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Povera Italia

Ultimo Aggiornamento: 12/08/2013 15:07
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10/08/2013 12:34
 
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Max e il prof guardano a Berlinguer con occhio di moderati di ritorno.
Secondo me bisogna distinguer Berlinguer come capo politico comunista dal Berlinguer politico generale.

Dal punto di vista del capo comunista senza berlinguer il pci sarebbe finito o nell'anarchia nell'ambito delle tensioni del terrorismo o sarebbe stato ancora di più ortodosso all'ideologia di Mosca, Berlinguer in questo senso fu il normalizzatore del Pci. Il culto della personalità che gli costruirono intorno durato fino ad oggi
fu sostanzialmente uno stalinismo italiano che il segretario sfruttò per mettere in atto il distacco, lento e graduale, da Mosca.
Berlinguer fu il primo vero segretario comunista nella pienezza dei suoi poteri: Togliatti era una pedina di Stalin e le recenti ricerche ci hanno dimostrato che quasi tutte le sue mosse politiche(come la svolta di salerno) furono ispirate dal dittatore georgiano ed erano funzionali agli interessi di Mosca; il bravo luigi Longo
grande combattente politicamente non esisteva.
Come capo comunista berlinguer mostrò coraggio, so che oggi può sembrare banale ma dire nel 1976 che si sentiva più sicuro sotto l'ombrello della nato o l'anno dopo andare all'anniversario della rivoluzione d'ottobre ed affermare, con linguaggio affettato certo, che la democrazia popolare era una cretinata, non sono cose da poco.
La sua forza però fu anche la sua debolezza. Il suo essere troppo uomo di partito fece si che le sue scelte politiche generali si tramutassero in errori o disastri catastrofici come l'appoggio all'occupazione della fiat che scatenò la marcia dei quarantimila che fu la caporetto della sinistra in Italia.

A ben vedere questa è stata la vera eredità nociva del berlinguerismo che si è trasferita ai suoi eredi, non tanto invece la questione morale che era tipica dell'ipocrisia comunista dato che si dimenticava che il pci partecipava attivamente all'occupazione dello stato amministrandonee 1/3.
In un paese come l'italia dove il reducismo è uno sport nazionale gli eredi politici di berlinguer ne hanno seguito le orme: un po' per necessità dato che senza la legittimazione politica dell'essere stati "vicini" a Berlinguer non sarebbero mai diventati leader, un po'perché non conoscevano altro modo di fare politica.
La dimostrazione plastica è stato Massimo D'alema che non a caso era il preferito di Berlinguer: imbattibile come uomo di partito tanto da riuscire ad essere decisivo anche da non parlamentare come le ultime elezioni per il PDR ci hanno dimostrato, totalmente inadeguato alla prova del governo.

Da questo punto di vista Max ha ragione, la forza del pci è la dannazione della sinistra che da lì vede ancora venire la sua legittimazione.
In paesi come l'Inghilterra invece le sconfitte elettorali e la devastazione del partito laburista tra gli anni settanta e ottanta ha permesso la rifondazione del partito aprendo una fase politica completamente nuova.

Mentre non sono affatto d'accordo con l'idea proposta da Max del compromesso storico. Per Berlinguer il compromesso storico era una prova della sua forza politica resa ancora più necessaria dal rapimento di Moro che pemettendogli di inserirsi nella linea dura smarcava definitivamente il pci dalle ambiguità che per anni lo avevano contraddistinto.

Moro invece era un fatalista, pensava che alla fine il comunismo, non solo in Italia, avrebbe prevalso e per questo fosse meglio anticipare il risultato portando il pci al governo con una transazione mordiba. Meglio soprattutto per la democrazia cristiana che avrebbe così conservato un ruolo centrale così com'era, che nella visione politica di Moro -uno che alle riforme non credeva- era fondamentale.

Il compromesso storico fu quello che nel gioco degli scacchi è l'arrocco, una mossa difensiva tesa a preservare il duopolio Dc-pci.
Poi è vero che mai Moro avrebbe dato il suo assenso al Pd il quale è frutto di una corrente diverso del pensiero cattocomunista, quella dossettiano-prodiana.

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