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Padre Alberto Maggi: Regalo di natale x tutti da Rebus

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2012 10:40
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14/01/2012 12:03
 
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Re:
angel in the sky, 13/01/2012 21.06:

Segnalo un video in cui c'è un'intervista a Maggi.










[SM=x43799] grazie angel,so che non condividi tutto,perciò questo tuo post vale doppio!

xxx Meglio essere vittima che complice.xxx
http://www.studibiblici.it/conferenze.html

Schiavo di nessuno,Servo di tutti.
http://www.studibiblici.it/videoomelieindiretta.html
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15/01/2012 15:31
 
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Re: Re:
J.Rebus, 14/01/2012 12.03:




[SM=x43799] grazie angel,so che non condividi tutto,perciò questo tuo post vale doppio!





stavolta voglio vederne solo il positivo: mi è piaciuto molto quando ha parlato di "Padre Maestro" e di aborto [SM=x43799]

E' comunque interessante da ascoltare, fa notare altri aspetti trascurati soprattutto da chi, come me, non è in grado di tradurre la Bibbia.

Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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04/04/2012 08:52
 
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Buona passione e risurrezione di gesù.
Ricordate che la passione non è la dimostrazione di quanto può essere malvagio l'uomo ma,al contrario,dove potenzialmente può arrivare la bontà umana,ovvero a dare la vita PER GLI ALTRI,non per dio,PER GLI ALTRI.Gesù,attraverso il suo messaggio,da la vita per l'umanità.
Gesù non viene umiliato sulla croce,al contrario li si manifesta la sua massima potenza,la potenza dell'uomo che si fa sevro degli uomini e ,per essi,dona la sua vita.
Ecce homo,ovvero ecco l'uomo come dovrebbe e come può essere.

Buona passione e risurrezione di gesù a tutti.

[SM=g2725292]
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06/04/2012 12:17
 
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Re:
J.Rebus, 04/04/2012 08.52:

Buona passione e risurrezione di gesù.
Ricordate che la passione non è la dimostrazione di quanto può essere malvagio l'uomo ma,al contrario,dove potenzialmente può arrivare la bontà umana,ovvero a dare la vita PER GLI ALTRI,non per dio,PER GLI ALTRI.Gesù,attraverso il suo messaggio,da la vita per l'umanità.
Gesù non viene umiliato sulla croce,al contrario li si manifesta la sua massima potenza,la potenza dell'uomo che si fa sevro degli uomini e ,per essi,dona la sua vita.
Ecce homo,ovvero ecco l'uomo come dovrebbe e come può essere.

Buona passione e risurrezione di gesù a tutti.

[SM=g2725292]



Cio che hai scritto mi ha ricordato questo brano sui cui ho riflettuto proprio ieri durante l'Adorazione:

Giovanni 13, 21-30
21 Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà». 22 I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. 23 Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24 Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di', chi è colui a cui si riferisce?». 25 Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». 26 Rispose allora Gesù: «È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. 27 E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto». 28 Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; 29 alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30 Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.

E il dare un boccone ad un commensale era un atto d'amore. In quel caso si sono sfidati l'amore di Cristo e l'odio di Giuda. Alla fine, con la morte in croce e la Resurrezione ha vinto comunque l'amore di Dio verso gli umani.

Buona Pasqua!


Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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12/04/2012 20:52
 
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IMPORTANTE


Oltre all'indirizzo che c'è nella mia firma che porta agli scritti delle conferenze,segnalo quest'altra sezione dove si comment in diretta il vangelo della domenica e altre spiegazioni e video.

Il link è questo
http://www.studibiblici.it/dirette.html (provo a metterlo nella firma)


Comunque potete anche fare questo percorso: andate sul sito,poi andate su videomelie,qui ogni giovedì alle 20 c'è la spiegazione,ma potete anche fare così:andate col cursore sulla scritta Vangelo anche altri incontri in diretta e altre omelie.
Mi rendo conto che a volte leggere cose lunghe stanca perciò questa può essere una buona occasione per fare concoscenza col vangelo,ovvero con gesù.



Ho appena saputo che padre alberto ha avuto un malore e ora è in ospedale. Un abbraccio e un augurio di pronta guarigione [SM=g2725292]
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16/04/2012 15:01
 
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Ogni giovedì,alle 20,cliccando sul secondo link della mia firma,potrete ascoltare il commento al vangelo della domenica successiva
Borgaro Torinese 14 ottobre 2011

P. Alberto MAGGI
“L'ultima beatitudine”


Trascrizione da audioregistrazione non rivista dall'autore

Ringrazio per l'invito. Il tema è veramente importante e ci tenevo ad essere qui
con voi per condividere la bellezza della Buona Notizia.
Iniziamo subito dicendo una cosa: Gesù non ci ha liberati dalla paura della morte
(altri filosofi hanno fatto questo). Gesù ci ha liberati dalla morte. E' questo il
tono, il tema dell'esposizione che faremo in base all'insegnamento della Buona
Notizia .
Partiamo da un'esperienza comune che è la morte di una persona cara. E' un
dramma che a volte segna per sempre l'esistenza delle persone ma la tragedia
della perdita diventa ancora più tremenda a causa delle errate convinzioni che
accompagnano la morte, specialmente negli intenti consolatori di parenti, amici,
conoscenti e di quella categoria, assolutamente da evitare in caso di lutto, quella
delle persone pie, delle persone religiose.. fuggitele come la peste, sono
devastanti! Loro sanno tutto della volontà di Dio!
Al momento del lutto tutto quello che ci circonda ci interroga: dove sono i nostri
cari? Come sono? Ci riconosceremo? Che fanno?
E' sufficiente la risposta che i nostri cari stanno in cielo e contemplano il Signore
e godono del riposo eterno?
Lo sappiamo: il tempo del lutto non è il tempo delle parole ma del silenzio.
Quale parola infatti può consolare chi vive il lutto? Ogni frase, anche se formulata
con le più buone intenzioni, sarà sempre inadeguata e inopportuna. In questi casi
c'è solo da “piangere con chi piange”, da avvolgere con affetto, comunicare loro
quella vita che sentono che è stata loro strappata. Solo dopo qualche tempo può
venire il momento del dialogo.
Dicevo che le persone da tenere lontane sono le persone “pie”, che su tutto hanno
già una sentenza, una verità preconfezionata, sono coloro che alla persona
distrutta dal dolore sentenziano: “il Signore l'ha chiamato”, “il Signore l'ha
preso”(immaginate che consolazione!..)
Ancora - e l'ho sentito spesso, specie per una persona giovane - :“era già maturo
per il Paradiso”. Se poi si tratta di un bambino: “i fiori più belli li vuole il
Signore”, come se Dio fosse un giardiniere pazzo che strappa i fiori che piacciono
a noi per lui. “I più buoni li vuole con sé”. Possiamo continuare con “è volontà di
Dio”, “accetta la croce che Dio ti ha mandato”,“è il Signore che pota” e via di
seguito. Allora, adesso prendiamo tutte queste sciocchezze, le gettiamo nel
contenitore senza fondo dello stupidario religioso e veniamo alla luce del
messaggio del Signore.
Per prima cosa vediamo di correggere un po' il linguaggio.
Il linguaggio è importante perché normalmente esprime quello che pensiamo. Di
solito si contrappone la vita alla morte: questo è già il primo errore da evitare.
Non c'è infatti da contrapporre la vita alla morte ma la nascita alla morte che sono
entrambi aspetti importanti della vita dell'individuo.

