Dal professore Prisco, che mi prega di postare - in anteprima per voi - un articolo appena inviato al
Corriere del Mezzogiorno (ha usato col copia/incolla anche espressioni scritte da me e di questo lo ringrazio. Ha poi tenuto conto anche del dibattito sul punto che si sta svolgendo su questo sito).
Buone vacanze a tutti da lui e da me, riaccenderò il
computer a settembre. Ora ho solo voglia di spegnerlo, non lo porto in viaggio (e il cellulare serve solo per le emergenze)
Sono costretto ad intervenire per la seconda volta in pochi giorni su questioni universitarie: stavolta a proposito del previsto, forte aumento delle tasse ai fuori corso, dei quali anche la mia università, la Federico II, è piena, perché di grandi dimensioni.
Si tratta di un problema solo italiano: altrove chi non supera gli esami del piani di studi di un certo anno non si iscrive al successivo. Troppe facoltà sono poi oggi un parcheggio per giovani immotivati e nullafacenti, spesso incapaci di scrivere in italiano e di pensare logicamente.
Giusto colpire quest’andazzo, ma distinguiamo: la categoria è in realtà comprensiva anche di chi studia e lavora, o di chi ha avuto gravi problemi personali e di famiglia, o ancora di chi si è iscritto già da adulto, senza contare che non tutte le facoltà sono egualmente difficili e a volte è davvero impossibile tenere il passo astrattamente disegnato dai rispettivi ordinamenti degli studi.
Ingiusta poi la retroattività: le regole del gioco non si cambiano a partita iniziata, sicché l’unico modo per rendere legittimo questo aumento sarebbe al più quello di introdurlo per i nuovi iscritti, che saprebbero dunque a che cosa andrebbero incontro se rimanessero pigri. Se no, sarebbe come pretendere che siano ammessi alla maturità solo studenti con medie alte nell’ultimo triennio, ma senza avere enunciato prima questa regola, onde consentire a chi già frequentava l’ultimo triennio delle scuole superiori di regolarsi.
Trovo dunque realistico attendersi che ora vi sarà una forte spinta per esami tutti i mesi, con tanti saluti alla fondamentale frequenza dei corsi e alla qualità della formazione, già bassa, o una fuga
tout court dall’università, in controtendenza rispetto a quanto accade nel mondo sviluppato.
I fuori corso sono un problema anzitutto per se stessi e per la società: una laurea presa a rilento rischia di essere poco utile e spendibile sul mercato del lavoro, giacché superata dalla rapidissima evoluzione dei saperi.
C’è pero qui un ulteriore aspetto da considerare: essi si evitano realmente solo organizzando didattica e esami diversamente, con un controllo ferreo sul punto, nonché con maggiore impegno anche dei docenti e un sistema di aiuto economico ai capaci meritevoli e privi di mezzi, come del resto vuole la Costituzione. Il mondo politico e quello accademico stesso non sono, al riguardo, privi di evidenti responsabilità.
Cattive scuole pregresse, mancanza di servizi di orientamento in entrata all’università e di efficace tutorato lungo la strada sono infine altri fattori di aggravamento della questione.
È necessario per tutte le categorie coinvolte darsi dunque una mossa. in termini di recupero di responsabilità, ma non si può guardare al delicatissimo tema della formazione critica principalmente con l’intento di fare cassa sui giovani e sulle loro famiglie.