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"Produrremo in Serbia la monovolume con sindacati più seri si faceva a Mirafiori"

Ultimo Aggiornamento: 26/07/2010 08:36
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22/07/2010 11:21
 
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DETROIT - C'è un investimento da un miliardo di euro pronto per la Serbia. A finanziarlo saranno la Bei per 400 milioni, il governo di Belgrado per 250 e al resto provvederà la Fiat. Il nuovo insediamento del Lingotto nella ex Jugoslavia partirà subito e sarà destinato alla produzione della L0, un monovolume previsto in due versioni e in 190 mila unità all'anno, che sostituirà la Multipla, la Musa e l'Idea che attualmente vengono prodotte a Mirafiori. "Se non ci fosse stato il problema Pomigliano la L0 l'avremmo prodotta in Italia" dice Sergio Marchionne. E stupisce i consiglieri e anche gli analisti della conference call. Inevitabile la domanda che arriva da più parti: e a Mirafiori che cosa si farà? "A Mirafiori faremo altro, ci stiamo pensando".

Nella quiete estiva del quartier generale della Chrysler, adagiato nel verde di Auburn Hills, poco lontano da Lago Michigan, il cda del Lingotto chiamato ad approvare i conti del secondo trimestre 2010 consacra il successo dell'alleanza americana, "senza la quale non sarebbe stata neppure pensabile l'operazione dello spin-off e la nascita delle due Fiat" dice il presidente John Elkann. Ma rimanda subito all'Italia e al pasticcio di Pomigliano d'Arco, costringendo Marchionne a rispondere a una serie di domande che sembrano infastidirlo ma non al punto da fargli cambiare strategia. A cominciare da quella sulla fabbrica serba di Kragujevac.

Perché lì e non in Italia la futura L0?
"Ci fosse stata serietà da parte del sindacato, il riconoscimento dell'importanza del progetto, del lavoro che stiamo facendo e degli obiettivi da raggiungere con la certezza che abbiamo in Serbia la L0 l'avremmo prodotta a Mirafiori. Fiat non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani: dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell'attività".

Insomma è questo un effetto indotto di Pomigliano? Potrebbe voler dire che saranno riviste le decisioni prese per lo stabilimento campano?
"A Pomigliano abbiamo deciso di andare avanti e lo faremo con i sindacati che hanno scelto di condividere la responsabilità di fare in modo che la fabbrica sia governabile. Pomigliano è un work in progress, abbiamo scelto di investire 700 milioni e se non funzionerà abbiamo altre alternative non in Italia. Noi vogliamo restare competitivi nel settore dell'auto in un posto dove ci consentono di farlo. Dico questo con tutta la calma possibile e continuo a stupirmi delle interpretazioni che vengono date alle mie parole. Dire che non mi interessa la sorte dei dipendenti è una grandissima cavolata. Comunque, non duplicheremo Pomigliano, ma decideremo impianto per impianto. Dobbiamo, soprattutto, convincere i sindacati della necessità di modernizzare i rapporti industriali in Italia".

Ma se alla rottura di Pomigliano si aggiunge la questione del premio di produzione e i licenziamenti, non si può continuare a pensare che i rapporti siano destinati a migliorare.
L'amministratore delegato del Lingotto non sembra esserne convinto: "Si è creata l'idea che io ce l'abbia con i dipendenti. Questo non è vero, la Fiat non è fatta solo da chi si oppone a Pomigliano. C'è l'appartenenza all'azienda che è importante. Basti guardare al rapporto che c'è qui a Detroit, nella casa Chrysler di cui oggi noi siamo ospiti. Quanto al premio, è curioso notare come l'unica gente che insiste è quella che non ha guadagnato un soldo. L'Italia è l'unico paese nel quale il gruppo ha perduto soldi. Questo nessuno se lo chiede. Nessuno si chiede perché certi discorsi devono andare bene per alcuni e non per altri. E perché si debba tollerare che una persona dice di dover andare a portare la figlia dal medico e poi va a scioperare. Questo è offensivo per l'azienda e non posso tollerarlo".