1
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16/04/2012 15:02
 
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Nelle due fasi c'è una nascita e una morte. C'è un momento nella vita del bambino
ancora nel seno della madre che se vuol continuare a vivere deve “morire” a tutto
quello che è per aprirsi ad un mondo nuovo. Tutte quelle esperienze che nella sua
incompletezza a lui sembrano piene, sfociano in una meraviglia e soltanto
nascendo troverà e sperimenterà l'amore, l'affetto dei genitori, la luce e tutto
quello che appartiene all'umanità.
Anche nella nostra esistenza arriva un momento che, se vogliamo continuare a
vivere, abbiamo bisogno di una nuova nascita. Ecco perché nella saggezza dei
primi cristiani il giorno della morte veniva chiamato il “giorno natalizio”, il
giorno della nascita. Non si muore ma si nasce due volte e la seconda nascita è
per sempre. La morte non solo non interrompe la vita ma è quel momento
importante che permette alla vita di fiorire in una forma nuova, completa e
definitiva.

Quindi la vita non cessa con la morte ma entra nella sua vera e definitiva
dimensione.
Nella nostra vita terrena percepiamo solo dei frammenti dell'amore infinito del
Signore ma lo sperimenteremo in pienezza attraverso la morte, proprio come il
bambino che nel seno della madre ha potuto percepirne l'amore ma soltanto
morendo a quello che era lo ha potuto sperimentare in pienezza.
Nel Nuovo Testamento il termine vita si scrive con due termini greci che è
importante conoscere. Si parla di vita come “bios” da cui la parola biologia che
conosciamo tutti e si parla di vita come “zoe”. E' importante questa distinzione.
Bios è la vita che per crescere deve ricevere nutrimento. Zoe è la vita definitiva
che per crescere deve nutrire. Nella nostra vita noi dobbiamo nutrirci per
alimentare la nostra carne ma, per far crescere quella vita che poi durerà per
sempre, dobbiamo alimentare gli altri. Quindi nell'uomo che orienta la propria
vita al bene degli altri inizia un processo di trasformazione e fa sì che quella vita
che è unicamente umana, biologica, confluisca nella vita divina, quella destinata a
durare per sempre e che viene chiamata vita eterna.
Non basta essere viventi, bisogna che siamo vitali! Se siamo viventi, questa vita
ha un inizio e avrà una fine. Se siamo vitali noi non faremo l'esperienza della
morte.
Ogni scelta positiva che noi saremo capaci di compiere nel corso della nostra
esistenza, libererà in ognuno di noi delle capacità di amore che rimarranno per
sempre e saranno capaci di realizzare il progetto del Creatore che ci regala una
vita eterna, non tanto per la durata, ma per la qualità che è indistruttibile.
I primi cristiani non credevano nella resurrezione dei morti ma in quella dei vivi.
Credevano che il Signore non risuscitava i morti ma comunicava ai vivi una vita
di una qualità tale capace di superare la morte. Questa convinzione era talmente
radicata che S.Paolo può affermare che essi sono già risuscitati.
Nella lettera agli Efesini Paolo dice che “Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha
fatti sedere nei cieli” e sta parlando dei vivi..I primi cristiani credevano nella
risurrezione dei vivi, cioè in una vita di una qualità tale pari a quella dei risorti.
Non avevano paura della morte perché sapevano che la morte non l'avrebbero
sperimentata.

2
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16/04/2012 15:02
 
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Nei libri apocrifi, ad es. nel vangelo di Filippo, si legge “se non si risuscita mentre
si è ancora in vita, morendo non si risuscita più”
Nel vangelo di Tommaso si legge “i morti non sono vivi e i vivi non morranno”.
Questa è la fede della prima comunità cristiana ed è di questa fede che noi ci
dobbiamo riappropriare per avere con la morte un rapporto diverso, un rapporto
evangelico.
La vita eterna si chiama così non per la sua durata infinita ma per la qualità che
provenendo da Dio è indistruttibile. Gesù parlando della morte cambia il concetto
esistente nel mondo ebraico che credeva che ci fosse la vita poi la morte e poi,
come premio per il buon comportamento dei giusti, ci sarebbe stata la vita eterna.


Per Gesù la vita eterna non è un premio nel futuro ma una condizione nel
presente. Già in questa vita ci può essere una condizione tale che può essere
considerata eterna. Quando parla di vita eterna Gesù non adopera mai i verbi al
futuro.
Non un premio futuro per chi si è comportato bene ma la condizione presente per
chi accoglie il messaggio di Gesù e con lui e come lui collabora al bene
dell'umanità. Possiamo così comprendere altre espressioni di Gesù: “chi mangia
la mia carne ha la vita eterna” cioè chi si assimila a Gesù e vive di Lui ha già la
vita eterna. Oppure dice ancora: “chi osserva la mia parola non morirà mai”. Chi,
come Gesù, si fa pane, alimento per la vita degli altri, ha come Cristo una vita
capace di superare la morte.
Vediamo ora nel concreto dove Gesù si appropria del concetto ebraico di
Risurrezione e ne cambia il significato. C'è, nel Vangelo, un episodio drammatico
molto conosciuto la morte di un amico di Gesù: la morte di Lazzaro. Lazzaro è
già morto da quattro giorni (quindi morte definitiva) e, quando arriva, Gesù viene
investito dai rimproveri della sorella di Lazzaro, Marta: “Signore se tu fossi stato
qui mio fratello non sarebbe morto”.(Gesù sembra essere assente nei momenti
Marta si sfoga con Gesù che le risponde che suo fratello risusciterà. Marta si
dimostra seccata: “Lo so che risusciterà nell'ultimo giorno”.. Quando si è nel
lutto, non è certo una consolazione sapere che il defunto risusciterà alla fine dei
tempi.. Questo non solo non consola, ma getta nella disperazione. E' infatti
“adesso” che manca la persona cara, è “adesso” che la si vorrebbe vedere,
abbracciare e toccare. Marta avrebbe voluto un intervento per prolungare un poco
la vita del fratello. Gesù afferma: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in
me anche se muore vivrà”. Egli rivendica qui la pienezza della condizione divina.


