border="0"

È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
       
CHI SIAMO
            
PROBLEMI D'ACCESSO?
            
SALVASTUDENTI
            
MATRICOLE
     
GALLERIA
      
INFO UTILI UNIVERSITà
        
FACEBOOK
 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Crisi economica e ristrutturazione del debito nell'U.E.

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2010 14:46
Email Scheda Utente
Post: 16
Post: 16
Utente Junior
OFFLINE
17/11/2010 16:03
 
Quota

Si fa largo l'ipotesi, sempre più pressante, che gli apparati dirigenti irlandesi debbano chiedere aiuti dall'U.E.
Premesso che non vi sono norme dei trattati che prevedano una ristrutturazione "legale", diciamo automatica, del debito, il pericolo è che una eventuale bancarotta irlandese potrebbe coinvolgere anche Portogallo, Spagna e naturalmente Italia (nonostante possiamo ancora vantare un buon tasso di risparmio per famiglie), la quale ha un debito altissimo, una evasione fiscale altissima - la più alta d'Europa, dati Istat relativi al primo trimestre 2010- e una spesa pubblica indisciplinata e scarsamente produttiva.
Fino ad ora le risposte di Trichet, il quale non ha alcuna intenzione di accollarsi autonomamente il debito irlandese (infatti questo, se verrà ristrutturato, sarà coperto con soldi del FMI/BCE), sono state quasi esclusivamente rivolte ad auspicare una diminuzione dei conti pubblici e una contestuale compressione di quello che un tempo era il modello europeo, in particolare di marca scandinava, che ha rappresentato sicuramente un modello positivo di intervento statale produttivo ed efficace.
Ora? I divari tra più ricchi e più poveri crescono, le imprese delocalizzano a tutto spiano (certo, libere di farlo. Ci sono però degli aspetti etici preminenti e non sacrificabili sull'altare della produttività tout-court), le tutele nel mondo del lavoro vengono minate seriamente e naturalmente la disoccupazione aumenta.
A me preme, comunque, sottolineare come a fronte di una serie di cambiamenti epocali la classe dirigente italiana sia del tutto inadeguata a governare.
Trovo suicida che un governo, nello specifico l'ennesimo Berlusconi, cincischi e si barcameni per due anni drammatici in questioni del tutto prive di significato, invece di lavorare per disinnescare la bomba della crisi.
Nessuna riforma fiscale all'orizzonte, nessuna riforma strutturale del sistema economico italiano, nessun investimento (che, come chiunque abbia aperto un manuale di economia sa) doveroso in tecnologia e ricerca. Scarsi o nulli gli incentivi.
Del resto l'opposizione non è messa meglio, nella misura in cui il Partito Democratico ha poche e scarse idee su come uscire dalla crisi,
preso anch'esso da eterne lotte intestine tra correnti (il caso Pisapia è emblematico).
Naturalmente è ancora una volta l'Italia a perdere, con questa classe dirigente.



Email Scheda Utente
Post: 2.276
Post: 2.272
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
17/11/2010 17:47
 
Quota

Re:
_Noodles_, 17/11/2010 16.03:

Si fa largo l'ipotesi, sempre più pressante, che gli apparati dirigenti irlandesi debbano chiedere aiuti dall'U.E.
Premesso che non vi sono norme dei trattati che prevedano una ristrutturazione "legale", diciamo automatica, del debito, il pericolo è che una eventuale bancarotta irlandese potrebbe coinvolgere anche Portogallo, Spagna e naturalmente Italia (nonostante possiamo ancora vantare un buon tasso di risparmio per famiglie), la quale ha un debito altissimo, una evasione fiscale altissima - la più alta d'Europa, dati Istat relativi al primo trimestre 2010- e una spesa pubblica indisciplinata e scarsamente produttiva.
Fino ad ora le risposte di Trichet, il quale non ha alcuna intenzione di accollarsi autonomamente il debito irlandese (infatti questo, se verrà ristrutturato, sarà coperto con soldi del FMI/BCE), sono state quasi esclusivamente rivolte ad auspicare una diminuzione dei conti pubblici e una contestuale compressione di quello che un tempo era il modello europeo, in particolare di marca scandinava, che ha rappresentato sicuramente un modello positivo di intervento statale produttivo ed efficace.
Ora? I divari tra più ricchi e più poveri crescono, le imprese delocalizzano a tutto spiano (certo, libere di farlo. Ci sono però degli aspetti etici preminenti e non sacrificabili sull'altare della produttività tout-court

Certo poi abbiamo la Fiat. Le aziende sono nel mercato globale, l'alternativa è il fallimento. Ci sono Paesi come la Finlandia che basano la loro ricchezza sul terzo settore e non sulla manifattura.

