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Primavere arabe e inverni occidentali

Ultimo Aggiornamento: 07/02/2013 20:52
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12/09/2012 09:29
 
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Quando la teocrazia pensiona la democrazia

Leggo oggi che in libia un funzionario consolare statunitense è stato annichilito in quel di bengasi.

(ANSA) - BENGASI, 12 SET - Un funzionario americano e' rimasto ucciso martedi' sera in un attacco di fondamentalisti islamici al consolato Usa di Bengasi, in Libia. Pare sia stato sparato un razzo anti-carro contro la recinzione. Un altro americano e' stato ferito. L'ambasciata e' stata evacuata ed e' stata saccheggiata. L'attentato sarebbe legato alle proteste di martedi' dei salafiti egiziani contro un film prodotto in America sulla vita di Maometto, che mostrerebbe scene intime fra il Profeta e la moglie.
www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2012/09/12/Attacco-consolato-Usa-Bengasi-1-morto_7462...


Non è difficile,ad eccezione dell'informazione nostrana, trovare episodi del genere nelle regioni infiammate da rivoluzioni o ,per usare un termine caro ad alcuni circoli politici, primavere arabe.
Non rappresentano casi isolati nell'ottica del calcolo delle probabilità in un vasto territorio, ma palesi manifestazioni di una virata politica verso un modello sociopolitico squisitamente teocratico.

Pensiamo all'egitto dove salafiti e al-Ikhwān vogliono modificare l'art2 della cost. - che recita :L’islam è la religione dello Stato. La lingua ufficiale è l’arabo e i principi della giurisprudenza islamica sono la fonte principale del diritto” - sicchè giurisprudenza islamica dovrebbe cedere il posto a shar'ia....

o alla Tunisia, potenziale roccaforte della democrazia occidentale dove il principale partito,per bocca di gannouchi, sostiene che:

(ANSA) - TUNISI, 3 GIU - Il presidente di Ennahdha (il piu' importante partito del governo tunisino), Rached Gannouchi, si e' detto decisamente contrario all'abolizione della pena di morte nel Paese. Gannouchi, nel corso di una conferenza svoltasi nel pomeriggio a Tunisi, per il 31/mo anniversario di fondazione di Ennahdha, ha detto, come riferisce il sito di radio Shems, che l'abolizione della pena di morte attacca uno dei pilastri dell'islam e andrebbe contro la sharia.
www.ansa.it/web/notizie/collection/rubriche_mondo/06/03/Tunisia-Gannouchi-abolire-pena-morte_6977...

Se queste due nazioni rappresentavano le realtè potenzialmente democratiche sembra quasi superfluo soffermarsi su nazioni minori dove, dato tristemente oggettivo, regimi minoritari di stampo autoritario(v.siria) rappresentano l'unico argine al modello "islamico".




[Modificato da connormaclaud 12/09/2012 09:32]
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12/09/2012 12:49
 
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BENGASI - Assalto al consolato americano a Bengasi: morto l'ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens, un funzionario e due marines. L'ambasciatore americano, che si trovava in visita a Bengasi, sarebbe morto, così come un funzionario e due Marines "per asfissia", dopo l'attacco alla sede di rappresentanza Usa che è stata data alle fiamme dai dimostranti. Lo afferma una fonte all'ANSA. Tra i dimostranti, ha scritto la stampa locale, "vi erano membri della milizia islamica Ansar Al-Sharia.

L'attacco sarebbe solo indirettamente legato alla vicenda del film sulla vita del profeta Maometto, prodotto da alcuni copti egiziani residenti degli Stati Uniti e ritenuto offensivo per l'Islam: i dimostranti, che sarebbero stati membri della milizia islamica Ansar Al-Sharia, sapevano che nell'edificio c'era l'ambasciatore Chris Stevens. Lo afferma una fonte all'ANSA. L'ambasciatore americano era arrivato in città per raccogliere gli umori alla vigilia della nomina, prevista oggi, del nuovo premier libico.

