giustizia per mano di "due guardie", due agenti di polizia penitenziaria, di piantone alle "camere di sicurezza". Ha i suoi stessi anni, 31. Era stato arrestato dai carabinieri la stessa sera (il 15 ottobre), alla stessa ora, le 23.30, per lo stesso reato (stupefacenti). Ma in un quadrante diverso della città. Tra il raccordo Anulare e Tivoli. La mattina del 16 ottobre, ha visto crollare Stefano sotto due manrovesci al viso. Tra le urla, ha sentito il tonfo sordo dei calci delle "guardie" accanirsi su quel corpo rannicchiato in terra e già fragile. Poi, quando i suoi polsi e quelli di Stefano sono stati chiusi allo stesso schiavettone che dal palazzo di Giustizia li doveva trascinare a Regina Coeli, ha raccolto le sue ultime parole: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto?".

In questo incrocio di destini, l'uomo che "sa", si chiama S. Y. (Repubblica, che ne conosce il nome, ha accettato la richiesta del suo avvocato di tutelarne, almeno per il momento, un parziale anonimato), è un clandestino ed è detenuto in una cella del braccio "comuni" del carcere di Regina Coeli. Il 3 novembre, ha consegnato il suo segreto al pubblico ministero Vincenzo Barba. Quattro giorni dopo, sabato 7, nella sala colloqui del carcere ha fissato negli occhi il suo giovane avvocato, Francesco Olivieri, e con una smorfia gli ha confidato la paura di chi ora teme il prezzo di quella verità: "Avvocato, ho raccontato al magistrato una cosa per cui ho paura che ora non mi faranno più uscire di qua".

Olivieri non è ancora riuscito a tirare fuori S. da Regina Coeli. Ieri, ha bussato una prima volta alle porte degli uffici giudiziari per chiedere di sottrarre quel testimone al rischio di una possibile vendetta, di un'intimidazione, perché i segreti, si sa, in carcere durano assai poco. Tornerà a farlo oggi. E ora - nel suo studio di via Tuscolana - promette che non mollerà. "Intanto, sto facendo una colletta per raccogliere il denaro necessario a pagare l'ospitalità della "Casa dell'Amore fraterno". Dieci euro al giorno per poter indicare al giudice almeno un indirizzo in cui disporre gli arresti domiciliari. Poi, comincerà l'altra battaglia. Diciamocelo pure, quella più difficile. La parola di un ragazzo di colore accusato di spaccio contro quella di uomini in uniforme".

Parliamo dell'uniforme blu degli agenti della Polizia penitenziaria, se i ricordi di S. non zoppicano. Almeno due. I due in servizio alle camere di sicurezza del palazzo di Giustizia, la mattina del 16 ottobre. Alle celle di piazzale Clodio, S. arriva di buon mattino, intorno alle 9. Scende i 20 gradini che dal piano stradale di via Varisco portano ai sotterranei. Supera la pesante porta in ferro laccato, blu cobalto, annunciata da due targhe di ottone ("Camere di sicurezza"; "Dap - Nucleo di Traduzione e piantonamento uffici giudiziari"). Quindi si accomoda, da solo, in una delle quindici celle che affacciano sul corridoio che le divide.

La sera prima, in un anonimo appartamento nella zona dei giardini di Tivoli, in una di quelle case che i nigeriani normalmente affittano a clandestini trasformati in "cavalli" per spacciare roba da marciapiede, i carabinieri lo hanno buttato giù dal letto per poi infilargli le manette. I militari trovano 13 grammi di eroina, 5 di marijuana, un bilancino di precisione. Per S. non è la prima volta. Insomma, quelle gabbie del Tribunale già le conosce (è stato arrestato per stupefacenti una prima volta nel 2006, per poi essere assolto in appello). E ora, dunque, attende la "chiama" per l'aula delle direttissime.

Stefano Cucchi è nella cella di fronte alla sua. Anche lui è solo. Anche lui è stato consegnato dai carabinieri alla polizia penitenziaria sulla soglia della porta blu cobalto. Anche lui è lì per droga. Anche lui aspetta. Poi, accade qualcosa. S. non sa dire che ora fosse ("Tarda mattinata", dice l'avvocato Olivieri nel riferirne i ricordi). Verosimilmente, prima delle 12.35, quando Cucchi entrerà nell'aula del suo processo per direttissima. Ma S., ricorda perfettamente cosa sente. Cosa vede. Il silenzio del sotterraneo si anima all'improvviso di urla. Le urla di Stefano Cucchi. S. si precipita allo spioncino della porta blindata che chiude la sua cella. E - per quello che riferirà prima al pubblico ministero e quindi al suo avvocato - vede quel ragazzo dal fisico esile "trascinato nel corridoio dalle guardie". "E' andato al bagno" e ora, a quanto pare, non vuole rientrare nella sua cella. I due agenti della polizia penitenziaria - prosegue S. - lo colpiscono al volto. Stefano Cucchi crolla in terra. I due finiscono di dargli una lezione a calci. Quindi "lo trascinano" nella cella chiudendosi la porta alle spalle.

