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Pareri pro veritate in difesa del senatore Berlusconi

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2013 11:40
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01/09/2013 16:54
 
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Non so se la legge Severino sia costituzionale o meno. Rispetto personalmente, ma da inesperto, i pareri di insigni studiosi, tra i quali uno dei massimi esperti italiani di procedura penale, come il prof. Spangher. E' pur vero che alcuni di essi sono notoriamente vicini al centro destra, come Zanon, lo stesso Spangher e, forse, anche Guzzetta, già consigliere dell'ex ministro Brunetta. Ma neppure credo sia possibile considerare sullo stesso piano le questioni della candidabilità di un deputato o senatore con quelle di altri ruoli istituzionali, come i consiglieri comunali, provinciali (ma non devono sparire?) e regionali. Qui c'è la Costituzione con i citati articoli che lascia, forse, dubbi sulla applicabilità, sic et simpliciter, della legge Severino ai candidati al Parlamento. E' sicuro che, come sostiene il grande giurista Guglielmo Epifani, che la giunta non possa far altro che prendere atto della sentenza? E, dopo la giunta, la questione non dovrebbe passare al plenum del senato? Certo, parlo da ignorante, ma può una Camera parlamentare ridursi ad una sorta di organo che appone il timbro su di una sentenza? E poi il problema si complica ulteriormente dalla natura del candidato, il perno della seconda repubblica, l'inventore del bipolarismo... insomma l'uomo tra i più odiati e osannati dalla storia d'Italia. E che attribuisce molto delle sue sventure politiche all'accanimento di una magistratura avversa politicamente. A questo si aggiunga la particolare temperie che viviamo... Nè, tanto meno, mi limiterei a definire il giudice Esposito semplicemente "loquace". E quello detto in quella intervista getta un'ombra sinistra (nel senso di nefasta [SM=g2725401] ) sul suo operato.
Insomma il problema è anche politicissimo. Come politicissima e, a mio avviso avventata, le scelta del Presidente Napolitano di nominare 4 nuovi senatori a vita (di cui una di appena 51 anni, fatto inusitato e anche vergognoso, visti i tempi, per le casse dello Stato che dovrà pagare a questa illustre un cospicuo assegno per diversi decenni...) tutti di patente militanza antiberlusconiana, quasi a preparare, con un'infornata di senatori degna di un Savoia con la corona sulla testa, una possibile nuova maggioranza per un Letta bis. Qui siamo anche al di là del presidenzialismo: chi crede di essere re Giorgio, Vittorio Emanuele III?
[Modificato da maximilian1983 01/09/2013 16:57]






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01/09/2013 17:05
 
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La legge è una cosa seria Max,non sporcarla con la vil politica e convivenza civile.



Un articolo divertente

L’obbligatorietà dell’azione penale genera mostri; il più colossale, e vergognoso, dei quali – che ha, di fatto, trasformato la nostra Repubblica in una Repubblichetta delle banane nelle mani di caudilli in toga – è la distinzione, che una parte della magistratura fa, quando apre un fascicolo su qualcuno, fra “chi non sapeva”, che è ontologicamente non colpevole (innocente in se stesso), e chi “non poteva non sapere”, che è teoricamente colpevole (per deduzione accusatoria). E’ con la (legittima) autonomia e indipendenza di cui giustamente gode – ma anche, diciamolo, con discrezionalità e arbitrarietà spesso extra legem e contro ogni senso comune – di propendere per l’una o per l’altra delle due interpretazioni che essa tiene sotto permanente ricatto chiunque ed esercita il suo dominio sul paese. La politica, a sua volta, per viltà e quieto vivere, ha abdicato alle proprie funzioni.

D’altra parte, non saremmo il paese che siamo se la parte della magistratura politicamente radicale e impegnata non godesse di certe complicità fra gli stessi soggetti ricattabili. Diciamola, allora, tutta. Tangentopoli e Mani pulite non sono state (solo) l’auspicabile lavacro di un paese allora devastato dalla diffusa corruzione, ma (anche, e soprattutto), al riparo della legalità, un golpe, il sovvertimento di ogni ordine costituzionale, legale e politico razionale. Il “controllo di legalità”, che qualcuno, adesso, vorrebbe addirittura assegnare alla magistratura inquirente, è il modo col quale ogni regime illiberale tiene sotto il proprio tallone la propria popolazione e sovrintende ad ogni zona grigia nei comportamenti regolati dalla moralità individuale e da principi etici universalmente riconosciuti nei paesi di più matura democrazia liberale. Il controllo di legalità sarebbe l’ultimo passo verso il totalitarismo di un cammino già da tempo in corso.