La nascita delle due Fiat. E' il momento giusto?
"E' cominciata la fase di avvicinamento alla fine del tunnel. Alla fine del 2011 Fiat sarà al 35 per cento di Chrysler, società che entro l'anno prossimo contiamo di riportare in Borsa". Marchionne fa capire di non avere rimpianti per la Opel ma è sul tavolo ha tanti dossier a cominciare da uno sulla Cina che potrebbe andare in porto in autunno. A soddisfarlo nel frattempo sono i conti del Lingotto: "È stato un trimestre eccezionale per il gruppo, ha superato quasi tutte se non tutte le attese del mercato".

Andiamo dunque verso una Fiat Auto e una Fiat Industrial?
"E' quello che stiamo facendo. Entro il primo gennaio 2011, tutti gli azionisti avranno due titoli al posto di quello vecchio posseduto e con gli stessi diritti di prima ma in due società. Il dividendo 2010 verrà pagato regolarmente con riferimento alla vecchia Fiat. E ci sono già otto banche che ci danno un prestito di 4 miliardi destinati a ripagare Fiat dei finanziamenti per la nuova società FI".

Lo spin off è un meccanismo al quale Marchionne tiene parecchio perché lo aiuta, come ha ripetuto ieri, a costruire una Fiat sempre più internazionale in un mondo nel quale la grande risacca dell'industria dell'auto da lui annunciata due anni fa, ancora non è finita. "Penso che ci sarà un altro giro di aggregazioni tra quattro cinque anni e coinvolgerà anche Fiat".
[Modificato da Koogar 22/07/2010 11:22]





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22/07/2010 11:24
 
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Re:
Koogar, 22/07/2010 11.21:

DETROIT - C'è un investimento da un miliardo di euro pronto per la Serbia. A finanziarlo saranno la Bei per 400 milioni, il governo di Belgrado per 250 e al resto provvederà la Fiat. Il nuovo insediamento del Lingotto nella ex Jugoslavia partirà subito e sarà destinato alla produzione della L0, un monovolume previsto in due versioni e in 190 mila unità all'anno, che sostituirà la Multipla, la Musa e l'Idea che attualmente vengono prodotte a Mirafiori. "Se non ci fosse stato il problema Pomigliano la L0 l'avremmo prodotta in Italia" dice Sergio Marchionne. E stupisce i consiglieri e anche gli analisti della conference call. Inevitabile la domanda che arriva da più parti: e a Mirafiori che cosa si farà? "A Mirafiori faremo altro, ci stiamo pensando".

Nella quiete estiva del quartier generale della Chrysler, adagiato nel verde di Auburn Hills, poco lontano da Lago Michigan, il cda del Lingotto chiamato ad approvare i conti del secondo trimestre 2010 consacra il successo dell'alleanza americana, "senza la quale non sarebbe stata neppure pensabile l'operazione dello spin-off e la nascita delle due Fiat" dice il presidente John Elkann. Ma rimanda subito all'Italia e al pasticcio di Pomigliano d'Arco, costringendo Marchionne a rispondere a una serie di domande che sembrano infastidirlo ma non al punto da fargli cambiare strategia. A cominciare da quella sulla fabbrica serba di Kragujevac.

Perché lì e non in Italia la futura L0?
"Ci fosse stata serietà da parte del sindacato, il riconoscimento dell'importanza del progetto, del lavoro che stiamo facendo e degli obiettivi da raggiungere con la certezza che abbiamo in Serbia la L0 l'avremmo prodotta a Mirafiori. Fiat non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani: dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell'attività".

