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Povera Italia

Ultimo Aggiornamento: 12/08/2013 15:07
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10/08/2013 09:01
 
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Ottime analisi con spunti davvero interessanti.

L'errore più comune è quello di solidificare il concetto di destra e sinistra nelle analisi politiche,idealtipi sostanzialmente errati per essere comparatisticamente accettati.
Come non mi stancherò mai di dire,l'Italia non è fatta per le grandi ideologie,solo una debole è compatibile con questo popolo e la sola a poter permettere opportunistico pragmatismo, unico vero pregio.
Quando si è liberi di poter scegliere tra istanze di diversa natura,anche opposte perchè no, si hanno maggiori possibilità di far uscire qualcosa di buono,del resto evolvere per non estinguersi è sempre valido.

La DC ebbe il grande pregio di essere pragmatica, a suo modo lo fu anche il fascismo, e sostituì la colla del sentimento nazionale con quello di comune fede,la trovata dello scudo crociato fu la miglior legittimazione possibile in quel mondo.
In effetti,volendo, si potrebbe azzardare una comparazione col panislamismo se circoscritto alla strumentalizzazione della religione come fonte di legittimazione,ma questa è un'altra storia.
Indubbiamente ci furono alcuni papalisti, come Andreotti, ma a livello generale credo valga quanto affermato sopra.

Per concludere,la fluidità del pensiero fu l'arma in più della DC che non disdegnava cambi di rotta all'interno delle stesse correnti.
Il pnf ,al contrario,fu molto più plastico all'infuori di Mussolini,basta ricordare i vari Farinacci ,De bono o Starace.



@george: Travaglio è un iperformalista totalitario, la "razza" più disprezzata dai Verri.
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10/08/2013 11:24
 
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Re:
(pollastro), 09/08/2013 22:09:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Condivido completamente l'analisi di Maximilian [SM=g2725285] , anche sui limiti di Berlinguer e provo a proseguirla con mie riflessioni: il segretario comunista era a mio parere una persona moralmente molto perbene, come tale imparagonabile alla media dei nostri politici attuali (pressocché tutti [SM=x43800]), ma che non poteva - per formazione culturale e per i limiti della situazione politica del suo tempo - fare uscire il Paese dalla sua anomalia, secondo me appunto bene individuata da Maximilian, che nasce dal fatto che il fascismo nazionalizzò non tanto le masse in se stesse - espressione generica - ma la piccola borghesia in particolare e bloccò in tale modo per due decenni, nel partito unico e nella retorica patriottarda, la normale evoluzione destra/sinistra che nel frattempo conoscevano altre democrazie. Fu insomma il modo italiano di entrare nella modernità (perché ebbe, pur autoritario, la collaborazione di ottimi tecnici e in qualche modo costruì lo Stato sociale, istituti di controllo dell'economia, di controllo del territorio con la prima legge urbanistica, i codici, eccetera. Se avesse prevalso la sua anima filobritannica, piuttosto che l'illusione che Hitler [SM=x2217231] vincesse in fretta la guerra e che quindi suggerì la furbizia di vista corta di allearvisi, forse la storia successiva sarebbe stata diversa).
Destra e sinistra c'erano anche nel Ventennio, ma dentro il PNF (e, dopo la Repubblica, lo stesso avvenne per la DC). Aggiungo che la Chiesa - sicuramente non tutta fascista, nell'intimo di molta parte della Curia vaticana - aveva subito l'Unità [SM=g2719694] come un'usurpazione e accettò poi per realismo e interesse di convivere col fascismo, come a lungo fece la monarchia pure: altre anomalie rispetto alle democrazie europee e americana fra le due guerre mondiali. Togliatti a mio parere ebbe un ruolo decisivo nella "costituzionalizzazione" del PCI; diversamente, avremmo avuto la prosecuzione con altri attori della guerra civile che al Nord vide protagonisti partigiani e repubblichini. Questo mi sembra il suo maggiore merito storico,
Il discorso non è meramente accademico o di memorialistica storica: mostra perché anche oggi non abbiamo una destra e una sinistra "normali", come accade altrove




