Tanti anni fa avevo un gruppo di cari amici, con i quali trascorrevo gran parte delle vacanze estive.
Ridevamo, scherzavamo...era uno di quei gruppi "puliti", come non mi è stato più facile incontrarne.
Con una ragazza, tra gli altri, avevo un ottimo rapporto, e anche quando l'estate finiva, per un periodo capitava anche ci scrivessimo lunghe lettere per mantenere il contatto.
Ho sempre saputo, in cuor mio, che c'era da parte di lei anche una qualche forma di interesse, ma non l'ha mai palesato apertamente, e, con la discrezione e delicatezza che sempre l'ha contraddistinta, ha continuato a viversi semplicemente quel nostro rapporto di amicizia.
Crescendo le strade del gruppo si sono inevitabilmente divise. Capitava di incontrarsi, certo, ma in maniera più occasionale, frastagliata, rara.
Anche con lei i contatti si sono via via fatti sempre più radi, casuali.
Quando però capitava, per quel giorno o due, di incontrarsi, c'era sempre il piacere e la semplicità di sempre. Niente imbarazzi, saluti formali...anche se erano anni, magari, che non ci si vedeva. Anche se non capitava di parlare praticamente più.
Quando l'anno scorso mi son ritrovato a trasportare la sua bara, nel percorso che separava la chiesa dal cimitero, ho preso per la prima volta realmente consapevolezza del fatto che quel tempo perso non sarebbe mai più stato recuperato.
E il peso immane ed inaspettato che mi massacrava la spalla alleviava solo in maniera illusoria il senso di colpa, diffondendo un senso di piacere da "espiazione" destinato a sparire presto, nel freddo.