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Libia? In mano ai fondamentalisti

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2013 20:49
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11/05/2013 15:45
 
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Ma va là,che sorpresa...


(aggiornato ore 23,30) Dopo l’intervento francese in Mali che ha costretto molti miliziani di al-Qaeda a lasciare il Paese africano, la Libia è diventata la principale base dell’organizzazione terroristica nella regione. E’ quanto ha dichiarato un alto funzionario dell’intelligence libica al Daily Beast. “La Libia è diventato il quartier generale di Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi)”, ha detto la fonte, riferendo di tre nuovi campi dei terroristi aperti nelle ultime settimane nel sud del Paese. Fonti occidentali non hanno voluto commentare la minaccia posta dai jihadisti, sottolinea oggi il quotidiano Usa, ricordando però come la scorsa settimana sia stato invece il Presidente del Ciad, Idriss Deby, a denunciare l’inerzia del governo di Tripoli contro i combattenti, accusati di usare la Libia come terreno di addestramento delle nuove reclute, minacciando così la sicurezza della regione. Accuse respinte dal governo libico, che ha smentito l’arrivo dal Mali dei jihadisti. Sempre secondo una fonte dell’intelligence libica, dopo l’attacco dello scorso settembre al consolato Usa di Bengasi, un numero crescente di jihadisti libici sarebbe passato proprio sotto il comando di Aqmi. Secondo la fonte, lo stesso attacco contro il consolato americano non sarebbe stato ordinato o progettato direttamente da Aqmi, ma l’organizzazione terroristica avrebbe avuto un ruolo nella decisione di colpire l’obiettivo statunitense. Decisione presa da un comitato di leader jihadisti egiziani e libici e che ha visto coinvolte “cellule radicali di diverse milizie rivoluzionarie di Bengasi”.
Il Paese nordafricano è del resto in preda al caos. Cirenaica e Fezzan sono da tempo fuori controllo e anche la Tripolitania è in mano alle milizie tribali che da settimane assediano il Parlamento e i più importanti ministeri. La vicenda, che si protrae da settimane, era collegata all’approvazione della legge che sancisce l’esclusione dalla vita politica dei dirigenti che abbiano avuto ruoli di responsabilità nel regime del defunto rais Muammar Gheddafi. Ma, nonostante la legge sia stata approvata domenica, gli ex ribelli hanno continuato l’assedio, chiedendo le dimissioni del premier Ali Zeidan. Questa mattina erano arrivate le dimissioni delministro della Difesa Mohamed al-Barghati (nella foto) che poi, accettando il forte invito del premier a rimanere al suo posto, le ha ritirate. Le motivazioni del gesto le aveva spiegate lo stesso al-Barghati, quando si era detto costretto, nonostante il parere contrario dei suoi colleghi di governo, alle dimissioni. Quel che appare evidente è la resa dello Stato alle milizie. Cosa testimoniata dalle parole dello stesso ministro della Giustizia, Salah al-Marghani, che rivela come ancora questa mattina due pick-up dei miliziani, con tanto di cannoni antiaerei puntati contro le finestre, erano nel cortile interno del palazzo che ospita gli uffici del guardasigilli. E le sue parole sono l’ennesima conferma di una impotenza evidente: ”Se questa situazione continuerà, saremo costretti a studiare la possibilità di spostarci in un altro quartiere, forse anche in un’altra città più sicura”.

(Con fonti TMNews e Ansa)

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17/05/2013 09:34
 
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meglio tardi che mai




L’Italia, per il rapporto privilegiato che ha con la Libia, può svolgere un ruolo cruciale per la stabilità del Paese e noi vogliamo lavorare con Roma”. Sono le parole del segretario di Stato John Kerry al termine dell’incontro del 9 maggio con il ministro degli Esteri Emma Bonino nel quale la Libia (lo hanno sottolineato i due) è stata al centro dei colloqui. Da quanto è stato reso noto il neo ministro italiano ha evidenziato la ”preoccupazione” condivisa di Italia e Usa ”per l’evoluzione sul terreno” del Paese nordafricano ma la dichiarazione di Kerry è paradossale sotto almeno due aspetti. Il primo è che la Libia è allo sbando, tra infiltrazioni massicce di al-Qaeda (in Cirenaica, nel desertico Fezzan e persino a Tripoli) e il caos determinato dalle decine di milizie tribali che hanno feudalizzato il Paese dopo l’uccisione di Muammar Gheddafi. Al punto che in questi giorni Londra e Washington hanno ridotto il personale diplomatico e messo in allerta le forze speciali per eventuali operazioni di evacuazione. Una situazione disastrosa figlia diretta della guerra aerea che Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno voluto ad ogni costo nel 2011 contro il regime di Gheddafi senza avere però la determinazione (o gli attribuiti) per assumersi l’onere di stabilizzare il Paese “boots on the ground”, cioè con l’invio di militari sul terreno come è stato fatto in Bosnia, Kosovo, Iraq e Afghanistan.

