Il quesito è interessante, cosa ha spinto/spinge a continuare ad iscriversi pur presentandosi un'impresa ardita sopravvivere in questo universo? - sarà stata la selva oscura?
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Se non ricordo male, qualche anno addietro sociologia registrò per un triennio un boom d'iscritti, ma così come le indicazioni del mercato avevano incentivato a quella formazione allo stesso modo avevano favorito il suo deflusso negli anni seguenti.
Giurisprudenza presenta un numero d'immatricolazioni,di anno in anno, pressocchè stabile, eccezione cristallizzata in un mondo dinamico.
Depotenziare il potere ed il ruolo degli ordini,per arginare il fenomeno figli e figliastri, è giusto, ma non vedo come possa essere bastevole a migliorare la situazione.
IMHO, le trasformazioni devono riguardare in primis le figure professionali, si ciancia di flessibilità o di troppo o troppo poche rigide selezioni,ma guai a toccare il totem della professione e fino a quando non si porterà il discorso a quel livello,il dinamismo sarà solo un'utopia in un universo di cristallo.
A livello nazionale è registrato un calo di iscrizioni, a livello locale non so quali siano i dati quindi mi rimetto a quanto da te riportato. Resta però il discorso della mancanza di alternative utilmente fruibili, alle quali il numero chiuso può fare da argine con tutte le storture che esso comporta, prima fra tutte limitare il diritto allo studio, checché ne dica la Corte EDU; il che rappresenta un po' un paradosso se parliamo di giurisprudenza.
Venendo al quesito che poni, che dire..la laurea fa ancora tendenza, è rappresentativa di uno status (non so quale, non chiedermelo) che fa gola anche ai decerebrati a quanto pare..
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