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Montezemolo e dintorni si muovono per una nuova discesa salvifica in campo

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2011 01:22
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20/04/2011 22:02
 
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Ogni volta leggo persone come Juan rimango sconfortato, perché se lui che è intelligente sta così, significa che non c'è proprio speranza a sinistra.
Non che quello che scriva non sia in parte vero, ma non c'è prospettiva, non c'è elaborazione politica ma solo la rassegnazione al berlusconismo come dittatura degli ignoranti a cui i sapienti devono rispondere con la sconsolata meditazione solitaria o qualcosa di simile.

Prima voglio soffermarmi un attimo sul 2006. Io non ero in Italia, quindi può essere che le cose non le ricordo bene. Ma i motivi della non vittoria della sinistra furono ben altri, tre in particolare: la più penosa campagna elettorale della storia politica, una coalizione che definire eterogenea è dir poco, un leader che aveva un carisma pari allo zero assoluto.
Il centrosinistra usa sistemi di comunicazione antidiluviani che sarebbero giudicati indegni di far pubblicità ad una rosticceria, figurarsi vincere le elezioni. Due mesi fa ho partecipato alla presentazione del libro di Peter Mandelson il quale parlò proprio di quella campagna elettorale e ci informò, nella costernazione di un Bersani che si torturava sulla sedia in prima fila, che essa era stata studiata dagli esperti di comunicazione inglesi e indicata come modello da non seguire mai.
Oggi la comunicazione fa parte dell'azione politica e senza una strategia comunicativa efficace non si vince. Non parlo poi per carità di patria del programma di qualche centinaio di pagine che si incentrava su pallini ideologici che spaventarono e misero in fuga l'elettorato moderato che nelle trasmissioni della dandini non ha diritto di cittadinanza ma il giorno delle elezioni è quello che decide chi va al governo e chi all'opposizione.
Quel tipo tipo di coalizione era destinata al suicidio, con capi e capetti che si scannavano ancor prima di aver vinto e che poi una volta al governo misero in scena atti ridicoli tipo andare a protestare contro il governo di cui facevano parte.
Su prodi, è come sparare sulla croce rossa. Io non dimenticherò mai che durante uno dei dibattiti tv Berlusconi fece una gaffe clamorosa. Arringando i suoi elettori disse in toni apocalittici: “la sinistra vuole che il figlio dell'operaio abbia le stesse opportunità del figlio del professionista”.
Reazione di prodi? Nessuna. Rimase a leggere i suoi foglietti su cui c'erano i numeri da cui dipendendeva il mondo secondo lui. Un leader di razza avrebbe azzannato B al collo, come fece Clinton nel 1992 nel terzo dibattito con bush senior.
Ma Prodi non era un leader, era un burocrate e quindi capisco che sia amato da quelli che come Juan hanno una visione burocratica della politica.

Affrontiamo per un attimo questo atavico problema della bassa scolarizzazione.
L'idea che una alta scolarizzazione aumenti la qualità della democrazia è una ipotesi che non ha nessun fondamento empirico.
Un laureato in chimica o biologia può non capire un piffero di politica e fregarsene esattamente quanto uno che ha la quinta elementare.
Riprendiamo l'esempio della civile Finlandia, il paese più istruito del mondo in cui ho l'onore di essere ospitato in questo momento. Ebbene la prima cosa che ho notato arrivando qui è che il dibattito politico praticamente non esiste, la politica occupa uno spazio abbastanza ridotto sui giornali. Diciamo che i finlandesi non hanno una grande passione per la democrazia partecipata, come la chiameremmo noi, anche se sono un popolo che ha una enorme dignità.
Per dirne una, qui stanno costruendo due centrali nucleari. Dopo i fatti del giappone il movimento antinuclearista aveva organizzato una manifestazione di protesta, si sono presentati in 50, uno più uno meno. Durante l'ultimo mese di campagna elettorale l'argomento principale è stata la love story tra la bella ministra del lavoro e un italiano, stiamo sempre in mezzo. Lo scandalo nasceva dal fatto che questo signore in Italia è stato indagato, poi archiviato, per terrorismo.
La ministra ha difeso il suo amore e si è anche beccata una intervista alla Cnn.
Poi ci sono stati i veri finlandesi che usano un linguaggio che fa sembrare i leghisti dei gentiluomini di campagna. Risultato che anche qui l'estrema destra cresce, come in svezia, olanda, norvegia, francia, tutti paesi che non mi sembrano pieni di ignoranti di massa.

Ma restiamo un attimo all'istruzione, che è un tema giustamente centrale su cui sviluppare il discorso. Esso è stato centrale nelle sinistre europee degli ultimi 15 anni.
Tutto è partito dalla scoperta che nei sistemi di istruzione pubblici ed universali si creavano enormi ingiustizie che venivano scaricate sui più deboli. L'istruzione dei figli dei poveri era affidata al caso e al capriccio burocratico: se nascevi in una zona con una buona scuola potevi avere una buona istruzione, altrimenti te lo prendevi dritto in quel posto. Siccome le scuole pubbliche erano in larga parte deficitarie, la qualità dell'istruzione era bassa, la gente non riusciva ad acquisire competenze e cresceva la rabbia. Questa situazione fu un elemento centrale nei trionfi della destra negli anni ottanta. La new left se ne è riappropriata promuovendo politiche che aumentassero la qualità e permettessero di scegliere. Che cosa pensa la sinistra italiana su questo punto?
Qual è la sua politica sull'istruzione? Boh, è tutto quello che mi viene in mente a parte la difesa dei precari contro i quali io manderei cariche di squadroni di carabinieri a cavallo.

