Università:il bollettino di guerra

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connormaclaud
00giovedì 31 gennaio 2013 20:30
Iscritti, laureati, dottorati, docenti, fondi, tutte 'voci' con il segno meno: l'universita' italiana e' in grande affanno. Lo denuncia il Cun (Consiglio universitario nazionale) in un documento rivolto all'attuale Governo e Parlamento, alle forze politiche impegnate nella competizione elettorale, ''ma soprattutto a tutto il Paese''. Il documento (Dichiarazione per l'universita' e la ricerca, le emergenze del sistema) sottolinea che dal 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) è sceso del 5% ogni anno.

ISCRITTI, COME FOSSE 'SCOMPARSO' UN ATENEO - In dieci anni gli immatricolati sono scesi da 338.482 (2003-2004) a 280.144 (2011-2012), con un calo di 58.000 studenti (-17%). Come se in un decennio - quantifica il Cun - fosse scomparso un ateneo come la Statale di Milano. Il calo delle immatricolazioni riguarda tutto il territorio e la gran parte degli atenei. AI 19enni, il cui numero e' rimasto stabile negli ultimi 5 anni, la laurea interessa sempre meno: le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni: dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011.

PER NUMERO LAUREATI LONTANI DA EUROPA - Quanto a laureati l'Italia e' largamente al di sotto della media Ocse: 34mo posto su 36 Paesi. Solo il 19% dei 30-34enni ha una laurea, contro una media europea del 30%. Il 33,6 % degli iscritti, infine, e' fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.

BORSE STUDIO, UNA NOTA DOLENTE - Il numero dei laureati nel nostro Paese e' destinato a calare ancora anche perche', negli ultimi 3 anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio e' stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l'84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%.

CURA DIMAGRANTE PER OFFERTA FORMATIVA - In sei anni sono stati eliminati 1.195 corsi di laurea. Quest'anno sono scomparsi 84 corsi triennali e 28 corsi specialistici/magistrali. Se questa riduzione e' stata inizialmente dovuta ad azioni di razionalizzazione, ora dipende invece in larghissima misura - si fa notare - alla pesante riduzione del personale docente.

DOTTORATI AL LUMICINO - Rispetto alla media Ue, in Italia abbiamo 6.000 dottorandi in meno che si iscrivono ai corsi di dottorato. L'attuazione della riforma del dottorato di ricerca prevista dalla riforma Gelmini e' ancora al palo e il 50% dei laureati segue i corsi di dottorato senza borsa di studio.

EMORRAGIA DI PROFESSORI - In soli sei anni (2006-2012) il numero dei docenti si e' ridotto del 22%. Nei prossimi 3 anni si prevede un ulteriore calo. Contro una media Ocse di 15,5 studenti per docente, in Italia la media e' di 18,7. Pur considerando il calo di immatricolazioni, il rapporto docenti/studenti e' destinato a divaricarsi ancora per una continua emorragia di professori che non vengono piu' assunti. Il calo e' anche dovuto alla forte limitazione imposta ai contratti di insegnamento che ciascun ateneo puo' stipulare.

SPESE SUPERANO I FONDI - Dal 2001 al 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), calcolato in termini reali aggiustati sull'inflazione, e' rimasto quasi stabile, per poi scendere del 5% ogni anno, con un calo complessivo che per il 2013 si annuncia prossimo al 20%. Su queste basi e in assenza di un qualsiasi piano pluriennale di finanziamento moltissime universita', a rischio di dissesto - osserva il Cun- non possono programmare ne' didattica ne' ricerca.

