“A decorrere dall’entrata in vigore del presente Regolamento, o dalla data di iscrizione all’Albo, se successiva, l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati iscritti agli Albi professionali forensi, fermo restando il disposto di cui all’articolo 4 della Legge n. 141/1992. L’iscrizione viene deliberata d’ufficio dalla Giunta Esecutiva della Cassa, con la decorrenza di cui al comma 1, non appena sia pervenuta comunicazione dell’iscrizione in un Albo forense”.
Con queste parole esordisce il regolamento di attuazione del famigerato “articolo 21” dell’ultima legge di riforma forense [1], legge che ha disposto l’iscrizione obbligatoria alla Cassa Forense per tutti gli iscritti all’albo forense (ma anche per gli iscritti agli albi forensi che siano contemporaneamente iscritti in altri albi professionali). Sebbene dell’avvenuta iscrizione debba essere data immediata comunicazione al professionista, la possibilità di una “iscrizione d’ufficio alla Cassa” e la conseguente certezza del ricevimento della richiesta di pagamento dei contributi suona un po’ come una mannaia per circa 50 mila avvocati a rischio estinzione.
Tanti sono, infatti, i legali italiani che, già al collasso per via della crisi economica e della forte riduzione di clientela, ora dovranno fare i conti con la possibilità della cancellazione dall’albo. Un dramma per una categoria professionale che non è riuscita a rimanere al passo coi tempi (barricata dietro regole antiche e corporative) e che, nello stesso tempo, è stata fortemente penalizzata da una serie di riforme della giustizia volte ad impedire, ai cittadini, il libero esercizio dei propri diritti (tra aumento delle tasse, dei costi e sanzioni per chi ha azionato il processo senza successo).
Il nuovo regolamento, approvato proprio qualche giorno fa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, prevede che gli avvocati iscritti “obbligatoriamente” alla Cassa dovranno versare alla CPA un minimo contributivo in misura fissa (contributo soggettivo), indipendentemente dal reddito dichiarato. Una mossa davvero “controversa” quella del ministro di firmare una disciplina così limitativa proprio
nel mese di agosto in cui la maggior parte dei professionisti è distratta dalle meritate ferie. Un costume tutto italiano che, evidentemente, non ha smesso di ripetersi annualmente. Cosa ne sarà, allora, di quei 50 mila avvocati che non si sono mai iscritti alla cassa per via delle loro condizioni reddituali, inferiori ai 10.300 euro annui? È vero: se anche il regolamento prevede agevolazioni e sconti per i primi otto anni di iscrizione per chi percepisce un reddito inferiore a 10.300 euro annui e per gli avvocati con meno di 35 anni, non vi è dubbio che il nuovo sistema mirerà ad escludere tutti i legali che non riescono ad affrontare tale costo fisso (cui si aggiungono quelli relativi al Pos e all’assicurazione obbligatoria). Una professione destinata solo agli studi con maggiore clientela o solo a quelli con reddito più alto? Di certo, il numero degli avvocati in Italia è destinato a ridursi drasticamente. -
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