border="0"

È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
       
CHI SIAMO
            
PROBLEMI D'ACCESSO?
            
SALVASTUDENTI
            
MATRICOLE
     
GALLERIA
      
INFO UTILI UNIVERSITà
        
FACEBOOK
 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Cameron Il regno della felicità

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2010 19:54
Email Scheda Utente
Post: 2.262
Post: 2.258
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
17/11/2010 00:08
 
Quota

Quello di David Cameron è un vecchio pallino. Già nel 2006, pochi mesi dopo l'investitura alla leadership dei conservatori, disse che «l'obiettivo di misurare il benessere dei cittadini è la sfida politica dei nostri tempi». Il giovane tory non fu preso troppo sul serio, era all'inizio della sua avventura.
Gli rinfacciarono: che cosa significa misurare il benessere dei cittadini? E la questione scivolò via. Adesso che governa da Downing Street, David Cameron ha rispolverato il suo sogno. Che è anche una bella sfida. Perché andare a tastare gli umori dei britannici proprio ora che l'economia è a pezzi e che la cura per rianimarla passa dai tagli ai servizi pubblici, è davvero una scommessa azzardata. Le risposte rischiano di sconfinare nel più cupo pessimismo. Non è matematico che inglesi, scozzesi, nordirlandesi e gallesi siano sull'orlo di una crisi depressiva però non è di certo tempo di scherzare col fuoco.

Ma, nonostante gli avvertimenti alla cautela di una parte dei suoi colleghi di partito e di coalizione nonché di una fetta considerevole dei potenti direttori ministeriali di Whitehall, David Cameron ha deciso di interrogare i sudditi di Sua maestà su come se la passano e sui loro pensieri più nascosti. È infatti convinto che la solidità di un Paese non possa essere misurata soltanto da quel numero e da quelle percentuali che esprimono la ricchezza prodotta in beni e servizi, il prodotto interno lordo (il Pil), ma che servano nuovi indicatori e uno in particolare, l'indicatore della felicità. In altri termini: il Pil non è sufficiente a fotografare una nazione e a dare conto, con la sua crescita o riduzione, della politica economica di un governo, allora è utile affiancarlo con il Fil, la felicità interna lorda, intesa come sinonimo di benessere, il benessere sociale, personale, culturale, la gioia di vivere e di divertirsi, in inglese l'acronimo è Gwp, ossia «general wellbeing».

Non è di certo facile escogitare il termometro in grado di rilevare la soddisfazione dei britannici, un metodo di ricerca utile a sondare quel sentimento che riempie pagine di aforismi e citazioni famose (da Platone ad Aristotele e da Epicuro a Freud), gli studiosi hanno approcci metodologici diversi, però le intenzioni di Cameron sono chiare e il 25 novembre investirà ufficialmente la numero uno della statistica nazionale, Jil Matheson, e le darà carta bianca per procedere al censimento sulla felicità.
«Ammettiamolo dobbiamo concentrarci non solo sul prodotto interno lordo, il benessere non può essere calcolato unicamente in termini di soldi, il benessere dipende anche dalla qualità della nostra cultura e dalla forza delle nostre relazioni». Parole efficaci per convincere gli scettici. Probabilmente l'unica a disapprovare David Cameron sarebbe stata Marilyn Monroe che, a proposito di citazioni da archivio, amava ricordare: «Dicono che il denaro non faccia la felicità ma se devo piangere preferisco farlo sui sedili di una Rolls Royce piuttosto che su quelli di un vagone della metropolitana».
Comunque sia, non è il primo, David Cameron, a scoprire che il prodotto interno lordo ci racconta ormai poco della forza (o della debolezza) di un Paese.


Un paio di anni fa, ad esempio, il presidente francese Sarkozy insediò una commissione presieduta dagli economisti Joseph Stiglitz e Amartya Sen per superare le catalogazioni tradizionali della ricchezza e abbracciare l'idea della felicità come nuovo «sonar» della società. E in Italia, anche, la qualità della vita sta diventando un punto di riferimento importante per testare la prosperità e la caduta. Ma fu Bob Kennedy negli anni Sessanta ad aprire la strada: «Smettiamola di misurare lo spirito nazionale americano riferendoci esclusivamente all'indice Dow Jones e di misurare i progressi della nazione calcolando il prodotto interno lordo». David Cameron si è messo nel solco di questa tradizione. Probabilmente le statistiche gli riserveranno qualche brutta sorpresa. È comunque certo che l'indice della felicità possa aiutare il suo governo a capire i problemi del Paese e gli umori della gente comune. Un passo, tutto sommato, interessante. E coraggioso.

Fabio Cavalera
[Modificato da giusperito 17/11/2010 00:08]
Email Scheda Utente
Post: 881
Post: 881
Utente Senior
OFFLINE
18/11/2010 22:04
 
Quota

Quello sull'economia della felicità è un dibattito molto interessante.
Se non sbaglio il primo che se ne occupò seriamente fu Maddison che si mise con un tale impegno che ricostruì tutta la contabilità dei paesi del mondo a partire dal 1830 in cui si accorse non solo che gran parte del pil mondiale in quegli anni era concentrato In India e Cina, prima della rivoluzione industriale, ma che il pil era in funzione della popolazione, basandosi ovviamente l'economia del tempo sull'autoproduzione e auto consumo.
Il dibattito che è seguito alle ricerche di Maddison non è mai stato però veramente costruttivo.
In sostanz si sono individuati quattro filoni:
1) Quello delle correzioni alle contabilità nazionali, esempio i costi per le generazioni future;
2) il concetto della capacitazione di sen, cioè le opportunità di cui godono gli individui;
3) gli indicatori sinetici;
4) i gradi di soddisfazione;

Di questi gli ultimi due mi sembrano solo una strada per giustificare moralmente la programmazione economica e lo statalismo.
I primi due invece sono interessanti, anche se poi il primo presupporrebbe una sorta di accordo mondiale tra tutti e mi chiedo come potremmo accordarci con i paesi emergenti che si sentono a cavallo della storia e pensano di conquistare il mondo.

Il secondo è il centro della società democratica.
Nella visione di Sen e Stigliz il massimo delle opportunità significa massimo di interventi statali, una libertà realizzata attraverso lo stato. Questa prospettiva è obbiamente per me inaccettabile.
Email Scheda Utente
Post: 2.285
Post: 2.281
Utente Veteran
Moderatore
OFFLINE
20/11/2010 01:09
 
Quota

Hai qualche riferimento da darmi sui punti citati? A parte Sen
Email Scheda Utente
Post: 885
Post: 885
Utente Senior
OFFLINE
20/11/2010 19:54
 
Quota

Re:
giusperito, 20/11/2010 1.09:

Hai qualche riferimento da darmi sui punti citati? A parte Sen




C'è il saggio di Marc Fleurbaey “Beyond the GDP : the Quest for a Measure of Social Welfare”, che è stato pubblicato nel Journal of economic literature alla fine dell'anno scorso che contiene praticamente le indicazioni di tutta la letteratura in materia.
Il journal richiede abbonamento ma se ti metti a scorrazzare su google trovi tutto free.

Particolarmente importanti sono poi gli studi del professor Young di Princeton che è stato un pioniere in materia e ti posso assicurare che è un genio assoluto, anche se su parecchie cose sono in disaccordo con lui. Due anni fa fece anche delle conferenze in Italia.

Interessante è anche il libro di Bruno Frey e Alois Stutzer “Happiness and Economics; how the economy and the institutions affect human well-being”.
Non so però quanti di questi siano pubblicati in Italia e in Italiano.
Su amazon però dovrebbero trovarsi facilmente.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:37. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com