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Medico sindaco di Grazzanise: in segreto in Austria per curare il boss Zagaria

Ultimo Aggiornamento: 05/05/2012 11:56
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05/05/2012 11:56
 
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CASERTA - Destinazione Innsbruck, in incognito, con partenza improvvisa dal cuore dei Mazzoni. In auto, un’Alfa 166. Lui è un medico di Grazzanise, terra di bufale e di camorra.

È anche il sindaco del paesino e, da un mese appena, vicepresidente del Consorzio unico dei rifiuti. È il 24 gennaio del 2009 e del viaggio parla solo con una donna, Giovanna Perillo, assessore della sua giunta, e con uno dei figli, al quale rivela il nascondiglio dei soldi che conserva in casa.

A entrambi dice di avere una cosa importante da fare e che per qualche giorno sarà irreperibile. Li avverte: il cellulare sarà spento. Qualche giorno prima hanno sparato contro la sua auto, e per questo ha il telefono sotto controllo. Sono le 22 e 8 minuti quando attraversa la frontiera tra l’Italia e l’Austria, e parla con qualcuno. In sala ascolto, in Procura, scoprono così la sua destinazione perché il nastro magnetico cattura la voce del casellante austriaco che gli chiede il bollino di transito, l’abbonamento prepagato che consente l’accesso all’autostrada: «Libretto per favore... no bollino Innsbruck 120 euro, prego».
Enrico Parente, 60 anni, oggi consigliere comunale di maggioranza (per la Procura è, però, il sindaco-ombra) pretende di avere ragione ma, probabilmente, paga. Anche perché ha una cosa importantissima da fare: raggiungere Michele Zagaria, capo del cartello casalese, che ha chiesto le cure di un medico fidato. E lui ha già percorso più di mille chilometri per obbedire. Ha previsto un lungo soggiorno, almeno un mese, perché non sa quando potrà rientrare in Italia. E ha lasciato la reggenza del Comune al suo vice: appunto, fino al 28 febbraio. La trasferta durerà, invece, solo tre giorni.

Che il suo cliente importante fosse Michele Zagaria si è capito quattro mesi dopo, grazie ad altre intercettazioni telefoniche. Che il boss, che è stato tra i più longevi latitanti italiani - è stato arrestato il 7 dicembre del 2011, dopo sedici anni e due giorni di fuga - ha vissuto anche in Austria, e non soltanto in Romania, si è scoperto definitivamente alcuni mesi fa. Una rivelazione, contenuta nella richiesta di arresto di Enrico Parente fatta dalla Dda di Napoli (i pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio), rigettata dal gip Luisa Toscano e che martedì sarà nuovamente esaminata, in sede di appello e in contraddittorio tra le parti, dai giudici del Riesame (XII sezione del Tribunale di Napoli).

Tema della discussione sarà non la veridicità del viaggio in Austria chiesto da Zagaria, che il gip non ha messo in discussione, ma la sussistenza del reato di favoreggiamento aggravato, ipotizzato dalla Procura. Il giudice ha ritenuto, infatti, che l’attività del medico non sia punibile; i pm sostengono, invece, che l’esimente nel caso specifico non abbia valore: in virtù della singolarità del lungo viaggio, del suo non essere mai stato il medico curante del latitante ma anche (e soprattutto) della successiva «messa a disposizione». Negli atti, infatti, sono contenute anche le trascrizioni di una intercettazione, la conversazione tra il sindaco di Grazzanise e un suo omonimo, titolare di un caseificio. Che il 14 febbraio del 2009 gli chiede una cortesia «per un cardiologo, per una visita cardiologica» sollecitata dal «braccio destro». Chiede Enrico Parente: «È un mezzo delinquente o un delinquente del clan Zagaria? Michele chi è, il latitante?». E l’altro: «Questo è proprio Michele Zagaria che ha bisogno del controllo». Il sindaco s’informa sui dettagli, vuole sapere dove mandare lo specialista e aggiunge: «Non ci sono problemi».

L’intermediario, il braccio destro, è Biagio Fulgido, cognato di Nicola Del Villano. Cioè, dello storico autista di Zagaria.

L’identificazione del paziente di rispetto, dicevamo, qualche mese dopo. Alla metà di maggio. Nel fascicolo giudiziario è contenuta anche la trascrizione di una conversazione tra Parente e la moglie, al ritorno da una cena al ristorante «Il Tempio», a Casapesenna. I due fanno riferimento alle divise indossate dal personale, «A.Z.», cioè Alessandro Zagaria (titolare del ristorante e cugino del boss). E lui spiega: «La mamma fa finta di non sapere, tutte le donne di camorra fanno finta di non sapere. Là quello che dirige le file è il marito del cugino di primo grado. Il famoso cugino Michele». Poi aggiunge, tradendo la finalità del viaggio misterioso di gennaio: «Qualche tempo fa è stato al confine tra l’Italia e l’Austria, il latitante. Hai capito? Ogni tanto ha bisogno del medico, e ce l’abbiamo. Gli porta uno scompenso ma niente di grave lui è cardio.... Ricordati che questi grandi uomini hanno una paura di morire, peggio di come ce l’ho io».

E alla donna che gli chiede che senso abbia vivere da camorristi, sempre in fuga e con la morte che incombe, regala una manciata di filosofia d’accatto: «Per loro essere malati è come morire. E preferiscono o morire o uscire fuori dal giro che non hanno più quel rispetto. Quando si viene a sapere che sono malati non li rispettano più... tanto prima o poi questo muore ... e si trovano un altro capo. È la stessa cosa del sindaco, sanno che non sono più sindaco e si cercano un altro sindaco. E io queste storie le conosco bene».





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