L'attacco, avvertito con un ''forte boato'' da testimoni distanti poche centinaia di metri, e' cominciato intorno alle 21.40 di martedi' sera, hanno riferito testimoni all'ANSA. Ed e' stato subito collegato, da fonti di sicurezza locali, all'episodio di poche ore prima al Cairo dove manifestanti avevano tentato di scalare la recinzione dell'ambasciata americana in segno di protesta contro un film sulla vita del profeta Maometto.

Prima ancora che la notizia della morte del cittadino Usa fosse diffusa, gli Stati Uniti -cosi' come per i disordini al Cairo poche ore prima- avevano condannato l'episodio ''Nei termini più fermi''. E' un compound abbastanza grande quello che ospita gli uffici della rappresentanza Usa nella città della Libia orientale, situato a poche centinaia di metri di distanza da ristoranti e caffé e da dove, "a partire dalle 21.40 circa" gli avventori hanno assistito a distanza all'episodio.

"Si è sentito prima un botto forte - hanno raccontato testimoni all'ANSA - poi si è visto del fumo e si sono sentiti scambi di colpi. Le strade adiacenti sono state chiuse rapidamente e quasi subito sono stati formati anche dei blocchi nella zona". Lo scambio di colpi è stato udito per circa 45 minuti, anche se non in maniera continuata "mentre il fumo è rimasto visibile per una ventina di minuti". "Hanno sparato colpi in aria prima di entrare nell'edificio'', ha detto ancora il viceministro al-Charef, mentre il portavoce della commissione sicurezza, Abdelmonoem al-Horr, ha parlato di razzi RPG lanciati contro il consolato. Intanto l'edificio e' stato completamente evacuato e testimoni hanno riferito alla Reuters che saccheggiatori vi hanno fatto ingresso portando via scrivanie, sedie e lavatrici, dopo che le forze dell'ordine hanno lasciato la zona.

www.ansa.it/web/notizie/rubriche/daassociare/2012/09/12/ANSA-LIBIA-CITTADINO-USA-MORTO-ATTACCO-CONSOLATO-BENGASI_7461...

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12/09/2012 13:51
 
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le cosiddette primavere arabe stanno portando alla teocrazia.

Era meglio tenersi Mubarak


Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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13/09/2012 11:30
 
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l presidente americano Barack Obama ha telefonato ai leader di Libia e Egitto per discutere con loro di cooperazione nel campo della sicurezza dopo il sanguinoso attacco di Bengasi contro il consolato americano e le manifestazioni del Cairo contro l'ambasciata. Obama ha chiesto alla Libia di collaborare con Washington perché vengano arrestati e assicurati alla giustizia gli assassini dell'ambasciatore americano Chris Stevens e degli altri tre cittadini americani uccisi a Bengasi ed ha insistito perché l'Egitto rispetti i suoi impegni in materia di protezione delle rappresentanze americani e dei loro dipendenti.

Gli Stati Uniti "restano vigili": "dobbiamo assicurarci di continuare a esercitare pressione su Al Qaida e gli affiliati in altre parti del mondo, come il Nord Africa e il Medio Oriente. Questa è una cosa che sono determinato a fare" ha affermato Obama. "Oggi è stata una giornata dura. A volte le cose sono molto dure - ha detto il presidente - ma se noi siamo risoluti, non molliamo, non diventiamo cinici, ma continuiamo ad essere realistici su come siano duri i cambiamenti, sempre mantenendo però un senso degli Ideali e un senso di proposta, alla fine nel tempo qualcosa di buono accadrà".

PENTAGONO SPOSTA 2 NAVI GUERRA VERSO COSTE - Il Pentagono sta muovendo due navi da guerra verso le coste libiche. Lo riporta la stampa americana citando alcune fonti dell'amministrazione.

Le due navi da guerra non hanno una missione specifica, afferma la stampa americana, ma devono essere pronte a qualsiasi missione ordinata dal presidente. Le unità, armate con missili Tomahawk, sono la USS Laboon e la USS McFaul.