Come ha scritto Guido Carli, un ex presidente della Confindustria (!), nelle sue memorie, il mondo degli affari aveva compensato l’ingresso dell’Italia nella Comunità europea, e l’apertura del suo mercato alla concorrenza esterna, con la complicità col mondo della politica e la diffusione della corruzione; di fatto, le tangenti avevano cancellato il mercato interno e ogni possibilità di corretta concorrenza. Con Tangentopoli e Mani pulite, la magistratura aveva cercato di fare piazza pulita del malcostume imperante ma – per le ambizioni politiche, o la vanità, di alcuni dei suoi stessi esponenti – ne era stata, a sua volta, coinvolta e politicamente inquinata. Non c’era alcun uomo d’affari che, per la natura stessa delle sue attività, non avesse qualcosa da nascondere al principio di legalità. Chiunque, perciò, avrebbe potuto finire nella rete di Mani pulite e potrebbe ancora cadere sotto la mannaia del “non poteva non sapere”. Dipendeva (dipende) unicamente dall’obbligatorietà dell’azione penale e dal conseguente incontrollato potere discrezionale, leggi arbitrarietà, di cui la magistratura disponeva e dispone. Né ne era esente alcun partito politico, come avrebbe detto Bettino Craxi in un memorabile discorso alla Camera nel 1993. Ma nessuno gli aveva dato retta; Dc e Pci avevano pensato di potersene tenere fuori e di guadagnarci persino in reputazione e voti; Craxi sarebbe morto in esilio, cui l’aveva condannato l’accusa, peraltro da lui stesso confessata in Parlamento (!), che “non poteva non sapere”; il Partito socialista, con tutti gli altri, era stato spazzato via a vantaggio di uno solo, il Pci, che avrebbe cambiato nome per la bisogna e per opportunismo, ma non avrebbe mai vinto le elezioni, né riflettuto su se stesso e la propria storia.

Nacque, così, tacitamente una sorta di pactum sceleris fra il mondo dell’informazione – di proprietà di quello degli affari non sempre esente da qualche peccato, piccolo o grande che fosse – e la parte della magistratura interessata a sovvertire gli equilibri politici esistenti e a portare al governo il Partito comunista che ne era rimasto fuori per i suoi rapporti con l’Unione sovietica dalla quale aveva ricevuto sostegno finanziario, peraltro senza che a nessun magistrato fosse mai venuto neppure in mente di aprire un relativo fascicolo sul caso. “Voi – dissero i media a magistrati ormai più interessati a cogliere e a mettere a frutto la portata sovvertitrice dell’alleanza che veniva loro proposta e ad accrescere il proprio potere che ad amministrare la giustizia – tenete fuori da Mani pulite i nostri editori e noi vi aiutiamo a mettere le mani, e a far fuori, i loro concorrenti e ad attribuire tutta la responsabilità della corruzione alla politica; fidatevi, sosterremo la vostra azione”. Fu ciò che puntualmente avvenne.
Dietro la parvenza di un’informazione “civile”, e legalitaria, si consumò la condanna dello stato di diritto, si realizzò la trasformazione dell’Italia in un paese nelle mani di una magistratura inquirente e di un sistema informativo che ignoravano l’Habeas corpus e istruivano processi e comminavano condanne sulle pagine dei giornali prima che a farlo fossero i tribunali. I giornalisti che si occupavano di vicende giudiziarie diventarono il megafono delle procure e, dalla santificazione di un uomo ambiguo come Antonio Di Pietro, acquistarono, a loro volta, un potere di pressione nei confronti dei loro stessi direttori. La cui permanenza al proprio posto, da quel momento, sarebbe dipesa dal grado del loro rispetto del pactum sceleris e dallo spazio dato a scandali e ruberie senza, però, che se ne spiegassero le ragioni intrinseche alla estensione dei poteri pubblici, come, in realtà, era. Spuntarono i direttori di professione, uomini d’ordine – che passavano, indipendentemente dalla loro linea politica, da una testata all’altra, come i questori passano da una città all’altra col compito di evitare disordini – per i quali la linea editoriale era quella fissata dal pactum sceleris.

Il giornalismo entrò in coma e, poco per volta, morì per carenza di pensiero; forse, per la natura dei rapporti di produzione capitalistici, direbbe Marx, non era mai stato libero e indipendente come qualche anima candida aveva preteso fosse; ma, almeno, fino a quel momento, aveva conservato una accettabile funzione informatrice e, in se stessa, liberatoria e una parvenza di dignità rispetto a quello dei paesi di socialismo reale. Di questo ha via via assunto la funzione, invece di darle, di nascondere ai lettori le informazioni e le idee non gradite al regime, mantenendoli in uno stato di permanente ignoranza e soggezione. Ad esso sta progressivamente assomigliando sempre più, senza che nessuno, né editori, né giornalisti mostri di accorgersene e di preoccuparsi. E, poi, si dice – senza aggiungere a quali, ad evitare anche solo di alludere al pactum sceleris – che gli italiani sarebbero incapaci di mantenere fede ai patti.