Musica per le mie orecchie.
Aggiungo solo un ulteriore argomento. Soprattutto per riconsiderare in modo molto critico la nascita del pd, fatta passare, attraverso suggestioni sincretistiche di stampo soprattutto veltroniano (fuffa allo stato puro...) come l'approdo finale del sogno comune di Berlinguer e Moro.
E' un argomento che sentii, una volta, dalla bocca di Giuliano Amato. E l'ho fatto mio a ragion veduta. Parlava di Aldo Moro. Ne veniva fuori un uomo assolutamente non di sinistra. Anzi! E ne veniva fuori che scopo principale dello statista democristiano non fu (con l'accordo di Berliguer) mettere le basi storiche di un possibile accordo tra democristiani e comunisti al fine di governare insieme in un solo partito. Moro non sognava un pd. Moro voleva creare la destra e la sinistra italiana finalmente democratiche, perchè, ahinoi, entrambe di formazione culturale NON DEMOCRATICHE, perchè formatesi sotto il periodo fascista (non è un mistero che molti fascisti nel dopoguerra non confluirono nella dc, nè nel ms, ma nel pc...). Questa "palestra" di democrazia doveva avvenire attraverso un periodo di governo comune, seppure nell'emergenza degli anni 70. Nella prospettiva di Moro c'era una democrazia dell'alternanza come avviene in paesi dove quella "palestra" di democrazia si era realizzata alla fine della prima guerra mondiale, quando la politica finì per essere non più esercizio delle elites, ma fenomeno partecipativo di massa (inevitabile dopo che nella prima guerra mondiale per la prima volta nella storia le masse, civili compresi, avevano partecipato allo sforzo bellico...). E' probabile che Moro vedeva in sè il capo della destra (se il processo avesse avuto un tirocinio breve...). Ma così non fu. E il pd, se è qualcosa, non può essere il "sogno" di Moro. E' piuttosto, il punto di convergenza del comunismo in senso proprio e di quello cattolico. Perchè la democrazia cristiana raccoglieva anche comunisti che rifiutarono di entrare nel pc per obbedienza alla Chiesa. Ricordo il caso emblematico dei genitori della Rosa Russo Jervolino...






Nolite conformari huic saeculo sed reformamini in novitate sensus vestri.
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10/08/2013 12:31
 
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Re: Re: Re:
connormaclaud, 04/08/2013 16:13:




Chiamala se vuoi coerenza politica ed è vero che è andata perduta allorquando si è perso il ruolo di opposizione permanente e la possibilità di sedere su comode poltrone ha fatto gola a troppi.
Se l'msi non si fosse sciolto,nel bene e nel male, oggi esisterebbe un partito vecchio stampo, coeso e coerente che non avrebbe avuto bisogno di primarie,scopiazzare programmi elettorali e restare in bilico per qualche sentenza.
Pompei avrebbe conosciuto l'ira del vesuvio,ma forse quel grande patrimonio non starebbe crollando a pezzi e orde di turisti alimenterebbero una fiorente economia;le twin towers sarebbero ahimè crollate,ma la posizione italiana in politica estera ben definita;l'europa ci sarebbe lo stesso,ma forse sarebbe diversa...
No,non è un elogio dell'msi,potrei dire lo stesso del vecchio pci ,solo una romantica utopia restrospettiva contro l'ambiguità in genere.

I crudi numeri sono spesso infami,se non contestualizzati nel tessuto sociopolitico italiano dell'epoca. L'italia aveva perduto una Guerra-per alcuni l'ha pareggiata-, le redini ed i destini della nuova repubblica erano affidati a partiti determinati e più di tutto pesava il pesante indottrinamento delle masse,essere di destra significava essere dei mostri. Questa mentalità è ancora predominante nel paese e la soggezione psicologica è ancora evidente,votare Berlusconi (che di destra non è ) è per molti qualcosa da fare di nascosto,lontano da occhi indiscreti, e guai a dirlo in giro,lo scherno è dietro l'angolo.

L'msi è partito da zero, non così la dc ed il pci, di generazione in generazione ha dovuto lottare per la propria crescita e sopravvivenza,senza gli aiuti della Chiesa,degli USA e dell'urss.
In quell'Italia raggiungere il 4% dei consensi era una grande impresa,non cotiche.

