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Aperte le porte dell'inferno!

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2012 00:01
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15/11/2012 00:59
 
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Era nell'aria. Doveva capitare. E' capitato!

Dal Corriere della Sera

Israele attacca nella Striscia di Gaza
Hamas risponde con razzi verso il Negev


Il capo militare di Hamas ucciso da un missile. Altri 8 morti palestinesi. Gli Usa: «Tel Aviv ha il diritto di difendersi»


Un'escalation come non se ne vedevano da almeno quattro anni, dai tempi dell'operazione Piombo Fuso: Israele, dopo aver ucciso nel pomeriggio, con un'operazione chirurgica, il comandante militare di Hamas, Ahmed Al-Jaabari, ha effettuato in serata numerose incursioni aeree nella Striscia di Gaza, pare anche da navi al largo nel Mediterraneo. Il totale delle vittime, tra tutti i raid, ammonta a nove secondo l'inviato palestinese all'Onu. Un crescendo di tensione insomma che ha spinto l'Egitto a richiamare l'ambasciatore in Israele

RAZZI SUL NEGEV - Hamas aveva risposto all'attacco di Israele intorno alle 18, lanciando una trentina di razzi verso la città israeliana di Be'er Sheva, nel deserto del Negev. L'attacco è stato sferrato mentre in Israele iniziavano i telegiornali. Finora non si ha notizia di vittime. Secondo la stampa locale israeliana alcuni razzi, almeno 13 prevalentemente di tipo Grad, sono stati intercettati dai sistemi di difesa.

ISRAELE:«APERTE TUTTE LE OPZIONI» - E in serata il premier di Tel Aviv Benyamin Netanyahu ha parlato alla tv di Stato, annunciando che «l'esercito è pronto a estendere l'operazione, se necessario. Oggi abbiamo rivolto un messaggio chiaro a Hamas e alle altre organizzazioni terroristiche, e se sarà necessario siamo pronti a estendere l'operazione». Mentre il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha autorizzato un richiamo alle armi dei riservisti, dopo l'annuncio di una vasta operazione contro «obiettivi terroristici» nella Striscia di Gaza. Lo ha riferito la radio israeliana. L'annuncio arriva dopo che le Forze armate dello stato ebraico hanno fatto sapere che «tutte le opzioni» sono aperte, compresa quella di un'operazione via terra.

HAMAS: «EGITTO AIUTACI » - Dal canto suo Ismail Haniyeh, numero uno di Hamas, capo del governo palestinese a Gaza ha invitato gli stati arabi, in particolare l'Egitto a fermare l'attacco israeliano sull'enclave palestinese: «Invochiamo tutti i fratelli arabi e specialmente l'Egitto e il suo nuovo presidente, a fermare questa barbara campagna in difesa di Gaza e del suo popolo. Invochiamo inoltre un urgente incontro tra gli arabi per controbattere la brutale aggressione». E il Cairo ha fatto dunque le prime mosse: ha richiamato il suo ambasciatore in Israele e a chiesto all'Onu di convocare urgentemente il Consiglio di Sicurezza. La Lega Araba, intanto, ha indetto una riunione straordinaria per sabato.

L'AMBASCIATORE ISRAELIANO TORNA IN PATRIA - Il presidente egiziano Mohamed Morsi ha inoltre convocato l'ambasciatore di Tel Aviv, Yaakov Amitai. Ma Amitai, accompagnato dal suo staff, avrebbe lasciato il Cairo in tutta fretta. Una decisione non voluta però dal governo israeliano, a quanto pare: «Nessuna azione simmetrica è stata presa nei confronti dell'Egitto» dicono fonti diplomatiche di Tel Aviv. «La nostra ambasciata è aperta e funzionante».

ALTISSIMO DIRIGENTE -Nel pomeriggio, in uno dei raid aerei, era rimasto dunque ucciso, colpito all'interno della sua auto da un missile, Al-Jaabari, altissimo dirigente di Hamas, capo dell'ala militare del movimento, uno dei ricercati numero uno da parte dell'intelligence israeliana, responsabile del sequestro del soldato Gilad Shalit. Con lui, è morto un altro esponente del braccio armato, Saed Attar. Immediata e durissima è stata la reazione del movimento integralista palestinese: «Il raid aereo di Israele a Gaza ha aperto le porte dell'inferno».

OPERAZIONE COLONNA DI NUVOLA - L'esercito israeliano aveva detto che l'esecuzione di Al-Jaabari rientrava in un'operazione -finora aerea - denominata «Colonna di nuvola» (Cloud Pillar) contro Hamas e altri fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza. L'attacco contro «Jaabari segna l'inizio - aveva detto il portavoce militare Yoav Mordechai, citato dal Jerusalem Post - di una campagna per colpire Hamas e le organizzazioni terroristiche» a Gaza. «Il primo scopo - aveva aggiunto - è di riportare la quiete nel sud di Israele» bersaglio di lanci di razzi dalla Striscia negli ultimi cinque giorno «e il secondo di colpire le organizzazioni terroristiche».

GLI USA SORVEGLIANO - Dopo l'uccisione di Al_Jaabari sono fioccate le reazioni da tutto il mondo. Gli Stati Uniti hanno dichiarato di «sorvegliare da vicino» l'evoluzione della situazione a Gaza ribadendo il pieno sostegno al diritto di Israele di «difendersi contro il terrorismo». A sera il Dipartimento di Stato di Washington ribadiva la posizione americana: «gli Stati Uniti sostengono il diritto di Israele e difendersi e condannano in modo forte il lancio di razzi da Gaza».

I COLLOQUI CON NETANYAHU E PERES - Poco più tardi il presidente Barack Obama ha sentito sia il primo ministro Benjamin Netanyahu sia il presidente Shimon Peres. L'ufficio stampa di quest'ultimo ha riferito di avere informato il presidente che Al-Jaabari era un «omicida di massa». Inoltre, Peres ha detto al suo omologo americano che «negli ultimi cinque giorni contro Israele c'è stato un costante lancio di missili, e le nostre madri e i nostri bambini non possono dormire tranquilli».