Leggi anche Mario Monti spiega al Foglio la sua visione della pacificazione - Soave L’ipocrisia della sinistra manettara che fischietta di fronte alla lezione pacificatrice di Napolitano - Ranieri Giustizialisti sottotraccia. Come il Pd è riuscito a diventare vulnerabile sulla storia della decadenza del Cav.

di Piero Ostellino


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01/09/2013 17:52
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare

De jure condendo, non trovo troppo criticabile Ostellino (per me è strano, con lui non mi capita quasi mai: ma sull'ordinamento giudiziario, da garantista, sono da sempre più con la destra che con la sinistra, essendosi quest'ultima dimenticata che il garantismo dovrebbe essere una sensibilità culturale trasversale. Osservate comunque che questo articolo non lo pubblica sul Corriere della Sera, dove ha una rubrica per le sue opinioni, ma sul Foglio).
Dopodiché, de jure condito, qui c'è una sentenza dopo due gradi di merito di giudizio e uno di legittimità, dopo che il principale (o più noto) imputato nel giudizio ha avuto tutte le possibilità di difendersi; se, facendo scendere in campo il sommo Coppi solo alla fine, ha sbagliato gestione del processo (ma Ghedini chi è, al paragone? E prima almeno aveva Pecorella, avvocato rispettabile), cavoli suoi: Maradona o Higuayn non li tieni in panchina a fare flanella e mandi sul terreno un arrogante giocatorucolo di serie B al loro posto. Come lo spiego ai miei clienti che hanno perso un giudizio in Cassazione o in Consiglio di Stato che per loro non è prevista l'"agibilità politica"?
Guzzetta, Zanon & C. sono persone serie, di destra e che possono legittimamente pensare quello che vogliono (tra l'altro ben pagati); io - moderato che vota perlopiù a sinistra, ma non antiberlusconiano per principio e sicuramente niente affatto tifoso della Boccassini & C. - confermo dopo la lettura dei pareri di pensare legittimamente (gratis; e non avrei accettato, in ipotesi, di essere consulente in questo caso: se ho un'idea tecnica, non la cambio, pagato o no che sia) il contrario.
Il problema in realtà viene da lontano: avere sventatamente abolito quasi del tutto l'immunità parlamentare. Non è che se uno, due, dieci persone non sanno guidare o abusano delle loro automobili io abolisco per tutti la circolazione dei veicoli a motore. Questa è la conseguenza.
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01/09/2013 18:57
 
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Cosa ne pensa circa la volontà di alcuni - a mio avviso ingiustificata e illegittima- dell'opportunità di dichiarare e non deliberare la probabile decadenza del parlamentare in relazione ai rapporti di forza tra poteri dello stato?

Il buon costume obbliga alle dimissioni,mi chiedevo però quali fossero i profili comparatistici negli altri ordinamenti. [SM=x43813]
[Modificato da connormaclaud 01/09/2013 19:01]
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01/09/2013 19:10
 
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Re:
connormaclaud, 01/09/2013 17:05:

La legge è una cosa seria Max,non sporcarla con la vil politica e convivenza civile.



Scusa, ma come ti permetti? Non sporco un bel niente! Non prendo lezioni di serietà da te! Ti avevo sempre stimato come persona rispettosa. Questo tuo post mi dimostra il contrario.






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01/09/2013 19:24
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Per piacere, non litigate. Non era detto per offendere, è chiaro. Comparativamente dovrei fare ricerche, ma dubito che si sarebbe arrivati a questo punto: il precedente Presidente della Repubblica tedesca, sospettato di avere ricevuto l'aiuto indebito di un imprenditore con interessi di affari verso lo Stato per avere comprato una casa, si è dovuto dimettere. Ora stanno per processarlo, senza grandi titoli sui giornali Idem due ministri, sospettati di avere copiato la tesi (di dottorato, lì corrispondente alla nostra tesi di laurea). Ho forti dubbi che in Inghilterra e negli Stati Uniti si arrivi a "resistere" nella Camera di cui si faccia parte, in casi analoghi al nostro di oggi: è più probabile che ci si dimetta molto prima
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01/09/2013 19:29
 
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Re: Re:
maximilian1983, 01/09/2013 19:10:

connormaclaud, 01/09/2013 17:05:

La legge è una cosa seria Max,non sporcarla con la vil politica e convivenza civile.



Scusa, ma come ti permetti? Non sporco un bel niente! Non prendo lezioni di serietà da te! Ti avevo sempre stimato come persona rispettosa. Questo tuo post mi dimostra il contrario.



[SM=g2725400]
era una BATTUTA,sarcasmo.

se non credi a quanto dico rileggi i miei mielosi interventi -precedenti il tuo- sulla giustizia in questo thread.
Per la serie,quando uno smile fa la differenza [SM=x43812]

[Modificato da connormaclaud 01/09/2013 19:30]
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01/09/2013 19:36
 
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Re:
(pollastro), 01/09/2013 19:24:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Per piacere, non litigate. Non era detto per offendere, è chiaro. Comparativamente dovrei fare ricerche, ma dubito che si sarebbe arrivati a questo punto: il precedente Presidente della Repubblica tedesca, sospettato di avere ricevuto l'aiuto indebito di un imprenditore con interessi di affari verso lo Stato per avere comprato una casa, si è dovuto dimettere. Ora stanno per processarlo, senza grandi titoli sui giornali Idem due ministri, sospettati di avere copiato la tesi (di dottorato, lì corrispondente alla nostra tesi di laurea). Ho forti dubbi che in Inghilterra e negli Stati Uniti si arrivi a "resistere" nella Camera di cui si faccia parte, in casi analoghi al nostro di oggi: è più probabile che ci si dimetta molto prima




Le valutazioni politiche,giustamente,la fanno da padrone, a me incuriosiva prevalentemente l'intreccio parlamento magistratura in casi affini.
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01/09/2013 21:30
 
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Un paio di anni fa ci hanno provato alcuni deputati inglesi coinvolti in uno scandalo di rimborsi illeciti appellandosi all'art 9 del Bill Of rights del 1689 sull'immunità parlamentare, la Camera dei Lord li respinse con perdite affermando che la norma sull'immunità non vale per i reati comuni. I quattro finirono così in galera.

