la storica pasticerria Scaturchio all'asta, regno del babà

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stefaniaro
00venerdì 9 aprile 2010 15:08




Scaturchio all'asta, si parte da un milione
In vendita anche i brand Ministeriali e babà Vesuvio Lavorò per i re d'Italia, i grandi del G7 e i papi


NAPOLI— La storia della pasticceria napoletana va all’asta. La data è già fissata — il 7 maggio prossimo — con una base di 1milione di euro e la speranza di raggiungere almeno il valore di mercato attribuito ai marchi Giovanni Scaturchio, Babà Vesuvio e Ministeriali: 4 milioni di euro. Una vicenda amara— nonostante la dolcezza evocata dal nome Scaturchio — che arriva ad un capolinea dopo anni difficili. Che sono culminati con la dichiarazione del fallimento, nel dicembre 2009, su istanza di Equitalia, creditrice per oltre 9 milioni di euro riferiti a contributi non pagati— dal lontano 1991— per i 140 dipendenti.

FALLIMENTO - Una azienda gloriosa Scaturchio — che ha lavorato prima al servizio dei re d’Italia, poi dei grandi del G7, quindi del Vaticano e del Papa— che però dal punto di vista contabile si è mostrata traballante e poco accorta. Ci sono stati anche tentativi di salvezza. Dal 2004 sono subentrati, in affitto, prima la Scab poi la Turistica alberghiera. Società che si erano impegnate a risanare e che hanno contribuito, invece, ad aggravare la situazione di dissesto incassando i proventi e non pagando né contributi né affitto. E neanche i fornitori. Eppure l’azienda funziona. Il curatore fallimentare prima e custode giudiziario poi, Pasquale Prisco, lo racconta con i numeri. «Le mie analisi indicano un residuo attivo annuale pari a 150mila euro — spiega —. Considerando per i 54 dipendenti che lavorano in azienda i contributi regolarmente pagati e tutte le spese saldate».

TRE MARCHI - Tre dunque i marchi che vanno all’asta, oltre alla storia e alla capacità di creare prodotti di pasticceria unici. «Da Scaturchio si serve solo il fresco, l’olio si cambia tutti i giorni e c’è una attenzione maniacale alla qualità. Il che comporta spese altissime— spiega Prisco— ma anche ritorni e consensi notevoli. Senza considerare che un enorme patrimonio è costituito anche da una forza lavoro che è riuscita a produrre utili anche in assenza di un piano marketing». Ci sono aziende napoletane di nome che hanno già manifestato il loro interesse per rilevare marchio e prodotti. Si fanno i nomi di Sire, D’Angelo, Bellavia... Ma questa è una storia ancora da scrivere.


corriere del mezzogiorno
stefaniaro
00venerdì 9 aprile 2010 15:12
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