EGITTO: «INACCETTABILE» - L'Egitto, oltre a richiamare l'ambasciatore, ha dichiarato di ritenere «assolutamente inaccettabile» l'azione di Tel Aviv «Condanniamo nei termini più forti possibili l'uccisione di Ahmed Jaabari da parte di Israele» ha dichiarato il ministro degli Esteri del Cairo, Kamel Amr. E ha aggiunto: «L'uccisione di civili e di persone innocenti è assolutamente inaccettabile». I Fratelli musulmani, movimento cui fa capo il partito Libertà e Giustizia del presidente Mohamed Morsi, in una nota hanno avvisato Israele che «deve tenere conto dei cambiamenti avvenuti nel mondo arabo e, in particolare, in Egitto. Il nostro Paese non permetterà che i palestinesi siano oggetto dell'aggressione di Israele come in passato».






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15/11/2012 01:11
 
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Se è vero il tuo ragionamento dell'altro topic, il MO può essere il detonatore
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15/11/2012 09:26
 
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Niente di nuovo sotto il cielo di Sion.
La cosiddetta tregua non era di matrice politica,ma riorganizzativa ed era prevedibile l'acuirsi dell'intifada che,de facto, è continuata nel sottobosco dell'informazione.

La morte di Al jaaabari non è di quelle eccellenti,questo bisogna precisarlo.
Per avere una visione più chiara, si dovrebbe approfondire il suo ruolo in hamas ed eventuali cellule "combattenti" facenti capo al palestinese.
Non siamo lo shin bet e non sappiamo quali siano le informazioni che hanno spinto israele a colpire,ma che non si pensi che dall'oggi al domani si sia deciso col testa o croce di far passare al jaabari a miglior vita.
Dietro a queste operazioni c'è un lavorio complesso e di tutto rispetto.

Apro un una piccola parentesi:
Il più grande errore è quello di pensare ai movimenti arabi come omogenei e stabili, cosa falsa.

Tornando a noi, non faccio fatica a pensare che più di qualcuno ,in seno ad hamas, abbia festeggiato per l'attacco.
Questo,sul versante interno, compatta temporaneamente i sostenitori di hamas e rosicchia consensi contro al fatah.
A livello internazionale riporta i riflettori sulla questione palestinese che, tra crisi e rivolte arabe ,era tornata all'anonimato.

Ripeto, nell'ultimo mezzo secolo israele ha annichilito personaggi ben più illustri,l'unica differenza rispetto al passato è il palco dei vicini,ma smonterei da subito eventuali allarmismi.
Se da un lato gli arabi possono far leva sull'odio viscerale per israele dall'altro sono ben consci che la palestina ,e gaza in particolare, è una mina vagante.
Ogni qualvolta l'egitto si è trovato tra le mani la questione palestinese(ergo non la guerra dei VI giorni o dello yom kippur) ne è uscita sempre debilitata e ancor oggi ha quotidiani problemi nelle zone sottoposte al controllo e giurisdizione egiziana/internazionale.

Prendendo in esame l'aspetto politico,non esiste un affidabile interlocutore per la palestina e ,nonostante le condanne ufficiali, al ikhwan e hamas non sono partiti gemelli e lo stesso Morsi preferirebbe dialogare con al fatah che con i salafiti.

A nord la siria è in ginocchio e non può permettersi di aprire il fronte golan e la giordania vuole,non solo tenersi fuori dal braccio di ferro,ma anche e sopratutto non doversi occupare dei palestinesi.

Gli sciiti iraniani ed iraqeni non muoveranno un dito,ben consci di essere detestati tanto,se non più, d'israele.

Gli unici che potrebbero finanziare e mandare supporti ufficiosi sono i paesi del nord africa, ma la presenza e struttura israeliana a gaza e nei territori occupati provocherebbe una escalation a bassa intensità che - nonostante la crisi- israele sarebbe costretto ad avviare.

Salvo l'imprevedibilità del singolo (v. nasser) o informazioni che non trapelano da fonti uffiali, ennesimo screzio.

Lungi da me passare per guerrafondaio,ma meglio aprire la valvola di sfogo una tantum che rischiare uno scoppio per la troppa pressione.
[Modificato da connormaclaud 15/11/2012 09:32]
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15/11/2012 09:48
 
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Perdonate la forma,vado di fretta
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15/11/2012 13:00
 
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Re:
giusperito, 15/11/2012 01:11:

Se è vero il tuo ragionamento dell'altro topic, il MO può essere il detonatore




Speriamo di no! Comunque che faccia da detonatore è possibile. E non sembra indifferente che la crisi si sia aperta subito dopo le elezioni americane. Credevo che l'elezione di Romney fosse più funzionale a questo scenario. Forse, invece, è il contrario. Obama può far digerire qualsiasi cosa all'opinione pubblica occidentale! Quello che mi preoccupa di più è la (per me) scellerata campagna anti Assad in Siria. Da lì e dal confine turco può derivarne un coinvolgimento diretto di tutti noi come Nato. Poi c'è il problema dell'Iran che gli Americani vogliono risolvere (e l'Iran sarebbe un osso duro, finanziato e rifornito direttamente da Cina e Russia, partners fidati del regime iraniano e non indifferenti alle sue ricchezze energetiche). Ancora: le parole della nuova dirigenza egiziana sono preoccupantissime. Non credo che questa crisi si inserisca nello stesso scenario in cui si sarebbe inserita due anni fa. Abbiamo, sciaguratamente, spodestato i satrapi del Nord Africa. L'insicurezza è aumentata. Iraq ed Afghanistan sono polveriere (anzi, a tutti gli effetti territori di guerra) così come lo Yemen. Il Pakistan coagula tutti i risentimenti contro l'Occidente, è potenza nucleare e odia a morte l'India e anche gli Usa per i continui attacchi subiti. Nell'agenda Obama c'è anche il problema Sudan. La Libia non esiste più e (nonostante quello che vogliono far credere le cancellerie occidentali) è nell'anarchia in uno scenario simil Somalia. Lo Yemen (e anche la dirimpettaia Somalia) possono essere un trampolino per risolvere il problema della dinastia (corrotta per i musulmani) dei sauditi (padroni, come dinastia, di circa il 10% del debito americano). La Tunisia non è più il posto tranquillo dove fino all'estate 2010 gli occidentali andavano a passare le vacanze! Non dimentichiamo il Libano. Gli unici posti dove sembra regnare relativa tranquillità sono Algeria, Marocco e Giordania. Ma qui la risposta è, a mio avviso, diversa. La tranquillità dell'Algeria è molto relativa. Si mantiene su un precario equilibrio raggiunto dopo più di 10 anni di vera e propria guerra civile (la prova generale del fondamentalismo islamico!) che vide migliaia di vittime (anche diversi italiani). Il fis, partito islamico, agli inizi degli anni 90 raggiunse maggioranze bulgare, e il governo fu travolto solo dal colpo di stato militare filooccidentale. Si mantiene su di una democrazia apparente (amche lì del resto ci sono state proteste nel 2011, guardacaso le uniche sedate, perchè non appoggiate dall'occidente!), mentre il nucleo armato del disciolto partito islamico del fis sembrerebbe confluito in al Quaeda. Insomma gli algerini sono dappertutto si combatta una guerra fondamentalista. La Giordania e il Marocco non sono toccati perchè semplicemente sono rette da sovrani discendenti del profeta Maometto. In un'escalation eventuale difficilmente la Giordania si salverebbe (sicuramente si salverebbe la famiglia reale). Credo che il sogno (sempre vivo) di un ritorno del califfato possa coagularsi intorno alla famiglia reale marocchina, nonostante l'apparente moderazione.
In tutto questo scenario (forse artatamente prodotto dall'occidente, come le primavere arabe stanno a dimostrare, preconizzate da un non irrilevante discorso tenuto qualche anno fa al Cairo dal presidente Obama!) i nostri leaders devono affrontare la crisi economica. Quale migliore opportunità? Del resto, che nonostante stiamo vivendo un periodo di grande recessione e il governo stia attento a tutte le minime spese, non si è battuto ciglio sull'opportunità di spendere circa 15 miliardi di euro (ma le cifre reali sono incerte, c'è chi pensa che alla fine pagheremo più di 30 miliardi di euro!) per acquistare dei modernissimi f35, mi lascia decisamente preoccupato.
[Modificato da maximilian1983 15/11/2012 13:03]