Negli Usa non mi risulta che si siano mai verificati casi analoghi, la pressione dell'opinione pubblica, della stampa e del proprio partito è talmente forte che un politico beccato in castagna non resiste 48 ore al fuoco di fila ed è costretto a dimettersi prima che cominci un procedimento giudiziario.

Ricordiamo casi come quello di Christopher Lee, deputato repubblicano dello stato di New York, beccato a mandare foto senza camicia ad una ragazza. Dimesso in 3 ore.
Però anche negli Usa ci sono casi di resistenza o di reviviscienza agli scandali, due esempi sono quelli di Eliot Spietzer e Anthony Weiner.
Il primo ex Attorney General e governatore di New York oltre che insigne giurista harvardiano e candidato presidenziale in pectore fu beccato come ricorderete nella più antica arte umana: andare a mignotte, meglio squillo di altissimo livello.
Ora dopo un paio di anni di oblio ed un altro paio passati a ricostruire la sua immagine di procuratore mastino anti wall street si è candidato per la carica di New York City Comptroller, una sorta di assessore al bilancio e alla previdenza, carica molto importante.
Altro caso è quello di Anthony Weiner, deputato democratico di tendenza clintoniana beccato anche lui con amante e foto senza camicia mentre la moglie era incinta.Lui provò a resistere per ben 3 settimane e lo stesso Obama ne richiese esplicitamente le dimissioni, appello poi accolto.
Ora dopo 2 anni si è candidato come Sindaco di New York e sta conducendo una spassosa e tragicomica campagna elettorale, tra nuovi scandali e ammissioni di essere in terapia per contenere i suoi impulsi sessuali, le sue possibilità di elezione sono basse però non rinuncia perché è amato dalla base democratica in quanto fautore di alcune proposte radicali tipo la copertura sanitaria pubblica universale. Conta su questo per strappare un buon risultato alle primarie.


Un altro caso da ricordare negli Usa è quello del Senatore repubblicano Mccarthy, famoso per la sua opera come capo della commissione sulle attività antiamericane che si tradusse spesso in una caccia alle streghe. Mccarthy non commise illeciti ma in genere abusò del suo potere ed il Senato Americano lo censurò con una maggioranza abbastanza netta composta sia da repubblicani ansiosi di dissociarsi dal loro collega di partito sia di democratici che votarono compatti con la sola astensione clamorosa di Jack Kennedy che non voleva alienarsi il voto cattolico.
Per altro dopo il voto si aprì una discussione sul valore del voto perché i sostenitori di Mccarthy affermarono che il senato aveva votato una mozione di "condanna" e non una mozione di censura che avrebbe comportato un obbligo di dimissioni, in effetti avevano ragione e la parola censura fu tolta dal verbale anche se figura nei libri di storia. Con questo errore procedurale Mccarthy potè evitare le dimissioni, come si vede quando si vuole cavillare lo si può fare
ovunque. Comunque Mccarthy diventò un paria politico e il problema lo risolse da solo poco dopo morendo.


Ps In italia come al solito si è impegnati nello sport preferito: fare una legge e poi scervellarsi per aggirarla.
La cosa divertente è che mentre si discute dell'irretroattività della Severino per Silvio B il governo Letta appoggiato da Silvio B introduce tasse retroattive per coprire il mancato gettito Imu, ci hanno provato con l'irpef sulla seconda casa e sono stati fermati(per il momento) mentre sono andati a segno con le polizze vita e infortuni per le quali hanno ridotto il livello di detrazione. Morale della favola i titolari delle polizze(milioni di italiani) pagheranno l'equivalente se non di più dell'imu sulla prima casa tra 2013 e 2014 in barba allo statuto del contribuente. Straordinari.
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02/09/2013 11:08
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare, a Trixam

[SM=g2725288] [SM=g2725291]
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02/09/2013 11:09
 
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merci trix
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02/09/2013 12:58
 
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Re: Re: Re:
connormaclaud, 01/09/2013 19:29:



[SM=g2725400]
era una BATTUTA,sarcasmo.

se non credi a quanto dico rileggi i miei mielosi interventi -precedenti il tuo- sulla giustizia in questo thread.
Per la serie,quando uno smile fa la differenza [SM=x43812]





Scusa, avevo frainteso. Non volevo offenderti. E' che ho la sensazione che stiamo ballando su di una polveriera e nessuno sembra accorgersene fino in fondo, perfino gli attori principali. Sembra che tutti congiurino al tanto peggio tanto meglio. Anche a livello internazionale, con pericolosissimi venti di guerra. La cosa mi preoccupa.






