00 09/01/2014 11:27
«Trasferitevi in Calabria. Avrete un futuro scintillante di consigliori della ‘ndrina. Perché qui non c’è più posto per voi, cerebrolesi». Il post sulla bacheca dell’insegnante di Diritto penale avanzato e Criminologia ha provocato un terremoto nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bergamo. Quel «confino» è stato decretato il 4 gennaio su Facebook da Alessandra Szego, professore associato, nella comunicazione relativa alla data di restituzione dei compiti di Diritto penale. La scritta è rimasta visibile on line, sulla bacheca di «Ale» Szego, fino a ieri pomeriggio. Quando, alle 16.30, la vicenda è uscita dall’università, il post è stato immediatamente cancellato.

«È terribile che un’insegnante scriva queste parole - dice uno studente, che chiede l’anonimato perché teme ripercussioni -. Anche in classe la professoressa usa spesso toni inappropriati e ci dà dei “calabresi”. Da quando è iniziato il semestre, a settembre, il clima a lezione è diventato sempre più pesante. Ma il colmo è arrivato con quella frase su Facebook, in cui ci intimava di andare in Calabria a fare i consiglieri della ‘ndrangheta perché qui non c’è posto per cerebrolesi come noi. È profondamente offensivo, siamo sconcertati». Un gruppo di studenti si è rivolto alla preside di facoltà, Barbara Pezzini, che agli universitari ha chiesto tempo per approfondire il caso e ha fissato con loro un incontro ufficiale, per domani. «Mi serve tempo per dare risposte a questa vicenda - dice Pezzini, a cui i ragazzi hanno mostrato il post incriminato e delle mail ritenute offensive -. L’episodio in sé, così come me l’hanno raccontato gli studenti, presenta indubbi profili di allarme, ma prima di tirare conclusioni affrettate bisogna contestualizzarlo. È doveroso muoversi con una certa attenzione, con questa docente non avevamo mai avuto problemi». L’insegnante, che è stata chiamata come professore associato a Bergamo nel 2007, dopo aver ricoperto incarichi in altre università, da quella romana di Tor Vergata a quella di Catania, ieri si è difesa dicendo di non aver mai scritto né visto, sulla sua bacheca, quel post.

«Quelle parole non le ho pubblicate io e non le ho nemmeno cancellate - dice Szego -. Quel post non l’ho mai visto e, se voi l’avete visto, credo l’abbiano messo gli studenti che sono risultati insufficienti all’ultimo compito scritto, per una ritorsione nei miei confronti. Può darsi che i giovani abbiano preso un file caricato da me sul web mesi fa, quello del Sergente Hartman e, violando la mia password di Facebook, abbiano scritto una frase sopra quel video che mi fa tanto ridere...». La docente, mentre sostiene che le è stato violato il profilo del social network, spiega di non aver intenzione di denunciare l’episodio. «Insegno penale e so benissimo come vanno a finire queste cose, conosco i tempi dell’azione giudiziaria - dice Szego -. E poi che faccio: una denuncia contro ignoti? A che servirebbe? Voglio anche tutelare l’università e non mi va di mettere nei guai con un processo dei ragazzotti».
09 gennaio 2014

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