, le tutele nel mondo del lavoro vengono minate seriamente e naturalmente la disoccupazione aumenta.
A me preme, comunque, sottolineare come a fronte di una serie di cambiamenti epocali la classe dirigente italiana sia del tutto inadeguata a governare.
Trovo suicida che un governo, nello specifico l'ennesimo Berlusconi, cincischi e si barcameni per due anni drammatici in questioni del tutto prive di significato, invece di lavorare per disinnescare la bomba della crisi.
Nessuna riforma fiscale all'orizzonte, nessuna riforma strutturale del sistema economico italiano, nessun investimento (che, come chiunque abbia aperto un manuale di economia sa) doveroso in tecnologia e ricerca. Scarsi o nulli gli incentivi.
Del resto l'opposizione non è messa meglio, nella misura in cui il Partito Democratico ha poche e scarse idee su come uscire dalla crisi,
preso anch'esso da eterne lotte intestine tra correnti (il caso Pisapia è emblematico

vendola e co. saranno la garanzia per la vittoria di B. nei secoli dei secoli.

Naturalmente è ancora una volta l'Italia a perdere, con questa classe dirigente.






Email Scheda Utente
Post: 17
Post: 17
Utente Junior
OFFLINE
17/11/2010 19:27
 
Quota

Re: Re:
giusperito, 17/11/2010 17.47:







Su Vendola sarei più cauto. Per quanto riguarda la dirigenza del Pd posso concordare, invece sul presidente della Puglia la questione è più complessa. In un paradigma politico fortemente influenzato dall'ascendente mediatico di un leader, non si può negare che Vendola non abbia un'abilità e un carisma fuori dal comune.
E' un elemento che, a mio avviso, concorrerà fortemente a determinare il successivo leader della sinistra e probabilmente il prossimo premier.
Del resto le sortite di vari esponenti del Pd sulla eventuale abolizione delle primarie (assurdità incommentabile ma significativa), è piuttosto indicativa sulle potenzialità del leader di Sel.
Ho avuto modo di vedere il comizio di Vendola al congresso fiorentino di Sel e, oggettivamente, è trascinante.
Certo, l'estetica non dovrebbe assorbire la sostanza, ciò che conta, infine, è il programma politico, la linea economica, la visione d'insieme del paese. Per ora non ho avuto modo di leggere specificamente il programma del leader di Sel, ho avuto solo modo di prendere alcune informazioni su come sta governando la Puglia e mi sembrano abbastanza positive (a cominciare dalla discussa questione del San Raffaele).
Infine, sono finalmente convinto che la parabola berlusconiana volga al termine, indipendentemente da sinistra o finiani.

Email Scheda Utente
OFFLINE
17/11/2010 19:35
 
Quota

perchè non sono intelligente come voi? [SM=x43670]
Email Scheda Utente
Post: 18
Post: 18
Utente Junior
OFFLINE
17/11/2010 19:38
 
Quota

Non avevo letto il passaggio sull'economia globale. Ovviamente concordo, così come concorderemo sul fatto che in U.E. vige il principio della libertà di cicolazione dei lavoratori.
Il punto è che, comunque, pur essendo il mercato globale, i lavoratori sono "locali", nel senso che intere economie locali si basano sulla presenza di alcune imprese. Giustamente citi la Fiat che cito anche io in relazione a questo aspetto, così come mi viene in mente la Omsa.
Inoltre noi non possiamo vivere di terziario e basta, nella misura in cui il tessuto produttivo del paese si basa perlopiù su imprese medio-piccole e ovviamente sul nostro eccezionale artigianato. Penso sia improponibile riconvertire in toto l'economia di un paese.
Email Scheda Utente
Post: 19
Post: 19
Utente Junior
OFFLINE
17/11/2010 19:45
 
Quota

Re:
_Noodles_, 17/11/2010 19.38:

Non avevo letto il passaggio sull'economia globale. Ovviamente concordo, così come concorderemo sul fatto che in U.E. vige il principio della libertà di cicolazione dei lavoratori *.
Il punto è che, comunque, pur essendo il mercato globale, i lavoratori sono "locali", nel senso che intere economie locali si basano sulla presenza di alcune imprese. Giustamente citi la Fiat che cito anche io in relazione a questo aspetto, così come mi viene in mente la Omsa.
Inoltre noi non possiamo vivere di terziario e basta, nella misura in cui il tessuto produttivo del paese si basa perlopiù su imprese medio-piccole e ovviamente sul nostro eccezionale artigianato. Penso sia improponibile riconvertire in toto l'economia di un paese.