Io sono. E' il nome di Dio nell'Antico Testamento Non “io sarò”. Gesù assicura
Marta che chi crede anche se muore vivrà. Alla comunità che piange uno dei suoi
componenti defunto dice che chi dà adesione al comportamento di Gesù - e dare


adesione non significa accettare delle dottrine - cioè se ha orientato la vita al
servizio del bene degli altri, anche se muore continua a vivere. Quindi la prima
importante affermazione è che se anche noi vediamo un cadavere, sappiamo che
importanti, nei momenti del bisogno). la persona che ha fatto del bene continua a
vivere.
Ai viventi Gesù dice “chiunque vive e crede in me non morirà mai”.


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16/04/2012 15:02
 
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Bisogna prendere sul serio queste parole. Noi che siamo vivi e orientiamo la vita
al bene degli altri non faremo l'esperienza della morte. Gesù ci libera dalla
morte. Noi non moriremo. Saranno gli altri che un giorno ci vedranno cadaveri
ma noi non ne faremo l'esperienza. Dicono gli scienziati che ogni giorno
muoiono in noi milioni di cellule ma noi non ce ne accorgiamo.
Ce ne accorgiamo a distanza di tempo perché non vediamo più in noi quella
freschezza ed elasticità della gioventù.. Arriverà un giorno in cui tutte le nostre
cellule cesseranno di esistere ma noi non ne faremo l' esperienza.
Quindi i nostri cari non hanno sperimentato la loro morte. Siamo noi che
l'abbiamo vista, l'abbiamo sofferta ma loro non se ne sono accorti, non hanno
sperimentato il momento della morte.
Un altro interrogativo inquietante che ci poniamo è dove sono e come sono i
nostri defunti?
E' il Vangelo di Giovanni al cap.12 che ci viene in soccorso. Scrive l'evangelista:
“Sei giorni prima della Pasqua Gesù andò a Betania dove c'era Lazzaro che aveva
risuscitato dai morti e qui gli fecero una cena”. Quando Giovanni usa il termine
“cena” indica sempre l'Eucaristia. La primitiva comunità cristiana ha sostituito al
banchetto funebre la celebrazione eucaristica.
Si usava fare un banchetto dopo il decesso della persona cara e per ricordarla si
lasciava un posto vuoto..
Leggiamo: “Fecero una cena. Marta serviva e Lazzaro era tra quelli che stavano
(qui c'è un verbo difficile da tradurre) consdraiato con Gesù” Nei pranzi festivi,
solenni si mangiava sdraiati su lettini, appoggiati ad un gomito e con l'altra mano
si prendeva cibo. L'evangelista sta dicendo una cosa straordinaria: Lazzaro è
consdraiato con Gesù. Nell'Eucaristia la presenza di Gesù comporta quella di
Lazzaro, quindi quella delle persone care. Se c'è un momento privilegiato nel
quale possiamo toccare con mano, sperimentare la presenza viva dei nostri
cari è l'Eucaristia. Notate che in questa cena ognuno compie un'azione : Marta
serve, Maria unge il Signore di profumo. L'unico che non fa nulla, ed è
apparentemente passivo è Lazzaro. Strano..neanche una parola. Lui è presente con
Gesù. L'evangelista ci sta dicendo che la morte non allontanava il defunto dalle
persone ma lo avvicinava in modo ancora più intenso.
E Maria cosa fa? Prende il profumo, unge i piedi di Gesù e “tutta la casa si
riempì del profumo dell'unguento”. Il profumo della vita è la fragranza della
comunità cristiana. E' il profumo della celebrazione eucaristica dove l'amore
ricevuto da Dio, accolto, si trasforma in amore comunicato agli altri e ci permette
di essere in sintonia con i nostri cari.
Ma dove stanno i nostri cari? Stanno in Dio ma è anche vero che, nonostante i

suoi tentativi di avvicinarsi agli uomini noi Dio lo teniamo sempre lontano. E'
drammatico che a distanza di duemila anni, per molti cristiani Dio sia lontano,
spesso inaccessibile o comunque non vicino agli uomini. Eppure la rivelazione di
Gesù è che Dio è talmente vicino che risiede nel più profondo dell'intimo
dell'uomo.

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16/04/2012 15:03
 
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Fino a quando non comprenderemo questa rivelazione di Gesù il nostro

rapporto con Dio sarà sempre un rapporto viziato da un errore. Fino a che

pensiamo a Dio come un'entità alla quale inviare le nostre preghiere, da

cercare, da supplicare, come potremo scoprire che Dio è nel profondo della

nostra esistenza e attende solo le condizioni opportune per manifestarsi?