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15/11/2012 13:14
 
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Del resto, che nonostante stiamo vivendo un periodo di grande recessione e il governo stia attento a tutte le minime spese, non si è battuto ciglio sull'opportunità di spendere circa 15 miliardi di euro (ma le cifre reali sono incerte, c'è chi pensa che alla fine pagheremo più di 30 miliardi di euro!) per acquistare dei modernissimi f35, mi lascia decisamente preoccupato.



Le cifre sono sballate e tanto per voler essere pignoli consiglierei di dare un'occhiata al progetto EA eurofighter dai costi ben più consistenti.
Mi autocensuro sui tagli al settore difesa,i blocchi dei turn over e la razionalizzazione che porterà ad un dimagrimento vergognoso del personale delle ffaa. (tanto per dare due numeri,il personale verrà ridotto di 30000 unità -da 180000 a 150000- ......in italia abbiamo 400000 bidelli !!! )

Le spese della difesa si attestano allo 0,87% del pil (fino al 2011,oggi sono inferiori) contro una media europea dell'1,57%.


La questione di fondo è che i detrattori dell'f35 non digeriscono l'idea che i soldi vadano alla lockheed. Inutile girarci intorno.
Nel caso si volesse sviscerare l'argomento potrei postare alcuni miei interventi in altri lidi,ma non credo questa sia la sede adatta non interessando ai più la materia.



[Modificato da connormaclaud 15/11/2012 13:15]
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Re:
connormaclaud, 15/11/2012 13:14:


Del resto, che nonostante stiamo vivendo un periodo di grande recessione e il governo stia attento a tutte le minime spese, non si è battuto ciglio sull'opportunità di spendere circa 15 miliardi di euro (ma le cifre reali sono incerte, c'è chi pensa che alla fine pagheremo più di 30 miliardi di euro!) per acquistare dei modernissimi f35, mi lascia decisamente preoccupato.



Le cifre sono sballate e tanto per voler essere pignoli consiglierei di dare un'occhiata al progetto EA eurofighter dai costi ben più consistenti.
Mi autocensuro sui tagli al settore difesa,i blocchi dei turn over e la razionalizzazione che porterà ad un dimagrimento vergognoso del personale delle ffaa. (tanto per dare due numeri,il personale verrà ridotto di 30000 unità -da 180000 a 150000- ......in italia abbiamo 400000 bidelli !!! )

Le spese della difesa si attestano allo 0,87% del pil (fino al 2011,oggi sono inferiori) contro una media europea dell'1,57%.


La questione di fondo è che i detrattori dell'f35 non digeriscono l'idea che i soldi vadano alla lockheed. Inutile girarci intorno.
Nel caso si volesse sviscerare l'argomento potrei postare alcuni miei interventi in altri lidi,ma non credo questa sia la sede adatta non interessando ai più la materia.







Connor, non sono detrattore di un bel niente. Le cifre, come dici, sono ballerine. Però mi pare un dato assodato che non saranno sotto i 15 miliardi di euro. Anzi sembrava esserci stato ridimensionamento dell'acquisto, reso inutile dall'aumento del costo per aereo. Come ho già detto: non sono detrattore dell'acquisto degli f35. Solo che credo che la irrinunciabilità del progetto (il cui costo non mi pare rientri nei capitoli ordinari della spesa militare...), nonostante la crisi, sia legata alla percezione dei leaders del profilarsi di scenari di forte instabilità. Insomma: dobbiamo essere pronti!






