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Riforma forense: il governo non attua la delega sulle società tra avvocati

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2013 15:25
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02/09/2013 19:34
 
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Sono scaduti lo scorso 4 agosto i sei mesi a disposizione del Governo per esercitare la delega sulle società tra avvocati. Prevista dall’articolo 4 della riforma forense, la norma ha sottratto i legali alla liberalizzazione delle società tra professionisti (legge 183/2011), che apriva tra l’altro al socio di capitale. A quanto sembra però non si tratta di una mera dimenticanza bensì di una precisa scelta dell’Esecutivo. Ora si riapre la partita.

Il sottosegretario Cosimo Ferri interpellato dal Sole 24ORE ha spiegato: “È vero che la riforma della professione forense delegava il governo a disciplinare le società tra avvocati ma rimeditando con calma sulla questione è maturata la scelta politica di non creare una disciplina speciale”.

“L’esercizio della delega infatti - prosegue Ferri - avrebbe creato frizioni comunitarie, con il rischio di apertura di un nuovo procedimento di infrazione. Il ministero sta però lavorando sui regolamenti e crede nell’attuazione della riforma che ha reso più organica la disciplina”.

L’Europa, infatti, aveva censurato l’Italia proprio su questo tema, nel caso Eu Pilot 1753/11Mark. Ferri spiega: “Il Governo ha quindi elaborato una soluzione con la legge 97/2013 che ha eliminato, per i legali stranieri che si stabilizzano in Italia e costituiscono una società tra avvocati, la condizione che almeno un socio sia un avvocato italiano”.

Sole 24 ore
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02/09/2013 19:35
 
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Le reazioni
Per il Cnf la disciplina prevista per le società tra professionisti non può essere applicata agli avvocati neppure dopo la scadenza della delega (articolo 4 della riforma forense). Non si placano, dunque, le polemiche in seno alla categoria dopo le dichiarazioni rese al Sole24ORE dal sottosegretario Cosimo Ferri che aveva parlato esplicitamente di una scelta politica del governo per non incappare in nuove condanne Ue a cause della “creazione di una disciplina speciale”. Per le Camere civili si tratta di una ammissione “gravissima”, mentre per i penalisti si rischia un vulnus all’indipendenza dell’avvocatura.

Alpa, il governo attui la delega
''È impensabile che il Ministero della Giustizia abbia preferito, silenziosamente e proditoriamente, aspettare la scadenza del termine per applicare agli avvocati regole diverse da quelle che il Parlamento ha approvato. Si tratterebbe di un omissione volontaria di un dovere, oltre che di un atto politicamente astruso''. Il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa, interviene così sul mancato esercizio, da parte del governo, della delega prevista dalla legge di riforma della professione forense sulle società di avvocati. ''La legge di riforma affida al governo il compito di emanare un decreto delegato in cui si fissano regole speciali, sicché se il termine per la delega è scaduto non è possibile applicare la disciplina prevista per le società tra professionisti appartenenti ad altre categorie'' chiarisce Alpa, che ricorda che ''da febbraio l'Avvocatura italiana sta aspettando il decreto delegato, e per questo il Cnf si è attivato con il ministero della Giustizia, offrendo la propria collaborazione e sollecitando gli Uffici perché portino a compimento la riforma su questo punto''.

La legge 6 agosto 2013 n. 97 - ''Molta confusione è emersa su diversi quotidiani nazionali a proposito dell'interpretazione della legge comunitaria che contiene una disposizione sulle società di cui facciano parte avvocati (stranieri) stabiliti in Italia - spiega Alpa - La nuova disciplina (l' art. 5 della ''legge europea'' del 6 agosto 2013 n. 97) rimuove un requisito previsto dalla legge sullo stabilimento e l'esercizio della professione forense, e cioè la necessaria presenza di un avvocato italiano nella compagine societaria di avvocati stranieri. L'innovazione, introdotta sulla base di un caso pilota risolto con il sistema Eu Pilot, non modifica la regola secondo la quale per svolgere la professione forense in Italia anche in forma societaria occorre essere avvocati e non rimuove il divieto che altri professionisti o soci di mero capitale possano partecipare alle società di avvocati''.