Fini con la rottura di fiuggi ha cavalcato l'onda,ha presentato un soggetto nuovo nella forma,come i ds, e nei contenuti, guardando ai voti degli ex dc, ma non si è limitato a questo,ha iniziato con le epurazione che non mettevano in pericolo il partito,ma la sua leadership.
Il delfino d'almirante ha purgato il dissenso,null'altro.
Gli anni di piombo e la caduta della dc hanno cementato la bipolarizzazione del paese e il raddoppiare i voti non è stata una magia finiana,quanto il raccolto per quello che l'msi aveva seminato e una minor pressione psicologica in un mondo che stava cambiando,il sogno di un posto al sole non era proibito.

La scelta del pdl per i colonnelli è stato di mero opportunismo politico,non vedevano un duce,ma solo l'opportunità di mangiare in un sol boccone gli ex FI,come poi è stato.
Berlusconi non ha mai imparato a gestire il suo movimento e partitizzarlo,i suoi uomini erano per lo più legati al loro presidente,ma novelli ed inesperti nel vivere la vita di partito,questo gli ex an lo sapevano e le grandi opportunità di carriera e di controllo del partito sono stati la molla che hanno fatto propendere verso il pdl.
Fini,dal canto suo, sapeva di essere l'erede naturale per il centrodestra alla pensione del cav,ma una volta dentro e sulla poltrona della camera è stato degradato a colonnello , l'isolamento e la paura di crepare prima di Berlusconi hanno fatto il resto.


L'msi è figlio della cultura del ventennio,ma non del fascismo.
Si è posto quasi da subito come un partito conservatore repubblicano, il tricolore Dio Patria Famiglia è emblematico, lo strascico neofascista è stata una parodia che è diventata un inconsapevole abito,non diversamente dal complesso crozziano di Bersani.
Pochi avevano vissuto il fascismo e ancor meno l'avevano conosciuto, quella del fascismo fu una cristalizzazione di qualcosa che ideologia non era e non aveva.

La massima mussoliniana,confermata dalla storia fascista è la seguente: "Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente", non fi di destra più di quanto fu di sinistra e se l'msi aveva nel fascismo il mitico avo,in realtà fu un nuovo ed indipendente soggetto di destra,simile alle nuove destre del post guerra.

Churchill esaltò Mussolini ed il fascismo fino al giorno della dichiarazione di guerra e De gaulle fu tanto autoritario nei fatti ad essere ben più fascista di mussolini.
L'inglese combattè la germania nazista ed il fascismo fu solo uno scomodo alleato di quest'ultimo ed il francese combattè l'occupazione italiana,non il fascismo in quanto tale. Comunque sia il fascismo nasce e muore con Mussolini,non vale la pena approfondire in questo thread.

Se ,suo malgrado, la !destra" ha negato mito delle liberalizzazioni dovrebbe farne un punto d'orgoglio, se la mummuficazione e burocraticizzazione del paese non sono opera della sinistra e del centro serve una visita oculistica approfondita, tanto più considerando che l'efficienza e la puntualità,sono sempre stati un pallino degli uomini "di destra".







Come dicono in Sicilia: la fissazione è peggio della malattia.
Siete nostalgici di un passato glorioso che non c'è mai stato.
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10/08/2013 12:34
 
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Max e il prof guardano a Berlinguer con occhio di moderati di ritorno.
Secondo me bisogna distinguer Berlinguer come capo politico comunista dal Berlinguer politico generale.

Dal punto di vista del capo comunista senza berlinguer il pci sarebbe finito o nell'anarchia nell'ambito delle tensioni del terrorismo o sarebbe stato ancora di più ortodosso all'ideologia di Mosca, Berlinguer in questo senso fu il normalizzatore del Pci. Il culto della personalità che gli costruirono intorno durato fino ad oggi
fu sostanzialmente uno stalinismo italiano che il segretario sfruttò per mettere in atto il distacco, lento e graduale, da Mosca.
Berlinguer fu il primo vero segretario comunista nella pienezza dei suoi poteri: Togliatti era una pedina di Stalin e le recenti ricerche ci hanno dimostrato che quasi tutte le sue mosse politiche(come la svolta di salerno) furono ispirate dal dittatore georgiano ed erano funzionali agli interessi di Mosca; il bravo luigi Longo
grande combattente politicamente non esisteva.
Come capo comunista berlinguer mostrò coraggio, so che oggi può sembrare banale ma dire nel 1976 che si sentiva più sicuro sotto l'ombrello della nato o l'anno dopo andare all'anniversario della rivoluzione d'ottobre ed affermare, con linguaggio affettato certo, che la democrazia popolare era una cretinata, non sono cose da poco.
La sua forza però fu anche la sua debolezza. Il suo essere troppo uomo di partito fece si che le sue scelte politiche generali si tramutassero in errori o disastri catastrofici come l'appoggio all'occupazione della fiat che scatenò la marcia dei quarantimila che fu la caporetto della sinistra in Italia.

