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G8,assolti de gennaro...

Ultimo Aggiornamento: 18/06/2010 12:07
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07/10/2009 10:50
 
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G8 Genova, assolti De Gennaro e Mortola
L'ex questore Colucci rinviato a giudizio

GENOVA - Assolti per non aver commesso il fatto l'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l'ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l'ex questore di Genova Francesco Colucci in riferimento all'irruzione della Polizia nella scuola Diaz durante il G8 del 2001. Mentre Colucci è stato rinviato a giudizio.

L'ex capo Gianni De Gennaro non era presente alla lettura del dispositivo mentre è in aula Spartaco Mortola. Lo scorso luglio il pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini titolari dell'inchiesta avevano chiesto due anni di reclusione per De Gennaro e un anno e quattro mesi per Mortola.





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18/06/2010 12:07
 
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G8 GENOVA
De Gennaro condannato a un anno e 4 mesi
Maroni: "Continuo ad avere fiducia in lui"
E' colpevole di istigazione alla falsa testimonianza. Ha convinto l'ex questore del capoluogo ligure ad "aggiustare" la sua testimonianza sul blitz nella scuola Diaz. Alfano: "Ha servito lo Stato"
di MASSIMO CALANDRI
Gianni De Gennaro


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G8 Genova

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De Gennaro condannato a un anno e 4 mesi Maroni: "Continuo ad avere fiducia in lui"GENOVA - Il prefetto Gianni De Gennaro è stato condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione dalla corte d'appello del tribunale di Genova, che lo ritiene colpevole di istigazione alla falsa testimonianza. Secondo il tribunale De Gennaro convinse il vecchio questore del capoluogo ligure, Francesco Colucci, ad "aggiustare" la sua testimonianza durante il processo per il sanguinario blitz nella scuola Diaz, ultimo capitolo del G8 del 2001. Il governo, però, si schiera al suo fianco. "Ha la mia piena e totale fiducia: fino alla sentenza definitiva non cambia nulla, attendiamo fiduciosi nell'esito del ricorso in Cassazione. Per De Gennaro, come per tutti, vale la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva" dice il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. "La sua innocenza, fino a condanna definitiva è sancita dalla Costituzione" aggiunge il ministro della Giustizia Angelino Alfano.

De Gennaro, che nove anni fa era il capo della polizia ed oggi è al vertice del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza, era stato assolto in primo grado perché le prove di colpevolezza nei suoi confronti non erano state ritenute sufficienti. Alle 14, dopo quattro ore di camera di consiglio, la corte presieduta da Maria Rosaria D'Angelo (giudici a latere Paolo Gallizia e Raffaele Di Gennaro) ha ribaltato la decisione. Il prefetto è colpevole e con lui anche Spartaco Mortola, attuale questore vicario di Torino e durante il G8 numero uno della Digos genovese. Mortola è stato condannato ad un anno e due mesi di reclusione per lo stesso motivo: pure lui avrebbe "suggerito" a Colucci la versione da fornire in aula, raccontando in una maniera diversa quello che era stato il coinvolgimento di De Gennaro nella discussa operazione. Per l'assalto ai 93 no-global della scuola, massacrati di botte ed arrestati illegalmente, Mortola è già stato condannato in appello a 3 anni e 6 mesi di reclusione. In questo secondo processo invece De Gennaro non è mai stato nemmeno indagato. "Siamo sconcertati, esterrefatti. Andremo in Cassazione", è stato il primo commento di Piergiovanni Lunca, avvocato di uno degli imputati. "Finalmente è stato possibile dimostrare che siamo tutti uguali davanti alla legge", gli ha risposto la collega Laura Tartarini, parte civile in questo procedimento.

Vale la pena di ricordare che le sentenze di secondo grado per i maxi-processi del G8 si sono tutte chiuse con pesanti condanne nei confronti della polizia. Tutti colpevoli i 44 imputati (funzionari, agenti, ufficiali dell'Arma, generali e guardie carcerarie, militari, medici) per i soprusi e le torture nella caserma di Bolzaneto, dove transitarono almeno 252 no-global fermati durante gli scontri di piazza. Colpevoli anche i picchiatori e i mandanti del massacro nella scuola, a partire dai vertici del Ministero dell'Interno come Giovanni Luperi, attuale responsabile dell'Aisi, l'ex Sisde, condannato a quattro anni di reclusione e Francesco Gratteri, oggi capo dell'Antiterrorismo (stessa pena). Tre anni e otto mesi sono stati inflitti a Gilberto Caldarozzi, che catturò Bernardo Provenzano e ora dirige il Servizio centrale operativo, cinque anni a Vincenzo Canterini, allora numero uno di quella "Celere" romana.