A RISCHIO ANCHE I LABORATORI - A forte rischio obsolescenza le attrezzature dei laboratori per la decurtazione dei fondi: anche i finanziamenti Prin, cioe' i fondi destinati alla ricerca libera di base per le universita' e il Cnr, subiscono tagli costanti: si e' passati da una media di 50 milioni all'anno ai 13 milioni per il 2012. Infatti dai 100 milioni assegnati nel 2008-2009 a progetti biennali si e' passati a 170 milioni per il biennio 2010-2011 ma per progetti triennali, per giungere a meno di 40 milioni nel 2012, sempre per progetti triennali.

www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/01/31/Universita-iscritti-fondi-tutto-segno-meno_8168...
(pollastro)
00venerdì 1 febbraio 2013 12:07
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Grazie a Connormclaud, volevo appunto anch'io postare la notizia. E' un peccato che la campagna elettorale non si occupi di temi del genere. Questo è importantissimo per una discussione e una riflessione, con effetti già attuali, ma soprattutto di medio-lungo periodo e chiunque governi, perché una buona scuola e una buona università sono ESSENZIALI (mi scuso per il maiuscolo) per il futuro del Paese. Soprattutto del nostro, che dalla crisi uscirà solo se migliora il "capitale umano", cioè formazione CRITICA (mi scuso per la seconda volta) qualificata e formazione tecnica (la forza della Germania)
connormaclaud
00venerdì 1 febbraio 2013 12:59
Dal corriere di oggi un articolo che vede far riflettere

Con una laurea in chimica farmaceutica, un dottorato in medicina molecolare, un master in biomateriali e svariati assegni di ricerca, Silvia Pezzatini ha deciso di lasciarsi alle spalle 17 anni passati tra libri e laboratori per mettersi a vendere panini al lampredotto nel chiosco di famiglia in piazza Dalmazia a Firenze.
Follia? «Per la mia professoressa e per alcuni colleghi sì», risponde sorridente mentre tiene sott'occhio la figlia di sedici mesi che fa lo slalom tra gli sgabelli del chiosco e le scatole di chinotto.

Ma la scelta di Silvia, 39 anni, bandana e grembiule già indossati per una nuova giornata a servire panini, è l'epilogo – forse davvero folle – di mezza vita passata a mietere successi in campo scientifico e frustrazioni in campo economico e professionale.

«Dopo quasi vent'anni passati all'università, la prospettiva di diventare ricercatrice a tempo indeterminato rimaneva sempre un miraggio», spiega con voce decisa. «In più – aggiunge – vivevamo costantemente con la paura di non vederci rinnovate le borse di studio, e spesso si rimaneva anche tre mesi senza vedere l'ombra di un euro».

A conti fatti, dopo tre anni di dottorato a 800 euro al mese e quattro anni di assegni e borse a 1200 euro all'università di Siena, si scopre che fare panini al lampredotto dà molta più stabilità. «Non tanto per i soldi che si guadagnano - ci tiene a precisare – quanto per la sicurezza di ricevere uno stipendio a fine mese». Una sicurezza non da poco, che forse le darà finalmente diritto anche a un posto per la figlia al nido comunale, «visto che l'anno scorso – lamenta – il mio punteggio da assegnista di ricerca mi ha fatto arrivare in fondo alle graduatorie di assegnazione».

L'evento che ha contribuito a farle conoscere «la povertà e la disorganizzazione» dell'università italiana è stato un soggiorno di sei mesi a Zurigo passato a lavorare con un'equipe internazionale. «Lavoravamo alla compatibilità dei biomateriali usati per costruire protesi ossee e di altri tipi. La coordinatrice del progetto aveva qualche anno più di me, tutti gli altri ricercatori erano giovanissimi, e i dottorandi avevano dei contratti veri e propri, con tanto di malattia e ferie pagate».

Ma tornata alla realtà italiana lo scenario è apparso sempre più scoraggiante. «Nel 2008 – racconta – abbiamo costituito col mio gruppo di ricerca una società che ha vinto un progetto da cinquecento mila euro finanziato dal Miur per commercializzare un farmaco brevettato dall'università di Siena». Peccato che «da quando il progetto è stato vinto di soldi non se ne sono visti. Abbiamo chiesto finanziamenti alle banche per cominciare a fare i test sul farmaco, ma anche quelli sono finiti».