Quando nei Vangeli si parla dell'ascensione di Gesù, questo non indica una
separazione, ma una vicinanza. Dio non solo è con noi, ma è qui dentro di noi.
Questo è importante e lo dico perché fino a una trentina di anni fa quando moriva
qualcuno, specie nell'ambito religioso, si diceva “è tornato alla casa del
Padre”..quanto amano le persone usare queste espressioni ! Ma è una negazione
del messaggio evangelico che attinge le radici dalla filosofia pagana e non nella
rivelazione di Gesù.
Nella filosofia greca le anime stavano con Dio, separate dagli uomini e quando
dovevano scendere si incarnavano in un uomo ma il loro desiderio era di tornare
al più presto nel cielo perché quella era la loro patria.
Questo ha portato anche al disprezzo della carne che veniva vista come una
prigione delle anime. Così quando la persona moriva, allora sì, tornava alla casa

del Padre.
In maniera un po' scherzosa io immagino questi poveretti che stanno cercando
questa “casa del Padre” ma non la trovano!
La nostra fede deve attingere alla rivelazione, al Vangelo. Se attinge al di fuori,
rischiamo di deviare. Gesù nel cap.XIV del vangelo di Giovanni annuncia una
profonda verità: “se uno mi ama osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e
noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui”. Questa è la risposta del Padre
ad un comportamento tenuto su questa terra, non è una promessa per l'aldilà. I
primi credenti lo sapevano bene; S.Paolo dice che noi siamo il santuario di Dio,
dello Spirito Santo. Dio ci ama tanto da chiedere di essere accolto per fondersi
con il credente e fare di ogni persona l'unico vero santuario dal quale si
irradia l'amore di Dio.
Con la morte non si va in cielo, perché il cielo è venuto ad abitare in noi.
Allora la profonda verità che Gesù ci dà è che Dio è in noi e questo Dio si
manifesta nella nostra esistenza tutte le volte che noi siamo profondamente e
totalmente umani.

Noi siamo la casa del Padre e questa casa è indistruttibile.

Capiamo ora il monito dei Vangeli quando si va a cercare Gesù nei luoghi
sbagliati. Per molti i defunti stanno o al cimitero o nei cieli, da qualche parte.
Quando le pie donne vanno al cimitero, si trovano la strada sbarrata da due
uomini in vesti splendenti che dicono: “perché cercate tra i morti chi è vivo?”
Non è facile. Eppure il Vangelo ci obbliga a fare una scelta: o piangiamo i nostri
cari come morti o li sperimentiamo come vivi.. Finché i nostri cari sono pianti
come morti, non sarà possibile accorgersi della loro presenza nella nostra vita.

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Prendiamo due esempi di questa fede: la Madre di Gesù e la discepola Maria di
Magdala.. Entrambe hanno il coraggio di essere presenti presso la croce di Gesù.
Dovete sapere che l'ordine di cattura non era solo per Gesù ma anche per tutti i
suoi seguaci. Era ritenuto pericoloso il messaggio di Gesù che sconfiggeva la
morte. Se infatti la gente non ha più paura neppure della morte, diventa
incontrollabile. Finché scampa anche un solo discepolo di Gesù, l'istituzione
religiosa non dorme sonni tranquilli!
Quando Gesù viene catturato dice: “se cercate me, lasciate che questi se ne
vadano” e molti si nascondono proprio per paura dell'istituzione religiosa. Ma
alcuni no,si presentano presso il patibolo di Gesù. Non per andare a consolare un
morente, ma per essere disposti a fare la stessa fine del maestro.
Quando Giovanni presenta Maria presso la croce, non sottolinea e neanche ne
parla, il dolore della madre per il figlio, ma la grandezza della discepola disposta
a fare la fine del suo maestro. Maria non è grande perché ha dato alla luce
Gesù ma perché è stata capace di diventarne la discepola.

Sotto la croce si trova anche Maria di Magdala, ma mentre Maria è all'apice del
suo cammino di fede, Maria di Magdala ancora no.
Dopo la sua presenza presso la croce Maria scompare. Purtroppo gli artisti, i poeti
credendo di farle onore in realtà la diminuiscono nella sua fede. Bellissima la
Pietà di Michelangelo, ma al momento della deposizione del cadavere dalla croce,
la Madre non c'è. Lei non piange un morto, continua a seguire un vivente. Alla
deposizione della croce ci saranno invece Giuseppe di Arimatea e il fariseo
Nicodemo incapaci di seguirlo da vivo. .
Quando si parla di persone che sono morte si dice che si sono addormentate. Il
dormire non è la cessazione della vita ma è una pausa nel ritmo della nostra vita
ed è indispensabile e salutare per poi riprendere con più forza e proseguire la
nostra vita. Quindi dormire non ha nulla a che vedere con la morte.
L'assenza della Madre sarà ancora più clamorosa al sepolcro dove troviamo
diverse donne ma non lei. Lei non ha bisogno di angeli che le sbarrino la strada e
le dicano “perché cercate tra i morti colui che è vivo? . Lei continua infatti a
seguire il Vivente.

Maria di Magdala ancora non è arrivata alla pienezza di questa fede e va al
sepolcro, piange rivolta alla tomba e non si accorge che Gesù è dietro di lei che
aspetta. Gesù la chiama, lei si volta, lo vede lì in piedi (“in piedi” è l'espressione
che intende l'essere risorto) ma non sa che è Gesù.
Questo è importante perché è anche la nostra esperienza.
Gesù aspetta che lei smetta di piangere. Finché piange rivolta ad una tomba, non
può sperimentare il vivente. E' quello che facciamo con i nostri cari; siamo
talmente convinti che la morte sia la fine di tutto che anche vedendoli, non li
riconosciamo.
Quello di Maria di Magdala è un doppio voltarsi. Il primo non è stato sufficiente.
Quando Gesù la chiama per nome percepisce il vivente e vivificante accanto a
lei.
Per esprimere tutto questo gli evangelisti adoperano tre immagini del ciclo vitale:
dormire, seminare e risplendere

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Gli evangelisti parlano della morte come di un dormire, quindi non una
cessazione della vita ma di una pausa per riprendere con più vigore .
Cimitero significa proprio “dormitorio”.
Altra immagine, molto bella, è il seminare. Gesù dice che “se il seme caduto
in terra non muore rimane solo se muore porta molto frutto”. Attraverso
l'immagine del chicco che marcisce producendo frutto abbondante Gesù
mostra che la morte non è che la condizione perché si liberi tutta l'energia
vitale che l'uomo contiene. La terra comunica al seme quegli elementi organici
indispensabili per la sua trasformazione e per il suo completo sviluppo. Il
chicco di grano contiene in sé delle potenzialità, energie che per liberarsi ha
bisogno di essere messo in terra e marcire. Allora in ognuno di noi ci sono
delle potenzialità che nel breve corso della nostra esistenza - vivessimo pure
99 anni - non riusciremo a liberare in pienezza. Il momento della morte è
l'inizio di quel processo di crescita che fa si che il chicco di grano diventi una
spiga.
Nel corso della vita noi sviluppiamo frammenti delle nostre potenzialità. E'
un'esperienza che abbiamo fatto tutti: quando si è trattato di assistere una
persona cara, abbiamo scoperto dentro di noi delle energie che ci erano
sconosciute, della tenacia che non sapevamo di avere ma che c'era. C'è voluto
il momento opportuno perché tutto questo fiorisse. Ebbene nel momento della
morte tutte le nostre energie esploderanno nella loro pienezza.
Abbiamo parlato del chicco di grano che diventa spiga ma proviamo ad
immaginare il seme del girasole. E' un seme insignificante, grigio ma il fiore
del girasole è una meraviglia! Eppure tutta la bellezza del girasole è contenuta
nel seme e solo quando cade in terra sprigiona tutta la sua energia.
Questo vale per noi e vale per i nostri cari che, passati attraverso la morte,