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02/09/2013 14:43
 
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Stimavo il prof. Spangher.
Ho letto il suo parere e ne sono rimasto profondamente deluso. In particolare, la sua opinione riguardo la natura di "sanzione penale" della norma che prevede l'incandidabilità ovvero la decadenza dalla carica parlamentare se si è condannati con sentenza passata in giudicato.
Tutto quadra: quando l'interpretazione della legge è politicamente orientata, anche i giuristi più illustri dovrebbero ritornare a studiare.


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02/09/2013 15:45
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ma no, Napultanboy: Spangher era giudice costituzionale e si dimise in dissenso da una dichiarazione del Presidente della Corte in un episodio che non ricordo nei particolari, ma di cui mi pare di rammentare che non fosse filo-berlusconiana ed è tornato a fare l'avvocato. Tutto quader, mi pare: anche Spangher deve spender, la vita costa [SM=g2725401]
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02/09/2013 17:43
 
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Re:
(pollastro), 02/09/2013 15:45:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ma no, Napultanboy: Spangher era giudice costituzionale e si dimise in dissenso da una dichiarazione del Presidente della Corte in un episodio che non ricordo nei particolari, ma di cui mi pare di rammentare che non fosse filo-berlusconiana ed è tornato a fare l'avvocato. Tutto quader, mi pare: anche Spangher deve spender, la vita costa [SM=g2725401]




Speriamo allora che mi assuma la Severino per redigere un parere pro veritate in senso opposto [SM=g2725404]


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02/09/2013 19:51
 
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Re:
(pollastro), 02/09/2013 15:45:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ma no, Napultanboy: Spangher era giudice costituzionale e si dimise in dissenso da una dichiarazione del Presidente della Corte in un episodio che non ricordo nei particolari, ma di cui mi pare di rammentare che non fosse filo-berlusconiana ed è tornato a fare l'avvocato. Tutto quader, mi pare: anche Spangher deve spender, la vita costa [SM=g2725401]




Professore, mi pare che Spangher non sia mai stato alla Corte Costituzionale. Ha fatto parte del Csm in quota centrodestra ai tempi in cui sedeva al Csm anche il nostro prof Riccio.
Quello che andò via dalla Corte Costituzionale fu un altro processualista, ma civilista, il prof. Romano Vaccarella. Perchè sosteneva che c'erano stati forti tentativi di influenzare la corte da parte dell'allora premier Prodi.






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Re: Re: Re: Re:
maximilian1983, 02/09/2013 12:58:




Scusa, avevo frainteso. Non volevo offenderti. E' che ho la sensazione che stiamo ballando su di una polveriera e nessuno sembra accorgersene fino in fondo, perfino gli attori principali. Sembra che tutti congiurino al tanto peggio tanto meglio. Anche a livello internazionale, con pericolosissimi venti di guerra. La cosa mi preoccupa.




Tranquillo.
Una polveriera? Pianga se stesso chi è causa del suo male e se la povertà dilaga come da qualche anno a questa parte saranno augelli per diabetici...
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03/09/2013 00:58
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare

L'ottimo Max fulmina una mia vaccarellata, senza essere nemmeno troppo Severino con me, come meriterei per avere postato troppo in fretta, fidandomi della memoria arteriosclerotica senza avere verificato l'informazione (malissimo, visto che è invece proprio quello che chiedo ai miei studenti di fare sempre). Mi cospargo il capo della cenere della mia pipa spenta (se fosse accesa mi brucerei) [SM=g2725401].
Grazie e buona notte
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Tolta la troppa enfasi per il referendum radicale,condivisibile

Dopo vent’anni di “guerra civile fredda” e di immobilismo sul fronte della riforma della giustizia, la politica italiana ha adesso due possibilità per dimostrare la propria “non subalternità” all’ordine giudiziario: una è il dibattito parlamentare sulla “decadenza” di Silvio Berlusconi dal ruolo di senatore, l’altra sono i referendum radicali. Parola di Marco Boato, leader storico dei Verdi, movimento in cui tutt’ora milita seppure non da candidato, un passato in Lotta continua e nel Partito radicale, per cinque volte eletto nel Parlamento italiano. Boato, trentino d’adozione, è impegnato nella sua regione per le prossime elezioni locali, ma segue con attenzione questa fase convulsa della politica italiana, auspica che finalmente si affermi il principio della “legittimazione dell’avversario”, anche se l’avversario si chiama Silvio Berlusconi ed è condannato per evasione fiscale, e al Foglio racconta la sua sensazione di “déjà vu”: “Quindici anni fa ho vissuto in prima persona una situazione per molti versi simile a quella che sta attraversando ora Luciano Violante (già presidente della Camera, oggi dirigente del Pd, ndr), accusato d’intelligenza con il nemico per il solo fatto di aver detto che Berlusconi ha il diritto di difendersi, anche il prossimo 9 settembre, nella giunta del Senato su elezioni e immunità parlamentari”.