PROTESTE DAVANTI AMBASCIATA, FERITI ED ARRESTI - Una folla di manifestanti è tornata ad 'assediare' l'ambasciata statunitense al Cairo, protestando contro il controverso film anti-Islam prodotto negli Usa. Film che ha scatenato la rabbia dell'intero mondo arabo, sconfinata nell'attacco di ieri alla sede diplomatica Usa di Bengasi, in cui sono morti 4 americani. Le immagini in diretta della Cnn mostrano decine di persone che urlano la loro rabbia e chiedono che dagli Stati Uniti arrivino scuse ufficiali per le offese al Profeta.

Alcuni siti parlano di scontri, con la polizia che ha dovuto lanciare gas lacrimogeni per disperdere alcuni gruppi che lanciavano pietre contro l'edificio dell'ambasciata. Secondo l'agenzia di stampa egiziana Mena - rifericono sempre alcuni siti americani - ci sarebbero anche dei feriti.

Secondo quanto riportato su alcuni siti americani, alcune auto sarebbero state rovesciate e date alle fiamme. La tensione è salita quando alcuni manifestanti hanno nuovamente tentato di violare il perimetro dell'ambasciata Usa cercando di aprire una breccia nel recinto di filo spinato che protegge l'edificio. La polizia sarebbe comunque riuscita a respingere i manifestanti più scalmanati verso la vicina piazza Tahrir.


www.ansa.it/web/notizie/rubriche/daassociare/2012/09/12/ANSA-LIBIA-CITTADINO-USA-MORTO-ATTACCO-CONSOLATO-BENGASI_7461...
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14/09/2012 09:08
 
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effetto domino
Quattro persone sono state arrestate perche' sospettate di aver avuto un ruolo nell'attacco all'ambasciata americana a Bengasi. Lo rendono noto le autorita' libiche, secondo quanto riportato dalla Bbc.

FILM ANTI-ISLAM: BAN, ODIOSO, MA VIOLENZA NON GIUSTIFICATA - Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon definisce "odioso" il film anti-islamico prodotto negli Usa che - afferma in una nota - "deliberatamente sembra aver istigato la radicalizzazione degli scontri e le sommosse in corso". Ban si dice "profondamente risentito per le recenti violenze in Libia e in altri Paesi del Medio Oriente" e ribadisce con fermezza come "nulla giustifica" attacchi come quelli verificatisi negli ultimi giorni. In un momento come questo in cui si assiste ad una "crescente tensione", il segretario generale lancia un appello al dialogo e al rispetto reciproco.

di Laurence Figà-Talamanca

ROMA - Le ambasciate americane di mezzo mondo sono sotto assedio. Gli Stati Uniti restano nel mirino delle proteste, più o meno pacifiche, contro il film su Maometto prodotto negli Stati Uniti e considerato oltraggioso per l'Islam. E dopo il tragico assalto di martedì sera al consolato Usa di Bengasi in cui l'ambasciatore Chris Stevens e altri tre americani hanno perso la vita, l'amministrazione Obama corre ai ripari: da un lato cerca di placare gli animi e di non pregiudicare i suoi rapporti con i Paesi musulmani condannando il video, dall'altro decide di rafforzare la propria sicurezza nella regione, spostando due navi da guerra verso le coste libiche, la USS Laboon e la USS McFaul, oltre al rinforzo di 200 marines e l'eventuale uso di droni contro le postazioni terroristiche in Libia. Washington prende quindi le distanze dal film "L'innocenza dei musulmani", firmato da Sam Bacile, probabilmente pseudonimo di Nakoula Basseley Nakoula, un produttore di origine copte. "Il governo degli Stati Uniti non ha nulla a che vedere con il video", ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton definendolo "disgustoso e deplorevole" e ideato con l'unico scopo di "denigrare una grande religione". "Ogni leader responsabile - ha poi aggiunto - dovrebbe alzarsi e condannare ogni violenza". Da più parti intanto si levano voci a difesa della figura del Profeta. A partire dal presidente egiziano Mohamed Morsi che, prima di imbarcarsi per il suo primo viaggio in Europa - prima a Bruxelles, e da stasera a Roma - mette in chiaro: Maometto rappresenta "una linea rossa intoccabile".

