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Montezemolo e dintorni si muovono per una nuova discesa salvifica in campo

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2011 01:22
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02/05/2011 20:49
 
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Caro Trixam, evidentemente nei nostri interventi non abbiamo evidenziato a sufficienza gli aspetti – forse pochi – sui quali siamo rispettivamente d’accordo. Non ho mai detto né pensato che l’unica alternativa al berlusconismo sia arrendersi o magari chiudersi in un deleterio e controproducente aventinismo. Anch’io credo sia necessario tornare alla politica, quella vera, quella che costruisce alternative ed eleva il confronto.
Nel mio intervento precedente, però, ritenevo specioso il parallelismo tra i critici della way of life berlusconiana e il trionfo dell’antipolitica.
Innanzitutto, vorrei precisare che la politica è anche burocratismo. Con ciò non nego l’importanza dell’elemento comunicativo, però non possiamo accettare né sostenere che tale aspetto debba addirittura prevaricare la sostanza dell’azione politica nella sua concretezza. Lo dico da liberal convinto e profondo sostenitore di Obama fino al midollo, un presidente che fino ad ora ha brillato più per carisma e ars oratoria che capacità di attuare il suo programma iniziale di riforme. Dispiace, ma quando vi è da redigere un bilancio c’è bisogno di tecnici, quando c’è da varare una riforma economica vi sono dei modelli matematici da rispettare, per cui un politico capace deve incarnare anche la figura del burocrate. I proclami e gli slogan saranno affascinanti ma il trattato di Maastricht non fa differenza tra un tasso d’indebitamento ben infiocchettato e un freddo dispaccio ministeriale; un eccellente spin doctor come Giddens non risolverà la crisi di RBS né riuscirà a dare mai una risposta concreta ai problemi delle lavoratrici madri.
Consapevole di appartenere a quella sparuta minoranza che appoggia l’outsider di turno preferirò sempre un noiosissimo ma concreto burocrate ad uno sfavillante ma fumoso comunicatore.
Veniamo al rapporto tra istruzione e partecipazione alla vita della res publica.
L’assenza di una dimostrazione empirica che avalli la correlazione tra alta scolarizzazione e più elevata consapevolezza nelle scelte dei cittadini è smentita dalle considerazioni sul controllo delle nascite. Una società molto povera, che non ha risorse a sufficienza per i suoi membri, trarrà grave nocumento da un esponenziale ed incontrollato incremento demografico. Come insegnava John Stuart Mill più di centocinquanta anni or sono, solo un’adeguata istruzione renderà le masse popolari edotte del rischio che comporta un tasso di natalità troppo elevato rispetto alla ricchezza collettiva ed individuale esistente nella nazione in quel determinato periodo storico. Per avvalorare tali considerazioni si pensi al problema quanto mai attuale delle gravidanze adolescenziali indesiderate. La risposta più efficace in questi casi non può che venire dall’educazione sessuale. Nessuna persona assennata potrà mai pensare di risolvere la questione semplicemente imponendo maggiori restrizioni ai mores degli adolescenti.
La verità è che proprio la responsabilizzazione dei cittadini nelle proprie scelte costituisce l’argine più efficace ad un intervento autoritativo dello stato – che dovrebbe essere il vero nemico di voi liberisti – il quale troverebbe comunque una sua empia autolegittimazione nella tutela di interessi collettivi e superiori rispetto all’interesse individuale.