E così, da un sogno infranto a un altro «si è spenta la passione per la ricerca». Per questo Silvia ha deciso di dedicarsi all'altra sua passione: il lampredotto, una pietanza di cui rivendica con orgoglio la tradizione della sua famiglia, titolare del chiosco dal 1975. In effetti il panino, bagnato di sopra e di sotto, solo sale e pepe o anche completo con salsa verde è davvero buono. Ma la madre di Silvia, mentre affetta la trippa – o più precisamente il quarto stomaco della vacca – scuote la testa, perché la decisione della figlia, dopo tanti sacrifici per portare la prima laureata in famiglia, è stata difficile da digerire. «Anch'io ho fatto sacrifici – ribatte la farmacologa lampredottaia – perché anche ai tempi della laurea ho lavorato in un'impresa di pulizie per potermi permettere qualche vacanza, ma piuttosto che scegliere come ripiego di stare dietro il banco di una farmacia ho preferito continuare quello che ha costruito la mia famiglia».

D'altronde, secondo un'indagine di Almalaurea, su un campione di laureati interrogati nel 2011 il 38,2 per cento ha dichiarato di fare lo stesso lavoro svolto prima del titolo di studio.
Un dato che può dare un'indicazione di quante potenziali “Silvie” ci siano in giro per l'Italia, dove sono sempre più frequenti le storie di ingegneri netturbini, sociologhe commesse, archeologi bigliettai... e farmacologi lampredottai.

Piero Riccardi, Ernesto Pagano


www.corriere.it/inchieste/reportime/interviste/ricerca-italia-meglio-fare-lampredotto/3fc1f5a6-6bdb-11e2-bfdf-0d9d15b939...




La domanda che però sorge spontanea è:perchè non emigrare quando altrove un cv siffatto è più che ricercato?




Professore condivido il suo pensiero,ma non credo che la politica sia la pangea di tutti i mali.
All'interno dell'università e della scuola quanti vogliono realmente cambiare,quanti sostengono - in maniera non isolata- un nuovo sistema di formazione scolastico e professionale?
Più che accettazioni di un modello antiquato -già grave di suo- intravedo una ossequiosa osservanza di un dogma.
trixam
00venerdì 1 febbraio 2013 13:32
La logica conseguenza di un sistema d'istruzione senza un progetto educativo e finalizzato solo ad essere uno stipendificio.

Ormai chi può va a studiare all'estero già dopo il diploma, chi può permetterselo va nelle poche università che danno opportunità, il resto comincia a capire che è inutile sprecare tempo in università che non hanno nulla da insegnarti e impostano diversamente il ciclo di vita.

Cmq non necessariamente è una notizia negativa. In italia c'è l'assurdo di una disoccupazione giovanile alta e poi in Veneto le aziende meccaniche non riescono a trovare tornitori pur offrendo stipendi tra i 2000 e i 2600 euro e sono costrette a importarli da Croazia e Slovenia.
Se uno rinuncia ad una laurea in filosofia per imparare a fare il tornitore meglio per lui e per la società, Schopenhauer se lo può leggere come hobby.
Paperino!
00venerdì 1 febbraio 2013 13:40
Giudicare il livello universitario di un Paese dal numero di laureati è sbagliato, il valore principale è la qualità dell'istruzione, e immediatamente dopo vengono le possibilità (qui è centrale l'aspetto economico) di ricerca, dottorato etc...
Potremmo diventare 50 milioni di laureati, in Italia, semplicemente spedendo la pergamena di laurea a domicilio a tutti.

In ogni caso, un po' per il primo, ma molto per il 2° parametro (praticamente gli investimenti nel settore sono lontani millenni da quelli di altri Paesi europei), non riusciamo a concorrere nel continente.
(pollastro)
00venerdì 1 febbraio 2013 15:19
Sal professore Prisco, che mi prega di postare