Il leader egiziano aveva appena ricevuto una telefonata del presidente Usa Barack Obama per discutere di cooperazione in ambito di sicurezza ma anche per chiedergli maggiore protezione dell'ambasciata al Cairo, dove martedì sono scoppiate le prime dimostrazioni e dove ancora oggi nuovi scontri tra manifestanti e forze dell'ordine sono finiti con oltre 200 persone intossicate dai lacrimogeni. Il personale americano è stato evacuato dalla sede del Cairo, così come dall'ambasciata di Sanaa, dove oggi quattro persone sono morte durante un tentativo di assalto disperso dalla polizia yemenita. Le proteste si sono allargate, da Casablanca a Giacarta, da Dacca a Tel Aviv, da Teheran a Tunisi, obbligando le ambasciate, non solo Usa, a rafforzare le misure di sicurezza. E Hamid Karzai ha deciso di annullare un viaggio in Norvegia nel timore di possibili violente manifestazioni in Afghanistan. Stamani il presidente Obama ha parlato al telefono anche con il neo premier libico Mustafa Abu Shagur concordando di condurre indagini congiunte sull'assalto di Bengasi e la morte di Stevens. In serata il capo della Casa Bianca ha ripetuto che "nessun atto di terrore resterà impunito", mentre da Tripoli Shagur ha confermato l'arresto di alcuni sospetti, senza precisarne il numero né la presunta 'appartenenza' a gruppi terroristici.

"Finora non abbiamo prove della presenza di Al Qaida in Libia. Gli estremisti islamici sono una minoranza", ha sottolineato il nuovo premier libico. Ma Al Qaida, o meglio le sue diramazioni locali, restano sul banco degli imputati: la manifestazione di Bengasi contro il film su Maometto - è la certezza dell'intelligence Usa - è stato solo un pretesto per mettere in atto un attacco "già pianificato". Un attacco compiuto in due fasi: la prima al consolato dove l'ambasciatore Stevens è rimasto in trappola, la seconda in una casa segreta ritenuta sicura dove lo staff Usa era stato trasferito, ma che i miliziani armati hanno raggiunto provocando una sparatoria e uccidendo i due marines. Secondo fonti libiche, l'assalto al consolato aveva il preciso scopo di far evacuare il personale diplomatico - compreso Stevens - verso il 'rifugio' dove il commando, che già ne conosceva la posizione, aveva deciso di tendere l'agguato agli americani.

www.ansa.it/web/notizie/rubriche/daassociare/2012/09/12/ANSA-LIBIA-CITTADINO-USA-MORTO-ATTACCO-CONSOLATO-BENGASI_7461...
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17/10/2012 20:05
 
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tratto da :panorama
mondo.panorama.it/tra-istanbul-e-il-cairo/I-primi-cento-giorni-...



Sono passati più di cento giorni da quando Mohamed Morsi è stato eletto Presidente dell’Egitto. Il “sostituto”, come era stato definito dai suoi detrattori, a causa della mancanza di carisma e di capacità decisionale, era stato candidato dalla Fratellanza Islamica dopo che la Corte Costituzionale aveva escluso Shater dalla corsa elettorale. Mursi ha però smentito i critici, grazie ad alcune scelte coraggiose, come quella di eliminare l’emendamento costituzionale che permetteva al Consiglio Supremo delle Forze Armate di opporre il proprio veto a qualsiasi articolo della nuova Costituzione.

