00 02/10/2013 20:20
Re:
(pollastro), 02/10/2013 11:38:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Come avevo cercato di dire in precedenza e come ripeto qui, la descrizione del sistema italiano complessivo che fate è realistica, ma spero di non essere un ottimista stupido se vi dico che non dovete scoraggiarvi e combattere, diventando bravi: nella competizione globale le cattive prassi non possono più durare a lungo, saremmo troppo penalizzati nel confronto con altri Paesi. La classe dirigente (vincolata ad impegni europei di forzato miglioramento, se no restiamo in bassa classifica) sta prendendone coscienza, anche all'università. Nel nostro Dipartimento è ad esempio avviato un dibattito su come migliorare (le classifiche di rendimento scientifico e didattico sono mediocri, la concorrenza preme). Vedo schiarite da questo punto di vista e siccome in questo sono sempre stato dalla parte dei colleghi miei e degli studenti perbene ne sono contento. Poi, com'è ovvio, anche il Padreterno ci mise sette giorni a creare il mondo; voglio cioè dire che le cose non cambiano senza impegno e in un attimo, devono essere avviati processi di rinnovamento



L'università italiana, come tutto il resto dopotutto, è in pieno decadimento. Purtroppo il sistema Italia sta collassando su sé stesso. "Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole... non c'è che da guardarsi allo specchio" (dal film V per Vendetta, oggi sono in vena di citazioni cinematografiche). Tutti sono responsabili: dagli studenti pigri nel rivendicare il diritto ad una formazione di livello ai docenti presi da attività extra universitarie e/o ormai rassegnati al ruolo di distributore automatico di voti, passando per gli uscieri e i segretari.
La soluzione ai problemi della nostra facoltà (pardon dipartimento) passa inevitabilmente per una riduzione degli iscritti e quindi dall'aumento dell'occupazione giovanile. L'iscrizione all'università non può rappresentare l'alternativa alla disoccupazione.
Bisogna poi domandarsi se una università in cui vige la tanto decantata "selezione naturale" sia una formazione sociale che contribuisce al pieno sviluppo della persona umana. Come ho già scritto in altra occasione, si può riproporre, facendo le dovute proporzioni, la critica di Beccaria alla tortura: lo studente debole ma preparato non supera l'esame (o lo supera con una votazione che non rispecchia la propria preparazione), lo studente non preparato ma forte lo supera. Non sono per il numero chiuso ma per uno sbarramento dopo il primo anno per chi non abbia raggiunto un tot prefissato di crediti.
Bisognerebbe aumentare gli esami scritti in primis perché i concorsi pubblici non sono solo orali ma anche per garantire una maggiore oggettività nella valutazione; bisognerebbe ridurre il numero degli esami accorpandone all'occorrenza alcuni eliminandone altri e istituire corsi semestrali per alcuni esami visto che spesso i professori non riescono a terminare i programmi ai corsi (che dovrebbero essere resi obbligatori e flessibili per gli studenti lavoratori).
Tengo a precisare che questo non vuole essere un attacco ad un docente in particolare né ritengo che questa sia la soluzione ai problemi dell'università è solo un contributo da uno studente (fuori corso e scoraggiato) ormai vicino alla laurea al dibattito in corso.