continuano a liberare tutte quelle energie che li ha resi estremamente belli.
Un'altra categoria usata dagli evangelisti è quella del risplendere.
La morte di Gesù è stata uno scoglio molto grande, una cosa difficile da
accettare per i discepoli ed è per questo che li porta con sé e mostra loro qual è
la condizione dell'uomo che passa attraverso la morte. Pietro non voleva che
Gesù morisse, per lui la morte significava la fine di tutto, il fallimento. Allora
Gesù li porta su un monte e davanti a loro si trasfigura. Mostra che la morte
non distrugge l'individuo ma lo potenzia.
Questa trasformazione è la condizione di ognuno di noi. La vita non viene
trasfigurata solo dopo la morte ma ha già inizio nel corso di questa esistenza
terrena. Per ogni uomo arriva il momento che la sua armonica crescita fisica e
spirituale subisce una metamorfosi; questo lo si capisce soltanto arrivando ad
una certa età. La vita biologica cresce e giunge fino al suo massimo sviluppo
ma poi arriva implacabile, inarrestabile il declino fino al disfacimento totale.
S.Paolo ha parole brutali per indicare questo, nella lettera ai Corinzi: “Non ci
scoraggiamo anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo”. Dispiace a

tutti che andiamo disfacendoci e cerchiamo di ritardarne il momento andando
in palestra, facendo ginnastica, mettendo creme o quello che volete...ma il
declino è inarrestabile!

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16/04/2012 15:04
 
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Eppure proprio nel momento del declino la parte della vita interiore non
accompagna il decadimento della vita biologica ma continua la sua crescita. Si
arriva così ad un certo punto che c'è una separazione tra quello che siamo
interiormente e quello che appariamo esteriormente, al punto che neanche ci
riconosciamo perché noi non ci vediamo nell'immagine che trasmettiamo agli
altri ma ci vediamo in quella che siamo “dentro”. C'è una prova che possiamo
fare tutti, è l'esame fotografia! Ad una certa età guardando le foto cominciamo
a dire: “qui sono venuto male”, “qui non mi ha preso bene” ...non è che ci
hanno preso male o non siamo venuti bene; è che siamo male, non siamo più
bene!
S.Paolo continua dicendo: “il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in
giorno”. Il corpo invecchia ma la vera vita si fa sempre più giovane, di giorno
in giorno.
Con la morte c'è la liberazione di questa vita.
Terminiamo ora con il titolo che abbiamo dato a questa relazione. Perché
“ultima beatitudine”?
L'ultima beatitudine appare nel libro dell'Apocalisse che afferma: “Beati i
morti che muoiono nel Signore”. “Beati” indica una pienezza di felicità che
assomiglia a quella di Dio e come si può associare a “quelli che muoiono”?
Pienezza di felicità e morte ma com'è possibile? L'Apocalisse continua:
“Riposeranno dalle loro fatiche perché le loro opere li seguiranno”. Allora
cerchiamo di comprendere.
Cosa significa “morire nel Signore”? E' morire come Lui avendo posto come

obiettivo della propria esistenza il bene degli altri. Allora quelli che vengono

colti dalla morte facendo del bene, l'evangelista li proclama pienamente felici
perché “riposeranno dalle loro fatiche”. Attenzione non è l' “eterno riposo”...
Quando ero piccolo, per farci capire cos'era l'aldilà, l'eterno riposo, quei
benedetti catechisti, le suore ci dicevano: “immaginate un teatro dove siete in
platea, sul palco sta il Padre Eterno e voi lo state a contemplare per
l'eternità”...(peggio di una condanna!)
Pensate alle persone care che abbiamo conosciuto: vivaci, vitali, dinamiche.
Come possiamo pensare che riposano per tutta l'eternità?
Quando l'autore parla di “riposo dalle loro fatiche” non intende il cessare
dell'attività. Questa continua perché veniamo associati alla stessa azione
creatrice del Creatore. Non è un ozio eterno ma essere inseriti nella stessa
azione creatrice del Padre.
“Le loro opere li seguono”. E' importante: l'unica cosa che portiamo nella
vita eterna è il bene concreto che abbiamo fatto agli altri. I titoli, i soldi, le
carriere, tutto quello per cui abbiamo sprecato energia si lascia. L'unica cosa
che ci portiamo è il bene fatto agli altri. Se c'è questo, la morte non ci separa
dai nostri cari ma ci avvicina ancora di più. Non sarà un'assenza ma una
presenza, una vicinanza e, soprattutto, l'amore che abbiamo con i nostri cari
non viene meno ma viene potenziato perché da quel momento si diventa
capaci di amare con lo stesso amore di Dio.

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16/04/2012 15:04
 
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Un'altra frase che a volte si legge negli annunci mortuari è: “è mancato all'affetto
dei suoi cari”.. ma figuriamoci! E' proprio con la morte che l'affetto cresce. I
nostri cari sono qui con noi e ci amano con l'amore che abbiamo conosciuto
nell'esistenza terrena e con un amore ancora più grande perchè ci amano con la
stessa potenza dell'amore di Dio. Per questo, la loro morte - e lo dico in punta di
piedi perché so che posso ferire qualcuno - non è una perdita per noi ma un
guadagno. Soltanto quando capiremo questo, la loro beatitudine sarà grande. E'
Gesù che lo ha detto: “non capite che è un bene per voi che io me ne vada?” “Se
voi mi amaste, vi rallegrereste che me ne vado”.

Finché la persona esiste, il contatto è possibile soltanto se la vediamo, ma se
siamo lontani non è possibile il contatto. Ebbene dal momento della morte, la
persona cara ci è sempre accanto con un'intensità che se noi smettiamo di
trattenerla col nostro dolore, di piangerla come morta , la potremo sperimentare.