A ben vedere questa è stata la vera eredità nociva del berlinguerismo che si è trasferita ai suoi eredi, non tanto invece la questione morale che era tipica dell'ipocrisia comunista dato che si dimenticava che il pci partecipava attivamente all'occupazione dello stato amministrandonee 1/3.
In un paese come l'italia dove il reducismo è uno sport nazionale gli eredi politici di berlinguer ne hanno seguito le orme: un po' per necessità dato che senza la legittimazione politica dell'essere stati "vicini" a Berlinguer non sarebbero mai diventati leader, un po'perché non conoscevano altro modo di fare politica.
La dimostrazione plastica è stato Massimo D'alema che non a caso era il preferito di Berlinguer: imbattibile come uomo di partito tanto da riuscire ad essere decisivo anche da non parlamentare come le ultime elezioni per il PDR ci hanno dimostrato, totalmente inadeguato alla prova del governo.

Da questo punto di vista Max ha ragione, la forza del pci è la dannazione della sinistra che da lì vede ancora venire la sua legittimazione.
In paesi come l'Inghilterra invece le sconfitte elettorali e la devastazione del partito laburista tra gli anni settanta e ottanta ha permesso la rifondazione del partito aprendo una fase politica completamente nuova.

Mentre non sono affatto d'accordo con l'idea proposta da Max del compromesso storico. Per Berlinguer il compromesso storico era una prova della sua forza politica resa ancora più necessaria dal rapimento di Moro che pemettendogli di inserirsi nella linea dura smarcava definitivamente il pci dalle ambiguità che per anni lo avevano contraddistinto.

Moro invece era un fatalista, pensava che alla fine il comunismo, non solo in Italia, avrebbe prevalso e per questo fosse meglio anticipare il risultato portando il pci al governo con una transazione mordiba. Meglio soprattutto per la democrazia cristiana che avrebbe così conservato un ruolo centrale così com'era, che nella visione politica di Moro -uno che alle riforme non credeva- era fondamentale.

Il compromesso storico fu quello che nel gioco degli scacchi è l'arrocco, una mossa difensiva tesa a preservare il duopolio Dc-pci.
Poi è vero che mai Moro avrebbe dato il suo assenso al Pd il quale è frutto di una corrente diverso del pensiero cattocomunista, quella dossettiano-prodiana.

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10/08/2013 15:38
 
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Re: Re: Re: Re:
trixam, 10/08/2013 12:31:





Come dicono in Sicilia: la fissazione è peggio della malattia.
Siete nostalgici di un passato glorioso che non c'è mai stato.




Siete chi? Fino a prova contraria sono il solo a scrivere e ,per inciso, non sento la necessità dell'appartenenza politica.
Se avessi letto quanto scritto, scevro da preconcetti di sorta,l'avresti capito.

p.s.
il giurista del comintem era talmente terrorizzato di venir messo sottochiave da declinare viaggi in urss per non incontrare il compagno baffetto,altro che pedina.
[Modificato da connormaclaud 10/08/2013 15:42]
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10/08/2013 18:00
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare

