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Povera Italia

Ultimo Aggiornamento: 12/08/2013 15:07
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12/08/2013 15:07
 
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Non è mia l'idea che con il fascismo la politica sia divenuta per la prima volta nella storia d'Italia un "fatto" di partecipazione popolare. Si può ritenere "democratica" (nel senso di partecipazione del popolo, "in qualche modo", alla vicenda politica) l'Italia prima della Grande Guerra? Fino al Patto Gentiloni (1913) si votava per censo e per cultura. Il Patto portò al voto tutti gli uomini, lasciando ancora senza possibilità di esercitare il diritto di voto l'altra metà del cielo! Ma la Prima guerra mondiale costituì il "fatto" dirompente dal punto di vista politico. E non solo per l'Italia. Tutti, militari e civili, uomini, donne, vecchi, perfino ragazzi, avevano partecipato allo sforzo bellico. Era un primato assoluto. La guerra fu un fenomeno
eminentemente "civile", "politico", "di popolo". L'aspetto militare fu, per così dire, solo "un" aspetto. Dopo la Guerra non c'erano più imperi totalitari, le dinastie classiche erano tutte travolte (restavano in piedi quelle già modernizzate e massoniche, per certi aspetti di stampo borghese, ancora oggi in piedi nel nord Europa). Finiva, per sempre, anche la monarchia "apostolica" in mano agli Asburgo (si potrebbe azzardare a dire che questo passaggio rappresentò l'atto definitivo di chiusura di un potere che affondava le radici nel Medioevo...). Nel mondo si inventavano le "democrazie" del 900 con la partecipazione delle masse. Era il prorompere della modernità. In forme diverse (uso il termine "democrazia" in senso direi non "proprio", per significare la partecipazione della masse alla vicenda politica, "in qualche forma"). E questo avvenne anche in Italia nelle forme proprie della dittatura fascista (dimentichiamo forse che il fascismo ebbe successo perchè ci fu il biennio rosso? le elites economiche e la stessa dinastia sabauda non si affidarono a Mussolini, che dai rossi veniva, per paura di una ripetizione in Italia di quanto successo in Russia?). Non credo che il fascimo non fu un fenomeno di massa. Credo, anzi (e lo dico da appartenente a famiglia "veramente" antifascista: mio nonno, classe 1907, dovette emigrare a Marsiglia negli anni 30 finchè non si ammalò agli occhi perdendo la vista), che gli Italiani fossero stati genuinamente fascisti. Certo, c'erano quelli che avevano fatto da sempre politica (una mia pronnonna era una "rossa" abbastanza conosciuta alla fine dell'ottocento a Napoli), ma questi erano una minoranza. Gli italiani che non avevano mai avuto interesse per la politica si buttarono anima e corpo a seguire il "capo" nelle sue avventure (Lenin si lamentò con i comunisti italiani di essersi lasciati scappare l'unico rosso capace di fare la rivoluzione in Italia: Mussolini, tra i primi in Occidente a "riconoscere" l'Urss). Poi, dopo, quegli stessi italiani si divisero tra comunisti e democristiani per la gran parte. Questo quando la lotta politica si fece dura: il 18 aprile 1948. Lì l'Italia che era stata fascista si divise esattamente in due parti. Altrimenti non ci spiegheremmo perchè il partito socialista di Nenni, che alle elezioni della costituente appena due anni prima era risultato più forte dei comunisti, perse la battaglia a sinistra. La scissione di Saragat (una delle personalità più raffinate della sinistra italiana, oggi dimenticata, anche, forse, per la sua poco brillante esperienza quirinalizia...) ebbe un peso, ma non tale da giustificare una ricollocazione dell'elettorato che rimarrà pressocchè immutato per decenni. Molti fascisti si fecero comunisti.
Condivido, quindi, l'analisi di Trixam per il suo profilo sugli assetti di potere economico. Ma resto convinto di quanto scritto sull'evoluzione democratica del nostro paese.
Infine una notazione. Non ho mai creduto che don Sturzo fosse "sinceramente" liberale. Egli distingueva, paolinamente, tra male e male minore. E' questa la premessa prima, psicologica e spirituale del suo farsi "politico". E ne fece, pragamticamente, una dottrina politica. Dottrina politica che ha come fine ultimo la salvezza di quante più anime. Le indagine laiche, gli studi ortodossi obliterano questa premessa, commettendo, a mio avviso un errore gravissimo. L'uomo si vede nella sua interezza, anzi, direi nella sua "integrità". Un sacerdote cattolico come don Sturzo non poteva essere intrinsecamente liberale. Ma questa è una storia molto, molto complessa. Su questo punto le mie idee sono molto eterodosse (perchè reputo l'ortodossia frutto di semplificazioni postmoderne). E tuttavia inserite in un quadro di "insieme" apparirebbero assolutamente ortodosse e consequenziali rispetto alle premesse. Ma su questo mi taccio per non sollevare inutili discussioni.
[Modificato da maximilian1983 12/08/2013 15:15]






Nolite conformari huic saeculo sed reformamini in novitate sensus vestri.
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