Spero che non vi riferiate a me: le mie battaglie per svecchiare le faccio, credetemi e qui sul sito le testimonio da tempo pubblicamente. E, per quanto mi riguarda, mi considero rottamabile anch'io, anche se avrei ancora diritto a sette anni di servizio, quindi non parlo per me personalmente. Infine non faccio l'apologia della laurea a tutti i costi: a volte si legge ad esempio di medici non laureati scoperti dopo molto tempo e ho sempre pensato al riguardo che - se sono bravi - il fatto che possiedano o no il titolo formale non mi importerebbe, se fossi loro paziente. Ho citato l'istruzione tecnica della Germania proprio per sottolineare che è un canale formativo (che incomincia dall'adolescenza) da noi abbandonato, che invece ha contribuito allo sviluppo tedesco. Resta il fatto che non siamo nell'elenco delle prime cento università del mondo e anche questo mi sembra un fatto incontrovertibile. Invito all'ulteriore dibattito, penso che questo sarà molto utile
connormaclaud
00venerdì 1 febbraio 2013 15:54
Trixam non ha tutti i torti ed è vero che chi può va all'estero (finito questo giro piacerebbe anche a me), gli altri preferiscono non continuare gli studi o piazzarsi in lauree che, erroneamente, vengono considerate spendibili (v. giurisprudenza).
Da qui però due constatazioni: la disoccupazione giovanile ,under 30, è in aumento e le scuole professionali/ le superiori non formano adeguatamente; in ogni caso non si spiega come in veneto non si trovino operai più o meno specializzati.

Comunque sia l'università va rivista,ma dubito che la mentalità dei più cambierà anche in un prossimo futuro poichè le nuove generazioni sono ottuse tanto quanto quelle diversamente giovani.

Ritornato all'articolo,mi lascia perplesso il taglio dei corsi di laurea,indicativo di una mentalità retrogada.
Nel resto del mondo si moltiplicano i corsi di specialità e le specializzazioni mentre da noi si mantengono una decina di corsi generici e si dichiarano inutili corsi nuovi o sperimentali sia all'interno dell'università che nel mondo del lavoro.
Un criminologo o un politologo in italia quante e quali possibilità hanno? Nessuna!
Con una laurea in chimica o fisica? Eppure in canada o in nord europa sono figure professionali richiestissime.