D'accordo anche nel giudizio su Moro (di cui però ricordo che, prima di entrare nella DC, fu tentato di entrare nel partito socialista e ne fu dissuaso da un curiale importante: forse Montini, ma non vorrei sbagliarmi) di Maximilian e nelle aggiunte su Berlinguer di Trixam: lui ebbe un indirizzo coraggioso e aperturista (la famosa "terza via": fumosa, ma appunto l'unico approdo possibile per un comunista italiano intelligente di quei tempi), certo non voleva essere con Mosca e l'URSS ne diffidava: se ricordate, in Bulgaria subì anche un misterioso attentato che distrusse l'automobile in cui era, lasciandolo illeso. Era però un uomo di partito: lo tenne sì insieme in tempi difficili, ma al tempo stesso si arroccò, è giusto rilevarlo.
L'analisi di Trixam non mi sembra insomma incompatibile con quella di Maximilian e con la mia: tutte convergono, piuttosto, se non vedo male. Togliatti stalinista? Certo, ma con sofferenza e guardingo: lui rifiutò di restare in URSS, sotto Stalin aveva paura di finire "purgato", giacché "bukhariniano", insomma "di destra", in quel mondo. Io lo giudico un realista, per i tempi che gli toccarono. Siccome non sono mai stato comunista, non sarei stato nemmeno togliattiano, ma di fatto contribuì a stabilizzare la democrazia italiana nel dopoguerra. E poi non era un insopportabile "radicalchic" come gli editorialisti e i giornalisti di "Repubblica": qualunque cosa sia stata e con tutti i suoi limiti, il PCI era un vero partito popolare, non una conventicola da salotti borghesi "de sinistra".
E complimenti per l'acutezza di sguardo di Trixam: non mi dispiace affatto essere definito "moderato di ritorno". Sono "nato" a sinistra, oggi e da tempo mi sento di centro-sinistra (con l'accento piuttosto sul primo termine), ma con una sinistra liberale mi ricollocherei al posto che sento più confacente a me
[SM=g2725292]
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10/08/2013 23:37
 
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Possibile che quelle 3 o 4 persone dicano sempre cose giuste? [SM=g2725401] Si, sono invidioso del vostro gruppetto! [SM=g2725400]
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11/08/2013 10:20
 
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Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Ma no, George e Connormclaud: è solo chiaro che alcuni di noi amano riflettere sulla storia e - parlo per me - questo lo si fa in genere quando si è raggiunto un certo distacco. Sono stato, in politica, molto "militante", ma ora non sono più giovane. Come si dice, "si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio" (cit. da De André, il grande Faber).
Beati voi te che il cattivo esempio potete ancora darlo in prima persona.
Buona domenica e buone vacanze [SM=g2725339] [SM=g2725292]
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12/08/2013 11:32
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
connormaclaud, 10/08/2013 15:38:




Siete chi? Fino a prova contraria sono il solo a scrivere e ,per inciso, non sento la necessità dell'appartenenza politica.
Se avessi letto quanto scritto, scevro da preconcetti di sorta,l'avresti capito.

p.s.
il giurista del comintem era talmente terrorizzato di venir messo sottochiave da declinare viaggi in urss per non incontrare il compagno baffetto,altro che pedina.





Ma cosa vuoi replicare a chi afferma che se Fiorito, esponente della meglio gioventù del movimento, avesse avuto ancora la tessera del msi invece di quella del pdl sarebbe stato un batman più etico e avrebbe addirittura gestito mirabilmente gli scavi di Pompei?


[Modificato da trixam 12/08/2013 11:40]
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12/08/2013 11:47
 
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Re:
(pollastro), 10/08/2013 18:00:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

D'accordo anche nel giudizio su Moro (di cui però ricordo che, prima di entrare nella DC, fu tentato di entrare nel partito socialista e ne fu dissuaso da un curiale importante: forse Montini, ma non vorrei sbagliarmi) di Maximilian e nelle aggiunte su Berlinguer di Trixam: lui ebbe un indirizzo coraggioso e aperturista (la famosa "terza via": fumosa, ma appunto l'unico approdo possibile per un comunista italiano intelligente di quei tempi), certo non voleva essere con Mosca e l'URSS ne diffidava: se ricordate, in Bulgaria subì anche un misterioso attentato che distrusse l'automobile in cui era, lasciandolo illeso. Era però un uomo di partito: lo tenne sì insieme in tempi difficili, ma al tempo stesso si arroccò, è giusto rilevarlo.
L'analisi di Trixam non mi sembra insomma incompatibile con quella di Maximilian e con la mia: tutte convergono, piuttosto, se non vedo male. Togliatti stalinista? Certo, ma con sofferenza e guardingo: lui rifiutò di restare in URSS, sotto Stalin aveva paura di finire "purgato", giacché "bukhariniano", insomma "di destra", in quel mondo. Io lo giudico un realista, per i tempi che gli toccarono. Siccome non sono mai stato comunista, non sarei stato nemmeno togliattiano, ma di fatto contribuì a stabilizzare la democrazia italiana nel dopoguerra. E poi non era un insopportabile "radicalchic" come gli editorialisti e i giornalisti di "Repubblica": qualunque cosa sia stata e con tutti i suoi limiti, il PCI era un vero partito popolare, non una conventicola da salotti borghesi "de sinistra".
E complimenti per l'acutezza di sguardo di Trixam: non mi dispiace affatto essere definito "moderato di ritorno". Sono "nato" a sinistra, oggi e da tempo mi sento di centro-sinistra (con l'accento piuttosto sul primo termine), ma con una sinistra liberale mi ricollocherei al posto che sento più confacente a me
[SM=g2725292]