*Dei lavoratori, delle merci, dei capitali.
Email Scheda Utente
Post: 873
Post: 873
Utente Senior
OFFLINE
17/11/2010 21:20
 
Quota

Re:
_Noodles_, 17/11/2010 16.03:

Si fa largo l'ipotesi, sempre più pressante, che gli apparati dirigenti irlandesi debbano chiedere aiuti dall'U.E.
Premesso che non vi sono norme dei trattati che prevedano una ristrutturazione "legale", diciamo automatica, del debito, il pericolo è che una eventuale bancarotta irlandese potrebbe coinvolgere anche Portogallo, Spagna e naturalmente Italia (nonostante possiamo ancora vantare un buon tasso di risparmio per famiglie), la quale ha un debito altissimo, una evasione fiscale altissima - la più alta d'Europa, dati Istat relativi al primo trimestre 2010- e una spesa pubblica indisciplinata e scarsamente produttiva.
Fino ad ora le risposte di Trichet, il quale non ha alcuna intenzione di accollarsi autonomamente il debito irlandese (infatti questo, se verrà ristrutturato, sarà coperto con soldi del FMI/BCE), sono state quasi esclusivamente rivolte ad auspicare una diminuzione dei conti pubblici e una contestuale compressione di quello che un tempo era il modello europeo, in particolare di marca scandinava, che ha rappresentato sicuramente un modello positivo di intervento statale produttivo ed efficace.
Ora? I divari tra più ricchi e più poveri crescono, le imprese delocalizzano a tutto spiano (certo, libere di farlo. Ci sono però degli aspetti etici preminenti e non sacrificabili sull'altare della produttività tout-court), le tutele nel mondo del lavoro vengono minate seriamente e naturalmente la disoccupazione aumenta.
A me preme, comunque, sottolineare come a fronte di una serie di cambiamenti epocali la classe dirigente italiana sia del tutto inadeguata a governare.
Trovo suicida che un governo, nello specifico l'ennesimo Berlusconi, cincischi e si barcameni per due anni drammatici in questioni del tutto prive di significato, invece di lavorare per disinnescare la bomba della crisi.
Nessuna riforma fiscale all'orizzonte, nessuna riforma strutturale del sistema economico italiano, nessun investimento (che, come chiunque abbia aperto un manuale di economia sa) doveroso in tecnologia e ricerca. Scarsi o nulli gli incentivi.
Del resto l'opposizione non è messa meglio, nella misura in cui il Partito Democratico ha poche e scarse idee su come uscire dalla crisi,
preso anch'esso da eterne lotte intestine tra correnti (il caso Pisapia è emblematico).
Naturalmente è ancora una volta l'Italia a perdere, con questa classe dirigente.







Io non ho mai aperto un libro di economia ma mi chiedo: che cosa avrebbe dovuto fare il governo? Varare un mega piano di spesa pubblica che avrebbe fatto schizzare il deficit al 15% e ci avrebbe messo con le pezze al sederino?
Obama ha varato nel febbraio 2009 un mega "stimolo" di 800 miliardi, risultati raggiunti dopo diciotto mesi: disoccupazione in aumento, inflazione in aumento, deficit fuori controllo, gli effetti del misterioso moltiplicatore keynesiano che hanno fatto la fine di Godot sempre atteso e mai arrivato. Risultato: elettori imbestialiti che sono corsi a votargli contro infliggendogli la più pesante sconfitta elettorale per un presidente in carica dal 1942.
Ora il presidente ha capito la lezione e sta per varare un mega piano di tagli fiscali, meglio tardi che mai.
In Inghilterra mister Cameron ha appena varato un taglio della spesa pubblica da 94 miliardi di sterline, non mi sono ancora ripreso dalla libidine.
Il modelle europeo del welfare non è che è la crisi cattiva che lo vuole eliminare, è andato in crisi da solo ben prima, tanto che in Svezia dopo sessanta anni di governi socialdemocratici da cinque sono passati a governi di centrodestra, recentemente riconfermato, con programmi di riduzione della spesa pubblica.

Mi rendo conto che poi questa fissa della delocalizzazione è un totem da sbandierare ad ogni momento.
Sempre negli states l'ex consigliere di Obama Larry Summers, aveva proposto di istituire una tassa sulle delocalizzazione delle grandi imprese che "portano il lavoro americano all'estero".
Si sono messi a studiare come fanno gli Yankee, hanno ragionato con i dati empirici e... sorpresa si sono accorti che per ogni posto di lavoro creato dalla aziende americane all'estero se ne crea quasi uno in america(relazione del consiglio economico della casa bianca).
A dimostrazione che se le delocalizzazioni sono fatte bene, sono una grossa opportunità. Il problema delle nostre delocalizzazioni è che sono fatte in maniera maldestra, anche perché spesso si tratta di aziende che sono in settori di diretta concorrenza con i paesi dei settori emergenti. Noi i jeans a 5 euro non li possiamo fare e i nostri amici olandesi o belgi non vogliono pagare di più i jeans per farli produrre in Italia. Tutto qui. L'etica non c'entra nulla.

Io poi vorrei capire che cosa sono le riforme strutturali dell'economia. Perché ad uno più malizioso di me potrebeb sembrare un bel modo per dire che lo stato sa tutto e quindi deve decidere il bene di tutti a colpi di bacchetta magica.