Concludo, permettetemi, con una mia esperienza.

Questo tema è da anni che lo studio, lo sviluppo e ci credo a queste cose ma mi
chiedevo ”il giorno che toccherà a me sperimentarlo nella mia carne, sarà vero
tutto questo?” Quando morì mio padre tutte queste cose si sono verificate esatte.
Un'unica cosa ho cambiato. Credevo - perché così mi dicevano - che quando
muore una persona cara, muore qualcosa dentro di noi. Io, davanti al cadavere di
mio padre, ho sentito una pienezza di gioia, di vita talmente crescente e
traboccante da essere imbarazzante. Piangevo il cadavere e dentro di me sentivo
una felicità incontenibile che mi sconcertò. Mi chiesi: “ma com'è possibile che
lo piango e nello stesso tempo ho questa gioia incontenibile?”. Poi ho capito.
Mio padre mi voleva tanto bene. Adesso che era entrato nella condizione divina,
il bene che mi voleva lo potenziava con l'amore di Dio.

L'augurio con il quale termino la relazione sulla morte e la vita nei Vangeli è che
la presenza dei nostri cari la possiamo sperimentare in un crescendo traboccante
e ci faccia capire che la morte non cambia nulla, non modifica nulla.

Un giorno, passeggiavo con il mio confratello nel giardino e gli ho detto:
“Riccardo, vuoi vedere che siamo morti e non ce ne siamo accorti! Ci si vuol
bene, viviamo in un bel posto, siamo circondati da tanto affetto...” Così non
faremo l'esperienza della morte, non ce ne accorgeremo.

Quello che ci viene chiesto è di alzare la soglia del nostro amore per poter
intrecciare la nostra vita con quella di coloro che ora sono solo e unicamente
espressione di amore.

Vi ringrazio!

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16/04/2012 15:04
 
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DOMANDE

In questa stupenda spiegazione ( se la Chiesa spiegasse così saremmo molto
più avanti) può dire cosa rappresenta la reincarnazione?

Bisogna distinguere tra fede e religione. Gesù è nato nella religione ma ha
cercato di traghettare i suoi nel mondo della fede. Per religione si intende quello
che gli uomini hanno creato per rapportarsi alla divinità. Quindi le preghiere, le
offerte, i sacrifici, il dare a Dio. Nella religione l'amore di Dio va meritato. In
tutte le religioni, compresa quella giudaica, il credente è colui che obbedisce a
Dio osservando le sue leggi e l'amore di Dio deve essere meritato .

Nel Vangelo di Giovanni c'è un'affermazione importante: Dio nessuno lo ha mai

visto,” solo il Figlio ne è la rivelazione.
Gesù è venuto ad indicare una nuova relazione con Dio, incompatibile con
quella della religione. Il messaggio di Gesù non può essere inserito nei canoni
della religione ma in quello dalla fede. Per fede si intende l'accoglienza di ciò
che Dio fa per l'uomo. Gesù sostituisce il rapporto col Padre basato
sull'obbedienza della sua legge con l'accoglienza del suo amore. L'obbedienza
alla legge spesso causa sofferenza perché molti non possono o non vogliono
vivere queste leggi; con Gesù il credente è colui che assomiglia al Padre
praticando un amore simile al suo.
Gesù ha scandalizzato! Sapete che in tutte le religioni, compresa quella
giudaica, Dio premia i buoni ma castiga i malvagi. Gesù ci dice che questo non
è il Padre. Gesù non cita argomenti teologici difficili; dice “guardate la
giornata, vedete, oggi c'è il sole. E il sole cosa fa? Illumina e riscalda soltanto il
campo della persona buona? No, il sole riscalda tutti, buoni e cattivi. E se
domani piove, piove soltanto nell'orto della persona meritevole? No, la pioggia
scende su tutti. Così è l'amore di Dio. Un amore che si rivolge a tutti perché –
ed ecco la buona notizia – il Padre di Gesù non è attratto dai meriti delle
persone ma dai loro bisogni. Meriti non tutti ne possono avere, bisogni sì.
L'amore non è concesso come un premio ma come un regalo che non dipende
da chi lo riceve ma dal cuore del donatore. Se io adesso do' un premio a
qualcuno, significa che questa persona ha compiuto qualcosa per cui merita il
premio. Se io invece gli dono un regalo, questo non dipende da chi lo riceve ma
dalla mia generosità.
In tutto questo va inserita la differenza tra reincarnazione e risurrezione.
La reincarnazione appartiene al mondo della religione dove l'uomo deve
meritare l'amore di Dio e se non ci riesce in un'esistenza, ci riprova in quella
successiva e così via..
La risurrezione appartiene al mondo della fede. Non viene data per i meriti degli
uomini ma per i loro bisogni; è un Dio talmente amante degli uomini da
comunicare loro la sua stessa capacità di amare e di vivere.

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16/04/2012 15:05
 
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Grazie per quello che ha detto che conferma per me e per molti cose che
nel corso degli anni abbiamo sentito e che sono anche rassicuranti e
consolanti. E' consolante credere nella risurrezione immediata e non
nell'eterno riposo che si recita anche in quella preghiera per i defunti.
Riferendomi a quello che diceva lei prima e cioè che i nostri cari e noi,
quando toccherà a noi, non staremo come in una specie di teatro a
contemplare Dio volevo chiedere - per quanto possiamo sapere - che cosa si
fa “di là” e anche se è vero che molto di quello che si fa è in relazione a ciò
che si è fatto e a ciò che siamo stati in vita.