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Re: Re:
maximilian1983, 15/11/2012 13:00:




Speriamo di no! Comunque che faccia da detonatore è possibile. E non sembra indifferente che la crisi si sia aperta subito dopo le elezioni americane. Credevo che l'elezione di Romney fosse più funzionale a questo scenario. Forse, invece, è il contrario. Obama può far digerire qualsiasi cosa all'opinione pubblica occidentale! Quello che mi preoccupa di più è la (per me) scellerata campagna anti Assad in Siria. Da lì e dal confine turco può derivarne un coinvolgimento diretto di tutti noi come Nato. Poi c'è il problema dell'Iran che gli Americani vogliono risolvere (e l'Iran sarebbe un osso duro, finanziato e rifornito direttamente da Cina e Russia, partners fidati del regime iraniano e non indifferenti alle sue ricchezze energetiche). Ancora: le parole della nuova dirigenza egiziana sono preoccupantissime. Non credo che questa crisi si inserisca nello stesso scenario in cui si sarebbe inserita due anni fa. Abbiamo, sciaguratamente, spodestato i satrapi del Nord Africa. L'insicurezza è aumentata. Iraq ed Afghanistan sono polveriere (anzi, a tutti gli effetti territori di guerra) così come lo Yemen. Il Pakistan coagula tutti i risentimenti contro l'Occidente, è potenza nucleare e odia a morte l'India e anche gli Usa per i continui attacchi subiti. Nell'agenda Obama c'è anche il problema Sudan. La Libia non esiste più e (nonostante quello che vogliono far credere le cancellerie occidentali) è nell'anarchia in uno scenario simil Somalia. Lo Yemen (e anche la dirimpettaia Somalia) possono essere un trampolino per risolvere il problema della dinastia (corrotta per i musulmani) dei sauditi (padroni, come dinastia, di circa il 10% del debito americano). La Tunisia non è più il posto tranquillo dove fino all'estate 2010 gli occidentali andavano a passare le vacanze! Non dimentichiamo il Libano. Gli unici posti dove sembra regnare relativa tranquillità sono Algeria, Marocco e Giordania. Ma qui la risposta è, a mio avviso, diversa. La tranquillità dell'Algeria è molto relativa. Si mantiene su un precario equilibrio raggiunto dopo più di 10 anni di vera e propria guerra civile (la prova generale del fondamentalismo islamico!) che vide migliaia di vittime (anche diversi italiani). Il fis, partito islamico, agli inizi degli anni 90 raggiunse maggioranze bulgare, e il governo fu travolto solo dal colpo di stato militare filooccidentale. Si mantiene su di una democrazia apparente (amche lì del resto ci sono state proteste nel 2011, guardacaso le uniche sedate, perchè non appoggiate dall'occidente!), mentre il nucleo armato del disciolto partito islamico del fis sembrerebbe confluito in al Quaeda. Insomma gli algerini sono dappertutto si combatta una guerra fondamentalista. La Giordania e il Marocco non sono toccati perchè semplicemente sono rette da sovrani discendenti del profeta Maometto. In un'escalation eventuale difficilmente la Giordania si salverebbe (sicuramente si salverebbe la famiglia reale). Credo che il sogno (sempre vivo) di un ritorno del califfato possa coagularsi intorno alla famiglia reale marocchina, nonostante l'apparente moderazione.
In tutto questo scenario (forse artatamente prodotto dall'occidente, come le primavere arabe stanno a dimostrare, preconizzate da un non irrilevante discorso tenuto qualche anno fa al Cairo dal presidente Obama!) i nostri leaders devono affrontare la crisi economica. Quale migliore opportunità? Del resto, che nonostante stiamo vivendo un periodo di grande recessione e il governo stia attento a tutte le minime spese, non si è battuto ciglio sull'opportunità di spendere circa 15 miliardi di euro (ma le cifre reali sono incerte, c'è chi pensa che alla fine pagheremo più di 30 miliardi di euro!) per acquistare dei modernissimi f35, mi lascia decisamente preoccupato.



Ma perché scrivete queste cose? Davvero vi sentivate più a vostro agio a sostenere un dittatore impopolare attirandovi così l'odio della gente che il dittatore doveva subire? E quali sarebbero questi atti egiziani che vi preoccupano tanto? Le smarggiassate retoriche in piazza o il richiamo dell'ambasciatore da Israele?
Io però vedo i fatti: nei mesi scorsi un governo islamico vistosi minacciato dalla destra ha mandato polizia ed esercito a reprimere gli estremisti. I fratelli musulmani non sono più una famiglia unita e questo vi sembra un dato negativo?

Poi parlare di Giordania o Marocco come posti stabili, mi sembrano cose che prescindono dai fatti.
La famiglia reale giordana non può uscire dal palazzo dove vive protetta da cavalli di frisia e un reggimento corazzato, mentre quella marocchina è stata esautorata da tempo e ha una funzione puramente figurativa.

Insomma mi sembra che bisogna ragionare più con i fatti che con le paure.

ps Non mi è piaciuto nemmeno il fatto che si intitoli il topic riprendendo le parole di Hamas. Da venerdi a Martedi su israele sono caduti più di 500 missili dalla striscia, l'inferno nelle città c'era già e il governo ha aspettato fin troppo a mobilitare le IDF.
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Re: Re: Re:
trixam, 15/11/2012 13:39:



Ma perché scrivete queste cose? Davvero vi sentivate più a vostro agio a sostenere un dittatore impopolare attirandovi così l'odio della gente che il dittatore doveva subire? E quali sarebbero questi atti egiziani che vi preoccupano tanto? Le smarggiassate retoriche in piazza o il richiamo dell'ambasciatore da Israele?
Io però vedo i fatti: nei mesi scorsi un governo islamico vistosi minacciato dalla destra ha mandato polizia ed esercito a reprimere gli estremisti. I fratelli musulmani non sono più una famiglia unita e questo vi sembra un dato negativo?

Poi parlare di Giordania o Marocco come posti stabili, mi sembrano cose che prescindono dai fatti.
La famiglia reale giordana non può uscire dal palazzo dove vive protetta da cavalli di frisia e un reggimento corazzato, mentre quella marocchina è stata esautorata da tempo e ha una funzione puramente figurativa.

Insomma mi sembra che bisogna ragionare più con i fatti che con le paure.

ps Non mi è piaciuto nemmeno il fatto che si intitoli il topic riprendendo le parole di Hamas. Da venerdi a Martedi su israele sono caduti più di 500 missili dalla striscia, l'inferno nelle città c'era già e il governo ha aspettato fin troppo a mobilitare le IDF.