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18/06/2010 12:07
 
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RETROSCENA
La rabbia di De Gennaro dopo la sentenza
"Mi dimetto". Ma una telefonata di Letta lo frena
L'ex capo della polizia condannato ad 1 anno e 4 mesi per il blitz alla scuola Diaz dopo il G8 di Genova voleva lasciare il Dis
di CARLO BONINI
La scuola Diaz dopo l'irruzione della polizia
ROMA - E ora? Ora che farà Gianni De Gennaro? Alle due del pomeriggio di ieri, quando la seconda sezione della Corte di appello di Genova pronuncia la parola "colpevole", le parole che il direttore del Dis (Dipartimento Informazioni per la Sicurezza) consegna al suo avvocato Franco Coppi sembrano annunciare una decisione irrevocabile. "Io, adesso, saluto tutti e me ne vado", dice. E in fondo, quello scatto racconta una verità. L'assoluto stupore per una sentenza che capovolge l'assoluzione di primo grado a fronte di un materiale probatorio rimasto immutato. L'insofferenza di vedersi improvvisamente precipitato in una condizione di oggettiva debolezza, tanto più insopportabile per un uomo che per indole e storia professionale non è abituato al passo dell'anatra zoppa. La consapevolezza che il restare al proprio posto macchiato da una sentenza di condanna, sia pure non definitiva, possa essere letto non come l'ostinazione legittima di chi si professa innocente, ma come la risposta cinica di chi intende aspettare la sentenza definitiva forte del proprio ruolo e peso istituzionali.

Epperò, De Gennaro non è uomo di pancia. E la voglia di sbattere la porta si stempera prima nei consigli del professor Coppi ("L'amarezza è comprensibile, ma certe decisioni vanno prese con freddezza e soprattutto valutando quali sono i presupposti. E qui i presupposti sono soltanto quelli di una sentenza che mi appare sconcertante"), quindi nel volo che lo riporta a metà pomeriggio nei suoi uffici in Largo di Santa Susanna, dove si chiude protetto dal filtro della sua segreteria. Raccontano di un affettuoso sms del capo della Polizia Antonio Manganelli. Di una telefonata del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, che nel comunicargli la fiducia del governo (che, per altro, in serata verrà manifestata pubblicamente e con accorta sincronia dal ministro dell'Interno Roberto Maroni e da quello della Giustizia Angiolino Alfano) deve comunque prendere atto di un "ragionamento" che annuncia una mossa possibile (molti dicono "scontata, conoscendo l'uomo") delle prossime ore. Mettere in ogni caso a disposizione del presidente del Consiglio il proprio incarico perché così impongono la sensibilità istituzionale e la necessità di sgomberare il campo dall'idea che il Dis possa o debba diventare una prigione in cui attendere l'ultimo verdetto.

"Due anni fa non ho cercato la nomina a direttore del Dis. Mi è stato chiesto e ho accettato per puro spirito di servizio. Il giorno in cui non dovessero esserci più le condizioni, non resterò un minuto di più", ha ripetuto spesso in attesa della sentenza d'appello Gianni De Gennaro. Oggi - racconta chi gli è più vicino - a maggior ragione questo torna ad essere vero. E se il governo, a cominciare dal presidente del Consiglio, non sembra neppure prendere in esame la possibilità di privarsi di De Gennaro, va anche detto che il passaggio dovrà comunque avere un suo momento pubblico. Non basterà insomma una telefonata.

Al netto delle intenzioni (per altro non misteriose) di Palazzo Chigi, c'è comunque un secondo argomento che lascia immaginare che Gianni De Gennaro resterà al Dis. Che se dimissioni ci saranno, queste non usciranno dallo stretto sentiero dell'opportunità e del galateo istituzionale di chi ritiene che una fiducia del governo, a questo punto, vada pubblicamente riconfermata. E questo secondo argomento è tutto nel modo in cui la Polizia ha attraversato il deserto giudiziario per le vicende genovesi del G8. All'indomani della notte del 19 luglio 2001 (l'irruzione nella Diaz), De Gennaro, da capo della Polizia, scelse di non rimettere il proprio incarico, di non deflettere da una linea (per altro confermata dal suo successore Antonio Manganelli) che rimandava alle aule di giustizia non la responsabilità della Polizia, ma quella, "eventuale", di suoi singoli appartenenti per singoli episodi. De Gennaro spiegò che i poliziotti e non la Polizia si sarebbero fatti processare. Che la presunzione di innocenza fino all'ultimo grado di giudizio sarebbe valsa anche per chi indossava un'uniforme. Di quella scelta di allora - per altro compiuta anche in forza di solidissimi legami bipartisan in Parlamento che nel tempo ne hanno fatto una "riserva della Repubblica" - De Gennaro, in questi nove anni, è stato consapevole. Non l'ha mai dissimulata. Ne ha al contrario spesso rivendicato "l'opportunità" e "la correttezza". A lungo ne ha tratto dei vantaggi. Da qualche tempo comincia a pagarne dei costi. E cambiare rotta oggi sarebbe complicato. "De Gennaro - rifletteva ieri pomeriggio un alto dirigente del Viminale - ha continuato e continua a sentire un obbligo morale con chi, come lui, è ancora imputato nei processi del G8 e attende una sentenza definitiva. Escludo che possa mollare tutto ora. Perché De Gennaro è un uomo molto intelligente e comprende quale effetto simbolico avrebbero le sue dimissioni sull'onda di una sentenza come quella che ora lo condanna. Non l'ho mai visto prendere una decisione spinto dal solo istinto. Non lo farà neanche questa volta".

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Ke vergogna.
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