L’esempio della Finlandia, a questo proposito, prova ben poco. Sarà anche accettabile l’idea secondo cui ad un elevatissimo livello di educazione non corrisponde necessariamente un forte empito alla partecipazione nelle scelte pubbliche ma non è vero l’opposto. Una partecipazione responsabile, ragionata ed efficace necessita imprescindibilmente di un buon livello di informazioni disponibili. Condivido il passaggio sulla dispersione delle conoscenze ma ciò non fa che avvalorare la mia tesi di fondo. Se analizziamo brevemente in prospettiva storica le forme con le quali il popolo ha partecipato alle scelte collettive vediamo quanto l’istruzione – intesa come bagaglio di conoscenze necessario a costruire una clara et distincta perceptio Cartesiana – abbia inciso in maniera essenziale sugli accadimenti storici. Prendiamo a titolo d’esempio le tante rivoluzioni di matrice liberale fallite o soffocate nel sangue. Penso al movimento decabrista il cui fatale destino è dipeso dall’assenza di partecipazione delle masse popolari al tentativo d’insurrezione. Gli ideali propugnati dall’intellighenzia – il termine non è casuale – russa dell’epoca parlavano di abolizione della servitù della gleba, negazione dell’assolutismo, libertà di iniziativa economica, tutti valori che avrebbero liberato gli strati più poveri della popolazione dal giogo della nobiltà zarista. Ora si vuole sostenere che tali sommovimenti fallirono solo per scarsa attrattività dei propugnatori o perché prive di spessore politico? Credo proprio di no. Ogni qual volta una elite illuminata – e per tale intendo un gruppo di persone ispirata da ideali di stampo illuministico – ha tentato di costruire un’alternativa all’assolutismo, in un contesto sociale caratterizzato da bassissimi livelli di educazione, ha sempre pagato con sangue e rivolta tale iniziativa. Fin quando la maggioranza della popolazione non sarà informata adeguatamente su vantaggi e svantaggi di un determinato progetto politico vi sarà sempre una Santa Fede pronta ad insinuarsi veneficamente tra le pieghe più recondite degli istinti popolari.
Il mondo moderno, a causa del progresso scientifico e tecnologico, ci obbliga ai fini di una scelta consapevole a possedere quante più informazioni possibile. Il pluralismo dell’informazione – inteso come presenza contemporanea del numero più variegato possibile di opinioni e certo non alla maniera sovietica – è elemento basilare ed irrinunciabile per la comprensione delle cose in una realtà totalmente diversa da quella esistente cento anni fa. Agli inizi del ‘900 le masse operaie, nonostante il basso livello di scolarizzazione, riuscivano a coalizzarsi e avanzare istanze di maggior valorizzazione del rapporto di lavoro perché i partiti politici, anche sottoforma di associazionismo clandestino, oltre ad essere formidabili catalizzatori di insofferenze più o meno sopite, svolgevano anche una funzione didattica. La cosa era resa possibile anche dall’esiguità, almeno se paragonate ad oggi, delle informazioni necessarie al fine di una seppur superficiale presa di coscienza del proprio stato. Oggi le cose non stanno più così. Cento anni fa non c’era il nucleare e non si chiedeva alle persone di capire cosa è una barra d’uranio e che differenza passa tra fusione e fissione. Effetto automatico di tale evoluzione è il ruolo dei media in quanto maitre a penser.
Prima hai proposto l’esempio della Finlandia , io invece rispondo con l’esempio francese. Non mi dilungo troppo sul regime ivi vigente e sui poteri della Presidenza della Repubblica se non per sottolineare come il vero e proprio contrappeso del Presidente, il “monarca repubblicano”, altro non è che l’opinione pubblica. Potrebbe mai esistere un così vigoroso baluardo di democrazia se i francesi avessero un livello d’istruzione media pari a quello presente in alcune regioni del sud Italia?