Professore conosco bene le sue battaglie e la passione che le anima,ma quanti altri docenti le condividono e appoggiano?
Non è una critica all'operato del corpo docenti,ma solo la curiosità di chi ha una visione limitata e parziale dell'università.
Raffaele_23
00venerdì 1 febbraio 2013 17:07
Mi associo anche io alla sensazione di avvilimento generale, reso ancora più bruciante dai commenti all'articolo - letti non qui, ovviamente - che si compiacevano di questa débacle su tutti i fronti, perchè "così gli Italiani capiscono che devono andare a lavorare non mettersi a studiare cose inutili". Abbiamo meno laureati della media UE e un tasso di disoccupazione giovanile da brividi, davvero c'è gente che pensa che si possa assicurare un futuro all'Italia continuando a puntare sulla manifattura poco qualificata o sui panini?Senza nulla togliere a questi lavori, perchè il lavoro è comunque sacro, ma non possono rappresentare l'unico orizzonte. Una volta si sarebbe detto che concorrevamo con i cinesi e con gli indiani, ma così non è ormai, visto i miliardi che questi colossi stanno investendo in formazione e ricerca. Il problema non è di chi studia filosofia, (fermo restando il dovere dello Stato di fornire un minuzioso orientamento in entrata e uscita) ma del sistema-Paese che non riesce ad assorbire i laureati in filosofia, o che fornisce loro come unico sbocco l'insegnamento (ovvero, sbocco pari a zero). E a testimonianza del fatto che non si tratta di un problema di lauree utili e inutili, ma di un sistema che non si rigenera, privandosi dell'apporto dei giovani, basti pensare alle situazioni non molto diverse di medici, economisti, ingegneri. Tutte lauree utili. Non voglio pensare che la soluzione sia sempre e solo emigrare, ma forse pecco di ingenuità.
Per quanto riguarda la didattica incartapecorita, io concordo con il prof. Prisco: è un problema di politica, ma di politica intesa nel senso di gestione dell'Università, non solo di sfere ministeriali e/o nazionali. Un esempio concreto: la maggior parte delle materie ha svariate cattedre di afferenza. Nel corso degli anni, ho avuto la fortuna di sperimentare "innovazioni didattiche" che altri miei colleghi, per la medesima materia con altri prof, non hanno potuto sperimentare. Non parlo di grandi cose, ma comunque le ho ritenute molto formative (il prof. Cesaro ci faceva scrivere dei temi che poi correggeva, il prof. Abignente ci faceva svolgere simulazioni processuali, il prof. De Sena ha tuttora una pagina Facebook per interagire con gli studenti e visionare se le lezioni erano state assimilate o meno, il prof. Cavaliere organizza visite a carceri minorili e O.P.G., solo per citarne alcuni). Adesso io mi chiedo: non richiede soldi,la fattibilità è provata di fatto, e non credo che intacchi l'autonomia di insegnamento dei docenti imporre (o caldeggiare) l'introduzione di queste best practices in tutte le cattedre di afferenza. Piuttosto, garantirebbe un eguale trattamento a tutti gli studenti, visto la casuale assegnazione dei professori. Non rivoluzionerebbe la didattica, certo, ma secondo me sarebbe un passo in avanti.
goisis
00venerdì 1 febbraio 2013 20:54
Ho letto anche io la notizia sul Mattino.Purtroppo credo che sarà sempre peggio.L'articolo però omette di precisare che proprio grazie alla scellerata riforma Zecchino-Berlinguer del 3+2 il percorso di studi si è notevolmente allungato facendo triplicare il numero dei fuori corso.Mi dovete spiegare inoltre la nostra laurea cosa ha di magistrale (dovrebbe significare superiore!) se cmq dopo aver conseguito il titolo devo necessariamente fare tirocini,stage,esami integrativi se voglio insegnare ecc...Normale che con quadro del genere uno studente è ancora più riluttante ad intraprendere un percorso accademico sapendo che per lunghi anni dovrà fare sacrifici morali ed economici e allo stesso tempo gravare sulle finanze familiari.Ricordo che il figlio di Zecchino (che io spero con tutto il cuore faccia la fine di Borgonovo con tutto il rispetto,la stima e l'affetto che provo per il caro Stefano) è candidato con la lista Monti...beh un buon motivo per non votare Monti.
(pollastro)
00venerdì 1 febbraio 2013 21:53
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Concordo con tutti voi e innanzitutto con l'utilità della discussione. Ma davvero c'è qualche stronzo che sostiene che la notizia è buona, perché così gli "gli Italiani capiscono che dovrebbero mettersi a lavorare, invece di studiare"? Mi ricorda un aspirante congressman degli Stati Uniti che sosteneva nell'ultima campagna elettorale che studiiare è pericoloso. Anche i fondamentalisti islamici sostengono del resto che è pericoloso per le donne studiare in classi miste, o studiare filosofia (vengono cattivi pensieri in generale), o medicina e storia dell'arte (si vedono nudi, vengono cattivi pensieri sessuali). Il dato che ci riguarda, purtroppo, è che siamo al 34° posto su 36 per numero di laureati tra i Paesi Ocse, cioè quelli più sviluppati (vado a memoria) e che le nostre università non sono alte nella media mondiale, ma di centro classifica.
A Raffaele rispondo poi che ha ragione: ho appena ricevuto l'e-mail di una laureanda, che mi ringrazia con affetto di averla (dice lei) intimorita all'inizio della nostra collaborazione. Alla fine mi ha mandato il testo della tesi tre volte, ogni volta scrivendomi che si trattava di una versione perfezionata. Darle insoddisfazione e voglia di migliorarsi è il meglio che un professore possa insegnare. Io però, pur interagendo costantemente (anche qui), ho spesso trovato chi spacciava come suoi materiali integralmente copiati (come verificavo) da Internet.
Ancora questo pomeriggio, parlando col Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza (nuova denominazione del preside e della facoltà, dopo la riforma Gelmini) ho sollecitato, prendendo spunto dalle notizie che stiamo commentando, una conferenza di Dipartimento (un seminario di professori e studenti di uno o due giorni interi, insomma) in cui dirsi fuori dai denti come migliorare la didattica. anche lui lo ritiene urgente, io insisterò per ottenerlo, come ho sempre fatto.
Altre cose dipendono dai finanziamenti decresciuti, dal sistema complessivo, da cattive scuole, insomma non da noi. Quello che dipende da noi va però decisamente migliorato e reso moderno e concreto, su questo sito conoscete il mio pensiero al riguardo
Infine, a Goisis: scusa l'ignoranza, ma chi è Stefano Borgonovo e che fine ha fatto?
trixam
00venerdì 1 febbraio 2013 22:26
IL prof Prisco ha ragione sul fatto che in un paese civile il tema sarebbe al centro della campagna elettorale. Ma schiacciare la prospettiva solo sull'università è limitante.