S. ritrova Stefano a fine mattina. Dopo il suo processo per direttissima. Anche lui non è stato fortunato. Il giudice ha rinviato il dibattimento al 18 dicembre e disposto che venga "tradotto" a Regina Coeli. Quando rientra nei sotterranei, Cucchi e già lì. E questa volta i due vengono sistemati nella stessa cella. S. ora può vedere i lividi che gonfiano e macchiano il volto di Stefano. Gli agenti della polizia penitenziaria gli chiudono i polsi allo stesso schiavettone, il guinzaglio con cui devono essere caricati sul furgone diretto al carcere.

Stefano gli sussurra una parola all'orecchio: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto"? S. ha visto. Forse non tutta la violenza di quel mattino. Forse solo l'inizio e non la coda, se dovesse trovare una qualche conferma l'ipotesi che di "lezioni" Cucchi ne riceva dai suoi custodi della Penitenziaria una prima e una dopo l'udienza del suo processo. Ma ha visto. E ha deciso di non dimenticare.




E durante il processo non diceva nulla?nessuno notava nulla? [SM=x43624]
[Modificato da Metalsoul 11/11/2009 21:26]
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11/11/2009 21:27
 
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Re:
°Paranoid Android°, 11/11/2009 21.18:

Il supertestimone del pestaggio di Stefano Cucchi

Olivieri non è ancora riuscito a tirare fuori S. da Regina Coeli. Ieri, ha bussato una prima volta alle porte degli uffici giudiziari per chiedere di sottrarre quel testimone al rischio di una possibile vendetta, di un'intimidazione, perché i segreti, si sa, in carcere durano assai poco.



Stefano Cucchi è nella cella di fronte alla sua. Anche lui è solo.


S. ritrova Stefano a fine mattina. Dopo il suo processo per direttissima. Anche lui non è stato fortunato. Il giudice ha rinviato il dibattimento al 18 dicembre e disposto che venga "tradotto" a Regina Coeli. Quando rientra nei sotterranei, Cucchi e già lì. E questa volta i due vengono sistemati nella stessa cella. S. ora può vedere i lividi che gonfiano e macchiano il volto di Stefano. Gli agenti della polizia penitenziaria gli chiudono i polsi allo stesso schiavettone, il guinzaglio con cui devono essere caricati sul furgone diretto al carcere.

Stefano gli sussurra una parola all'orecchio: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto"? S. ha visto. Forse non tutta la violenza di quel mattino. Forse solo l'inizio e non la coda, se dovesse trovare una qualche conferma l'ipotesi che di "lezioni" Cucchi ne riceva dai suoi custodi della Penitenziaria una prima e una dopo l'udienza del suo processo. Ma ha visto. E ha deciso di non dimenticare.


Alla faccia del segreto...è quello che divideva la cella con Cucchi...a sto punto potevano pure fare nome e cognome [SM=x43604]

[Modificato da Paperino! 11/11/2009 21:28]
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11/11/2009 21:34
 
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Re:
°Paranoid Android°, 11/11/2009 21.18:

Il supertestimone del pestaggio di Stefano Cucchi nelle camere
di sicurezza del tribunale. "Lo prendevano a calci mentre era a terra"
"Ho visto dallo spioncino
gli agenti che lo picchiavano"
di CARLO BONINI


ROMA - Ha la pelle nera dell'Africa Occidentale l'uomo che ha visto Stefano Cucchi cominciare a morire in un sotterraneo del palazzo di Giustizia per mano di "due guardie", due agenti di polizia penitenziaria, di piantone alle "camere di sicurezza". Ha i suoi stessi anni, 31. Era stato arrestato dai carabinieri la stessa sera (il 15 ottobre), alla stessa ora, le 23.30, per lo stesso reato (stupefacenti). Ma in un quadrante diverso della città. Tra il raccordo Anulare e Tivoli. La mattina del 16 ottobre, ha visto crollare Stefano sotto due manrovesci al viso. Tra le urla, ha sentito il tonfo sordo dei calci delle "guardie" accanirsi su quel corpo rannicchiato in terra e già fragile. Poi, quando i suoi polsi e quelli di Stefano sono stati chiusi allo stesso schiavettone che dal palazzo di Giustizia li doveva trascinare a Regina Coeli, ha raccolto le sue ultime parole: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto?".

