Tartassati da proposte, nel cassetto, di riforme e controriforme della giustizia dimentichiamo che se si vuol cambiare tutto ,in fondo, non si vuol cambiare niente.
Riformisti della prim'ora, intenti a punire gli abusi della magistratura o salvare la politica ed i suoi attori dalla supremazia di questa, e controriformisti "costituzionalisti" - non cultori della costituzione "più bella del mondo", ma dello status quo - affilano le lame per la più o meno imminente battaglia politico isituzionale da fare tra una campagna elettorale ed un giudizio di legittimità.
Se chi è senza peccato poteva e doveva scagliare la prima pietra, i radicali, non troppo santi e ben poco immacolati, hanno dato forma ai suoni della politica militante che vorrebbe,ma non può e ,manco a dirlo, non sa cosa e come fare.
Separazione delle carriere,responsabilità civile e magistrati fuori ruolo è quello che chiedono,mi domando però: è quello che serve?
Le indicazioni scaturenti dal referendum, sacrosanta voce del popolo e fantastico strumento per portare alla luce del sole questioni imbarazzanti se non pericolose per i partiti da bere, salvo l'intrinseca flessibilità che li rende facili a manovre di contenuto, sono realmente utili per una riforma del sistema giudiziario?
Alcune intenzioni sono tanto nobili quanto condivisibili, ma non sono troppo insipide? Il sale della riforma non va ricercato altrove?
Sono fortissimamente convinto che il 75% dei problemi legati alla giustizia verrà risolto solo quando si porrà fine alla scellerata riforma dell'89 e verranno riequilibrati i rapporti tra pm e pg.
Il resto,tutto il resto, è una naturale conseguenza che darà,o dovrebbe, dar vita ad un virtuoso effetto domino.
Di tanto in tanto proporrò qualche articolo in materia
Buona lettura