Paperino, condivido interamente il tuo penultimo intervento. Tra l’altro, è una situazione che viviamo anche noi cittadini che non gestiamo un’impresa commerciale. Quando vogliamo parcheggiare, siamo costretti a pagare una tassa al comune (trattasi di tassa di parcheggio e non di ticket) e un’estorsione al parcheggiatore abusivo. In questo caso il cittadino onesto è doppiamente vessato, e credo che sia corretto che il comune, fin quando non riesca ad estirpare la piaga della sosta gestita in maniera illegale, non possa legittimamente venire a chiedere altri oboli al cittadino.
Questa affermazione è in contrasto con la conclusione del tuo post. Il Comune può imporre tutte le tasse che vuole e noi siamo tenuti a pagarle perché altrimenti "rubiamo". Praticamente o riteniamo legittimo tutto ciò che il comune impone oppure riteniamo esistenti limiti invalicabili. In realtà il problema dei parcheggiatori abusivi rientra nel concetto più ampio di ordine pubblico e quindi di bene pubblico gestito in esclusiva dallo Stato da ciò mi sembra che legarlo direttamente al pagamento della sosta in striscia blu sia una semplificazione.
Unica notazione: come dimostrano varie inchieste giudiziarie, il problema del c.d. “pizzo” è oramai nazionale, e non più limitato alle regioni del sud Italia.
Rispondo ora a Trixam
Per quanto concerne la grande evasione, ossia quella che conta, e non quella del piccolo commerciante al dettaglio, vorrei provare ad imbastire un discorso approfondito e sensato. C’è solo un problema; non so con quale Trixam debba confrontarmi. C’è il Trixam modello difensore delle banche, che furoreggiava su questi scaffali fino a poco tempo fa e il nuovissimo modello del Trixam pauperista/anti-plutocratico, offerto in abbinato con bluetooth di ultima generazione.
Passando alle cose serie, è molto più facile porre in essere condotte finalizzate all’occultamento della base imponibile per un piccolo commerciante/imprenditore che per un’impresa di grandi dimensioni. Ribadisco che tra i tanti soggetti pizzicati dall’amministrazione finanziaria, molti avevano omesso la base imponibile nella sua interezza (i.e. evasori totali).
L'impressione è che la maggior parte riducesse l'imponibile e solo alcuni fossero completi evasori. Diversamente dovresti privare Befera il simpatico delle sue battute sugli effetti positivi della presenza dei controlli.
Un simile comportamento non ha nessun giustificativo, a meno che non si ritenga che queste persone siano talmente avulse dal contesto sociale da non usufruire di nessuno dei beni pubblici allocati dallo stato.
Stai un po' truccando le carte. L'evasore totale non esiste, perché comunque consuma e paga le tasse sui consumi, anzi in realtà dovrebbe consumare anche di più e quindi si ritrova a pagare più tasse sui consumi. A me viene spontanea un'altra domanda: e se le tasse che paghiamo sui consumi fossero già sufficienti per pagare i servizi erogati dallo Stato?
Una tale condotta non può essere posta in essere da un’azienda di grandi dimensioni per il semplice motivo che tutti, anche le formiche, sanno della sua esistenza. Questo comporta che l’impresa in questione abbia un faro sempre acceso su di essa, per cui il paragone con l’evasore totale, che neanche esiste per il fisco, non si pone proprio.
Gli esempi da voi citati, infatti, rappresentano casi in cui si è al limite tra il concetto di evasione e quello di elusione fiscale. Quest’ultima pratica, che i giudici di legittimità fanno coincidere erroneamente col concetto di abuso del diritto, è l’unica percorribile da parte dei soggetti di grandi dimensioni per i motivi esposti in precedenza.
Fatte queste premesse, se lo scandalo risiede nell’attività sanzionatoria e recuperatoria dell’amministrazione finanziaria in tema di imposte nei confronti dei piccoli evasori, stesso diritto ad indignarsi e ribellarsi dovrebbe essere concesso anche ai grandi gruppi imprenditoriali che ultimamente hanno subito inchieste.
In tema di elusione fiscale, infatti, la nostra Corte di Cassazione ha stabilito in due celeberrime sentenze del 2008 che esiste nel nostro ordinamento un principio generale antielusivo, seppure non rinvenibile espressamente in alcuna fonte scritta.
E tale follia ti sembra normale??
Un ragionamento del genere comporta che l’amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, possa considerare elusiva, in base al citato e presunto principio generale esistente nel nostro ordinamento, una qualsiasi operazione finalizzata unicamente al risparmio d’imposta, e non solo quelle tassativamente descritte all’art. 37-bis, D.P.R. 600/1973. In questo caso, l’inopponibilità della presunta operazione elusiva, fondata su un mero giudizio prognostico dell’amministrazione finanziaria, non viola l’art. 23 della Costituzione? Oppure l’avversione contro lo stato vi fa ripudiare anche il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, per cui il “povero cristo” col Cayenne (ho deciso che è la macchina degli evasori) ha diritto di evadere mentre le banche e le grandi multinazionali possono e debbono subire la vendetta del fisco, solo perché più ricche o più brutte e cattive?
In realtà tu confronti eccessi e non realtà concrete. La stragrande maggioranza di evasori non ha il Cayenne ed evade per necessità (forse non una necessità assoluta, ma rilevante come pagare casa, mantenere gli studi dei figli, vestiti e altro necessario alla dignità). La banca non lo fa per necessità, ma per normale gestione e soprattutto giovandosi dell'azzardo morale, cioè: se mi beccano, ci mettiamo d'accordo. Inoltre la banca gode di una serie di privilegi e di posizioni particolari tali da rendere completamente ingiustificata l'evasione visto che con l'eliminazione della concorrenza nel mercato assicurativo (per esempio) non vedo come possano esserci esigenze di evasione. L'evasore totale brutto e con la Porsche almeno non gode delle posizioni di privilegi create all'interno del mercato e se si fa i soldi almeno ha dovuto rischiare... pure è una merda, ma almeno c'è una differenza
Non immaginavo certo di trovarci Trixam in questa versione di #occupywallstreet
de’ noartri.
Ultima riflessione. La nostra carta costituzionale prevede, in sintesi, il diritto ad un lavoro che permetta un’esistenza libera e dignitosa. Qualora situazioni contingenti non consentano l’affermarsi di una situazione di piena occupazione, significa che il cittadino, siccome lo stato non crea e non garantisce un posto di lavoro, è autorizzato ad andare a rubare? La base del discorso è identica. Se lo stato mi chiede troppo e mi da’ niente, sono autorizzato a non pagarlo, violando la legge. Se lo stato mi chiede determinati doveri connessi con lo status di cittadino ma non mi da’ un lavoro dignitoso per poter adempiere ai miei doveri, ho diritto di sopravvivere andando a rubare. Ovviamente il discorso non vale solo per i poveri “veri”, dove ritengo effettivamente scusabile la condotta del ladro che ruba per mangiare, bensì è valido per tutti coloro, seppur titolati, debbano giacere nell’abisso di sconforto creato dal nostro mercato del lavoro.
Praticamente è, quindi, legittimo morire di fame per pagare spese clientelari e voluttuarie del nostro Stato. In realtà il ladro è lo Stato che ruba al cittadino e non per necessità, ma per cattiva gestione, per spese assurde ed immotivate, per controllare voti e trasformare diritti in piaceri.