Ho avuto una fortuna e un privilegio: quello di accompagnare le persone al
momento del trapasso. Noi ci dobbiamo riappropriare del momento della nostra
morte. Agli inizi del secolo scorso c'è stato un grande cambiamento del concetto
di morte che ha inciso col cambio del luogo della morte. Prima si nasceva e si
moriva in casa e la morte era un aspetto normale della vita. Se guardate le
stampe o le foto antiche vedete che accanto al letto del defunto ci sono bambini,
c'è tutta la famiglia. Il morire era un arte, c'erano libri intitolati “l'arte del
morire”. Poi col progresso della scienza, gli ospedali da luogo dove ci si andava
per guarire si sono trasformati in luoghi dove si va per morire.
Oggi, anche quando non c'è più niente da fare per la persona, si chiama il 118
per un qualche improbabile intervento privando la persona dell'affetto e del
calore necessari per affrontare il momento del trapasso. Quindi è cambiato il
concetto di morte. Oggi la morte più desiderata è quella che prima era la più
temuta. C'era una preghiera che diceva “dalla morte improvvisa, liberaci,
Signore”, ebbene,oggi è la morte più desiderata. “E' morto senza accorgersene
quanto è stato fortunato”..
Come prete, sapeste quante volte mi capita di partecipare ad una “commedia
degli equivoci”! Vengo chiamato a casa di una persona ormai negli ultimi
momenti e subito i famigliari mi avvertono: “padre, mi raccomando, non faccia
capire niente che lui non sa”. Poi vado dall'ammalato, mi chiede di chiudere la
porta, mi prende la mano e mi dice “padre, sento che ormai sono alla fine.. non
faccia capire niente ai miei che sennò si spaventano”..
La vogliamo smettere con questa commedia! Io ho la fortuna di accompagnare
spesso le persone al momento del trapasso. E' un'esperienza straordinaria. Bella
per la persona che vive questo momento, sia per la famiglia.
Un mese fa è morta una nostra cara amica, Stefania. Con lei si parlava del suo
morire e del “dopo” e se ne parlava in famiglia e ci si poteva anche permettere
di scherzare sul morire. Ricordo gli ultimi giorni quando ormai stava
spegnendosi, recitai il Padre nostro e, preso anch'io dall'emozione, dallo stress,
saltai l'invocazione “venga il tuo regno”, lei che aveva gli occhi chiusi, li ha
aperti e mi ha detto: “Alberto, mi sembra che sei più partito di me!”. Quindi si
scherzava, si parlava del morire. In quella casa non si parlava mai di una fine,
ma di un inizio. Mai di morte ma di una nuova vita. E' stata un'esperienza
veramente di grande vita!
Ora torno alla domanda della signora. Cosa fanno? Vengono associati da Dio
alla sua stessa azione creatrice.

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16/04/2012 15:05
 
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Continuano ad amarci con una intensità sconosciuta.
Facciamo una prova che tutti quanti sperimentiamo. Quando erano in vita, non
sempre i rapporti erano facili; è normale, ci sono spigolature di carattere, ci
sono difficoltà, a volte degli screzi, malumori, stanchezze... Avete notato che
dal momento della morte, più passa il tempo, della persona ricordiamo solo le
cose belle, buone, positive? Perché? E' un problema della memoria o una
profonda realtà che stiamo sperimentando? Inseriti nelle pienezza dell'amore di
Dio, quei limiti di carattere, di temperamento che avevano nella loro esistenza,

via-via sono andati eliminandosi e ora sono pienamente amore.
Cosa fanno allora i nostri cari? Continuano a cooperare alla stessa azione
creatrice del Padre comunicando vita.
Il regalo più bello che possiamo loro fare è quello di non piangerli come morti
ma di sperimentarli come vivi.
So che ora sto per dire una cosa che può urtare. E' difficile parlare di queste
tematiche senza urtare le sensibilità!
Quando Gesù resuscita Lazzaro dà un comando apparentemente assurdo:
“Scioglietelo e lasciatelo andare”. Perché non dice: “Scioglietelo dai legacci
della morte e fatelo venire, abbracciamolo, facciamogli festa”.
“Lasciatelo andare”. Dove deve andare Lazzaro? Egli deve continuare la sua
esistenza nella pienezza di vita dell'amore del Padre.

Allora anche noi dobbiamo sciogliere dai legacci della morte e lasciare andare.

Noi tratteniamo i nostri cari, ad esempio conservando le loro cose; a volte mi

capita di andare in certe case, specie dove è morta una persona giovane, un

figlio e lì trovo la camera intatta: gli abiti, i mobili, gli oggetti. Il giorno in cui

si ha il coraggio di “lasciarlo andare” (e qualcuno ci riesce) e di liberarlo dalle

cose che lo trattengono ancora a noi ma che non gli appartengono più, non si

subisce una perdita ma un guadagno perché non si trattiene più la persona

nell'aspetto materiale, visibile e gli si permette di manifestarsi nella pienezza

di vita che ora possiede.

I nostri cari continuano, nella sfera dell'amore di Dio, la loro esistenza e

continuano ad esserci accanto vivi, viventi e vivificanti.

Innanzitutto devo ringraziarla perché ho condiviso alcune delle cose che

ha detto e son contento le abbia dette. Io non voglio far parte di nessuna
“etichetta”, ho fatto parecchie esperienze nella mia vita: sono stato
battezzato, sono stato buddista, ne sono entrato e uscito... e mi chiedo
perché ci devono essere guerre di ideologismi quando ad es. stasera ho
sentito dire tante verità a cui credo fermamente?

Ti ringrazio per questo tuo intervento.
Le guerre sono sempre di religione, mai di fede. Avete mai sentito parlare di
“guerre di fede”? La “religione” pretende di avere la verità, crede di possederla
e vede come concorrenti le altre religioni.


Gesù non dice “Io ho la verità” ma “Io sono la verità” e a noi non chiede di

avere la verità, ma di essere nella verità, di fare la verità, di camminare nella

verità.

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16/04/2012 15:05
 
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Se io dico “io ho la verità”, dal momento che non la condividete e non siete
d'accordo con me, io vi vedo come dei rivali, dei nemici e più voi mi resistete,
più sento nascere in me un sentimento aggressivo.
Chi ha la verità si divide da chi non l'accetta. Chi ha la verità si permette di
giudicare chi non la pensa come lui.
La verità nel Vangelo di Giovanni è l'orientamento della propria esistenza per il
bene degli uomini. Ecco perché Gesù a noi non chiede di avere la verità...
(perché io posso avere una verità, tu ne hai un'altra, lui ne ha un'altra e questo ci
divide, innesca meccanismi di aggressività) Gesù ci chiede di essere, di fare, di
camminare nella verità.
Mentre chi ha la verità si divide dagli altri, chi è nella verità si avvicina.
A me non interessa quello che pensi, le tue idee religiose o quelle politiche, mi
interessa soltanto che sei una persona da amare e come tale - con Dio e come
Dio - non potrò non dimostrarti il mio amore.
Le guerre si fanno da chi ha una dottrina e ne rivendica l'unicità.
La pace nasce da quelli che vivono nella verità e sono verità per gli altri.


