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L'incapacità di ricambio di leaders

Ultimo Aggiornamento: 30/05/2012 16:35
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27/05/2012 11:12
 
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Luca Ricolfi, La Stampa, domenica 27 maggio 2012
C’ è un pensiero, o meglio una domanda, che ultimamente mi perseguita quando penso alla politica italiana. Con tutto quel che è venuto fuori su Bossi, sua moglie, i suoi figli, compresa la laurea falsa del «trota» comprata in Albania, come è possibile che Bossi resti al comando? Come è possibile che anche quanti si ripromettono di ripulire e rifondare la Lega prendano seriamente in considerazione l’ipotesi di un partito con un segretario diverso (Maroni) ma con Bossi presidente della «nuova Lega»? Che cosa deve succedere perché un capo-partito venga non dico cacciato, espulso, punito, ma semplicemente archiviato? Che cosa fa sì che non si possa mai assistere a una battaglia politica che porti alla sostituzione di un vecchio gruppo dirigente con uno nuovo e diverso?
Questo genere di domande me le ero già fatte molte volte a proposito di Berlusconi e del suo partito, ma lì avevo una risposta: Berlusconi ha i cordoni della borsa, e ha sempre fatto attenzione a non dare spazio a persone troppo capaci o indipendenti da lui.
Che il Pdl senza Berlusconi rischiasse di implodere (come ora sta succedendo) è sempre stata per me una risposta soddisfacente alla mia istintiva e un po’ moralistica domanda: visto che ne combina di tutti i colori, perché i suoi non se ne liberano?
Ma con la Lega è diverso. Bossi non ha risorse economiche proprie (tanto è vero che usa quelle della Lega a beneficio dei suoi familiari), e inoltre non è circondato da figure chiaramente minori rispetto a lui stesso. Se volessero, i suoi potrebbero benissimo dirgli: caro Umberto, hai abusato della tua posizione, hai 70 anni suonati, ora fatti da parte che la Lega la prediamo in mano noi.
Mentre mi chiedevo perché non succede, ha cominciato però a ronzarmi un pensiero più radicale, una sorta di sospetto più generale. Mi sono venute inmente decinee decinedi situazioni,non solo nella politica, ma anche al di fuori di essa in cui succede la stessa cosa. La resistenza dei vecchi capi al cambiamento, e soprattuttola rinuncia dei giovani a dare battaglia, va molto al di là del recinto del centrodestra. Anche nelle imprese, nelle università, nelle fondazionibancarie, l’età mediadei capiè prossima ai 60 anni, ma soprattutto - questo è il fatto interessante - i quarantenni non danno battaglia. Aspettano. Attendono fatalisticamente che venga la loro ora. Una sorta di «sindrome di Carlo d’Inghilterra», che ormai 65enne non sa ancora se mai ascenderà al trono. Con la differenza che una posizione dirigente nella politica, nell’economia, o nella società non si eredita come un trono, ma si dovrebbe conquistarein base ai meriti guadagnatisul campo.
Ecco, i meriti. Forse questo è il punto. Forse la ragione per cui nessuno dà battaglia, anche quando avrebbe tutte le carte in regola per farlo, è che in Italia i capi beneficiano di un sovrappiù - di un anomalo e perversosovrappiù - di deferenza, di rispetto, di gratitudine. Una sorta di intangibilità, che fa apparire tradimento quella che altrove sarebbe giudicata una normale e fisiologica competizione fra gruppi e generazioni. Ma da dove deriva tale sovrappiù? Come siamo arrivati, un po’ tutti, ad esitare di fronte all’eventualitàdi intraprenderecerte battaglie?
La risposta è che in Italia si va avanti per cooptazione.Anchechi va avanti con pieno merito, ingenere può farlo solo perché qualcun altro - il «capo» - a un certo punto ha dato disco verde. Ha chiamato. Ha promosso. Ha coinvolto. Ha incluso. Ha ammesso nel clan, nel gruppo, nella rete, nel «cerchio magico». A quel punto è naturale per il cooptato maturare un senso di riconoscenza, di fedeltà, di lealtà, che gli fa percepire ogni possibile battaglia futura come un tradimento,una manifestazionedi ingratitudine. Questo meccanismo è così diffuso, così endemico, quasi scolpito nel nostro modo di sentire, che finisce per coinvolgere anche chi - in realtà - avrebbe tutti i numeri per dare battaglia, per promuovereil ricambio, per liberarci di personaggi che, con il passare degli anni, diventano un peso, se non altro perché non possono più dare il meglio di sé. Una singolareincapacità di «uccidere il padre», nel senso freudiano di diventare grandi e maturi, inquina e intorbida la vita del nostro Paese. Il padre non viene ucciso semplicemente perché gli dobbiamo troppo, se non tutto; e chi ha grandi debiti non può essere libero,non solo in economia.
Più che i padri che non lasciano il comando, colpisce il fenomeno dei figli che nulla fanno per prenderlo. Come se ereditare fosse l’unica modalità di successione che conoscono. E non si pensi che, in politica, il problema riguardi solo la destra. C’è una controprova clamorosa che non è così. Tu apri Radio Radicale e immancabilmente, quotidianamente, incappi in una esternazione di Marco Pannella. Un fiume di parole disordinato e sostanzialmente incomprensibile,almeno per personenormali.
Perché? Perché nessun politico radicale ha mai seriamente conteso la leadership all’ultra-ottantenne Pannella?
Qui non c’entrano i soldi, non credo che Pannella finanzi il suo movimento politico. Non credo che i radicali abbiano fatto particolare attenzione a escludere persone capaci. Non credo che, ad esempio, a Emma Bonino manchino le qualità per assumere la piena leadership dei radicali. Eppure non è mai successo. Non succede. Non succederà. La deferenza verso i capi, la sottomissione all’autorità dei cooptanti, è così profonda, in Italia, da coinvolgere persino i radicali, ovvero il più anti-autoritario, il più libertario, il più laico fra i gruppi politici italiani. Per non parlare del Pd, dove un gruppo di colonnelli 60enni controlla il partito da un quarto di secolo, i futuri premier vengono decisi a tavolino (ricordate le primarie finte per Prodi?), e i rarissimi casi anomali - come quello di Matteo Renzi, che ha sfidato apertamente il partito - sono visti con un misto di irritazione, insofferenza, fastidio. Né, forse, è solo un caso che le uniche novità importanti e relativamente giovani del panorama politico italiano - il movimento Cinque Stelle e Italia Futura - abbiano avuto bisogno, per venire al mondo, di due levatrici non precisamente giovanissime,ovvero il 64enne Beppe Grillo e il 65enne Luca Cordero di Montezemolo.
Che cosa dobbiamo attenderci,dunque? Forse esattamente quel che potrebbe succedere in Inghilterra,dove ormai è più probabile che il trono della vecchissima regina Elisabetta (86 anni) passi al giovanissimo principe William (30) che non al vecchio Carlo (65), «principe del Galles». La generazione dei Fini, Casini, Maroni,Bonino ha atteso troppo a condurre le proprie battaglie. Quando ricambio ci sarà, è più facile che a imporlo sianoi 30-40ennidi oggi. Specie quelli che hanno meriti e capacità proprie, e non debbono ai vecchi le posizioni che occupano.