Insomma è questo un effetto indotto di Pomigliano? Potrebbe voler dire che saranno riviste le decisioni prese per lo stabilimento campano?
"A Pomigliano abbiamo deciso di andare avanti e lo faremo con i sindacati che hanno scelto di condividere la responsabilità di fare in modo che la fabbrica sia governabile. Pomigliano è un work in progress, abbiamo scelto di investire 700 milioni e se non funzionerà abbiamo altre alternative non in Italia. Noi vogliamo restare competitivi nel settore dell'auto in un posto dove ci consentono di farlo. Dico questo con tutta la calma possibile e continuo a stupirmi delle interpretazioni che vengono date alle mie parole. Dire che non mi interessa la sorte dei dipendenti è una grandissima cavolata. Comunque, non duplicheremo Pomigliano, ma decideremo impianto per impianto. Dobbiamo, soprattutto, convincere i sindacati della necessità di modernizzare i rapporti industriali in Italia".

Ma se alla rottura di Pomigliano si aggiunge la questione del premio di produzione e i licenziamenti, non si può continuare a pensare che i rapporti siano destinati a migliorare.
L'amministratore delegato del Lingotto non sembra esserne convinto: "Si è creata l'idea che io ce l'abbia con i dipendenti. Questo non è vero, la Fiat non è fatta solo da chi si oppone a Pomigliano. C'è l'appartenenza all'azienda che è importante. Basti guardare al rapporto che c'è qui a Detroit, nella casa Chrysler di cui oggi noi siamo ospiti. Quanto al premio, è curioso notare come l'unica gente che insiste è quella che non ha guadagnato un soldo. L'Italia è l'unico paese nel quale il gruppo ha perduto soldi. Questo nessuno se lo chiede. Nessuno si chiede perché certi discorsi devono andare bene per alcuni e non per altri. E perché si debba tollerare che una persona dice di dover andare a portare la figlia dal medico e poi va a scioperare. Questo è offensivo per l'azienda e non posso tollerarlo".

La nascita delle due Fiat. E' il momento giusto?
"E' cominciata la fase di avvicinamento alla fine del tunnel. Alla fine del 2011 Fiat sarà al 35 per cento di Chrysler, società che entro l'anno prossimo contiamo di riportare in Borsa". Marchionne fa capire di non avere rimpianti per la Opel ma è sul tavolo ha tanti dossier a cominciare da uno sulla Cina che potrebbe andare in porto in autunno. A soddisfarlo nel frattempo sono i conti del Lingotto: "È stato un trimestre eccezionale per il gruppo, ha superato quasi tutte se non tutte le attese del mercato".

Andiamo dunque verso una Fiat Auto e una Fiat Industrial?
"E' quello che stiamo facendo. Entro il primo gennaio 2011, tutti gli azionisti avranno due titoli al posto di quello vecchio posseduto e con gli stessi diritti di prima ma in due società. Il dividendo 2010 verrà pagato regolarmente con riferimento alla vecchia Fiat. E ci sono già otto banche che ci danno un prestito di 4 miliardi destinati a ripagare Fiat dei finanziamenti per la nuova società FI".

Lo spin off è un meccanismo al quale Marchionne tiene parecchio perché lo aiuta, come ha ripetuto ieri, a costruire una Fiat sempre più internazionale in un mondo nel quale la grande risacca dell'industria dell'auto da lui annunciata due anni fa, ancora non è finita. "Penso che ci sarà un altro giro di aggregazioni tra quattro cinque anni e coinvolgerà anche Fiat".




[SM=x43820]
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22/07/2010 21:13
 
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il commento di pisicchio è icastico al punto giusto. Ribadisco:
afammoc
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23/07/2010 16:21
 
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IL CASO
Berlusconi avverte la Fiat
"Non penalizzi l'Italia e i lavoratori"
Il presidente del Consiglio commenta la scelta serba del Lingotto. Sciopero a Mirafiori. Bersani attacca il governo: "Si dia da fare". Chiamparino sente Marchionne: "Disponibilità e volontà di non pregiudicare Torino"

ROMA - "In una libera economia ed in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione. Mi auguro però che questo non accada a scapito dell'Italia e degli addetti a cui la Fiat offre il lavoro". Silvio Berlusconi commenta così l'annuncio del Lingotto 1che vuole trasferire alcune produzioni in Serbia.