Non credo nelle virtù salvifiche della democrazia. Credo che nei paesi islamici, o laddove ci si ispiri ad una cultura basata su fondamenti di "oggettività", la democrazia rischia di risolversi semplicemente in una questione di "metodo". E la si può "riempire" con qualsiasi contenuto. E' evidente che guardo al fenomeno con occhi "occidentali" e temo che questo contenuto andrà recuperato nella religione. Del resto, basta guardare alla tragica situazione delle minoranze cristiane in questi paesi di "instaurata" democrazia. Prima non era così. Quanto alla questione marocchina e giordana. Ho scritto che la Giordania potrà essere facilmente travolta (ma non si puo' negare che il paese non sia stato travolto dalle primavere...) in un'eventuale escalation se non altro per questioni geografiche. Il Marocco, invece, rappresenta un'eccezione. E non si può escludere che la stabilità si radichi più che sugli assetti istituzionali sulla intangibilità della famiglia reale discendente da Maometto.
Infine il titolo. Era la sintesi giornalistica contenuta nel sottotitolo del corriere che riportava le parole di Hamas, ma non puoi negare che è di forte impatto. Poi... mi scelgo i titoli che voglio! [SM=g2725321]







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15/11/2012 15:36
 
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Re: Re:
maximilian1983, 15/11/2012 13:31:




Connor, non sono detrattore di un bel niente. Le cifre, come dici, sono ballerine. Però mi pare un dato assodato che non saranno sotto i 15 miliardi di euro. Anzi sembrava esserci stato ridimensionamento dell'acquisto, reso inutile dall'aumento del costo per aereo. Come ho già detto: non sono detrattore dell'acquisto degli f35. Solo che credo che la irrinunciabilità del progetto (il cui costo non mi pare rientri nei capitoli ordinari della spesa militare...), nonostante la crisi, sia legata alla percezione dei leaders del profilarsi di scenari di forte instabilità. Insomma: dobbiamo essere pronti!




Ogni avioggetto completo e aggiornato -versione C/stovl- costerà intorno ai 120-130 milioni di dollari, ma i costi saranno al ribasso dopo il primo lotto e la versione A ,per l'ami, costerà qualche decina di milioni in meno.
A questo devi aggiungere la partecipazione italiana al progetto e l'appalto dell'impiato faco (assemblaggio) in piemonte, importante ammortizzatore.
Prendi in considerazione che è necessario pensionare gli avioggetti attualmente operativi e gli altri progetti sul mercato (sukhoi,mirage) non sono allettanti.
In più l'italia riuscirebbe ad appianare 20 anni di ritardo nella ricerca per l'ingegneria aerea e degli armamenti.
In breve l'f35 è un un investimento sul medio termine e rinunciarne oggi significa perde l'ennesimo treno.

Non rientra nei capitoli ordinari della spesa formalmente,ma sostanzialmente l'amm. di paola sta premendo per un nuovo modello difesa dove la diminuzione dell'organico corrisponde ad un investimento in mezzi/armi....20000 teste sono il sacrificio per gli f-35.

Non sono un sostenitore della martin,ma ad oggi è il progetto più sicuro sul mercato.


Una piccola parentesi: l'iran non subirà attacchi diretti usa o nato,ma imploderà se la situazione resterà stabile.
Putin è troppo impegnato con medvedev,opposizione e cecenia per occuparsi dell'iran e la cina continuerà ad appaltare - le leve cinesi non sono militari,ma economiche- africa docet.
Yemen et similia sono dei fuochi di paglia di cui non interessa a nessuno e se dovesse capitare l'irreparabile tra pakistan e india, oltre a missioni diplomatiche,nessuno si strapperà i capelli.


[Modificato da connormaclaud 15/11/2012 15:40]
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Da Il Giornale

La guerra di Israele inizia da Gaza




Come e tra quanto il conflitto avrà fine non è chiaro ma una cosa è evidente: Gaza è solo il primo degli altri due fronti su cui Israele si troverà presto a combattere. Poi toccherà a Iran e Libano

di Vittorio Dan Segre



Israele è di nuovo in guerra. Con Hamas. E di questa guerra per il momento due sole cose sono più o meno chiare.

La prima è che come in tutte le guerre si sa come la violenza comincia ma non come finisce.

C’è dunque la possibilità – per il momento improbabile – di una estensione del conflitto ma c’è anche la possibilità che da questo conflitto – se contenuto – nascano condizioni per una tregua stabile. Quelle precedenti sono state permanentemente rotte da frange estremiste ideologiche islamiche, interessate forse più a indebolire il governo attuale dei fratelli musulmani che di ferire a morte Israele. Il fatto che il governo dei fratelli musulmani del Cairo abbia ritirato il suo ambasciatore da Israele ma non rotto i rapporti diplomatici è significativo. Questa crisi militare rappresenta infatti per l'Egitto una grossa sfida e occasione politica dal momento che il Cairo ha tentato ripetutamente, ma invano, di negoziare una tregua.

La seconda cosa più o meno chiara è che Netanyahu entra in guerra prima delle elezioni generali (in gennaio) con un paese compatto dietro di sè che non accettava più di essere esposto e sottoposto al bombardamento missilistico da Gaza (nei due giorni precedenti all’offensiva ne sono stati lanciati contro il territorio israeliano oltre 100). Una mancanza di decisione da parte del Primo ministro sarebbe stata la sua morte politica.

Ecco come si presenta il quadro miliare e politico:

Militarmente Israele ha interesse di dare prova della sua potenza anche per mandare un chiaro avvertimento agli hezbollah del Libano, alleati di Assad e dotati di mezzi militari offensivi forniti dall’Iran molto più pericolosi di quelli di Hamas e del suo alleato egiziano. Non si farà scrupolo, come invece fece il precedente premier Olmert, di colpire Hamas nei suoi centri vitali per timore della reazione dell’opinione pubblica internazionale. Rispetto alle violenze inter arabe, sia quelle delle “rivoluzioni arabe” che quelle della guerra civile in Siria, (contro le quali non c’è stata alcuna reazione popolare nel mondo arabo e in quello occidentale), quelle di e contro Hamas passano in seconda linea.

Politicamente la situazione é meno chiara e Gerusalemme deve tener conto :
1.
della reazione post elettorale di Obama che con la sua vittoria ha ferito il “leone” Netanyahu. Il premier Israeliano è conscio di quanto dipenderà da Washington per il suo futuro e a Gaza ha invece bisogno di dimostrare la sua libertà d’azione.

2.
della reazione turca, che ha tutto l’interesse di intervenire per ristabilire il suo prestigio ammaccato presso i palestinesi e i siriani, ma attende lo sviluppo della situazione prima di pronunciarsi e prendere parti.