Sulla situazione irlandese è un pochino più complicata.
Accostare la crisi irlandese a quella graca è sbagliato.
La crisi greca era una crisi di solvibilità.
La grecia era insolvente e insolvente rimane dopo gli aiuti.
Infatti il deficit è tornato a salire. Abbiamo solo rimandato l'inevitabile. La miglior soluzione per la grecia sarebbe stato il default. Sfortunamente non era la miglior soluzione per le banche tedesche che erano le principali creditrici della grecia, così la merkel ha imposto la sua forza politica e i cittadini ue saldato il conto.
L'irlanda è in crisi di liquidità, anche perché ha giocato d'azzardo negli ultimi quindici anni. Ma è stato un azzardo che l'ha portata ad avere il più alto reddito procapite d'europa e ad avere la maggior capacità di attrazione di investimenti in europa, cosa che ha fatto si che grandi giganti come google la scegliessero come sede europea.
In Irlanda c'è un'economia, in grecia no.
Anche qui è tutta una partita politica. Francia e Germania vogliono approfittare di questa crisi per mettere sotto tutela il principale alleato britannico sulle questione economiche.

Resta sull sfondo una questione cruciale: quella dell'euro è una scommessa ampiamente fallita. Onore a chi all'epoca lo disse a chiare lettere, penso ad Antonio Martino.
Email Scheda Utente
Post: 573
Post: 570
Utente Senior
OFFLINE
18/11/2010 01:17
 
Quota

Il piano di Obama da 787 miliardi di dollari ne prevedeva 300 per tagli alle imposte per imprese ed individui. Altri 300 erano destinati all'investimento sull'istruzione e ricerca, per cui gli effetti sull'occupazione non li puoi quantificare né verificare nel medio periodo. Il vero effetto moltiplicativo, quindi, avrebbero dovuti darli i restanti 187, cifra estremamente irrisoria rispetto alla crisi che stanno attraversando gli USA. Ovviamente quando si discute con il pensiero di TrixPerito, ogni riflessione pacata è bandita dalla discussione, dato che l'unico obiettivo è fornire una versione fortemente faziosa oltre che falsa. In tutta sincerità credo siate rimasti solo tu e Gilder a credere ancora alle teorie offertiste. Se credi di poter spazzare via il moltiplicatore Keynesiano solamente contrapponendo la paccotiglia teorica dei supply siders, o sei illuso oppure sei ben consapevole della campagna (elettorale) che stai portando avanti.
Gli Usa sono una nazione in cui i beni pubblici scarseggiano, per cui un intervento dello stato, sia in senso distributivo, sia per sopperire a quelle mancanze del mercato come nel caso della sanità, è pienamente auspicabile in maniera molto più massiccia di quanto voluto dall'amministrazione Obama. In realtà si dimentica, o si vuole dimenticare, che l'attuale situazione di deficit di bilancio è stata generata dall'amministrazione Bush, prima con la corsa della spesa militare per finanziare follie come la guerra in Iraq, e dopo per finanziare il TARP per le banche in difficoltà, quello sì un immenso fallimento che ha fatto intascare a managers falliti immense plusvalenze, ed ha ulteriormente indebitato le finanze americane.
Se il taglio delle imposte ti fa provare della libidine, la storia economica dovrebbe farti ricredere del contrario. L'amministrazione Clinton, con una politica fiscale inversa rispetto a quella di Reagan, è riuscita a conciliare alta crescita, bassa disoccupazione, ed inflazione sotto controllo. Tutto ciò aumentando le tasse ai più ricchi e abbassandole a strati più bassi della popolazione. L'amministrazione Bush, oltre al deficit creatosi per la spesa militare, ha contribuito ad indebitare gli americani approvando un taglio da 700 milardi di dollari di tagli alle imposte per i più ricchi. Una politica a dir poco dissennata, la quale non ha rilanciato i consumi del ceto medio, perchè non toccati dai benefici fiscali, ed ha fatto impennare l'inflazione. Per non parlare dell'effetto negativo sull'orientamento della domanda di beni che provoca un eccessivo potere di acquisto dei ceti più abbienti.
La crisi Greca è una crisi di solvibilità, l'intervento dell'Europa è stato eccessivamente tardivo. Ciò ha comportato un aumento dello spread sui titoli di stato Greci, cosa che alla fine ha aggravato solo la misura del prestito. E di tutto ciò dobbiamo ringraziare la Merkel. Alternative all'intervento? No. Far fallire la Grecia avrebbe indebolito l'euro più di quanto sarebbe necessario per riequilibrare le sorti dell'economia europea, per non parlare dei Bond dell'area euro che avrebbero risentito del fallimento in termini di negoziabilità.
Il caso dell'Irlanda è emblematico. Le politiche ultraliberiste che effetto hanno avuto? Una nazione che ha creato un mercato talmente deregolamentato da attrarre troppi investimenti di capitale.
Un qualsiasi studente al primo anno di economia sa che un eccesso di investimenti di natura eminentemente finanziaria non crea una economia forte nel lungo periodo. L'Irlanda ha attirato movimentazioni di capitali che possono essere spostate in meno di un minuto e con un click, possibile che una economia che punta a tassi di crescita elevati possa basarsi solo su questo? Certo che no, e infatti paesi come questi risentono più di altri la presenza di un sistema bancario debole.