Ora veniamo al punto cruciale: il potere mediatico berlusconiano. Io quando faccio un ragionamento lo do come un dato di fatto visto che esso esiste e che è una anomalia.
Diamo anche per ovvi i discorsi sulla necessità che l'opinione pubblica si informi, anche se ricordo che la possibilità che poi questo avvenga realmente è molto difficile. Qui dovrei dilungarmi troppo e sono discorsi che ho già fatto, ribadisco che le società moderne si basano sulla dispersione delle conoscenze(per fortuna) e che spesso, per non dire sempre, gli stessi esperti non sono altro che apprendisti stregoni. Io personalmente odio il termine pluralismo, che in politica fu introdotto dalla dottrina sovietica. Se non sbaglio fu Cruskev ad usarlo rispondendo alle critiche di un giornalista del NYT che diceva che l'urss era una dittatura, C disse: “come si permette? Da noi c'è pluralismo, esiste il partito degli spazzini, quello delle casalinghe” ecc, fu una lista interminabile.
Il pluralismo informativo come concetto astratto significa nulla, come quella di libertà di stampa. Esiste la libertà di impresa, che si concretizza anche nel mercato editorale, che è legato alle circolazione delle idee. In italia questo mercato non esiste, non solo perché c'è B, ma perché i giornali sono posseduti dalle banche, o da coalizioni di gruppi finanziari, o come nel caso di Repubblica da industriali che li utilizzano come partiti.
Quindi vedere l'anomalia solo in B è una incoerenza, per quelli che fanno della coerenza la loro bandiera.
Il problema è se questo potere mediatico sia davvero un elemento determinante per il voto. La mia risposta è no e ho già esplicitato altre volte perché.
Il voto non è un elemento razionale. La sinistra largofighettina pensa che esso possa essere espresso dalla semplice operazione artmetica: giornalista venduta+ culo di velina= voto pdl.
Il voto è un elemento irrazionale, Lakoff dice che esso è determinato dal paradigma morale che vige nella società, che altro non è che la riproposizione dell'egemonia gramsciana.
Allora come nasce questa egemonia? Con il grande fratello, il Milan, le veline, maria de filippi e company? No, questa è sovrastruttura.
L'egemonia nasce sempre con l'incontro tra una proposta politica e il senso comune delle persone.
Berlusconi è il portatore di una proposta politica che si è incontrata con il senso comune degli italiani, che grosso modo è quello fotografato da gervasoni nel suo bel libro sugli anni ottanta: “il desiderio di essere moderni, unito al terrore assoluto di diventarlo davvero”.
Ecco questo credo che siano gli italiani allo stato dell'arte, per questo al posto della vera modernizzazione, preferiscono accontentarsi dell'estetica berlusconiana, che magari al prof prisco apparirà decadente, ma è comunque più luccicante.

Un punto finale dico sulla questione della democrazia. Non c'è dubbio che essa sia fatta al 50% di regole e al 50% dalla sovranità che deve appunto essere esercitata entro le regole.
Credo che tutti vorremmo che la nostra democrazia funzionasse meglio, il che però implicherebbe anche eliminare le rendite di posizione, piccole o grandi che siano, e la possibilità di veti di blocchi sociali organizzati, cose attorno a cui non credo che ci sia una maggioranza ampia.
Che la democrazia sia in pericolo nel nostro paese è una idiozia.
Io detesto il concetto di stato, ma ho una concezione religiosa dell'idea di repubblica.
Ricordo con emozione il giorno in cui le ho giurato fedeltà durante il servizio militare, si tratta di un giuramento per me sacro. Se avessi anche solo il sospetto che la repubblica fosse in pericolo, prenderei il mio fucile per difenderla, perchè io credo nel diritto di abbattere i tiranni, anche con la violenza.
La concezione personalistica di B, mi ripugna. Il suo non è un atteggiamento repubblicano.
Ma l'unica strada per uscire dal personalismo è tornare alla politica.
Io non ho mai votato dal 2003 per una questione ideologica, mi rifiuto di partecipare ad elezioni in cui non ci siano i pariti politici espressioni delle culture politiche della nostra storia.
Quando non ci sono i partiti, la democrazia non esiste e si ritorna al baronato, ai notabili e in definitva al feudalesimo.
Accettare la logica dello scontro attorno alla persona di B, significa stare al suo gioco, sul suo ring.
Attaccare la sua persona sperando che gli italiani capiscano che è indegno si è rivelata una strategia ampiamente fallimentare. Quindi che facciamo?
Stiamo così aspettando di prendere gli italiani per sfinimento? Finché non si convinceranno che è giusto che si facciano cambiare la testa dagli onesti?
Non so, io ho scritto in un quadretto ben evidenziata una frase che diceva sempre un collaboratore di Clinton: “ è più facile cambiare il programma del partito che la testa della gente”.
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