No infatti non era incompatibile, era solo divergente sul timing. Nell'analisi di Max sembra che berlinguer sia stato un handicap, mentre io ritengo e l'ho aggiunto che sia stata la sua eredità ad essere un handicap ma senza di lui il pci sarebbe diventato una mina vagante di stampo coreano per la nostra già fragile democrazia.
Su togliatti non è a mio giudizio importante quanto fosse staliniano - la proposta rifiutata di diventare segretario del comimform nel 1947 era stata ispirata da ambienti interni al pci che volevano sostituirlo con Pietro Secchia- ma il fatto che le sue scelte, tra cui quella più importante della svolta di Salerno, furono dettate da Mosca. In questo senso non era un segretario autonomo e non avrebbe potuto esserlo nessun altro data la presenza ingombrante di Giuseppe Stalin che ricordiamolo fino al ventesimo congresso fu un eroe popolare anche in occidente in quanto vincitore del nazismo e padre dei lavoratori.


Sono anche in gran parte d'accordo con quello che avete scritto su fascismo e dintorno con alcune differenze marginali ed una significativa.
Ad esempio secondo me durante il fascismo non ci fu una integrazione delle masse come soggetto politico e quindi non ci fu partecipazione politica, ci fu una partecipazione alle istituzioni stratificate dal fascismo per il controllo dell'individuo dall'alba al tramonto che è una cosa diversa.
Alberto Mingardi ha ricordato in un bell articolo che un grande liberale come Don Luigi Sturzo affermava che il fascismo abolì la partecipazione all'amministrazione e al potere della cosa pubblica rendendo il cittadino estraneo agli interessi comuni, personalmente concordo con Don Sturzo.
Anzi questa è una delle continuità che ci portiamo dietro oggi con i cittadini che pretendono indignati quando devono avere dallo stato ed invece si sentono estranei quando devono dare, soprattutto quando si tratta di pagare le tasse(detto le tasse italiane sono scandalose).
Quindi l'affermazione di Max al limite vale per alcuni membri delle elite dei futuri partiti repubblicani che si avvicinarono alla politica dentro il fascismo come moro e fanfani che infatti di danni ne fecero parecchi quando presero in mano la Dc.
Se aldo moro non avesse vissuto la tragedia che ha posto fine alla sua vita oggi sarebbe ricordato come uno dei peggiori politici mai avuti dall'Italia, i suoi governi furono tra i più catastrofici della storia repubblicana.

Ma soprattutto col fascismo cominciò quella cultura fatta della supremazia del diritto pubblico sul privato, dell'impresa pubblica sull'iniziativa privata, della collusione tra governo e grandi gruppi, della stampa filogovernativa a prescindere, del partito come strumento di scalata sociale, della chiesa disposta a concedere il suo sostegno in nome di una realpolitik vaticana. Tutti elementi che sono rimasti immutati negli ultimi 80 anni e che hanno fossilizzato il paese.
Venuti meno la monarchia e il fascismo sono entrati dentro la partitocrazia, i sidancati confederali, le nuove lobbies, ma gli assetti di potere in Italia sono rimasti quelli di un blocco conservatore che impedisce di cambiare qualsiasi cosa, per questo chiunque vada al governo anche con le migliori intenzioni dopo 6 mesi diventa la fotocopia di quelli che c'erano prima. Un sistema di potere che si basa su un blocco sociale costituito da una classe media costruita in vitro con decenni di politiche assistenzialistiche che dipende fortemente dalla politica ed è perciò molto facilmente condizionabile.
Anche questa fu tutta una invenzione fascista. Questi sono gli elementi di continuità tra il ventennio ed oggi e per altro sono i punti di anomali su cui la globalizzazione ha picchiato duro e per difendere questo status quo i governi degli ultimi 20 hanno scientemente rifiutato di mettere in atto riforme
Poi possiamo discutere sulla conformazione politica del paese che non c'è dubbio sia conservatore condita con caricature ideologiche folli, ma questo assume una valenza secondaria.