Email Scheda Utente
OFFLINE
18/11/2010 01:23
 
Quota

Re:
JuanManuelFangio, 18/11/2010 1.17:

Il piano di Obama da 787 miliardi di dollari ne prevedeva 300 per tagli alle imposte per imprese ed individui. Altri 300 erano destinati all'investimento sull'istruzione e ricerca, per cui gli effetti sull'occupazione non li puoi quantificare né verificare nel medio periodo. Il vero effetto moltiplicativo, quindi, avrebbero dovuti darli i restanti 187, cifra estremamente irrisoria rispetto alla crisi che stanno attraversando gli USA. Ovviamente quando si discute con il pensiero di TrixPerito, ogni riflessione pacata è bandita dalla discussione, dato che l'unico obiettivo è fornire una versione fortemente faziosa oltre che falsa. In tutta sincerità credo siate rimasti solo tu e Gilder a credere ancora alle teorie offertiste. Se credi di poter spazzare via il moltiplicatore Keynesiano solamente contrapponendo la paccotiglia teorica dei supply siders, o sei illuso oppure sei ben consapevole della campagna (elettorale) che stai portando avanti.
Gli Usa sono una nazione in cui i beni pubblici scarseggiano, per cui un intervento dello stato, sia in senso distributivo, sia per sopperire a quelle mancanze del mercato come nel caso della sanità, è pienamente auspicabile in maniera molto più massiccia di quanto voluto dall'amministrazione Obama. In realtà si dimentica, o si vuole dimenticare, che l'attuale situazione di deficit di bilancio è stata generata dall'amministrazione Bush, prima con la corsa della spesa militare per finanziare follie come la guerra in Iraq, e dopo per finanziare il TARP per le banche in difficoltà, quello sì un immenso fallimento che ha fatto intascare a managers falliti immense plusvalenze, ed ha ulteriormente indebitato le finanze americane.
Se il taglio delle imposte ti fa provare della libidine, la storia economica dovrebbe farti ricredere del contrario. L'amministrazione Clinton, con una politica fiscale inversa rispetto a quella di Reagan, è riuscita a conciliare alta crescita, bassa disoccupazione, ed inflazione sotto controllo. Tutto ciò aumentando le tasse ai più ricchi e abbassandole a strati più bassi della popolazione. L'amministrazione Bush, oltre al deficit creatosi per la spesa militare, ha contribuito ad indebitare gli americani approvando un taglio da 700 milardi di dollari di tagli alle imposte per i più ricchi. Una politica a dir poco dissennata, la quale non ha rilanciato i consumi del ceto medio, perchè non toccati dai benefici fiscali, ed ha fatto impennare l'inflazione. Per non parlare dell'effetto negativo sull'orientamento della domanda di beni che provoca un eccessivo potere di acquisto dei ceti più abbienti.
La crisi Greca è una crisi di solvibilità, l'intervento dell'Europa è stato eccessivamente tardivo. Ciò ha comportato un aumento dello spread sui titoli di stato Greci, cosa che alla fine ha aggravato solo la misura del prestito. E di tutto ciò dobbiamo ringraziare la Merkel. Alternative all'intervento? No. Far fallire la Grecia avrebbe indebolito l'euro più di quanto sarebbe necessario per riequilibrare le sorti dell'economia europea, per non parlare dei Bond dell'area euro che avrebbero risentito del fallimento in termini di negoziabilità.
Il caso dell'Irlanda è emblematico. Le politiche ultraliberiste che effetto hanno avuto? Una nazione che ha creato un mercato talmente deregolamentato da attrarre troppi investimenti di capitale.
Un qualsiasi studente al primo anno di economia sa che un eccesso di investimenti di natura eminentemente finanziaria non crea una economia forte nel lungo periodo. L'Irlanda ha attirato movimentazioni di capitali che possono essere spostate in meno di un minuto e con un click, possibile che una economia che punta a tassi di crescita elevati possa basarsi solo su questo? Certo che no, e infatti paesi come questi risentono più di altri la presenza di un sistema bancario debole.




[SM=x43624]
Email Scheda Utente
Post: 1.642
Post: 1.642
Utente Veteran
OFFLINE
18/11/2010 01:31
 
Quota

Re: Re:
democrat4lyf90, 18/11/2010 1.23:




[SM=x43624]




ecco democtratica,io dopo aver letto avevo la stessa faccia [SM=x43668]
Email Scheda Utente
Post: 20
Post: 20
Utente Junior
OFFLINE
18/11/2010 10:41
 