Il risultato è che le già debolissime istituzioni libiche sono alla paralisi e il parlamento è stato costretto (sotto la minaccia dei miliziani che ne assediano la sede) ad approvare una legge che vieta la cosa pubblica a quanti hanno avuto a che fare con il regime precedente. In pratica rischia di venire cancellata tutta la nuova classe dirigente libica e anche i leader che avevano guidato la rivolta contro Gheddafi i quali sono stati tutti, recentemente o nel passato, servitori più o meno fedeli del raìs. Per questa ragione quando Kerry ha affermato che “in Libia ci sono ancora tantissime sfide e l’Italia può avere un ruolo cruciale per portare stabilità” sarebbe stato auspicabile che qualcuno a Roma mettesse da parte la consueta prona sudditanza nei confronti degli statunitensi e gli avesse risposto, almeno simbolicamente, con un “vaffa”, termine volgare quando politica e diplomazia erano cose serie ma ormai di uso comune nel linguaggio politico romano. Gli statunitensi hanno scatenato una pioggia di missili da crociera e bombe guidate sulla Libia nel marzo 2011 per scardinare le difese di un regime minacciato da una rivolta organizzata grazie alla regia dei franco-britannici che avevano l’obiettivo neppure tanto recondito di togliere influenza e affari all’Italia. Washington passò poi la palla alla NATO, in base alla dottrina obamiana del “leading from behind”, che ci ha messo sette mesi a far fuori Gheddafi lasciando il Paese nel caos e in preda ad al-Qaeda e salafiti.

Come la Francia ha scoperto a sue spese con l’invasione jihadista del nord del Malì e gli Stati Uniti hanno scoperto a loro spese con l’attacco al consolato di Bengasi dell’11 settembre scorso nel quale vennero uccisi l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre americani. Una vicenda nella quale la Casa Bianca ha cercato di nascondere la matrice terroristica in delitti che Washington ha lasciato impuniti considerato che l’amministrazione Obama non ha autorizzato interventi militari contro i campi dei quaedisti in Cirenaica. Ora che la frittata è stata fatta e la Libia è fuori controllo (con le società petrolifere costrette a pagare “il pizzo” alle milizie tribali per garantire la sicurezza di impianti e personale) Kerry si ricorda del ruolo cruciale dell’Italia “nel portare stabilità”. Roma la stabilità della Libia e nei rapporti con la Libia l’aveva già conseguita da tempo al prezzo di un difficile negoziato con Gheddafi, il quale era certo un “figlio di…” ma, per parafrasare quello che il presidente F-D. Roosevelt diceva del dittatore nicaraguense Anastasio Somoza, era “il nostro figlio di…”. Gheddafi era infatti diventato da anni un ottimo partner commerciale e petrolifero non solo dell’Italia ma dell’intero Occidente ed era un buon alleato nella lotta al terrorismo islamico.

C’è poi un secondo aspetto non meno importante in base al quale sarebbe lecito mandare a quel paese (magari proprio in Libia) John Kerry che ci vuole coinvolgere maggiormente nel vespaio di Tripoli. Nessuno sembra ricordare che fu proprio l’attuale segretario di Stato a “imporre” a Berlusconi di entrare attivamente in guerra contro il regime di Tripoli. Costretto dalle pressioni internazionali e da più alte istituzioni italiane a schierarsi contro Gheddafi e a mettere a disposizione della Nato le nostre basi aeree per le operazioni contro la Jamahiria, Berlusconi si rifiutò per oltre un mese di impiegare i nostri aerei nei bombardamenti sulla Libia, Paese al quale Roma era legata da un patto di non aggressione già peraltro tradito fornendo le nostre basi ai jet dell’Alleanza Atlantica. L’allora premier dichiarò che gli aerei italiani “non hanno bombardato e non bombarderanno mai la Libia” ma il venerdì prima di Pasqua giunse a Roma John Kerry, in quel periodo presidente della commissione Esteri del Senato e già “inviato speciale” di Obama per gestire le questioni internazionali più spinose come i difficili rapporti con il presidente afghano Hamid Karzai. A Roma incontrò solo Berlusconi recandogli una lettera di Obama che poi telefonò a Berlusconi la domenica di Pasqua. Forse non solo per porgere gli auguri considerato che il giorno successivo, 25 aprile, il premier italiano annunciò che anche i nostri velivoli avrebbero bombardato la Libia. Quel conflitto non ha solo spalancato la porta alla destabilizzazione del Mediterraneo centro meridionale e del Sahel ma ha rappresentato anche il livello più basso di sovranità nazionale espresso dall’Italia che pochi mesi dopo subì l’imposizione del governo Monti. Una sovranità che oggi non sembra essersi elevata di molto se nessuno a Roma ha invitato cordialmente Kerry e gli Stati Uniti a stabilizzarla loro la Libia, cercando di riparare i danni provocati, eventualmente chiedendo “un aiutino” a francesi e britannici.