La nuova Carta fondamentale dell’Egitto è il principale tema di discussione in questi mesi. I liberali criticano la nuova Costituzione egiziana e ritengono che questa non rappresenti le posizioni politiche di tutti gli egiziani. Gli islamisti, che sono la maggioranza, stanno scrivendo la Costituzione secondo i principi del costituzionalismo islamico: la teoria politica che cerca di conciliare islamismo e democrazia. Secondo questa visione del mondo, lo Stato ha il dovere di educare la società ai valori positivi, consigliando il cittadino sulle sue scelte etiche. Un esempio di questa ideologia è l’articolo 15 della bozza costituzionale egiziana, secondo cui “lo Stato e la società hanno il dovere di promuovere l’etica, proteggere e salvaguardare le autentiche tradizioni egiziane ed esaltare la disciplina religiosa, il patriottismo e i valori etici”.

Non mancano poi accuse e polemiche riguardo alla condizione femminile. La nuova Costituzione garantisce l’uguaglianza tra donne e uomini, ma specifica che ogni legge deve essere “confermata dalle decisioni relative alla legge islamica”. Le organizzazioni femminili ritengono che questa condizione limiti l’indipendenza delle donne, poiché esistono pareri discordanti fra i dotti islamici su temi molto importanti, come il divorzio e l’eredità, e non sempre le interpretazioni della legge islamica garantiscono piena parità tra i sessi.

Lo scontro si sta polarizzando sempre di più, come dimostrano gli scontri violenti di venerdì scorso tra i sostenitori del Presidente egiziano e i laici. Tuttavia il Premier è ancora molto popolare. Secondo un sondaggio dell’Egypt Centre for Public Research, il 79% degli egiziani approva il suo operato (altri sondaggi indicano il 40%), nonostante la Fratellanza Islamica sia un po’ meno popolare di qualche mese fa.

Morsi è un Presidente molto diverso dai leader egiziani che l’hanno preceduto, sia perché appare a molti egiziani come una persona ordinaria, lontana dagli sfarzi della “corte” di Mubarak, sia perché non vuole diventare un dittatore. Nonostante il nuovo presidente stia nominando diversi membri della Fratellanza Islamica nelle posizioni chiave della società, la nuova Costituzione promette di abolire i processi militari contro i civili.

Molti egiziani poi riconoscono che le intimidazioni della polizia verso coloro che non la pensano come il Presidente sono un po’ meno frequenti. L’Egitto di Morsi ha ancora alcuni tratti poco democratici, come testimonia l’arresto di un cittadino copto che aveva pubblicato alcune vignette offensive nei confronti dell’Islam, ma nessuno teme che possa tornare ad essere un regime autoritario, che consenta a un Presidente di rimanere in carica per tutta la vita.

La sfida più difficile per il Presidente Morsi è quella economica. L’Egitto consuma e importa pro capite la maggior quantità di grano del mondo ed è perciò molto sensibile all’andamento dei prezzi di questo bene di prima necessità. Molti egiziani guadagnano meno di 100 euro il mese e, se lo Stato non calmierasse il prezzo del pane con dei sussidi e non lo distribuisse direttamente a prezzi molto bassi, non potrebbero permettersi di mangiare.

Le spese per i sussidi alimentari rappresentano il 30% del bilancio governativo. Lo Stato ha sempre fatto fronte agli aumenti del prezzo del grano grazie allo sviluppo economico, ma oggi l’Egitto cresce meno di qualche anno fa, mentre l’incremento dei costi dei beni alimentari è simile a quello del periodo precedente alla rivoluzione, esplosa anche a causa dell’inflazione. Molti temono che la classe dirigente della Fratellanza Islamica non sia in grado di affrontare e superare queste difficoltà.

Nei suoi primi cento giorni Mursi ha dimostrato di essere pragmatico e decisionista, ma molti temono che il buon senso non basti a risolvere i problemi dell’Egitto. La situazione economica è la sfida più difficile da superare e non basterà a Morsi essere un egiziano come tutti gli altri per evitare che il suo Paese esploda di nuovo
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22/10/2012 20:02
 
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07/02/2013 20:52
 
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TUNISI - Un'esecuzione chirurgica, due colpi tra fronte e nuca, uno al cuore, un altro alla schiena. E' morto così, pochi minuti dopo essere uscito da casa, Chokri Belaid, leader 'laico' dell'opposizione al governo tunisino monopolizzato dal partito confessionale islamico Ennahda che, agli occhi molti, porta su di sé la responsabilità, non solo politica, di questo omicidio. Un omicidio che ha gettato nel caos e sulle barricate un intero Paese, a due anni dalle speranze di cambiamento della 'primavera' del 2011.