Quota

Concordo con quanto scritto da Fangio.
Aggiungo solo un paio di osservazioni. In merito alla sconfitta di Obama, credo che sia più articolata la lettura del voto. Consideriamo, sappiamo che quando si affrontano partiti con piattaforme molto diverse tra loro, è molto probabile il fenomeno delle maggioranza cicliche: mai come questa volta, negli USA si sono fronteggiati due partiti con visioni dell'economia e degli stessi interventi pubblici molto eterogenee.
Poi, per la sconfitta di Obama non festeggerei, in quanto a prevalere sono stati i poco liberali TeaParty, che non sono proprio un baluardo rispetto ai diritti civili.
In merito all'intervento pubblico del Presidente per salvare la crisi di liquidità delle banche, è criticabile in un'ottica marcatamente neo-liberista, certo, ma proprio quel tipo di neo-liberismo ha concorso a generare la crisi finanziaria. Cito un dato che conosciamo tutti, cioè da Bretton-Woods in poi l'economia finanziaria è cresciuta di quattrocento volte circa, a fronte di una crescita dell'economia reale di otto volte.
Non dimentichiamo, inoltre, che per sostenere questi alti tassi di crescita si è generato un debito praticamente insolvibile e basato... sul nulla.
Fangio cita giustamente l'Irlanda, che ha attratto legioni di investitori (cit. Sole24ore) con politiche economiche completamente deregolamentate generando anch'essa un debito sostanzialmente poggiato su una economia infinitamente più "piccola".
Mi auguro che questo non porterà, di fatto, a chiedere gli aiuti a BCE/FMI, perché l'Irlanda dovrà interessi altissimi e il debito contratto aumenterà, indebolendo definitivamente o quasi la sua economia.
Anche se, attualmente, alternative non mi pare ci siano. Ultima cosa: il ricorso agli interventi pubblici, negli USA come in Grecia come in Irlanda dovrebbero attestare (metto il condizionale) con sufficiente chiarezza gli effetti di una forte deregolamentazione.
Email Scheda Utente
Post: 21
Post: 21
Utente Junior
OFFLINE
18/11/2010 10:51
 
Quota

Re:
_Noodles_, 18/11/2010 10.41:

Concordo con quanto scritto da Fangio.
Aggiungo solo un paio di osservazioni. In merito alla sconfitta di Obama, credo che sia più articolata la lettura del voto. Consideriamo, sappiamo che quando si affrontano partiti con piattaforme molto diverse tra loro, è molto probabile il fenomeno delle maggioranza cicliche: mai come questa volta, negli USA si sono fronteggiati due partiti con visioni dell'economia e degli stessi interventi pubblici molto eterogenee.
Poi, per la sconfitta di Obama non festeggerei, in quanto a prevalere sono stati i poco liberali TeaParty, che non sono proprio un baluardo rispetto ai diritti civili.
In merito all'intervento pubblico del Presidente per salvare la crisi di liquidità delle banche, è criticabile in un'ottica marcatamente neo-liberista, certo, ma proprio quel tipo di neo-liberismo ha concorso a generare la crisi finanziaria. Cito un dato che conosciamo tutti, cioè da Bretton-Woods in poi l'economia finanziaria è cresciuta di quattrocento volte circa, a fronte di una crescita dell'economia reale di otto volte.
Non dimentichiamo, inoltre, che per sostenere questi alti tassi di crescita si è generato un debito praticamente insolvibile e basato... sul nulla.
Fangio cita giustamente l'Irlanda, che ha attratto legioni di investitori (cit. Sole24ore) con politiche economiche completamente deregolamentate generando anch'essa un debito sostanzialmente poggiato su una economia infinitamente più "piccola".
Mi auguro che questo non porterà, di fatto, a chiedere gli aiuti a BCE/FMI, perché l'Irlanda dovrà interessi altissimi e il debito contratto aumenterà, indebolendo definitivamente o quasi la sua economia.
Anche se, attualmente, alternative non mi pare ci siano. Ultima cosa: il ricorso agli interventi pubblici, negli USA come in Grecia come in Irlanda dovrebbero attestare (metto il condizionale) con sufficiente chiarezza gli effetti di una forte deregolamentazione.




Aggiungo un dato sulle aliquote: 12,5 per le imposte societarie (a proposito delle legioni...), considerato da molti puro dumping.
[Modificato da _Noodles_ 18/11/2010 10:52]
Email Scheda Utente
Post: 357
Post: 357
Utente Senior
OFFLINE
18/11/2010 10:53
 
Quota

Re:
democrat4lyf90, 17/11/2010 19.35:

perchè non sono intelligente come voi? [SM=x43670]




è un dato comune sentirsi idioti quando si leggono queste cose!!!
io non ci capisco un cippalippa
Email Scheda Utente
Post: 22
Post: 22
Utente Junior
OFFLINE
18/11/2010 12:12
 
Quota

Amen
di András Szigetvari

Josef Pröll è davvero un ottimo attore. Martedì il ministro delle finanze austriaco si è cimentato nel monologo del duro creditore che rimprovera i suoi debitori. La Grecia non riesce a rispettare il piano stabilito con l'Ue e il Fondo Monetario Internazionale e non si attiene alle misure di risparmio, indebitandosi più di quanto dovrebbe.