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QUando esprimevo gli stessi giudizi nel 2011 ero uno "stron.."
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17/05/2013 13:50
 
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Questi di Analisi difesa trattano la politica estera alla maniera italiana tendenza a destra, cioè come un bambino di otto anni che fruga nelle mutandine delle compagne.
La realpolitick della caciotta che consiste nello sbattere i pugni sul tavolo mentre tutti se ne sbattono di te e sono fuori a fumarsi il sigaro.
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17/05/2013 15:01
 
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Un pò superficiale ridurre tutto alla solita politichetta provincialotta,no? Magari meglio buttarla su contenuti e competenze e non su guelfi e ghibellini.
Si potrà dire di tutto su analisi difesa,ma non che sia una rivista politicamente schierata,non a caso molti di questi scrivono per il sole 24 ore ed il resto è gente, mi si conceda il francesismo,con i controcoglioni che parla dall'alto di competenza ed esperienza che non tutti possono vantare,io in primis.
Se poi vogliamo ridurre tutto alla solita caciara italiata apriamo il congresso dei luoghi comuni e diciamo pure che gnosis è la rivista di gladio.

Ognuno è libero di farsi un'idea, in fin dei conti si dice che siamo in una democrazia,ma alle volte sarebbe il caso di argomentare una presa di posizione.

Se la bandiera dell'avatar ha non solo valore estetico,converrai che lì le analisi polito-strategiche non vengono imbruttite da le e delegittimazioni di bassa politica.

[Modificato da connormaclaud 17/05/2013 15:36]
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17/05/2013 19:21
 
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Non leggo questo sito quindi potrebbe anche essere che dicano qualcosa di intelligente, il mio giudizio era limitato a quanto postato che è aria fritta, specialmente il secondo. Questi vogliono fare gli strateghi e poi alla prima sparatoria si mettono a gridare che è scoppiata la guerra mondiale.
Prendono un paio di frasi di circostanza di Kerry, un segretario di Stato che Obama ha nominato solo perché gli fa poco ombra ed è irrilevante, e ci scrivono un pippone senza senso sul come si stava meglio quando si stava peggio e "aridatece er puzzone".
Dopo due anni hanno ancora i lacrimoni per Gheddafi e per la special relationship che era il capolavoro politico di Silvio B costruito a colpi di baciamano e di sfilate di amazzoni a Roma dove Gheddafi scese dall'aereo con la foto di Omar al-Mukhtar, il leone del deserto, per umiliare il nostro paese e tutti fecero finta di
niente perché la realpolitick alla caciotta ha geometrie variabili in tema di dignità e onore nazionale.

Io poi vorrei capire quali erano questi grandi interessi italiani sacrificati dalla prepotenza americana alla quale Silvio B non è riuscito ad opporsi.
Il fatto che aziende straccione e con le pezze al culo come Imprengilo, quella del disastro dei rifiuti in campania, avrebbero costruito un'autostrada nel deserto di duemila chilometri al costo di 5 miliardi di euro per i CONTRIBUENTI ITALIANI? La salerno reggio calabria libica, il sogno proibito dei palazzinari italiani orfani del
rais. Ma di che parliamo? Del petrolio? L'Eni non ha perso un solo appalto perché se la tangente la paghi a Gheddafi o un altro non cambia nulla, l'importante è che la paghi. La mia unica preoccupazione all'epoca era per Unicredit ma si è rivelta infondata, le cose vanno meglio di prima con il nuovo governo(per quanto la parola
bene possa essere associata ad Unicredit).