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27/05/2012 12:35
 
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In realtà credo che ai radicali sia mancato qualcuno in grado di prendere il posto di una figura immensa (nel bene e nel male). Pannella va sostituito con una persona dalla stessa capacità politica e culturale. Non credo la Bonino abbia mai ambito a prendere il posto di Pannella, perché il suo impegno era meno partitico e più esterno. Non dimentichiamo le elezioni europee del 1999 in cui i radicali si presentarono come lista bonino. Si è trattato di ambizioni diverse. Purtroppo il movimento radicale è entrato in crisi e le migliori teste, ovviamente sono ironico, sono state Rutelli, Capezzone e Della Vedova.
Nel PD manca una vera leadership, ma c'è una lotta intestina di correnti che hanno interesse solo a remare contro. A livello di nomi, infatti, i cambiamenti ci sono stati, ma è mancato in quei nomi la capacità di battere Berlusconi e di zittire le correnti.
Il pdl, invece, è il partito di Berlusconi. Non si pongono mai problemi di leadership quando si parla di proprietà privata. Il centro destra in Italia politicamente non esisteva. E' nato con la discesa in campo di Berlusconi il quale ha creato il partito in cui candidarsi, invertendo la norma che vuole prima il partito e poi il leader.
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27/05/2012 13:32
 
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Largamente d'accordo con l'analisi di giusperito, il problema è che mancano leaders convincenti (Alfano e Renzi, per ragioni diverse, non sembrano esserlo: nei loro rispettivi campi sono più quelli che li contestano di quelli che li accettano come possibili nuovi capi). Inoltre l'articolo di Ricolfi dice in sostanza e di più - quelli che fa coi nomi sono solo esempi particolari - che i giovani (non solo in campo politico, ma in tutti) aspettano di essere cooptati, non fanno battaglie di successione condotte fino in fondo. A me sembra una tesi corretta e comunque meritava di essere conosciuta e discussa
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27/05/2012 19:50
 