3.
della reazione dei palestinesi nella Cisgiordania e degli arabi israeliani che per il momento sono stranamente tranquilli e hanno tutto da guadagnare dall’indebolimento di Hamas.


C’è tuttavia un aspetto “storico” in questa crisi. A 24 ore dall’inizio dell’offensiva militare israeliana contro Gaza, si ha l’impressione che oltre che il desiderio collettivo israeliano di far scoppiare il bubbone dei bombardamenti missilistici di Hamas, ci sia anche da parte di Israele la volontà di adottare la tattica degli Orazi e Curiazi di buona memoria romana. In previsione di dover combattere su tre fronti – Gaza, Libano, Iran – sbarazzarsene di almeno uno è allettante. Per cui farà il possibile perché il suo intervento militare sia rapido, massiccio e deterrente. Purtroppo in battaglia non è mai nato nessuno incluse le condizioni di pace.









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15/11/2012 19:09
 
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Re: Re: Re: Re:
maximilian1983, 15/11/2012 14:19:



Non credo nelle virtù salvifiche della democrazia. Credo che nei paesi islamici, o laddove ci si ispiri ad una cultura basata su fondamenti di "oggettività", la democrazia rischia di risolversi semplicemente in una questione di "metodo". E la si può "riempire" con qualsiasi contenuto. E' evidente che guardo al fenomeno con occhi "occidentali" e temo che questo contenuto andrà recuperato nella religione. Del resto, basta guardare alla tragica situazione delle minoranze cristiane in questi paesi di "instaurata" democrazia. Prima non era così. Quanto alla questione marocchina e giordana. Ho scritto che la Giordania potrà essere facilmente travolta (ma non si puo' negare che il paese non sia stato travolto dalle primavere...) in un'eventuale escalation se non altro per questioni geografiche. Il Marocco, invece, rappresenta un'eccezione. E non si può escludere che la stabilità si radichi più che sugli assetti istituzionali sulla intangibilità della famiglia reale discendente da Maometto.
Infine il titolo. Era la sintesi giornalistica contenuta nel sottotitolo del corriere che riportava le parole di Hamas, ma non puoi negare che è di forte impatto. Poi... mi scelgo i titoli che voglio! [SM=g2725321]




Ma credere o meno nella democrazia per il medioriente non c'entra nulla. I fatti sono semplici: alla fine quei popoli si sono rivoltati contro quei dittatori. L'impulso glielo abbiamo dato noi il 30 dicembre del 2006 quando Saddam Hussein fu impiccato, uno choc per il mondo arabo paragonabile alla decapitazione di Luigi XVI nel 1793 che desacralizzò il ruolo del re cristianissimo.

Dal nostro punto di vista le opzioni non erano molte: o appoggiavi i tiranni mandando i marines a piazza Tahir a sparare sulla folla perdendo lo stesso o accampagnavi quel processo come ha fatto il presidente Obama segnando una continuità sostanziale con la politica estera di George Bush.
Sulla politica estera il presidente è stato grande e infatti nel dibattito di Boca Racon incentrato sul tema Romney è stato praticamente impotente.
Anche la libia è stata una guerra totalmente americana nonostante le fanfare francesi.
Se il pericolo temuto è che l'egitto faccia la guerra ad israele, io mi chiedo: ma con cosa? Le tricchitracche e le castagnole?
Primo morsi non controlla l'esercito egiziano, sta provando ad assumere influenza ma non lo controlla. Secondo l'80% del budget militare egiziano è costituito dagli aiuti americani, tolti quelli non hanno i soldi per mettere la benzina nei carri armati da lanciare nel Sinai.
Ma anche se trovassero il modo di lanciarli, quale sarebbe l'obiettivo strategico egiziano? Perché se si fa una guerra, soprattutto contro un esercito che è due volte più potente e ti ha già annientato 4 volte in passato, bisognerebbe averne uno.
In egitto c'è una transizione e c'è la politica che esiste sempre in qualsiasi tipo di regime. C'è politica nelle classi popolari falcidiate dalla crisi economica, nella classe media che ha partecipato alla rivoluzione e aspira a diventare la classe dirigente nella quale c'è una forte componente laica, c'è politica nel campo islamista che non è affatto unito come la falange macedone. tutt'altro. I risultati di questo processo politico possono portare in molte direzioni, ma non mi sembra un buon motivo per riampiangere i dittatori che ci rassicuravano. Credo che il primo modo per evitare che la democrazia diventi una questione di metodo è ricordarsi che essa ha una portata di valore morale di cui noi che ne beneficiamo dovremmo essere testimoni.

Poi qui si fa i conti senza l'oste vero che è Hezbollah, attuale il primo vero nemico strategico di Israele perché può portare ad una guerra asimmetrica di tipo vietnamita che l'esercito israeliano non è in grado di sostenere a lungo come ci ha dimostrato la campagna del 2006.
Per questo gaza e quello che sta succedendo in queste ore drammatiche(un missile è appena caduto vicino a Tel Aviv) è così importante.
Gaza è strategicamente fondamentale, lasciarla nel 2005 fu un grande passo politico compiuto da Sharon ma un suicidio strategico. Senza la forza politica e morale del vecchio leone è una spina nel cuore dello stato ebraico in mano ad Hamas per impedire ogni tipo di negoziato, per questo aumentano le voci non solo per una offensiva di terra, ma per riprendere sostanzialmente una posizione stabile nella striscia.
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Re: Re: Re: Re: Re:
trixam, 15/11/2012 19:09:



Ma credere o meno nella democrazia per il medioriente non c'entra nulla. I fatti sono semplici: alla fine quei popoli si sono rivoltati contro quei dittatori. L'impulso glielo abbiamo dato noi il 30 dicembre del 2006 quando Saddam Hussein fu impiccato, uno choc per il mondo arabo paragonabile alla decapitazione di Luigi XVI nel 1793 che desacralizzò il ruolo del re cristianissimo.