L'italia non poteva evitare la guerra in Libia che è cominciata non solo per le mire degli avidi anglofrancesi ma perché gheddafi aveva perso l'appoggio di alcune delle tribù che lo sostenevano.
Allo scoppio della guerra l'italia aveva tre opzioni:
- restare neutrale e non contare niente;
- appoggiare la libia e presentare la dichiarazione di guerra agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna, l'ultima volta che lo abbiamo fatto non andò benissimo;
- appoggiare l'alleanza atlantica della quale facciamo parte e che avevamo rinnegato con il trattato di amicizia palesemente in contrasto con il trattato Nato;

Il governo non aveva la forza né la convinzione per decidere in quanto la linea strategica semplicemente non esisteva(nonostante il consigliere militare del presidente del consiglio fosse uno di quelli con i controcoglioni), voleva essere il miglior amico degli usa e il miglior alleato di Gheddafi contemporanemente, stare con tutti e
con nessuno, l'incompetenza italiana che nel linguaggio corrente si spaccia per machiavellismo.
Alla fine l'italia ha subito le decisioni degli altri e si è ritrovata in guerra alle condizioni di Obama. Funziona così, se sei un piccolo paese che non conta nulla e vuoi contare di più o ti poni in condizione di concorrere a prendere le decisioni o vieni calpestato.

Per quanto riguarda la transizione, succede quello che succede sempre in queste fasi: casino. Nell'italia del 1947 c'erano le volanti rosse, le sparatorie in piazza, i comunisti assaltavano la prefettura di milano, se AD ci fosse stato allora avrebbe fatto l'articolo "L'italia è in mano ai comunisti".
La libia è un paese tribale pieno di divisioni, il governo non riesce ancora controllare il territorio né le katibe, le milizie tribali. L'esercito e la polizia non sono efficienti e poi ci sono le due organizzazioni paramilitari(SSC e Libian Shiedl) dipendenti una dal ministero dell'interno e l'altro dalla difesa che sono battitori liberi e saltuariamente si scannano tra di loro.


Ci vorrà tempo per stabilizzare la situazione, ma la maggioranza del popolo non è né antioccidentale né antiamericana e sono ben felici(loro) di essersi liberati di Gheddafi. La possibilità di consensi popolari al terrorismo islamico è bassissima, sbandierare i salafiti che ormai sono buoni per tutte le stagioni non ha molto senso
dato che la gran parte dei libici sono salafiti. Certo arriveranno milizie dall'esterno ma la loro capacità di operare è limitata da difficoltà logistiche e nei rimpiazzi come sempre quando operano in un territorio che non hanno scelto.

Se l'italia volesse giocare un ruolo dovrebbe porre con il governo libico e gli alleati la possibilità di mettere su una task force per equipaggiare ed addestrare le forze di polizia libiche, compito che già conosciamo e abbiamo svolto anche bene in altri contesti.
Altro che rimpiangere Gheddafi.

ps Ma dove sono finiti gli analisti italiani che non dormivano la notte per l'egitto? Due anni di governo dei fratelli Musulmani ed hanno finito le riserve valutarie presentandosi con il cappello in mano al fondo monetario internazionale per ottenere aiuti. Il tutto mentre oggi l'egitto collabora con Usa e Israele di più di quanto
faceva lo zio di Ruby. Lasciateli fare questi estremisti, sono l'antidoto migliore a sé stessi.
[Modificato da trixam 17/05/2013 19:24]
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17/05/2013 20:49
 
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Con tutto il rispetto,ma che stai a dì trixiam?
Aria fritta? Abbiamo fatto la figura dei coglioni,come sempre, e la consideri aria fritta?
Kerry non è stato scelto perchè irrilevante quanto per la necessità di Obama di accontentare il proprio elettorato in vista di un mandato più repubblicano che democratico.
Tanto per la cronaca,kerry aveva il perfetto curriculum da filo kennediano antimilitarista di vietnamita memoria e succedduto alla Clinton -non proprio una ignorante ed insignificante politica- come "balance" alla nuova polita di Obama. Forte il richiamo simbolico,certo,ma non l'ultimo dei fessi.