E l'annuncio di Marchionne continua a far discutere. Raccogliendo una contrarietà quasi unanime. "Fiat in Serbia? Non sta nè in cielo nè in terra" dice ministro dell'Interno, Roberto Maroni. E sempre sul fronte del governo si muove il titolare del Welfare Maurizio Sacconi. Che prima dice "di non aver compreso" se la produzione in Serbia fosse destinata a Mirafiori, poi dichiara la disponibilità del governo ad agevolare il dialogo: "Tra le organizzazioni firmatarie di Pomigliano d'Arco e la Fiat il dialogo non si è interrotto e confido anche nella Cgil. Nel momento in cui ci segnalassero l'esigenza, noi siamo immediatamente pronti a convocare le parti".

Telefonata Chiamparino-Marchionne. Che non tutto sia ancora deciso lo crede anche il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, dopo una telefonata con l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne: "A Marchionne ho chiesto che si possa affrontare il nodo Mirafiori e - ha detto il sindaco - mi è sembrato di trovare da parte sua ampia disponibilità e volontà di non pregiudicare quella 'T' che nell'acronimo Fiat rimanda a Torino. Dico questo - ha aggiunto - senza indulgere a facili ottimismi".

Le critiche di Pd e Fiom. Chiamparino dice anche di aver apprezzato l'intenzione del ministro Sacconi per l'apertura di un tavolo tra le parti. Ma l'impostazione del governo non piace invece al Pd. "Il governo non dovrebbe chiedere un tavolo sulla Fiat, lo deve convocare" dice Pierluigi Bersani. "Chiedo al governo se si può permettere che ci sia uno che va in giro per il mondo a dire che non si possono fare le cose in Italia. Perchè va in Serbia? La Fiat lo dica. Non siamo più capaci a Torino? Fiat vuol dire Fabbrica automobili Torino".

E dal governo la Fiom, che l'accordo di Pomigliano non l'ha firmato, si aspetta di più. "Sono più concentrati sui loro problemi interni che non ad affrontare quelli dei lavoratori - dice Maurizio Landini, segretario generale della Fiom - In un momento di crisi senza precedenti nella storia, l'unico Paese in cui non c'è il ministro dello Sviluppo Economico è l'Italia".

Unica voce soddisfata per l'eventualità serba, è quella dell'ambasciatore di Belgrado in Italia Sanda Raskovic Ivic: "Siamo molto contenti della decisione della Fiat. Questa scelta apre tanti posti di lavoro e tante possibilità".

Mirafiori si ferma. "Da Torino a Pomigliano ai ricatti non ci pieghiamo". Le tute blu della Fiom sono scese in corteo oggi a Mirafiori per lo sciopero nazionale di due ore indetto dai metalmeccanici della Cgil. Lo sciopero era stato indetto contro i licenziamenti e il mancato premio di produzione, ma al centro delle contestazioni è piombato l'annuncio del Lingotto. Per la Fiom torinese l'adesione è stata del 65-70% dei lavoratori delle carrozzerie e delle meccaniche di Mirafiori. Stando invece ai dati forniti dalla Fiat, alle carrozzerie ha incrociato le braccia circa il 14% dei dipendenti, mentre alle meccaniche il 12%.

"Il clima tra i lavoratori - sottolinea Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom torinese - risente molto della novità della Serbia. Ogni giorno si aggiunge una notizia non incoraggiante, che aumenta le preoccupazioni: dai licenziamenti, al mancato pagamento del premio, da Pomigliano a Mirafiori. I lavoratori, anche quelli non direttamente coinvolti dalle ultime notizie, vogliono sapere quali sono le prospettive del gruppo e cosa intenda fare l'azienda".