Dal nostro punto di vista le opzioni non erano molte: o appoggiavi i tiranni mandando i marines a piazza Tahir a sparare sulla folla perdendo lo stesso o accampagnavi quel processo come ha fatto il presidente Obama segnando una continuità sostanziale con la politica estera di George Bush.
Sulla politica estera il presidente è stato grande e infatti nel dibattito di Boca Racon incentrato sul tema Romney è stato praticamente impotente.
Anche la libia è stata una guerra totalmente americana nonostante le fanfare francesi.
Se il pericolo temuto è che l'egitto faccia la guerra ad israele, io mi chiedo: ma con cosa? Le tricchitracche e le castagnole?
Primo morsi non controlla l'esercito egiziano, sta provando ad assumere influenza ma non lo controlla. Secondo l'80% del budget militare egiziano è costituito dagli aiuti americani, tolti quelli non hanno i soldi per mettere la benzina nei carri armati da lanciare nel Sinai.
Ma anche se trovassero il modo di lanciarli, quale sarebbe l'obiettivo strategico egiziano? Perché se si fa una guerra, soprattutto contro un esercito che è due volte più potente e ti ha già annientato 4 volte in passato, bisognerebbe averne uno.
In egitto c'è una transizione e c'è la politica che esiste sempre in qualsiasi tipo di regime. C'è politica nelle classi popolari falcidiate dalla crisi economica, nella classe media che ha partecipato alla rivoluzione e aspira a diventare la classe dirigente nella quale c'è una forte componente laica, c'è politica nel campo islamista che non è affatto unito come la falange macedone. tutt'altro. I risultati di questo processo politico possono portare in molte direzioni, ma non mi sembra un buon motivo per riampiangere i dittatori che ci rassicuravano. Credo che il primo modo per evitare che la democrazia diventi una questione di metodo è ricordarsi che essa ha una portata di valore morale di cui noi che ne beneficiamo dovremmo essere testimoni.

Poi qui si fa i conti senza l'oste vero che è Hezbollah, attuale il primo vero nemico strategico di Israele perché può portare ad una guerra asimmetrica di tipo vietnamita che l'esercito israeliano non è in grado di sostenere a lungo come ci ha dimostrato la campagna del 2006.
Per questo gaza e quello che sta succedendo in queste ore drammatiche(un missile è appena caduto vicino a Tel Aviv) è così importante.
Gaza è strategicamente fondamentale, lasciarla nel 2005 fu un grande passo politico compiuto da Sharon ma un suicidio strategico. Senza la forza politica e morale del vecchio leone è una spina nel cuore dello stato ebraico in mano ad Hamas per impedire ogni tipo di negoziato, per questo aumentano le voci non solo per una offensiva di terra, ma per riprendere sostanzialmente una posizione stabile nella striscia.




Caro Trixam, posso condividere in parte quello che dici circa l'impianto dei rapporti di forza. Ma permettimi di dissentire dal tuo ottimismo sul processo di democratizzazione dell'Islam e sul valore di fondo della democrazia. E' vero che la nostra democrazia è figlia immediata della decapitazione del re di Francia (sebbene, non dimentichiamo, che ruolo davvero dirompente nel desacralizzare la figura del "Re" di diritto divino ebbe più di 150 anni prima la decapitazione davanti al Palazzo di Withehall del re d'Inghilterra Carlo I Stuart...). Ma sarebbe stato possibile condannare a morte un re di diritto divino, senza quel lungo processo di affrancamento della società europea da una cultura basata sull'"oggettività"? L'uccisione di Saddam, permettimi, è solo un sanguinario regolamento di conti. Ci volle la fine dell'oggettività (che rendeva l'uomo tutt'uno con Dio) attraverso il superamento del tomismo e la nascita del razionalismo cartesiano per rendere l'uomo finalmente "cogitans" e indipendente. Il soggettivismo cartesiano è alla base del libero pensiero. E' alla base dell'illuminismo. Ha reso gli uomini capaci condannare a morte un sovrano, perchè al diritto divino ha sostituito la "volontà della nazione" e poi una compiuta democrazia. Tutto questo non è mai avvenuto nell'islam.
Vorrei essere ottimista come te. Ma non ci riesco.






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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
maximilian1983, 15/11/2012 19:58:




Caro Trixam, posso condividere in parte quello che dici circa l'impianto dei rapporti di forza. Ma permettimi di dissentire dal tuo ottimismo sul processo di democratizzazione dell'Islam e sul valore di fondo della democrazia. E' vero che la nostra democrazia è figlia immediata della decapitazione del re di Francia (sebbene, non dimentichiamo, che ruolo davvero dirompente nel desacralizzare la figura del "Re" di diritto divino ebbe più di 150 anni prima la decapitazione davanti al Palazzo di Withehall del re d'Inghilterra Carlo I Stuart...). Ma sarebbe stato possibile condannare a morte un re di diritto divino, senza quel lungo processo di affrancamento della società europea da una cultura basata sull'"oggettività"? L'uccisione di Saddam, permettimi, è solo un sanguinario regolamento di conti. Ci volle la fine dell'oggettività (che rendeva l'uomo tutt'uno con Dio) attraverso il superamento del tomismo e la nascita del razionalismo cartesiano per rendere l'uomo finalmente "cogitans" e indipendente. Il soggettivismo cartesiano è alla base del libero pensiero. E' alla base dell'illuminismo. Ha reso gli uomini capaci condannare a morte un sovrano, perchè al diritto divino ha sostituito la "volontà della nazione" e poi una compiuta democrazia. Tutto questo non è mai avvenuto nell'islam.
Vorrei essere ottimista come te. Ma non ci riesco.




Lo ripeto un'altra volta perché forse non si capisce: non è una questione di discutere se l'Islam possa essere o meno democratico.
Quello è un tema generale su cui possiamo riflettere e sul quale io non sono affatto ottimista.

Il tuo assunto era che la rimozione dei dittatori arabi fosse per noi una scelta sciagurata, la mia argomentazione è che non è così.
Sarebbe stato strategicamente folle adottare una politica estera dove ci mettevamo a fare i secondini di Gheddafi e dello zio di ruby.
Si sta svolgendo un processo politico dove non sta scritto da nessuna parte che per noi le cose debbano finire peggio di come erano prima con i dittatorelli.

ps tra la decapitazione di Carlo I e Luigi XVI ci sono parecchie differenze, diciamo la linea che separa l'illuminismo inglese da quello francese. Il pensiero di Cartesio influì sul secondo perciò richiamare l'impiccagione di Carlo primo e collegarla a Cartesio è un'errore, comune in Italia. Il pensiero cartesiano non influì in alcun modo sull'illuminismo politico inglese che ha una base filosofica che si fonda sulla critica al costruttivismo cartesiano. I fondatori dell'illuminismo inglese sono Berkley, Hume e Adam Smith.