In questo incrocio di destini, l'uomo che "sa", si chiama S. Y. (Repubblica, che ne conosce il nome, ha accettato la richiesta del suo avvocato di tutelarne, almeno per il momento, un parziale anonimato), è un clandestino ed è detenuto in una cella del braccio "comuni" del carcere di Regina Coeli. Il 3 novembre, ha consegnato il suo segreto al pubblico ministero Vincenzo Barba. Quattro giorni dopo, sabato 7, nella sala colloqui del carcere ha fissato negli occhi il suo giovane avvocato, Francesco Olivieri, e con una smorfia gli ha confidato la paura di chi ora teme il prezzo di quella verità: "Avvocato, ho raccontato al magistrato una cosa per cui ho paura che ora non mi faranno più uscire di qua".

Olivieri non è ancora riuscito a tirare fuori S. da Regina Coeli. Ieri, ha bussato una prima volta alle porte degli uffici giudiziari per chiedere di sottrarre quel testimone al rischio di una possibile vendetta, di un'intimidazione, perché i segreti, si sa, in carcere durano assai poco. Tornerà a farlo oggi. E ora - nel suo studio di via Tuscolana - promette che non mollerà. "Intanto, sto facendo una colletta per raccogliere il denaro necessario a pagare l'ospitalità della "Casa dell'Amore fraterno". Dieci euro al giorno per poter indicare al giudice almeno un indirizzo in cui disporre gli arresti domiciliari. Poi, comincerà l'altra battaglia. Diciamocelo pure, quella più difficile. La parola di un ragazzo di colore accusato di spaccio contro quella di uomini in uniforme".

Parliamo dell'uniforme blu degli agenti della Polizia penitenziaria, se i ricordi di S. non zoppicano. Almeno due. I due in servizio alle camere di sicurezza del palazzo di Giustizia, la mattina del 16 ottobre. Alle celle di piazzale Clodio, S. arriva di buon mattino, intorno alle 9. Scende i 20 gradini che dal piano stradale di via Varisco portano ai sotterranei. Supera la pesante porta in ferro laccato, blu cobalto, annunciata da due targhe di ottone ("Camere di sicurezza"; "Dap - Nucleo di Traduzione e piantonamento uffici giudiziari"). Quindi si accomoda, da solo, in una delle quindici celle che affacciano sul corridoio che le divide.

La sera prima, in un anonimo appartamento nella zona dei giardini di Tivoli, in una di quelle case che i nigeriani normalmente affittano a clandestini trasformati in "cavalli" per spacciare roba da marciapiede, i carabinieri lo hanno buttato giù dal letto per poi infilargli le manette. I militari trovano 13 grammi di eroina, 5 di marijuana, un bilancino di precisione. Per S. non è la prima volta. Insomma, quelle gabbie del Tribunale già le conosce (è stato arrestato per stupefacenti una prima volta nel 2006, per poi essere assolto in appello). E ora, dunque, attende la "chiama" per l'aula delle direttissime.

Stefano Cucchi è nella cella di fronte alla sua. Anche lui è solo. Anche lui è stato consegnato dai carabinieri alla polizia penitenziaria sulla soglia della porta blu cobalto. Anche lui è lì per droga. Anche lui aspetta. Poi, accade qualcosa. S. non sa dire che ora fosse ("Tarda mattinata", dice l'avvocato Olivieri nel riferirne i ricordi). Verosimilmente, prima delle 12.35, quando Cucchi entrerà nell'aula del suo processo per direttissima. Ma S., ricorda perfettamente cosa sente. Cosa vede. Il silenzio del sotterraneo si anima all'improvviso di urla. Le urla di Stefano Cucchi. S. si precipita allo spioncino della porta blindata che chiude la sua cella. E - per quello che riferirà prima al pubblico ministero e quindi al suo avvocato - vede quel ragazzo dal fisico esile "trascinato nel corridoio dalle guardie". "E' andato al bagno" e ora, a quanto pare, non vuole rientrare nella sua cella. I due agenti della polizia penitenziaria - prosegue S. - lo colpiscono al volto. Stefano Cucchi crolla in terra. I due finiscono di dargli una lezione a calci. Quindi "lo trascinano" nella cella chiudendosi la porta alle spalle.