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23/07/2010 19:15
 
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La Fiat va in Serbia, stop di Berlusconi:
«No a delocalizzazioni a scapito Italia»


ROMA (23 luglio) - E' scontro sulla decisione della Fiat di produrre in Serbia la nuova monovolume che sostituirà Multipla, Idea e Musa. Una scelta che secondo la Fiom significa in pratica la decisione di chiudere Mirafiori.

Lo stop di Berlusconi. «In una libera economia e in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione», ha detto il premier Silvio Berlusconi. Mi «auguro però che questo non accada a scapito dell'Italia e degli addetti a cui la Fiat offre il lavoro».

«Chiediamo a Marchionne di non agire unilateralmente, di discutere con la controparte sindacale», ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi a Sky, tornando a sottolineare la necessità di riaprire un tavolo di confronto con l'azienda e si dice pronto a convocare le parti. Con il progetto "Fabbrica Italia", ha detto Sacconi, «Marchionne disse "sono pronto a investire negli stabilimenti italiani, a saturare la capacità produttiva degli impianti italiani nella misura in cui avrò relazioni industriali normali, cioè non conflittuali, senza scioperi selvaggi, blocchi di un singolo lavoratore". Questo scambio deve essere riportato rapidamente ad un tavolo negoziale diretto tra le parti, per fare in modo di incoraggiare gli investimenti e di non dare alibi a scelte diverse».

Sacconi convoca le parti mercoledì a Torino. Il ministro del Lavoro, d'intesa con il Presidente della Regione Piemonte, «a seguito di opportune consultazioni, convoca la Fiat Auto e le organizzazioni sindacali di categoria e confederali per l'esame del Piano Fabbrica Italia e delle sue ricadute produttive e occupazionali sui siti produttivi italiani. Il confronto tra parti e istituzioni si svolgerà mercoledì 28 alle ore 10 presso la Regione Piemonte a Torino».

Sciopero e corteo a Mirafiori. Un corteo di un migliaio di lavoratori è partito oggi dal cancello 9 dello stabilimento di Fiat Mirafiori. Tra loro qualche centinaio di manifestanti si è messo le mutande in testa. «Da Torino a Pomigliano ai ricatti non ci pieghiamo», è lo slogan più ripetuto. Lo sciopero nazionale di due ore, indetto dalla Fiom-Cgil, dei lavoratori del Gruppo Fiat, è contro il licenziamento di cinque operai avvenuto nei giorni scorsi e per il premio di risultato non pagato dall'azienda, ma è diventata anche una protesta contro lo spostamento degli investimenti in Serbia annunciato ieri da Marchionne. La Fiom-Cgil rende noto che all'Iveco la partecipazione ha superato l'80%.

L'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, è al centro delle contestazioni. «Marchionne passerà alla storia come il primo amministratore delegato che non ha pagato il premio di produzione», dice Luisa, 18 anni in Fiat. «Aveva già intenzione di spostare la produzione all'estero e ora cerca pretesti», è l'analisi di Gabriele, da 11 in azienda. «Ha finito di prendere i soldi pubblici in Italia - aggiunge - e adesso li va a cercare altrove». «Se si sente davvero italiano come dice i posti di lavoro li tenga in Italia», incalza Domenico, da 22 anni alla Fiat. «Finora da lui abbiamo visto solo licenziamenti e cassa integrazione», aggiunge.

Contro la scelta dell'amministratore delegato della casa torinese si sono scagliati intanto il Pd, la Cgil, secondo cui prosegue la ritorsione contro i lavoratori, e gli enti Locali, ma anche la Lega. «Mi rifaccio a quello che ha detto il mio esimio collega (Calderoli ndr): non sta né in cielo né in terra», ha detto oggi il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, riferendosi alla decisione della Fiat si spostare la produzione in Serbia.

Marchionne ieri in una intervista ha accusato il sindacato italiano di poca serietà: senza il problema di Pomigliano, ha detto, la nuova auto poteva essere prodotta a Mirafiori.

