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Crisi economica e ristrutturazione del debito nell'U.E.

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2010 14:46
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18/11/2010 01:17
 
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Il piano di Obama da 787 miliardi di dollari ne prevedeva 300 per tagli alle imposte per imprese ed individui. Altri 300 erano destinati all'investimento sull'istruzione e ricerca, per cui gli effetti sull'occupazione non li puoi quantificare né verificare nel medio periodo. Il vero effetto moltiplicativo, quindi, avrebbero dovuti darli i restanti 187, cifra estremamente irrisoria rispetto alla crisi che stanno attraversando gli USA. Ovviamente quando si discute con il pensiero di TrixPerito, ogni riflessione pacata è bandita dalla discussione, dato che l'unico obiettivo è fornire una versione fortemente faziosa oltre che falsa. In tutta sincerità credo siate rimasti solo tu e Gilder a credere ancora alle teorie offertiste. Se credi di poter spazzare via il moltiplicatore Keynesiano solamente contrapponendo la paccotiglia teorica dei supply siders, o sei illuso oppure sei ben consapevole della campagna (elettorale) che stai portando avanti.
Gli Usa sono una nazione in cui i beni pubblici scarseggiano, per cui un intervento dello stato, sia in senso distributivo, sia per sopperire a quelle mancanze del mercato come nel caso della sanità, è pienamente auspicabile in maniera molto più massiccia di quanto voluto dall'amministrazione Obama. In realtà si dimentica, o si vuole dimenticare, che l'attuale situazione di deficit di bilancio è stata generata dall'amministrazione Bush, prima con la corsa della spesa militare per finanziare follie come la guerra in Iraq, e dopo per finanziare il TARP per le banche in difficoltà, quello sì un immenso fallimento che ha fatto intascare a managers falliti immense plusvalenze, ed ha ulteriormente indebitato le finanze americane.
Se il taglio delle imposte ti fa provare della libidine, la storia economica dovrebbe farti ricredere del contrario. L'amministrazione Clinton, con una politica fiscale inversa rispetto a quella di Reagan, è riuscita a conciliare alta crescita, bassa disoccupazione, ed inflazione sotto controllo. Tutto ciò aumentando le tasse ai più ricchi e abbassandole a strati più bassi della popolazione. L'amministrazione Bush, oltre al deficit creatosi per la spesa militare, ha contribuito ad indebitare gli americani approvando un taglio da 700 milardi di dollari di tagli alle imposte per i più ricchi. Una politica a dir poco dissennata, la quale non ha rilanciato i consumi del ceto medio, perchè non toccati dai benefici fiscali, ed ha fatto impennare l'inflazione. Per non parlare dell'effetto negativo sull'orientamento della domanda di beni che provoca un eccessivo potere di acquisto dei ceti più abbienti.
La crisi Greca è una crisi di solvibilità, l'intervento dell'Europa è stato eccessivamente tardivo. Ciò ha comportato un aumento dello spread sui titoli di stato Greci, cosa che alla fine ha aggravato solo la misura del prestito. E di tutto ciò dobbiamo ringraziare la Merkel. Alternative all'intervento? No. Far fallire la Grecia avrebbe indebolito l'euro più di quanto sarebbe necessario per riequilibrare le sorti dell'economia europea, per non parlare dei Bond dell'area euro che avrebbero risentito del fallimento in termini di negoziabilità.
Il caso dell'Irlanda è emblematico. Le politiche ultraliberiste che effetto hanno avuto? Una nazione che ha creato un mercato talmente deregolamentato da attrarre troppi investimenti di capitale.
Un qualsiasi studente al primo anno di economia sa che un eccesso di investimenti di natura eminentemente finanziaria non crea una economia forte nel lungo periodo. L'Irlanda ha attirato movimentazioni di capitali che possono essere spostate in meno di un minuto e con un click, possibile che una economia che punta a tassi di crescita elevati possa basarsi solo su questo? Certo che no, e infatti paesi come questi risentono più di altri la presenza di un sistema bancario debole.



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