Per cui, assodata l’irrinunciabilità d’una opinione pubblica matura e consapevole, bisogna chiedersi, in un mondo caratterizzato dalla tendenza verso la complessità, come evitare ineluttabile allontanamento delle persone dalle fonti di conoscenza ed informazione. Partendo sempre dall’assunto che conoscere è fondamentale per scegliere razionalmente, come attirare o almeno limitare l’emorragia di sempre più vaste fette della popolazione che si lasciano abbacinare dal luccicore del qualunquismo? Come rendere un giornale appetibile ai desideri di un lettore? Ecco, in questo caso condivido pienamente un discorso sulla necessità di una valida capacità comunicativa. L’individuo, nel momento in cui vuole informarsi, fa una ponderazione tra l’utilità marginale del suo tempo libero speso in facezie e l’utilità marginale dello stesso speso però nel ricercare informazione. Ora, se l’utilità marginale della seconda attività è superiore alla prima, il soggetto si informerà. Come risolvere questo contrasto, che altro non è che una scelta tra l’annoiarsi un po’ e il cazzeggiare? A mio modo di vedere, in questi casi, è l’obiettivo di arrivare a quanti più destinatari possibile ciò che conta. Per cui se il FT vuole allegare l’inserto con le doti più in vista di Ruby, che ben venga, allo stesso modo se Playboy si avvalga si Boskin come columnist.
Ora, se permetti, un dardo contro l’incoerenza vorrei scagliarlo anche io, così non sei il solo a divertirti. Se il voto è composto da una grossa componente irrazionale, come sostenuto da Lakoff, ciò non significa che una democrazia sia sana. La presa d’atto che alle consultazione elettorali gli istinti spesso prevalgono sui ragionamenti non migliora le cose, né tantomeno deve portarci a subire tale abominio dell’intelletto come un dato di fatto per cui la politica deve, adattandosi, supinamente accettare lo status quo.
L’idea di un popolo che vota consapevolmente è il basamento del concetto di sovranità. E il concetto di sovranità popolare non è una invenzione del soviet supremo, bensì è una delle caratteristiche più innovatrici e di rottura del pensiero liberale. Essa nasce come limite all’assolutismo, all’idea di stato che trova in sé la sua ragione giustificatrice. Come ci si piò arrendere all’idea che il voto, massimo esercizio della sovranità popolare, sia dominato nella sua totalità da componenti irrazionali? Che differenza ci sarebbe tra una dittatura e una democrazia se la volontà popolare è un mero coacervo di istinti e pulsioni irrazionali?
Allora sei tu, se permetti, che ti arrocchi meditabondo entro le mura della sconfitta, perché svuotare della sua essenza primigenia il concetto di sovranità popolare apre la strada alla concezione Hegeliana dello stato, testa di ponte dei regimi autoritari. Come si fa ad accettare l’idea di un popolo che vota inconsapevolmente e allo stesso tempo difendere i valori di libertà che la moderna concezione dello stato liberale ci ha fornito? Il sonno della ragione genera mostri. Ragionando così si rischia di partorire il mostro per antonomasia: il totalitarismo.
The open society from his enemy” si diceva canzonando Popper. Ovviamente detto per celia.



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05/05/2011 01:22
 
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Caro Juan, non ho il tempo di replicare punto per punto al tuo discorso interessante teoricamente, ma praticamente inconsistente.
Faccio quindi qualche annotazione, partendo dalla coda.
Possiamo fare un giochino? Andiamo a prendere le opere di locke o degli altri grandi filosofi del liberalismo inglese, che è il padre della democrazia liberale, come berkley e hume, e vediamo quante volte compare il concetto di sovranità. La risposta è mai. I grandi filosofi del liberalismo inglese non concepironò mai la sovranità, perchè la democrazia liberale è le teoria del potere limitato, il potere limitato è composto da soggetti relativi. Il sovrano è un potere assoluto e dunque non può avere circolazione nella democrazia liberale. Infatti il parlamento inglese a seguito della gloriosa rivoluzione del 1689 aveva solo due compiti: votare il bilancio e votare la guerra, che era intrinsecamente connessa al bilancio.
In base alla sentenze coke del 1606 non poteva varare nessun atto che andasse contro la common law e così rimase fino al 1832.
Questo per dire che la democrazia liberale, che non concepisce la sovranità, non concepiva nemmeno il potere legislativo ordinario.
Infatti il primo emendamento della costituzione americana prevede un divieto a legiferare su determinate materie, divieto posto per tutelare il popolo da sé stesso.