«Come sindaco di Torino non posso accettare questo navigare a vista, questa incertezza che riguarda la vita di migliaia di persone», ha detto Sergio Chiamparino in un'intervista a L'Unità. «Capisco che a Pomigliano le cose non siano andate nel modo desiderato, ma trovo paradossale - ha aggiunto - che le contraddizioni di Pomigliano vengano ora scaricate sullo stabilimento di Mirafiori che non solo ha creduto più di altre nel rilancio di Fiat e nel suo progetto, ma è anche la testa di Fiat in Italia».
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23/07/2010 19:27
 
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Re:
Ormai parla come Putin. Il mercato gli e' estraneo.



FELICEDILAURO, 7/23/2010 7:15 PM:

La Fiat va in Serbia, stop di Berlusconi:
«No a delocalizzazioni a scapito Italia»


ROMA (23 luglio) - E' scontro sulla decisione della Fiat di produrre in Serbia la nuova monovolume che sostituirà Multipla, Idea e Musa. Una scelta che secondo la Fiom significa in pratica la decisione di chiudere Mirafiori.

Lo stop di Berlusconi. «In una libera economia e in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione», ha detto il premier Silvio Berlusconi. Mi «auguro però che questo non accada a scapito dell'Italia e degli addetti a cui la Fiat offre il lavoro».

«Chiediamo a Marchionne di non agire unilateralmente, di discutere con la controparte sindacale», ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi a Sky, tornando a sottolineare la necessità di riaprire un tavolo di confronto con l'azienda e si dice pronto a convocare le parti. Con il progetto "Fabbrica Italia", ha detto Sacconi, «Marchionne disse "sono pronto a investire negli stabilimenti italiani, a saturare la capacità produttiva degli impianti italiani nella misura in cui avrò relazioni industriali normali, cioè non conflittuali, senza scioperi selvaggi, blocchi di un singolo lavoratore". Questo scambio deve essere riportato rapidamente ad un tavolo negoziale diretto tra le parti, per fare in modo di incoraggiare gli investimenti e di non dare alibi a scelte diverse».

Sacconi convoca le parti mercoledì a Torino. Il ministro del Lavoro, d'intesa con il Presidente della Regione Piemonte, «a seguito di opportune consultazioni, convoca la Fiat Auto e le organizzazioni sindacali di categoria e confederali per l'esame del Piano Fabbrica Italia e delle sue ricadute produttive e occupazionali sui siti produttivi italiani. Il confronto tra parti e istituzioni si svolgerà mercoledì 28 alle ore 10 presso la Regione Piemonte a Torino».

Sciopero e corteo a Mirafiori. Un corteo di un migliaio di lavoratori è partito oggi dal cancello 9 dello stabilimento di Fiat Mirafiori. Tra loro qualche centinaio di manifestanti si è messo le mutande in testa. «Da Torino a Pomigliano ai ricatti non ci pieghiamo», è lo slogan più ripetuto. Lo sciopero nazionale di due ore, indetto dalla Fiom-Cgil, dei lavoratori del Gruppo Fiat, è contro il licenziamento di cinque operai avvenuto nei giorni scorsi e per il premio di risultato non pagato dall'azienda, ma è diventata anche una protesta contro lo spostamento degli investimenti in Serbia annunciato ieri da Marchionne. La Fiom-Cgil rende noto che all'Iveco la partecipazione ha superato l'80%.

L'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, è al centro delle contestazioni. «Marchionne passerà alla storia come il primo amministratore delegato che non ha pagato il premio di produzione», dice Luisa, 18 anni in Fiat. «Aveva già intenzione di spostare la produzione all'estero e ora cerca pretesti», è l'analisi di Gabriele, da 11 in azienda. «Ha finito di prendere i soldi pubblici in Italia - aggiunge - e adesso li va a cercare altrove». «Se si sente davvero italiano come dice i posti di lavoro li tenga in Italia», incalza Domenico, da 22 anni alla Fiat. «Finora da lui abbiamo visto solo licenziamenti e cassa integrazione», aggiunge.