Ps Permettetemi però di dire che trovo proprio fastidioso l'utilizzo di certi di una retorica fascista del tipo è tutta colpa del popolo bue che mi ricorda la retorica mussoliniana: "questa è guerra per giapponesi e tedeschi, non per noi. Siamo una razza debole. Non ho il materiale umano per vincere la guerra".
Questo mentre ad El Alamein gli uomini della folgore e della Brescia armati solo di fucili si immolavano con folle coraggio contro i carri armati inglesi, a ben vedere ancora oggi una metafora del disgraziato paese a forma di stivale.


Buone vacanze a tutti.
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12/08/2013 12:49
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
trixam, 12/08/2013 11:32:





Ma cosa vuoi replicare a chi afferma che se Fiorito, esponente della meglio gioventù del movimento, avesse avuto ancora la tessera del msi invece di quella del pdl sarebbe stato un batman più etico e avrebbe addirittura gestito mirabilmente gli scavi di Pompei?







Ho scritto della concezione di partito classico,per evitare le classiche elucubrazioni mentali ho addirittura scritto che questo poteva essere prendendo come riferimento anche pci o i socialisti (o gli altri),la feccia con la tessera di partito o le mignotte della politica non sono un elemento caratterizzante trattandosi del denominatore comune della politica di ogni dove.
Struttura,modus pensandi,modus operandi dei partiti come nel resto del mondo, di questo parlavo, non delle fregnate "fascisti o comunisti",ladri di ieri e magnaccia di oggi...




Ps Permettetemi però di dire che trovo proprio fastidioso l'utilizzo di certi di una retorica fascista del tipo è tutta colpa del popolo bue che mi ricorda la retorica mussoliniana: "questa è guerra per giapponesi e tedeschi, non per noi. Siamo una razza debole. Non ho il materiale umano per vincere la guerra".
Questo mentre ad El Alamein gli uomini della folgore e della Brescia armati solo di fucili si immolavano con folle coraggio contro i carri armati inglesi, a ben vedere ancora oggi una metafora del disgraziato paese a forma di stivale.



Onore al 185, al 9 bersaglieri,al 17 e 27, ma non dimenticare tutto il resto, il come e perchè si è arrivati a quella scellerata guerra.
Non dimenticare le tante sconfitte frutto dell'ipocrisia,delle menzogne, dell'idiozia dei comandi e solo dopo dell'equipaggiamento scadente, non dimenticare che eravamo gli unici ad avere un reparto di cavallieria classico - il 3 savoia, l'ultima carica di cavalleria,la carica di Isbuscenskij-,non dimenticare Badoglio,il gran consiglio, i 45 milioni di fascisti diventati 45 milioni d'antifascisti ( Churchill docet ).

"Se non del tutto giusto,quasi niente sbagliato" nelle parole di mussolini,perchè un popolo debole lo siamo dall'unificazione e le cose non sono cambiate poi tanto in 151 anni.
Chi regge il gioco di questa mediocre politica e di questo putrido sistema,se non il popolo? E' una nostra responsabilità collettiva,l'assuefazione del governato che subisce le amenità di pochi lo rende carnefice di se stesso.
Questa è la triste verità e la debolezza dell'italia è sotto gli occhi di tutto ogni santo giorno.
[Modificato da connormaclaud 12/08/2013 13:13]
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12/08/2013 15:07
 