S. ritrova Stefano a fine mattina. Dopo il suo processo per direttissima. Anche lui non è stato fortunato. Il giudice ha rinviato il dibattimento al 18 dicembre e disposto che venga "tradotto" a Regina Coeli. Quando rientra nei sotterranei, Cucchi e già lì. E questa volta i due vengono sistemati nella stessa cella. S. ora può vedere i lividi che gonfiano e macchiano il volto di Stefano. Gli agenti della polizia penitenziaria gli chiudono i polsi allo stesso schiavettone, il guinzaglio con cui devono essere caricati sul furgone diretto al carcere.

Stefano gli sussurra una parola all'orecchio: "Hai visto questi bastardi come mi hanno ridotto"? S. ha visto. Forse non tutta la violenza di quel mattino. Forse solo l'inizio e non la coda, se dovesse trovare una qualche conferma l'ipotesi che di "lezioni" Cucchi ne riceva dai suoi custodi della Penitenziaria una prima e una dopo l'udienza del suo processo. Ma ha visto. E ha deciso di non dimenticare.



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una cosa bisogna dirla:questo ragazzo ha avuto un grandissimo coraggio.e sinceramente nn credo che stia mentendo,anzi..avrebbe solo da perdere..
E l'ipotesi della caduta nn è mai stata credibile.
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stelvius18, 11/11/2009 22.13:

[SM=x43667]




cosa ti perplime??
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mo qualcuno se ne uscirà che poichè il testimone è un clandestino,non vale niente...










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Adri84, 11/11/2009 22.22:

mo qualcuno se ne uscirà che poichè il testimone è un clandestino,non vale niente...




sicuro [SM=x43600]
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I medici legali riaprono il caso Cucchi
I consulenti incaricati dalla Procura smentiscono la morte per disidratazione
"Sottovalutato il suo stato di salute". Secondo i medici non è stato adottato un piano terapeutico adeguato

Stefano Cucchi
"La vita di Cucchi si sarebbe potuta salvare. Se fosse stata posta in essere un'idonea terapia si sarebbe potuto scongiurarne la morte". Così Paolo Arbarello, direttore dell'istituto di Medicina legale dell'università La Sapienza nel corso di una conferenza stampa in cui ha illustrato le conclusioni di una consulenza elaborata da un pool di esperti incaricati dai magistrati per far luce sulla morte di Stefano Cucchi, il detenuto morto il ottobre scorso al Sandro Pertini.

Da parte dell'ospedale c'è stata omissione e negligenza". Queste le accuse rivolte dai medici legali alla struttura che avrebbe dovuto seguire in modo diverso il giovane deceduto sei giorni dopo l'arresto. In particolare, ha chiarito Arbarello, "in ospedale non è stata colta la gravità della situazione e determinante per la morte è stata l'omissione di un piano terapeutico adeguato". Mistero anche sul ricovero di Cucchi. Secondo Arbarello, "il reparto di medicina protetta non era idoneo alla sua condizione. Non sappiamo il perché non sia stato ricoverato in un altro".

Secondo i medici legali, è da escludere la morte per disidratazione. Dagli esami autoptici eseguiti sul corpo risulta infatti che Stefano aveva la vescica piena in virtù del fatto che la sera prima di morire aveva bevuto tre bicchieri di acqua. Viene perciò smentita la tesi della commissione parlamentare d'inchiesta sull'efficienza, presieduta da Ignazio Marino.

L'analisi svolta dal pool di esperti ha inoltre rilevato - ha spiegato arbarello - una lesione vertebrale lombare "antica" e una sacrale "recente". Quest'ultima è "tipica della caduta podalica", vale a dire una caduta sul sedere. "Quanto ai meccanismi ha sottolineato il direttore dell'istituto di medicina legale - per cui questo tipo di caduta si è determinata non spetta noi dirlo".

Non ci sono prove, ha spiegato Arbarello, che si tratti della conseguenza di un pestaggio. Nessun segno di pugni o di una aggressione diretta, questo però non esclude necessariamente il pestaggio, perché avrebbe potuto essere stato spinto violentemente contro un muro o sul pavimento, tanto da provocare la frattura. "Noi non possiamo entrare - ha concluso il professore - nel merito delle modalità che hanno provocato le lesioni".
xxx Meglio essere vittima che complice.xxx
http://www.studibiblici.it/conferenze.html

Schiavo di nessuno,Servo di tutti.
http://www.studibiblici.it/videoomelieindiretta.html
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