“Non un linciaggio, ma quasi”, commenta Boato, che poi ricorda: “Nel 1997-’98 fui il destinatario di appelli in cui si chiedeva la destituzione dal mio ruolo di relatore nella commissione Bicamerale per le riforme costituzionali, dove ero stato nominato da Massimo D’Alema, appelli firmati da decine di parlamentari dell’allora Pds”. La “colpa” era quella di essere relatore di una proposta di riforma della Costituzione che riguardava anche la giustizia, la “bozza Boato” poi votata da tutti i parlamentari della Bicamerale (eccezion fatta per Rifondazione). Oggi il sistema è “bloccato” dagli stessi due fattori, dice Boato: “Dallo scontro frontale, nella logica amico/nemico, tra centrosinistra e centrodestra. E poi dall’ostilità del sindacato dei magistrati, l’Associazione nazionale magistrati (Anm), a ogni riforma in materia di giustizia”. Qualche cambiamento c’è stato, rispetto alla fine degli anni 90, in meglio e in peggio.

Cos’è cambiato in meglio rispetto agli anni 90? “Allora, per esempio, non c’era un presidente della Repubblica che definiva la riforma della giustizia come un problema da affrontare con urgenza, come fa Giorgio Napolitano oggi. Anzi. Ricordo che il 29 gennaio 1998, cioè tre giorni dopo che erano iniziati in Aula i lavori sulle proposte della commissione Bicamerale, si tenne il Congresso dell’Anm. A quel Congresso decise di partecipare, caso unico nella storia, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Dopo la relazione dell’allora presidente dell’Anm, Elena Paciotti, che aveva sparato ad alzo zero contro la proposta di riforma, Scalfaro decise perfino di intervenire. Si alzò e disse che condivideva ‘parola per parola, anche nei dettagli’ la relazione del presidente dell’Anm. Ero presente e capii che quella era la dichiarazione di morte anticipata della Bicamerale. Risposi il giorno dopo in Aula, rivendicando l’autonomia e l’indipendenza del Parlamento”. Oggi il Quirinale è su posizioni diversissime. Rispetto agli anni 90, però, pesa il fatto che “in Parlamento, a sinistra, sono scomparsi quasi del tutto i garantisti”.

Soprattutto, Boato s’interroga su un paradosso dell’attuale governo di larghe intese tra centrosinistra e centrodestra: “Premetto che non mi piace l’espressione ‘pacificazione nazionale’, ha un ché di troppo enfatico e di consociativo. Eppure è indubbio che per avere una vita politica normale, e a maggior ragione una grande coalizione, è necessaria la legittimazione reciproca dei due schieramenti. Questo lo deve avere chiaro anche Berlusconi, ma oggi è evidentemente un problema soprattutto per la sinistra. Del leader del centrodestra sono sempre stato un avversario, ma gli riconosco infatti il merito di essere stato sostenitore di un governo di larghe intese subito dopo il voto. D’altronde già nel 1998 aveva ipotizzato un percorso simile”. “Oggi però non vige il principio della normale alternatività tra maggioranza e opposizione, quello che vediamo all’opera nel confronto elettorale tra Cdu e Spd in Germania per esempio. L’altra sera ho visto tutto il duello televisivo tra Angela Merkel e Peer Steinbrück: sembra un altro mondo! Noi rimaniamo fermi a un antagonismo radicale – continua Boato – Si ragiona in termini di ‘devo eliminarti per poter governare’ e non di ‘devo batterti al voto’”. Un banco di prova per misurare l’auspicato cambiamento inizia il 9 settembre, quando si apriranno i lavori della giunta del Senato che deve decidere sulla decadenza di Berlusconi, condannato definitivamente per evasione fiscale: “L’idea che alcuni del centrosinistra hanno, cioè che questo passaggio parlamentare sia soltanto una presa d’atto, un gesto notarile, è totalmente sbagliata. E’ la Costituzione, all’articolo 66, a dire che le Camere ‘giudicano’. Ci sarà un’istruttoria, un contraddittorio e un diritto alla difesa da rispettare, se occorre anche la possibilità di attendere ulteriori giudizi da Corti europee o dalla Consulta. Bisognerà osservare, insomma, i principi del giusto processo. E personalmente trovo scandaloso che tanti membri della giunta, che ha funzione giurisdizionale, stiano già esternando sulle loro intenzioni di voto. Se si facesse la follia di attribuire al Parlamento una funzione meramente notarile, il potere politico dimostrerà ancora una volta la subalternità rispetto all’ordine giudiziario”.