Rischio società nulle - La questione, ''non si intreccia con quella relativa all'attuazione della riforma forense, la quale pone principi molto precisi, e di deroga al regolamento sulle società tra professionisti, riguardanti le società di (soli) avvocati. Altro discorso riguarda l'attuale normativa concernente le società di avvocati italiani'', sottolinea il presidente Alpa, che invoca ''un chiarimento del ministero, necessario, per evitare confusione, e per evitare che fidando su (o profittando di ) di interpretazioni inesatte o avventurose siano costituite oggi società professionali che sarebbero nulle, con grave danno per i cittadini che vedrebbero travolti i loro diritti nei procedimenti promossi da avvocati operanti nell'ambito di una società nulla''.

Camere penali, vulnus all’autonomia e indipendenza della categoria
"La notizia del mancato esercizio della delega da parte del governo in tema di regolamentazione di società tra avvocati, si pone in netto contrasto con la volontà che il parlamento aveva espresso al momento della approvazione della riforma forense". Per l'Unione Camere penali la decisione di escludere la partecipazione di soci di capitale non professionisti nelle società tra avvocati, era infatti una delle "più qualificanti dell'intera riforma e nasceva sia dal rilievo costituzionale della difesa sia dalla necessità di assicurare alla stessa il massimo grado di autonomia e indipendenza interna. La circostanza che la scadenza della delega non sia stata rispettata, ma sopratutto che, secondo fonti di governo, questa inadempienza sarebbe collegata proprio a tale divieto, costituisce un fatto molto grave".

''La soluzione adottata, che era e rimane immune da censure di alcun tipo sotto il profilo della legislazione europea come a suo tempo chiarito, non può essere rimessa in discussione dall'esecutivo, che è sostenuto peraltro - sostengono i penalisti - proprio dalle forze politiche che quella scelta, dopo un approfonditissimo iter parlamentare, adottarono''. Il governo, chiede l'Unione Camere penali, ''deve rimediare a questa inadempienza che costituisce un grave vulnus nei rapporti tra l'esecutivo e il parlamento, e le forze politiche devono pretendere il rispetto della legge forense, che comunque rimane, con buona pace degli adoratori del mercato, l'unica normativa specifica in vigore''.

L'unione delle Camere penali, che ''anche in considerazione della specifica importanza che la questione riveste per la difesa penale, era reiteratamente intervenuta sul punto al momento della discussione sulla riforma forense - conclude la nota - fa appello a tutte le forze politche affinché la situazione che si è creata sia immediatamente corretta''.

Civilisti, atto gravissimo
"Il presidente dell'Unione nazionale Camere Civili, Renzo Menoni, giudica "gravissima" la dichiarazione, riportata ne giorni scorsi sul Sole24Ore, del Sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri. "Il Governo ed il Ministero della Giustizia- afferma Menoni - hanno scientemente ignorato la volontà del Parlamento ed hanno lasciato decadere la delega, al dichiarato fine di adottare norme regolamentari contenenti principi diversi da quelli enunciati dal Parlamento". “La riforma dell'ordinamento forense - ricorda Menoni - ha delegato il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore, un decreto legislativo per disciplinare le società tra avvocati, stabilendo, come previsto dall'art. 76 della Costituzione, i principi ed i criteri direttivi a cui il Governo si doveva attenere. Il termine di sei mesi è scaduto lo scorso 2 agosto, senza che il Governo abbia adottato il decreto delegato".
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02/09/2013 19:38
 
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Poi non dite che la Ue è cattiva e inutile, in casi come questo è l'unico argine al corporativismo pecoreccio italico.
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03/09/2013 15:25
 
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Re:
trixam, 02/09/2013 19:38:

Poi non dite che la Ue è cattiva e inutile, in casi come questo è l'unico argine al corporativismo pecoreccio italico.




Condivido in pieno.
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