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è una cosa che mi sono chiesta spesso anche io,però non facendo riferimento alla politica, ma alla cooptazione degli anziani al potere, sono partita però dalla tv: perchè Pippo Baudo è ancora un re della tv? perchè c'è ancora Raffaella Carrà? perchè queste persone sono guardate come "intoccabili"
e la risposta credo che la troviamo nella degenerazione della cultura popolare, certo oggi tutti sono più istruiti rispetto a prima, ma è un'istruzione falsata, che livella la maggior parte del popolo sullo stesso piano e quindi dall'altra canto chi conserva ancora la "cultura di una volta" ha segno di rispetto e stima, è posto ancora come capo e stella cometa. oggi giorno purtroppo ci sono miti insuperabili e questo sia perchè questi stessi "capi" non mollano la presa sia perchè il (de)grado culturale in cui viviamo non ci permettere di aspirare oltre.

leggevo di recente Simone De Beauvoir che raccontava la situazione parigina/italica nel post seconda guerra mondiale e ho trovato così surreale che "gli intellettuali" furono i primi ad essere chiamati e coinvolti nella ricostruzione del paese, erano alla base di un partito politico, pensare che con i loro scritti, la loro filosofia si decidevano le sorti di un paese è veramemte una cosa da far venire le lacrime. oggi sarebbe una cosa impensabile,lo scrittore, il regista, il cantante hanno diritto di parlare nella misura in cui ricoprono questo mestiere e solo questo sa di vergognoso e tutt'al più gli intellettuali vengono chiamati a fare gli opinionisti e con questo ho detto tutto.
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27/05/2012 21:13
 
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In italia non c'è ricambio perché non ci sono veri partiti, ma solo delle strane alchimie prodotte dalla fantasia sfrenata dei burocrati post comunisti e dei manager di pubblitalia. Dove esistono i veri partiti come in Gran Bretagna, la democrazia funziona ed è possibile che il partito licenzi i leader come avvenne con la thatcher nel 1991 o con Blair nel 2007.
Dove esistono i veri partiti sanno prendere le migliori energie nella società e forgiarle in feroci lotte di bottega all'ultimo sangue, perché la politica fondamentalmente è sempre sangue e merda, che lasciano strade lastricate di cadaveri e politici di buon livello tra i sopravvissuti. Certo i partiti veri non bastano da soli, ci vogliono anche i prerequisiti che sono dati da due step precedenti: scuola e
università di alto livello. In italia le scuole dove si forma la classe dirigente(posti come il Parini, il Tasso e simili) andrebbero bruciati e sui resti sparso il sale, mentre l'università di riferimento per la formazione della classe dirigente è la Bocconi dove insegnano personaggi come Tito Boeri e altri balordi del genere e il cui presidente è attualmente presidente del consiglio, con quali risultati è inutile sottolinearlo.

Detto questo e detto che l'italia ha politiche giovanili inesistenti, i giovani non hanno percorsi di training particolarmente impegnativi che preparino alla leadership. La scuola e l'università sono quelle che ho detto sopra, il militare non si fa più, altre forme di formazione extrascolastica seria non ce ne sono e quando ci sono, come per il servizio civile, sono una forma di apprendistato all'ideologia nazionale del parassitismo.

Insomma alla fine i migliori prima o poi ne ne vanno perché non vale la pena di restare e l'Italia è il paese con il maggior numero di emigranti ad alto livello di istruzione del mondo occidentale, continuiamo a battere grecia e irlanda dove la fuga di cervelli in seguito alla crisi è stata massiccia. Esportiamo ingegneri elettronici, fisici nucleari, chimici, biologi, analisti finanziari ed importiamo camerieri, vu cumprà, braccianti agricoli e muratori.