Contro la scelta dell'amministratore delegato della casa torinese si sono scagliati intanto il Pd, la Cgil, secondo cui prosegue la ritorsione contro i lavoratori, e gli enti Locali, ma anche la Lega. «Mi rifaccio a quello che ha detto il mio esimio collega (Calderoli ndr): non sta né in cielo né in terra», ha detto oggi il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, riferendosi alla decisione della Fiat si spostare la produzione in Serbia.

Marchionne ieri in una intervista ha accusato il sindacato italiano di poca serietà: senza il problema di Pomigliano, ha detto, la nuova auto poteva essere prodotta a Mirafiori.

«Come sindaco di Torino non posso accettare questo navigare a vista, questa incertezza che riguarda la vita di migliaia di persone», ha detto Sergio Chiamparino in un'intervista a L'Unità. «Capisco che a Pomigliano le cose non siano andate nel modo desiderato, ma trovo paradossale - ha aggiunto - che le contraddizioni di Pomigliano vengano ora scaricate sullo stabilimento di Mirafiori che non solo ha creduto più di altre nel rilancio di Fiat e nel suo progetto, ma è anche la testa di Fiat in Italia».




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23/07/2010 19:58
 
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eccolo qua il grande manager: un operaio serbo viene pagato 400 euro al mese,lo Stato gli paga la bonifica della zona e la Fiat non paga tasse per alcuni anni.

E la colpa è sempre dei sindacati... [SM=x2049062]

Ma come si fa a credere a certe panzane... [SM=x43674]


Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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25/07/2010 23:18
 
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Re:
angel in the sky, 23/07/2010 19.58:

eccolo qua il grande manager: un operaio serbo viene pagato 400 euro al mese,lo Stato gli paga la bonifica della zona e la Fiat non paga tasse per alcuni anni.

E la colpa è sempre dei sindacati... [SM=x2049062]

Ma come si fa a credere a certe panzane... [SM=x43674]





Premessa: la FIAT ha per anni goduto di ingenti agevolazioni da parte dello stato italiano (leggasi aiuti di Stato).


Considerata la premessa, a me comunque sembra una fesseria che ad ogni minimo accenno di delocalizzazione della produzione tutti inizino a fare la voce grossa con FIAT, presunto vampiro capitalista.
E' stata a suo tempo ignorata la strada della partecipazione pubblica nonostante gli aiuti, nessun politico ha mai avuto l'ardire di proporre vincoli legali, perche' battere i piedi oggi?

E' agli azionisti che risponde Marchionne, e' solo a loro che e' dovuto qualcosa. Gli operai, l'Italia, i sindacati, a loro spetterebbe niente se non quanto fissato dalla Legge. Che si recidano una buona volta i collegamenti malsani con la politica e si faccia lavorare una multinazionale (perche' FIAT, tutti sembrano averlo dimenticato, e' questo e non un ente no-profit) come un libero operatore in un libero mercato.
Se a FIAT conviene produrre in Serbia, che lo faccia [SM=x43606] , la sfida di oggi e' globale, se nel libero mercato vince chi si adatta, i perdenti che non stanno al passo vadano al macero, oppure non giochino.
[Modificato da ObbligazioneNaturale 25/07/2010 23:18]
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26/07/2010 08:36
 
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Re: Re:
ObbligazioneNaturale, 25/07/2010 23.18:






Considerata la premessa, a me comunque sembra una fesseria che ad ogni minimo accenno di delocalizzazione della produzione tutti inizino a fare la voce grossa con FIAT, presunto vampiro capitalista.
E' stata a suo tempo ignorata la strada della partecipazione pubblica nonostante gli aiuti, nessun politico ha mai avuto l'ardire di proporre vincoli legali, perche' battere i piedi oggi?







infatti è stato un grande errore all'epoca.





Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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