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Non è mia l'idea che con il fascismo la politica sia divenuta per la prima volta nella storia d'Italia un "fatto" di partecipazione popolare. Si può ritenere "democratica" (nel senso di partecipazione del popolo, "in qualche modo", alla vicenda politica) l'Italia prima della Grande Guerra? Fino al Patto Gentiloni (1913) si votava per censo e per cultura. Il Patto portò al voto tutti gli uomini, lasciando ancora senza possibilità di esercitare il diritto di voto l'altra metà del cielo! Ma la Prima guerra mondiale costituì il "fatto" dirompente dal punto di vista politico. E non solo per l'Italia. Tutti, militari e civili, uomini, donne, vecchi, perfino ragazzi, avevano partecipato allo sforzo bellico. Era un primato assoluto. La guerra fu un fenomeno
eminentemente "civile", "politico", "di popolo". L'aspetto militare fu, per così dire, solo "un" aspetto. Dopo la Guerra non c'erano più imperi totalitari, le dinastie classiche erano tutte travolte (restavano in piedi quelle già modernizzate e massoniche, per certi aspetti di stampo borghese, ancora oggi in piedi nel nord Europa). Finiva, per sempre, anche la monarchia "apostolica" in mano agli Asburgo (si potrebbe azzardare a dire che questo passaggio rappresentò l'atto definitivo di chiusura di un potere che affondava le radici nel Medioevo...). Nel mondo si inventavano le "democrazie" del 900 con la partecipazione delle masse. Era il prorompere della modernità. In forme diverse (uso il termine "democrazia" in senso direi non "proprio", per significare la partecipazione della masse alla vicenda politica, "in qualche forma"). E questo avvenne anche in Italia nelle forme proprie della dittatura fascista (dimentichiamo forse che il fascismo ebbe successo perchè ci fu il biennio rosso? le elites economiche e la stessa dinastia sabauda non si affidarono a Mussolini, che dai rossi veniva, per paura di una ripetizione in Italia di quanto successo in Russia?). Non credo che il fascimo non fu un fenomeno di massa. Credo, anzi (e lo dico da appartenente a famiglia "veramente" antifascista: mio nonno, classe 1907, dovette emigrare a Marsiglia negli anni 30 finchè non si ammalò agli occhi perdendo la vista), che gli Italiani fossero stati genuinamente fascisti. Certo, c'erano quelli che avevano fatto da sempre politica (una mia pronnonna era una "rossa" abbastanza conosciuta alla fine dell'ottocento a Napoli), ma questi erano una minoranza. Gli italiani che non avevano mai avuto interesse per la politica si buttarono anima e corpo a seguire il "capo" nelle sue avventure (Lenin si lamentò con i comunisti italiani di essersi lasciati scappare l'unico rosso capace di fare la rivoluzione in Italia: Mussolini, tra i primi in Occidente a "riconoscere" l'Urss). Poi, dopo, quegli stessi italiani si divisero tra comunisti e democristiani per la gran parte. Questo quando la lotta politica si fece dura: il 18 aprile 1948. Lì l'Italia che era stata fascista si divise esattamente in due parti. Altrimenti non ci spiegheremmo perchè il partito socialista di Nenni, che alle elezioni della costituente appena due anni prima era risultato più forte dei comunisti, perse la battaglia a sinistra. La scissione di Saragat (una delle personalità più raffinate della sinistra italiana, oggi dimenticata, anche, forse, per la sua poco brillante esperienza quirinalizia...) ebbe un peso, ma non tale da giustificare una ricollocazione dell'elettorato che rimarrà pressocchè immutato per decenni. Molti fascisti si fecero comunisti.
Condivido, quindi, l'analisi di Trixam per il suo profilo sugli assetti di potere economico. Ma resto convinto di quanto scritto sull'evoluzione democratica del nostro paese.
Infine una notazione. Non ho mai creduto che don Sturzo fosse "sinceramente" liberale. Egli distingueva, paolinamente, tra male e male minore. E' questa la premessa prima, psicologica e spirituale del suo farsi "politico". E ne fece, pragamticamente, una dottrina politica. Dottrina politica che ha come fine ultimo la salvezza di quante più anime. Le indagine laiche, gli studi ortodossi obliterano questa premessa, commettendo, a mio avviso un errore gravissimo. L'uomo si vede nella sua interezza, anzi, direi nella sua "integrità". Un sacerdote cattolico come don Sturzo non poteva essere intrinsecamente liberale. Ma questa è una storia molto, molto complessa. Su questo punto le mie idee sono molto eterodosse (perchè reputo l'ortodossia frutto di semplificazioni postmoderne). E tuttavia inserite in un quadro di "insieme" apparirebbero assolutamente ortodosse e consequenziali rispetto alle premesse. Ma su questo mi taccio per non sollevare inutili discussioni.
[Modificato da maximilian1983 12/08/2013 15:15]






Nolite conformari huic saeculo sed reformamini in novitate sensus vestri.
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