La deriva legislativa dello stato, l'idea che la libertà fosse tutelata dalla legge del parlamento ecc, sono tutte idee del liberalismo francese che ha portato alle ghigliottine, al terrore, fino al totalitarismo napoleonico e via di questo passo fino ad oggi.
Insomma quello francese è stato un liberalismo dispostico, che ovviamente ha avuto tantissimi amanti in Italia.
Tutto questo non è per metodologia, che come diceva Lucio colletti è notoriamente la scienza dei nullatenenti, ma per mettere a posto i paletti quando ragioniamo su certe cose.
La sovranità è la continuazione del dispotismo con altri mezzi, e se proprio volessimo ammetterla essa dovrebbe essere affidata alla legge, che non va intesa come quella votata dal parlamento, ma come i principi negativi generali che reggono l'ordine spontaneo. Ma qui sto andando oltre e sarebbe troppo lungo.

Dunque il tuo problema fondamentale è che non ti piace il mondo come esso è nella realtà, quindi tu ragioni su come dovrebbe essere.
Il problema è che ragionando su come dovrebbe essere la sinistra perde le elezioni in questo paese da più di sessanta anni.
Tu mi chiedi come sia possibile accettare il fatto che il voto sia dominato da elementi irrazionali? Come sia possibile accettarlo non lo so e francamente nemmeno mi pongo il problema che è troppo complicato per le mie modeste capacità. Il fatto è che così. Il voto è irrazionale.
Questo ti fa rabbrividire perché voto irrazionale per te significa i rincitrulliti dalle tv berlusconiane che vanno a votare per B.
Ma se pensi alle elezioni politiche nella germania del 1933 per la grande maggioranza dei tedeschi era irrazionale non votare per il partito nazista che incarnava i veri valori del volk.
Quindi bisogna andarci con i piedi di piombo.
Non so, ti faccio l'esempio su me stesso che è quello che conosco meglio. Se facessi cadere la mia pregiudiziale ideologica che mi impedisce di votare per una repubblica senza partiti, dovrei pormi davanti al sistema partitico attuale. Dovrei cercare un partito che esprime idee liberali in sintonia con le mie, almeno a larghe linee.
Non esistono. Quindi, se proprio volessi votare, dovrei adattarmi alla logica del meno peggio. Se volessi ragionare razionalmente, guarderei i due schieramenti. Il centrodestra ad esempio ha molti punti negativi: non condivido la concezione non repubblicana di B, non potrei votarlo per la sua situazione di conflitto di interessi, la cosa peggiore è la politica economica che mi fa venire l'esaurimento nervoso solo a pensarci, non né parliamo dell'alleanza di ferro con la russia putiniana. Tutti elementi negativi. Però il governo Berlusconi sostiene Israele, questa per me è una cosa importantissima.
Ora se qualcuno legge non troverà assurdo questo mio ultimo ragionamento? Che cazzo gliene frega di israele, si chiederà?
Eh, per me conta tantissimo. Dunque inizierò a chiedermi, preferisco avere un governo che sostiene israele o avere un governo di centrosinistra il cui ministro degli esteri nel 2006 se ne andava a passeggio sotto braccio con un esponente di hezbollah?
Ora sai quanti di questi ragionamenti apparentemente strampalati passano nella testa di ogni elettore prima di andare a votare?
Il voto è uno, ma è la sintesi di tanti di quegli elementi che influenzano la mente che inevitabilmente quelli irrazionali prevalgono. Tutto qui. Ora tu vorresti che l'elettore prima di andare a votare si informasse sulla politica economica, sul nucleare, sulla politica estera ecc, tutto cose nobilissime, che però nella pratica dell'elettore medio non succede. E qui vorrei mettere un punto che per me è importantissimo. Non succede perché le nostre sono democrazie rappresentative. Lo so che per i grillini dirò una cosa eversiva, ma la democrazia rappresentativa è l'unica vera democrazia.
La democrazia diretta è la miglior strada per il totalitarismo, perché si traduce in un gioco a somma zero dove tutti cercano di fottere tutti.