Per questo Pröll ha minacciato di non pagare la seconda tranche di aiuti alla Grecia. Normalmente in questi casi i creditori fanno così, che siano stati o banche. Minacciano e alzano la voce, ma nella maggior parte dei casi alla fine prolungano le scadenze: meglio un creditore spaventato che uno morto.

Solo che ormai l'indebitamento dell'Eurozona non è affatto “normale”, e Pröll lo sa bene. Secondo gli ultimi calcoli, la Grecia si è indebitata per quasi il 130 per cento del suo Pil. Entro il 2015 la repubblica ellenica dovrà ripagare 140 miliardi di debiti, ai quali vanno aggiunti almeno altri 90 miliardi di interessi. Il tutto con un'economia sempre più debole. Non c'è bisogno di essere un profeta per capire che le cose non andranno bene.

Non è l'unico caso di bancarotta in Europa: anche l'Irlanda è sulla soglia dell'abisso. Nel 2016 l'indebitamento del paese, a causa degli aiuti alle banche, arriverà al 150 per cento del Pil. I mercati finanziari valutano le azioni irlandesi alla pari di quelle pakistane e venezuelane. Gli economisti irlandesi già fanno i conti con la bancarotta, che arrivi o meno il salvagente europeo.

Con queste premesse la politica non può fare altro che prendere tempo; da questo punto di vista la performance di Pröll non è poi così insensata.

Ma nel frattempo l'eurozona dovrebbe prepararsi alla nuova ondata di crisi. I creditori dovrebbero essere obbligati a sostenere i costi in caso di bancarotta. Sembra scontato, ma sarebbe una novità rispetto alla prassi seguita finora. All'inizio erano le banche a rischiare il fallimento. I contribuenti le hanno salvate dal tracollo. Poi è stata la volta degli stati. Sempre i contribuenti – di altri stati – sono accorsi in aiuto.

Se non ora, quando?
Ora questo deve finire. Nella cornice del G20 si è già cercato di abbozzare un modello sovranazionale per la liquidazione delle banche. Servirebbe la stessa cosa per gli stati. Nell'economia di mercato ci sono procedure standard per cancellare parte del debito. Chi ha investito male il proprio denaro deve poterlo perdere.

Curiosamente, la proposta tedesca di una regolamentazione giuridica della bancarotta statale è stata attaccata duramente proprio dagli irlandesi. l'Irlanda sarebbe il paese più avvantaggiato da un modello del genere. Eppure solo la discussione ha fatto salire il tasso degli interessi irlandesi e spinto ancora di più il paese nell'incertezza. Ma quando, se non adesso, bisogna affrontare la questione? La crisi del debito durerà ancora a lungo. Chi può dire che tra due anni il mercato non reagirà ancora con simili attacchi di panico? Peccato che ora Berlino abbia fatto un passo indietro, dichiarando che solo in un lontano futuro i creditori saranno coinvolti nei casi di insolvenza statale.

È troppo poco. Il teatrino non può durare in eterno. Prima o poi la politica dovrà iniziare a spiegare che anche noi, in quanto creditori della Grecia, non rivedremo mai tutto il nostro denaro. Certo non è affatto piacevole, ma non è niente rispetto a quello che dovranno ancora passare i greci e gli irlandesi. (traduzione di Nicola Vincenzoni)
Email Scheda Utente
Post: 2.281
Post: 2.277
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
18/11/2010 14:32
 
Quota

Re:
_Noodles_, 18/11/2010 10.41:

Concordo con quanto scritto da Fangio.
Aggiungo solo un paio di osservazioni. In merito alla sconfitta di Obama, credo che sia più articolata la lettura del voto. Consideriamo, sappiamo che quando si affrontano partiti con piattaforme molto diverse tra loro, è molto probabile il fenomeno delle maggioranza cicliche: mai come questa volta, negli USA si sono fronteggiati due partiti con visioni dell'economia e degli stessi interventi pubblici molto eterogenee.


Stiamo parlando della sconfitta più dura degli ultimi 60 anni (roba che nemmeno Clinton..). Non mi convince la lettura che ne dai tu. Ti spiego:
Obama è stato sconfitto dal sogno falso che aveva generato e dall'assenza di una vera politica liberal. Ha cercato di fare di tutto, ma i suoi consiglieri economici erano gli stessi delle amministrazioni precedenti che hanno irrorato di denaro l'economia e che hanno tenuto bassissimi i tassi d'interesse sul denaro. Nessuno di loro avrebbe sconfessato quanto fatto fino a due minuti prima ed Obama è rimasto in balia degli eventi. Sul versante delle grandi riforme la gente si è resa conto che il progetto di Obama non ha nulla di rivoluzionario e che in molti punti la stessa riforma della sanità è piegata agli interessi delle assicurazioni.
Non sono d'accordo nemmeno sul discorso delle due visioni opposte. I dem e i rep sostanzialmente sono allineati intorno a posizioni di centro. Gli unici estremi erano Obama delle elezioni del 2008 e i Tea Party del 2010 (il primo vincente ma ricreduto alla prova dei fatti, i secondi minoritari benché rumorosi)



Poi, per la sconfitta di Obama non festeggerei, in quanto a prevalere sono stati i poco liberali TeaParty, che non sono proprio un baluardo rispetto ai diritti civili.