Non so se ricordi che nel dopo gheffafi in libil'america ha perso un ambasciatore e, a memoria d'uomo, quando ci fu un altro casino con gli attentati del 1998 ( i primi di bin laden) gli usa reagirono con forza,mentre a tripoli un assordante silenzio e la concreta possibilità di perdere le presidenziali.
Detto questo, che gli "alleati" non abbiano avuto un interlocutore credibile è ormai storia e non a caso i "capi" di bengasi non sono gli stessi arrivati vittoriosi a tripoli,anzi molti di questi sono caduti per fuoco amico.
Oggi la libia è nel caos,così come la tunisia,lo yemen e l'egitto.
Come dimenticare le scaramucce di qualche mese fa nel sinai?
Morsi certamente è stato per adesso cauto con tel aviv,ma si dovrebbe ricordare che ha già rischiato più e più volte di venir estromesso dagli al ihwan e ,senza girarci troppo intorno, è stato usato dall'esercito per il mantenimento del controllo del paese.
Mubarak aveva un pizzico di potere decisionale in più,ma giusto un pizzico eh...
La new entry salafita,incognita persino per i fratelli musulmani, sta prendendo il sopravvento e non meno di un mese fa,con l'arresto del mufti al Sharif a gerusalemme lo stesso Morsi si è dato a dichiarazioni non proprio amichevoli verso il vicino israeliano e ,in tutto questo, è più il timore di perdere i rifornimenti americani (come a suo tempo minacciato con sadat e nasser) che una reale linea politica a mantenere una tregua armata.


Veniamo agli affari di casa nostra,al timoroso Berlusca e alla libia.
Neanche a me piacque la pagliacciata romana e per una volta condivisi le scelte di peppino di pietro e i suoi,ma quanto era lecito sopportare?

Uno su tutti? Giacimento elephant,il più grande della libia e tra i più importanti al mondo. Promesso all'italia,in via esclusiva (non pugnette) da gheddafi, oggi è solo per partecipazione minoritaria affidata ad eni,mentre la quota pantagruelica è quella di gazprom.
Poi c'erano i contratti e le forniture di finmeccanica, c'era astaldi,la fiat e i contratti faraonici di impregilo.
Ricordi unicredit,ma ricorda pure che la situazione non è ancora ben definita.

La tangente la paghi a un altro? Gli appalti,quelli petroliferi su tutti, sono stati bruciati da russia,cina,francia e uk.
A voja di pagà,non li recuperi più.

L'italia non aveva possibilità? [SM=g2725400]
Trixiam stai scherzando,vero?
L'italia aveva:
1) possibilità d'intervenire in prima persona,assumendosi l'onere- come auspicato dagli usa- di trattative diplomatiche tra gheddafi e i ribelli
2) possibilità di guidare,sempre da mediatore privilegiato, la transizione dal regime ad un governo alternativo d'intesa.
3) negare appoggio attivo e supporto logistico: i bombardamenti hanno preceduto qualsiasi risoluzione di organismi internazionale
4) domandare un'intesa delle principali sigle internazionali e ,nel mentre, negare qualsiasi transito sullo spazio aereo nazionale e far salpare l'intera flotta ( non so se ricordi,ma fu un puttanaio di natanti in quei giorni) come diplomatico deterrente

Quale diavolo di dichiarazione di guerra doveva mandare? Con la libia avevamo un patto di non aggressione,nulla di più, e gli "alleati" non avevano alcuna scusante,se non quella umanitaria che poteva essere risolta il altro modo, per intervenire.Punto.

I consiglieri militari e lo stesso Berlusconi non ha avuto alcuna voce in capitolo - i soliti scherzi della storia - e in quegli stessi giorni da re giorgio l'europeista a tutto il centrosinistra,passando per i falchi europeisti (v. frattini e soci) del ppe, hanno fatto pressione su Berlusconi che,fino all'ultimo, non voleva intervenire.
E' stato indubbiamente il punto più basso della polita estera berlusconiana,ma la colpa è da condividere con il popolino viola delle manifestazioni (almeno oggi ha il buon senso di tacere in siria) e il servilismo "itagliano".
Le alternative c'erano,come sempre, ma mancava,come sempre,unità nazionale.

Ah,la libia non è solo a vocazione tribale,casomai questo possiamo dirlo per l'entroterra ( marquuz,al kufrah, awbari etc),ma non per la tripolitania e un'altra consistente fetta del paese.
Gheddafi ha perso l'appoggio delle tribù quando la guerra era già perduta,non prima.

I nostri ragazzi addestrano afghani,palestinesi,libanesi,maliani,ex jugoslavi,iraqeni e tunisini da tempo,ti risulta che i nostri rapporti con i rispettivi paesi siano migliorati?
Ti dirò di più,addestrare queste nuove reclute è quanto di più improducente si possa fare perchè,come accade di sovente in a-fuckistan, sono loro i primi a sparare contro le tf e non a caso.
Lo stesso dicasi per le commissioni militari che finiscono con l'essere le "nostre" tombe.
[Modificato da connormaclaud 17/05/2013 21:08]
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