Inoltre essa è possibile solo in sistemi come quello dell'antica atene che si basavano sul coinvolgimento totalizzante del cittadino all'interno della vita pubblica, e sullo schiavismo, cioè sulla destinazione permanente di una parte della popolazione alla produzione coattiva di beni per l'intera collettività.
Il mantra della canzone "libertà è partecipazione", non è mia così giusto. Partecipare è importante, soprattutto quando la partecipazione è qualificata, anche se in pratica difficilmente lo è, ma anche non partecipare, non essere costretti a vivere una vita pubblica permanente, è importante, altrimenti finiamo in mondo dove a furia di buone intenzioni finiamo in uno scenario orwelliano.

Qui il discorso del controllo delle nascite ci sta come i cavoli a merenda, così come citare john stuart mill che è l'idolo di coloro che vogliono le società dei buoni samaritani.
Io non ho mai detto che aumentare l'istruzione sia deleterio, sarebbe una cretinata, soprattutto nelle materie in cui dici tu dove l'informazione ha permesso grandi progressi.
Io mi riferivo alla democrazia nella sua natura politica.
L'illuminismo francese ha lasciato questa credenza che la politica sia una cosa alla portata di tutti, purché essa si basi sulla retta ragione, che è poi alla base delle ideologie della società civile e altre boiate del genere.
Non è così. L'arte del governo è complicatissima, tanto complicata che appunto le democrazie avanzate hanno avuto bisogno di dotarsi di specifici strumenti di governo che sono i partiti, cioè organizzazioni che dovrebbero formare al meglio la classe dirigente del paese, con concezioni profondamente diverse, perché la concezione dei partiti che hanno in america è molto diversa da quella che hanno in germania.
Il punto comune è che i paesi avanzati sentono il bisogno di avere una classe dirigente preparata il più possibile e si dotano di meccanismi di selezione, discorso che non riguarda l'italia ovviamente, che diventano sempre più rigidi a mano a mano che la democrazia è avanzata. L'inghilterra, che è una democrazia funzionante, ha una classe dirigente mediamente più preparata di altre democrazie, anche perché hanno la grande tradizione dell'impero.
Ma poi il mercoledi al question time si scannano in diretta televisiva facendo delle sceneggiate pazzesche. Mercoledi cameron ha detto ad una deputata laburista "calm down dear" ed è successo un putiferio.
Questo per dire che anche nelle democrazie avanzate i dibattiti sulla politica economica tirano poco, mentre le nozze di william e kate fanno vendere 20 milioni di giornali.
Ora ripeto, se noi escludiamo quelle materie che sono intrinsecamente legate alla governance, come l'economia o la legge, e anche queste non garantiscono nulla, per il resto anche avere una laurea o un master, non significa in alcun modo migliorare il livello della democrazia.
Riprendendo un esempio, nel 1933 le classi intellettuali votarono in massa per Hitler perché H aveva capito le loro paure.
Un laureato può non capire un ciufolo di politica, esattamente quanto uno che ha la quinta elementare.
Riprendo l'esempio della finlandia che sto conoscendo bene. Si tratta di un paese istruito? Non c'è dubbio, ma di che tipo? Gran parte degli studenti frequentano scuole tecniche, imparano la matematica, l'informatica e sognano di andare a lavorare alla Nokia.
Di politica gliene frega poco o nulla. Solo la notizia che la Nokia vuole delocalizzare ha riacceso un po' il dibattito e suscitato un po' di interesse tra i giovani.

In definitiva esitono questi due livelli: la classe politica, che dovrebbe essere razionale al massimo, che è sottoposta al giudizio del popolo che è per sua natura irrazionale. Qual è la chiave di volta?
Le idee, le culture politiche, i leader, esattamente nell'ordine in cui li ho elencati. Esattamente le cose che mancano all'Italia.
Non piace? Come diceva quel vecchietto? La democrazia è il peggior sistema di governo mai inventato, peccato che non se ne conosca uno migliore.
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