Poi non c'è da meravigliarsi se i giovani che rimagono e stanno in politica non siano tanto diversi dai gerontocrati sessantenni.
Penso ai giovani del pd che a marzo hanno tenuto un congresso allucinante. Prima per il modo in cui si è svolto con primarie taroccate e metodi da centralismo democratico vecchio stile; poi per per le idee discusse che erano un misto tra la terza internazionale e le solite troiate decresciste all'italiana. Uno dei responsabili della proposta economica ad un certo punto ha detto una cosa tipo: "noi dobbiamo avere il coraggio di dire dei si difficili che ribaltino i tabù del neoliberismo imperante del quale siamo succubi"... attesa spasmodica per capire quali fossero questi si ..."noi dobbiamo dire che un partito progressista è favorevole alla nazionalzzazione delle banche per battere la crisi". Mi sembra superfluo
commentare, poi il congresso si svolgeva a siena, come parlare della corda in casa dell'impiccato...
D'alema e Fassino hanno insegnato bene ai giovani che l'importante è "avere una banca".
Niente che avesse a che fare con una visione di come dovrà essere l'italia fra 10 anni.

Concludo con questo link, sentite come il primo ministro inglese Cameron risponde alle critiche del deputato David Skinner, un vecchio disonauro del labour.

www.bbc.co.uk/news/uk-politics-17898031

Chiaro, semplice e diretto, In UK Cameron è stato criticato per questa risposta, noi aspettiamo che renzi o chi per lui faccia lo stesso.
28/05/2012 13:36
 
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se il "posto" lo guadagni per concessione,per attestato di stima, per un grazie anche legittimo,da un certo punto di vista, e' consequenziale che, chi ti ha fatto la grazia, allo stesso tempo si assicuri che tu non possa avere, particolari ambizioni di "usurpazione".Purtroppo se il meccanismo e' questo, c'e' poco da fare.
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Utente Master
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30/05/2012 15:40
 
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Articolo molto interessante che riflette, al di là della politica, sul ruolo dei giovani oggi...la situazione è purtroppo questa: i giovani aspettano di essere inglobati senza avere molto spirito di iniziativa, ma, si sa, se non ci sono mezzi come proponi?C'è paura;come ti muovi,come fai un passo, ti fai nemici a destra e a sinistra,ti procuri antipatie,fastidi dei superiori,del dominus ergo meglio restare al proprio posto che qualcuno gentilmente ti ha "concesso"...in realtà il problema è che noi giovani sappiamo che anche se una cosa la meritiamo non per questo la otteniamo,purtroppo...è frustrante pensare di avere delle competenze che vuoi mettere a servizio di altri ma che devi faticare per farlo,devi conoscere questo o quello,essere fortunato,essere "riconoscente".
[Modificato da lisa8313 30/05/2012 15:45]
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Utente Junior
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30/05/2012 16:35
 
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Non esiste un colpevole,se non qualche specchietto per le allodole tirato fuori a comando dall'opinione pubblica tanto giacobbina quanto miope.
Non condivido l'articolo,a mio modesto parere,troppo tendente al qualunquismo.
La crisi politica nasce ,personalissima e opinabile opinione, con la fine della prima repubblica,quando i partiti hanno smesso "il vestito buono" e hanno rinunciato a formare le nuove leve.
Un fini un bersani un casini, tralasciando l'aspetto opportunistico-ideologico, hanno fatto gavetta all'interno dei rispettivi partiti,hanno militato lungamente e avuto conoscenza dei programmi e delle direttive di partito.

Piccola parentesi:
si sono sottratti a questa logica solo il più "giovane" bossi che ha ereditato la tradizione italiana d'organizzazione partitica e berlusconi che oscilla tra il modello partito made in usa e quello inglese....dimentico sicuramente altri,ma ci sarebbe troppo da scrivere.

Oggi,al contrario, la struttura partito è sostanzialmente inesistente.
Tolti i brontosauri ai vertici la vita politica è costellata da illustrissimi ignoti che,troppo spesso, non conoscono neppure le linee guida del movimento nel quale militano.
Tra le cause va certamente annoverata la perdita di potere ( termine ancor oggi tabù) su più fronti: dalla pendenza dei checks and balances in favore al giudiziario a quella in favore dell'ue passando per la sottomissione ai media.

Se da questa situazione è difficile far nascere un politico lo è ancor di più temprare un leader.
La quaestio non è tanto l'età anagrafica,quanto l'attitudine politica.
Alle ultime elezioni (per seguire la moda del tempo,alias ricambio generazionale) sono stati raccattati alla meno peggio giovani laureati ( da 110 e lode ) di belle speranze che mancano dell'unico requisito indispensabile per far politica :una visione globale.

L'antipolitica grillina s'inquadra nello stesso contesto e soffre delle stesse problematiche.


Fino a quando 150 anni di storia continueranno a sovrapporsi sulla stessa pagina e la politica non riprenderà il suo ruolo naturale, l'effetto nostalgia sarà una realtà.
[Modificato da connormaclaud 30/05/2012 16:40]
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