Boato comunque non si attende chissà quale colpo di scena per le sorti di Berlusconi: “Prima o poi sarà costretto a uscire dal Parlamento, non subito il 9 settembre, magari qualche mese dopo”. Scusi però: a quel punto il problema della “legittimazione” dell’avversario non si porrà nemmeno, visto che in molti a sinistra auspicano di liberarsi di Berlusconi proprio sfruttando il decorso della vicenda giudiziaria, non trova? “La decadenza da senatore di Berlusconi non vuol dire che egli debba uscire dalla vita politica. Non ritengo che debba essere una vicenda giudiziaria a mettere la parola ‘fine’ allo scontro politico tra centrodestra e centrosinistra. Sarebbe una sconfitta per il centrosinistra”.
Il caso vuole, sostiene Boato, che presto si offrirà un secondo banco di prova per la politica, utile per capire se Berlusconi saprà rimanere in campo anche restando fuori dal Parlamento e se la sinistra lo legittimerà finalmente come avversario: i referendum radicali su cui, tra mille difficoltà, si stanno raccogliendo le firme. “I dodici referendum sono una mossa intelligente di Marco Pannella (che oggi dovrebbe vedere Enrico Letta, ndr), e firmarli tutti è stato un gesto intelligente da parte di Berlusconi. Che, va ricordato, fu il responsabile nel 1998 del fallimento della Bicamerale sulla riforma della Costituzione e quindi anche della giustizia. Ora però siamo nel 2013 e Berlusconi ha detto di aver firmato i quesiti, compresi quelli sui diritti civili con cui non è d’accordo, per dare agli italiani la possibilità di esprimersi in primavera con il loro voto. In questo modo, tra l’altro, per Berlusconi sarebbe un errore ancora più grave far cadere il governo, visto che questo confronto dovrebbe in quel caso essere rimandato. Tuttavia trovo terrificante l’idea che una parte della sinistra, della sua leadership e del suo popolo, come dimostrato per esempio dalla cacciata dei militanti radicali da una festa del Pd, sia disposta a non battersi per una serie di temi – alcuni dei quali storicamente le appartengono – soltanto perché anche Berlusconi ha deciso di firmare quegli stessi referendum. Sarebbe l’ennesima prova dell’erosione della cultura garantista a sinistra. Per usare la distinzione di Letta, si impedirebbe alla gente comune di dividersi sulla ‘politics’ mentre il governo si unisce su alcune ‘policies’. Insomma, tutto ciò equivarrebbe alla cancellazione di un confronto politico straordinario. Terrificante”.

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04/09/2013 22:03
 
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Un articolo del professore Villone
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ho, talune volte, dissentito dal professore Villone, sul piano della forma di governo: più pessimista di lui, ritengo che dal "parlamentarismo presidenzialista" italiano (categoria strana e nuova per noi, non per la Francia della V Repubblica) non si tornerà facilmente indietro, perché le nostre Camere e il nostro Esecutivo (non solo come singoli componenti, ma proprio come meccanismi), non sono in grado di recuperare la loro profonda crisi.
Per onestà, devo osservare che è stato notato come, in tempi e in sistemi di forti (comunque più che da noi) leadership personali, sia il Presidente (presidenziale) Obama, sia il Presidente (parlamentare) Cameron abbiano rivalutato il ruolo del Parlamento, a proposito della decisione dell'intervento in Siria.
Posto poi qui sotto un articolo di oggi del professore Villone con il quale, al contrario che sulla forma fo governo, sono completamente d'accordo, sul caso Berlusconi.
In sostanza, se c'è un modo di "chiamare in gioco" la Corte Costituzionale, questo non è, sul piano tecnico-giuridico, quello indicato da Violante (giudizio incidentale di legittimità costituzionale sollevabile dalla Giunta delle elezioni del Senato, in quanto un organo politico non può essere "giudice terzo", come invece richiede la giurisprudenza costituzionale perché sia integrata la nozione di giudice a quo), ma il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, a tutela di prerogative costituzionali lese. Tale conflitto potrebbe essere sollevato da Berlusconi (contro la sua decadenza, se dichiarata, supposta illegittima); da altri parlamentari (contro la eventuale non decadenza di Berlusconi, perché da parlamentare si ha un interesse giuridicamente tutelato a non avere nella Camera cui si appartiene - in ipotesi il Senato - colleghi non legittimati a starci) e infine (anche se questo Villone non lo dice) dal Procuratore generale della Cassazione (contro la mancata esecuzione di una sentenza passata in giudicato, se Berlusconi fosse "salvato").
Tanto premesso, qui sotto - di seguito - l'articolo del professore Villone

Berlusconi decade? Faccia ricorso
di Massimo Villone
Il Manifesto, mercoledì 4 settembre 2013