Hai ragione i Tea Party sono liberisti, ma non liberali. tuttavia è una generalizzazione non sempre valida. Non tutti i candidati sono come la Palin o la Angle (infatti sconfitta). Inoltre il partito rep è stato sconfitto ovunque abbia presentato candidati del tea party particolarmente impresentabili. credo che l'effetto tea party sia molto interno al partito rep e sia stato più mediatico che non reale. parliamo di un movimento che dal nulla è diventato relativamente interessante in termini numerici.


In merito all'intervento pubblico del Presidente per salvare la crisi di liquidità delle banche, è criticabile in un'ottica marcatamente neo-liberista, certo, ma proprio quel tipo di neo-liberismo ha concorso a generare la crisi finanziaria.


Per l'attuale crisi non c'è un modello e diventa difficile accusare il neoliberismo visto che alla base di tutto ci sono i folli tassi di interesse americani. La storiella che sia colpa dei neolib potrebbe reggere se ci fossero state vere campagne neolib, ma mi sembra che nel mondo i debiti pubblici alle stelle dimostrino giusto l'opposto.


Cito un dato che conosciamo tutti, cioè da Bretton-Woods in poi l'economia finanziaria è cresciuta di quattrocento volte circa, a fronte di una crescita dell'economia reale di otto volte.


Bretton-Woods cosa c'entra con il sistema neoliberista? Il suo fallimento non è la riprova che ogni volta che gli Stati pensano di regolare c'è da fare i conti con la forza propria dell'economia?


Non dimentichiamo, inoltre, che per sostenere questi alti tassi di crescita si è generato un debito praticamente insolvibile e basato... sul nulla.


Il debito è generato dalle politiche di spesa mica dalle politiche neolib


Fangio cita giustamente l'Irlanda, che ha attratto legioni di investitori (cit. Sole24ore) con politiche economiche completamente deregolamentate generando anch'essa un debito sostanzialmente poggiato su una economia infinitamente più "piccola".


Il problema quando si parla di Irlanda è dimenticare da dove partiva l'Irlanda e dove è adesso. Per quanto possiamo parlare di crisi irlandese, mi sembra che l'Irlanda abbia le carte in regola per salvarsi. Il discorso dei soldi che si spostano con un click è pura propaganda (mi riferisco a Juan). L'economia del terzo millennio è questa. Possiamo fingere che il manifatturiero sia il futuro? Possiamo dire ai nostri operai di lavorare come i cinesi (se pensi a più produttività succede il casino di Pomigliano)? Purtroppo non vedo come si possa negare che gli Stati non sono capaci più di guidare l'economia, perché l'economia globale è già una realtà ed è in grado di travolgere gli equilibri mondiali.


Mi auguro che questo non porterà, di fatto, a chiedere gli aiuti a BCE/FMI, perché l'Irlanda dovrà interessi altissimi e il debito contratto aumenterà, indebolendo definitivamente o quasi la sua economia.
Anche se, attualmente, alternative non mi pare ci siano. Ultima cosa: il ricorso agli interventi pubblici, negli USA come in Grecia come in Irlanda dovrebbero attestare (metto il condizionale) con sufficiente chiarezza gli effetti di una forte deregolamentazione.

Questa transitività non c'è. In primis la grecia certo non è annoverabile tra gli stati deregolamentati (là non sanno nemmeno il significato di liberalizzazione). Il ricorso agli interventi pubblici è solo l'occasione ulteriore della politica di spostare la propria colpa a qualcun'altro per riprodurre gli stessi modelli del passato. (altrimenti dovremmo dire che negli ultimi anni non ci sono stati interventi pubblici importanti e costanti). Inoltre l'intervento in Irlanda e in Grecia si spiega con l'interesse delle varie Nazioni a non far fallire le proprie banche (guarda caso l'UK si muove con 8 mld per l'Irlanda). Gli Usa non sono una prova visto che appunto di questo stiamo discutendo. Inoltre farei notare come l'intervento pubblico come soluzione non caratterizza né gli le politiche tedesche né quelle inglesi. In pratica tutto questo ricorso non lo vedo (anzi, forse è da ora che iniziano le politiche neolib)






Trix sul fatto che non hai mai letto un manuale di economia [SM=x43675] [SM=x43675]
Email Scheda Utente
Post: 1.646
Post: 1.646
Utente Veteran
OFFLINE
18/11/2010 14:46
 
Quota

Re: Re:
giusperito, 18/11/2010 14.32:




Trix sul fatto che non hai mai letto un manuale di economia [SM=x43675] [SM=x43675]




Trixam,ma non hai letto neanche il manuale Jossa? [SM=x43635]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 15:47. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com