Io sono un'educatrice, lavoro in una casa di riposo e mi occupo degli
anziani in questa struttura, tra i miei compiti c'è anche
l'accompagnamento alla morte. Io sono l'ultima figura che loro vedono
quando i parenti non ci sono e nemmeno il prete...
I miei progetti sono basati sulla sopravvivenza: dalla pittura, dopo la morte
espongo i loro quadri, al giardinaggio, loro muoiono ma le piante
continuano a vivere...
Nonostante ciò mi trovo spesso in difficoltà . Molti anziani muoiono senza
coscienza ma molti invece coscienti ed è evidente la scissione di cui ha
parlato. Alcuni sono in preda a terrore e io sono lì... un prete mi ha detto:
“prega” ma loro non mi stanno nemmeno a sentire. Che consiglio mi dà?

Da anni mi occupo dell'arte del morire e per me è veramente una grazia
accompagnare le persone al momento della morte.
Nella gran parte dei casi la persona che era sofferente, nel dolore, appena spira
assume un'espressione di grande serenità e il più delle volte un sorriso.
Attenzione: non è solo qualcosa di tecnico, i muscoli che si rilassano, è
qualcosa di diverso. Nel momento della morte sono stati accolti da tutti quelli
che li avevano preceduti e soprattutto dal Signore. Nella preparazione alla
morte le persone sono lì ma sono anche già da un'altra parte. Avete notato il loro
chiamare il padre e ancora più spesso la madre; non è solo un invocare, li
vedono già presenti. Nel momento del morire la nostra stanza si affolla di
persone. Ci sono tutti quelli che ci hanno preceduto e ci vengono ad accogliere.
In mezzo a questa folla ci sarà anche Gesù. Come faremo a riconoscerlo? Sarà
quello che per primo verrà a servirci perché l'azione di Gesù è quella di essersi
fatto servo degli uomini. Ed è questo che stampa il sorriso, la beatitudine sul
volto del morente. Credo che il parlargli delle persone che gli vengono
incontro sia molto significativo ed efficace, toglie l'angoscia degli ultimi
momenti.

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16/04/2012 15:06
 
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Di fronte a una mamma che si chiede “perché mio figlio a quindici, venti o
trent'anni?”. Che significato ha questa vita che per uno dura cinque, per
un altro venti? Come lo spiega? Perché queste vite interrotte
prematuramente?

Sarei presuntuoso, oltre che stupido, se pretendessi di dare una risposta. Io ho
soltanto una certezza ed è che la morte non interrompe la vita
Qualunque tipo di morte. Nella morte la vita non è interrotta ma la morte
permette alla vita di fiorire in maniera piena e definitiva. Anche nel caso di una
persona giovane, non è una vita distrutta, una vita incompleta ma è una vita che
al momento della morte si proietta in dimensioni sconosciute. Nel caso dei figli
-almeno per l'esperienza che ho - attraverso i sogni, che non sono solo sogni
ma esperienze che facciamo dei nostri cari, i figli dicono che stanno in una
pienezza di felicità con un unico neo: le lacrime, il pianto dei loro genitori.
Quando i genitori saranno capaci di non piangerli e di avere un dolore sereno,
questi figli saranno nella pienezza di felicità.
Nella morte, in qualunque età venga e in qualunque situazione avvenga, c'è il
Padre che non “toglie” da questa vita ma accoglie nella sua. Egli elimina gli
effetti della morte e comunica una vita indistruttibile che è per sempre.
Pensiamo i nostri cari in un crescendo di vita. Non pensiamoli come piccoli,
come bambini, pensiamoli come persone che crescono come noi e instauriamo
con loro un rapporto maturo.

Come si pone lei nei confronti delle persone che credono nella
sopravvivenza dell'anima e la ricercano anche attraverso metodologie
“scientifiche”, come può essere la metafonia cioè il ricevere delle
informazioni da chi non è più con noi?

A novembre, a Taranto, ci sarà un convegno simile a questo e mi hanno invitato
a parlarne.
Io non sono competente in queste cose. Io guardo il messaggio: quando il
messaggio è in sintonia con l'insegnamento del Vangelo può essere accettato.
Quello che voglio ricordare sono le parole di Gesù: “lasciatelo andare”. Se
qualcuno adesso mi dicesse che può mettermi in contatto con la persona cara
che ho perso, io non lo vorrei perché è un continuare a tenerlo in una
dimensione che non gli appartiene più.
Spesso questi metodi diventano una sorta di dipendenza.
“Scioglietelo, lasciatelo andare” . Quando Lazzaro esce dal sepolcro è legato
ma questa non era la maniera di seppellire i morti, mettevano infatti un telo.
L'essere “legato” è simbolico. La morte nell'Antico Testamento veniva
immaginata come delle funi. Chi è pratico di salmi lo sa, leggiamo ad es. “Mi
legavano i legacci della morte”.
Gesù dice: “Togliete la pietra e lasciatelo andare”, lasciate che continui in Dio
la sua esistenza.

14



Se continuamente interferite, se non vi basta sapere una volta come sta, come e
dov'è la persona cara, se volete sempre dei suoi interventi e messaggi questo
significa trattenerla. E questo non fa del bene. Lo dico in “punta di piedi” e con
profondo rispetto perché quando ci muore qualcuno, specialmente un figlio,
tutto è rispettabile e comprensibile.
Però se ci è possibile stiamo all'insegnamento della Buona Notizia che fa bene a
noi e fa bene ai nostri cari.

“Scioglietelo e lasciatelo andare”.

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18/04/2012 15:49
 
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Importante:dal sito
AVVERTENZA
Le conferenze di Alberto Maggi sono trascrizioni di incontri tenuti da fra Alberto, ma non riviste dallo stesso. Pertanto si chiede al lettore di tenerne conto, cogliendo il messaggio che viene comunicato al di là delle forme e delle modalità con le quali esso è stato trasmesso. In una trascrizione non è possibile infatti rendere il tono della voce, la gestualità di colui che parla, inoltre alcune espressioni possono essere facilmente fraintese da chi trascrive il testo. Si prega inoltre di fare un uso STRETTAMENTE PERSONALE del materiale presente nel sito e di NON DIFFONDERLO, al fine di evitare malintesi o problemi.


Non ci avevo mai fatto caso,mi sembrava giusto riportarlo.





[Modificato da J.Rebus 18/04/2012 15:50]
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