Paradossalmente, questa morte, che ha sconvolto la Tunisia e provocato la condanna internazionale, ha ottenuto quello per cui Belaid si era tanto battuto: la caduta del governo che il premier Jebali sta per sciogliere, per vararne un altro, fatto di tecnocrati che prepari le elezioni. Belaid, era stato il grande regista dell'operazione che aveva portato, nell'agosto dello scorso anno, al varo del Fronte popolare, un blocco laico e riformista che ha subito messo alle corde la maggioranza ed Ennahda in particolare. La sua oratoria travolgente (era un avvocato molto famoso), alimentata da una grande conoscenza della politica e delle sue insidie, ne avevano fatto un bersaglio per chi, vicino o dentro Ennahda, mal sopportava critiche e opposizione. Di minacce, ha detto oggi la moglie, Basma, ne aveva ricevute tante e tutte denunciate. Ma nessuno si è mosso, nessuno ha pensato che potessero arrivare sino a sentenziarne la morte. E oggi la famiglia Belaid ha respinto le condoglianze del governo: non sappiamo che farcene.

La notizia dell'agguato s'é propagata velocemente ai quattro angoli della Tunisia e un intero Paese (almeno quello che ha a cuore diritti e democrazia) è sceso in piazza. A Tunisi, davanti alla clinica dove Belaid era stato portato agonizzante, ci sono state scene di dolore vero, con gente che si abbracciava in lacrime, altri che si percuotevano il petto. Poi una marea umana ha accompagnato l'ambulanza che dalla clinica ha portato all'obitorio dell'ospedale Charles Nicolle: ancora lacrime, mille bandiere nazionali sventolate e l'inno cantato a squarciagola. Ma è stato su avenue Boughiba che l'inferno si è materializzato: scontri violentissimi, sassaiole, lacrimogeni, tentativi di assalto e poliziotti a mulinare i matraques, i manganelli.

Tumulti che poi si sono spostati in altri punti della città: a Bab el-Jazira, poco distante da avenue Bourghiba, un poliziotto è morto, con il petto sfondato da un sasso scagliato da un manifestante. Avenue Bourghiba è stato teatro di violenza, ma anche di gesti destinati a diventare un simbolo: l'ambulanza bardata con la bandiera nazionale che, come per miracolo, ferma sassaiole e cariche al suo passaggio davanti al Ministero dell'Interno; l'agente che, pochi istanti dopo avere manganellato un gruppetto di giovani, davanti all'ambulanza, si ferma e saluta militarmente; le belle ragazze di Tunisi che mettono da parte trucco e abiti eleganti per scagliarsi contro chi picchia i loro amici. E' stata del resto tutta la Tunisia a essere scossa dalle proteste, indirizzate contro Ennahda (a Beja s'é scatenata una caccia all'uomo contro i suoi militanti, mentre in varie città sono state assaltate e date alle fiamme sedi del partito), che agli occhi di tutti se non è proprio dietro l'omicidio, di certo ha creato negli ultimi mesi un clima da guerra civile. Ad esempio, non fermando le squadracce della Lega per la protezione della Rivoluzione che sono dietro a tante aggressioni. Belaid sarà sepolto venerdì in quella che si preannuncia un'altra giornata campale. In quel giorno, ha chiesto Hamma Hammami, leader del fronte popolare e amico da sempre dell'ucciso, il Paese dovrà fermarsi per onorare

www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2013/02/06/Assassinato-segretario-opposizione_8197...


Per la serie "più si democratizza più si islamizza" e pensare che la Tunisia era il paese da cui ci si aspettava di più.
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