Politici e giuristi si affaticano per evitare il voto in Senato. Ha aperto le danze il «lodo Violante». Che la legge Severino-Monti sia incostituzionale è difficile pensarlo, e forse poco interessa. L’obiettivo è bloccare la decadenza. La questione di legittimità è sollevata da un giudice durante un giudizio.
La Corte Costituzionale non ritiene che debba trattarsi di giudici togati e di aule di giustizia in senso stretto, ma di soggetti assimilabili a un giudice, nell’esercizio di una funzione assimilabile a quella giurisdizionale. Chi aderisce al lodo Violante sembra voler richiamare quelle pronunce della Corte (113/1993; 117/2006; 259/2009) per cui la funzione svolta dalla Giunta per le elezioni è sostanzialmente giurisdizionale. Problema risolto? No.
La Corte ritiene oggi necessarî per l’ammissibilità della questione entrambi i requisiti (6/2008; 164/2008). Diciamo pure che la funzione della Giunta è assimilabile a quella giurisdizionale (requisito oggettivo). Ma potremmo mai assimilare la Giunta a un giudice? Certamente no.
Il giudice è terzo e imparziale, indifferente rispetto all’esito della controversia. Come può essere giudice un organo collegiale che, riflettendo la proporzione esistente tra i gruppi parlamentari, comprende parti politiche portatrici di posizioni diverse, non formate all’interno dell’organo stesso in un libero confronto sottratto a ogni influenza, ma precostituite in sedi esterne, di gruppo o di partito? Come può essere giudice quando ne fa parte chi collega al voto una possibile crisi di governo? Dove finiscono terzietà, imparzialità, indifferenza rispetto all’esito? Inoltre, per la Corte deve trattarsi di un giudice che abbia poteri decisori sulla questione. Nel caso, tali poteri non spettano alla Giunta, ma all’Aula, che ancor meno è assimilabile a un giudice.
La Corte potrebbe ritenere ammissibile una questione di legittimità sollevata dalla Giunta solo invertendo una giurisprudenza oggi consolidata. Potrebbe farlo, ma sarebbe un pessimo segnale per la stessa Corte. Il lodo Violante va respinto.
E se si tracciasse un’altra via per giungere in Corte senza torsioni strumentali, costruendo un lodo alternativo più accettabile?
Consideriamo il conflitto tra poteri dello Stato, tra i quali sono gli organi costituzionali. Per Camera e Senato la titolarità al conflitto si estende anche a organi interni, quale ad esempio una commissione d’inchiesta. Deve essere incisa una competenza che trovi fondamento nella Costituzione. La domanda è: un parlamentare può essere potere dello Stato e proporre conflitto davanti alla Corte avverso la Camera di appartenenza per l’atto della stessa che lo privi della sua carica?
Nel 1995 il ministro della giustizia Mancuso fu colpito in Senato da una sfiducia individuale. Fu sostituito, con l’interim al Presidente del Consiglio Dini. L’ex-ministro presentò ricorso per conflitto tra poteri avverso il Senato, il Presidente del Consiglio e il Capo dello stato. Se la legittimazione al conflitto dell’organo governo - nella sua collegialità e impersonato dal premier - fosse stata assorbente rispetto al singolo ministro, il ricorso per la parte relativa al premier avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Invece, la Corte lo ammise, pur rigettandolo nel merito (ord. 470/1985; sent. 7/1996). Gli argomenti furono essenzialmente due: la titolarità di funzioni direttamente attribuite in Costituzione al ministro della giustizia; il diniego di tutela per l’ex-ministro nel caso che la titolarità al conflitto fosse stata ristretta al potere-governo e per esso al suo Presidente, che non avrebbe ovviamente sollevato conflitto contro se stesso. Questo si poteva evitare solo costruendo la figura del ministro come potere autonomo all’interno del potere-governo.
Ora, ciascun parlamentare ha attribuzioni proprie, conferite dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari: il diritto di voto, di parola, di iniziativa legislativa, di presentare mozioni, interrogazioni, interpellanze. La decadenza incide su quelle attribuzioni. Se un ex-ministro può essere potere autonomo all’interno del potere-governo e proporre conflitto per l’atto che ha prodotto la sua estromissione, perché mai si dovrebbe negare all’ex-senatore analogo conflitto per la decadenza dichiarata dal Senato?
Questa soluzione consentirebbe a Berlusconi, dopo la decadenza, di rivolgersi subito e direttamente alla Corte, che potrebbe nel giudizio anche sollevare davanti a se stessa in via incidentale la questione di costituzionalità della legge Severino-Monti. Con pieno riconoscimento del diritto di difesa, senza forzature, e senza un’intollerabile specialità per chi si vorrebbe più eguale degli altri. Se poi dev’essere crisi comunque, sia.
Dalla tesi esposta, due utili corollarî. Il primo. Il conflitto può sorgere anche per il diniego di un atto, o l’inerzia, e nel caso di mera turbativa all’esercizio delle attribuzioni (conflitto di menomazione o interferenza). Se la legge impone - come io penso - la decadenza, il diniego o l’omissione determina una illegittima composizione dell’Assemblea. La partecipazione ai lavori di un organo collegiale da parte di chi non ha titolo incide negativamente sull’esercizio delle funzioni da parte dei componenti che hanno titolo. Non è in gioco la validità degli atti, che nel caso potrebbe essere assicurata dalla prova di resistenza. Ma rileva la turbativa sulle attribuzioni dei componenti. Ciascun parlamentare avente legittimo titolo a partecipare potrebbe quindi proporre conflitto tra poteri davanti alla Corte per il diniego o l’omessa decisione di decadenza, causa di una illegittima composizione e della conseguente turbativa sulle proprie attribuzioni.
Il secondo. Sarebbe superfluo riformare - come è stato più volte proposto – l’art. 66 Cost., attribuendo il giudizio ivi previsto alla Corte costituzionale. Per la via qui suggerita vi si arriverebbe ugualmente, a Costituzione invariata.
Capiamo bene le spinte, anche autorevoli, a non decidere. Ma non vogliamo poi sentire, o magari leggere su un giornale straniero, che Senato e partiti con un briciolo di dignità avrebbero dovuto assumersi le proprie responsabilità e votare. Un rinvio al fine che sia domani la magistratura - e non oggi la politica - a risolvere il problema con l’interdizione dai pubblici ufficî aggiungerebbe battute all’assurdo copione della persecuzione giudiziaria, e ancor più ci allontanerebbe dall’essere un Paese normale. Che ognuno faccia, qui e ora, quel che deve.
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