Io cmq mi riferisco alla valenza simbolica dell'evento, che è stata identica. Prima che saddam salisse sul patibolo i tiranni erano intoccabili, dopo sono stati desacralizzati.


[Modificato da trixam 15/11/2012 20:35]
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Guarda, forse non si capisce: per quanto tu me lo ripeta non lo capisco! Forse semplicemte lo capisco, ma tu non mi concedi, intellettualmente, il dissenso! Il problema è che secondo me quello che viene dopo i dittatorelli è peggio di quello che avevamo prima. Ed è legato al fatto che la democrazia come metodo può portare al peggio del peggio. Qui siamo evidentemente in disaccordo per ragioni politiche. E quindi opinabili. Gli anni a venire si incaricheranno di smentire me o te. O forse entrambi.

Quanto alla seconda questione. Ribadisco: da Cartesio tutto inizia. E' normale che ci siano state evoluzioni differenti e addirittura opposte! Ma l'assunto fondamentale è che Cartesio "rompe" un modo di vedere le cose. Apre il vaso di Pandora da cui tutto deriva. La storia delle idee non prosegue in compartimenti stagni. Del resto, ti cito: "Il pensiero cartesiano non influì in alcun modo sull'illuminismo politico inglese che ha una base filosofica che si fonda sulla critica al costruttivismo cartesiano"... Insomma: il pensiero cartesiano da una parte non influirebbe sull'illuminismo inglese, ma dall'altra quest'ulitimo si "fonderebbe" sulla critica al costruttivismo cartesiano. Non mi interessano le differenze tra costruttivismo ed empirismo. A me interessa la "rivoluzione cartesiana" che segna la fine del tomismo. La rottura dell'unità, come poco prima la riforma protestante rompe l'unità religiosa della Cristinità.
Infine su Carlo I. Forse, permettimi, sottovaluti una lunga tradizione storiografica che attribuisce proprio alla decapitazione di Carlo I Stuart la rottura del tabu dell'intoccabilità dei sovrani di diritto divino.






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“Gaza è la via più breve per al Aqsa”

La nomina di Issa a generale di Hamas segna una “svolta iraniana”

Roma. Il nome di Marwan Issa apparve per la prima volta nel 2005, quando in una sorta di fuga dalla clandestinità, l’allora capo militare di Hamas, l’imprendibile Mohammed Deif e i suoi sei luogotenenti, pubblicarono sul sito di Hamas i propri nomi e imprese. Era la prima volta dal 1988 che Hamas rivelava i propri vertici operativi. Di questa cupola faceva parte anche Ahmed Jaabari, “il generale” ucciso tre giorni fa da Israele in un raid nella Striscia di Gaza. Issa è il suo successore a capo degli squadroni della morte palestinesi. Issa guida il gruppo “Fajr al Intisar”, l’alba della vittoria. Debka, sito vicino all’intelligence israeliana, rivela che a settembre Issa guidò la delegazione di Hamas in visita a Teheran, dove avrebbe firmato un patto militare con gli ayatollah. La nomina di Issa segna la vittoria degli “scissionisti”, l’ala “iraniana” di Hamas, uscita rafforzata nella faida che vede contrapposti chi, più legato all’ideologia dei Fratelli musulmani, spinge per la trasformazione di Gaza in una “comunità religiosa modello” da cui avviare, “gradualmente”, la lotta per la liberazione anche della Cisgiordania, e i militari che invece vogliono assumere il controllo politico di Gaza per intensificare la guerra a Israele tramite piani “ad alta mortalità”. Issa vede la Striscia di Gaza come “la via più breve per la moschea di al Aqsa” a Gerusalemme. Issa è già sopravvissuto a uno strike dell’aviazione israeliana nel 2006, in cui rimase ferito al bacino. Il nuovo capo militare di Hamas è una delle “sagome” pubblicate dall’esercito israeliano con i nomi dei most wanted, assieme a Zahar e al defunto Jaabari. Issa è stato anche uno dei fautori dell’alleanza con Abu Musab al Zarqawi, il capo terroristico di al Qaida in Iraq, le cui cellule sarebbero state fatte entrare nella Striscia di Gaza a partire dal 2006. A maggio Issa è stato eletto nella shura di Hamas, scelta che gli analisti israeliani hanno definito “pasdaranizzazione”. E’ l’inizio della svolta iraniana.

Teheran usa il Sudan – di recente colpito da un micidiale raid israeliano – per inviare le armi ai terroristi palestinesi. Sono i razzi che possono raggiungere Tel Aviv. Issa ha voluto che nel consiglio di Hamas entrassero, in absentia, anche i quattro maggiori stragisti che languono nelle carceri israeliane: Ibrahim Ahmed, capo delle brigate al Qassam in Cisgiordania condannato per 96 omicidi; Abbas al Sayyed, mente della strage al Park Hotel di Netanya (30 morti israeliani nella Pasqua del 2002); Hassan Salameh, architetto degli attentati suicidi degli anni Novanta con 38 ergastoli da scontare, e Jamal Abu al Haija, ex comandante di Jenin. Sono i leader in carcere che hanno dettato a Gaza le condizioni del rilascio di Gilad Shalit, operazione guidata dal defunto Jaabari e da Issa, appunto. Un percorso simile a quello delle Guardie della Rivoluzione in Iran, che da centurioni del regime si sono impadronite anche del processo decisionale.

A testimonianza della “svolta iraniana” è anche il fatto che Issa era uno degli aiutanti di Nizar Rayan, il capo dell’ala radicale di Hamas che ha voluto che da “martire” morissero anche due mogli e quattro figli. In nome del modello iraniano, Rayan era sia un chierico sia un militare, noto come “il Professore”, l’esperto dei detti del Profeta docente di Diritto all’Università di Gaza. Secondo questa generazione di militari al potere, Hamas è impegnata in una “guerra fra l’islam e gli eretici”. Dopo il golpe contro Fatah a Gaza, Issa ha trasformato gli uffici dell’Anp in luoghi di preghiera e orchestrato i “processi del popolo” contro “gli ammutinati e i traditori”.

di Giulio Meotti






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