Nella knowledge society la più grande diseguaglianza è quella tra chi riceve un'istruzione di alta qualità ed elevato valore aggiunto e chi no.
Non è questione di fare l'apologia della laurea o meno, basta pensare ad una curiosa contraddizione. Alcuni dei protagonisti della rivoluzione tecnologica come Steve Jobs, Bill Gates o Zuckerberg non sono laureati come è noto però hanno fondato corporation dove anche per lavorare al centralino è richiesta una laurea. Questo per dire che il talento puro può creare qualcosa ma servono competenze per farlo crescere.

Il premio nobel James Heckman, uno dei maggiori esperti al mondo di politiche dell'istruzione, ha dimostrato che le differenze di apprendimento tra soggetti provenienti da classi sociali differenti rimangono uguali a 5 e 18 anni cioè all'inizio e alla fine del percorso di istruzione primario e da lì in poi aumentano sempre di più.
Qui le idee progressiste sul miglioramento di sé stessi a prescindere dalle origini sono chiacchiere che stanno a zero.

Oggi si pongono questioni che solo 30 anni fa non erano nemmeno considerate a cominciare dal fatto che è fondamentale puntare sulla fase prescolare dove si forma la capacità cognitiva. Un bambino italiano a 6 anni è già in ritardo rispetto a bambini di paesi che hanno puntato forte sull'istruzione prescolare.
Poi si pone il tema del continuo miglioramento degli standard educativi. Il presidente Obama lo disse molto bene nel suo primo discorso agli studenti: "è compito del governo chiudere le scuole che non danno abbastanza opportunità ai ragazzi, perché distruggono il futuro e la speranza".
Queste sono le grandi sfide del presente e del futuro, non solo bisogna avere istituzioni formative eccellenti adesso(e l'italia non le ha) ma bisogna lavorare continuamente per migliorarle in futuro e per questo paesi più avanzati stanno già mettendo in cantiere ulteriori riforme per migliorare l'istruzione.

In questo contesto la povera Italia è smarrita, un paese dove gli asili nido quando ci sono vengono considerati niente di più che parcheggi, i tentativi di valutazione della qualità dell'istruzione all'acqua di rose come l'Invalsi suscitano resistenze e boicottaggi e se un presidente del consiglio dicesse quello che disse Obama si beccherebbe uno sciopero generale della Cgil all'istante.

Non per essere pessimista, ma è per dire che si tratta di un intero sistema marcio che va rifondato.
Last but not least, il sistema formativo è il motore attraverso cui una società trasmette la propria visione del futuro, le sue ambizioni, i suoi obiettivi, le sue sfide. Per riformalo non serve solo cambiare una legge o trovare più risorse(che servono dopo aver riformato il sistema) ma occorre creative thinking e capacità di immaginare il futuro.
L'italia è come una nave con il timone rotto che naviga a vista, una visione del futuro non ce l'ha e questo si riverbera nelle aule scolastiche e universitarie.
(pollastro)
00venerdì 1 febbraio 2013 22:47
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Non per essere pessimista, ma è per dire che si tratta di un intero sistema marcio che va rifondato.
Last but not least, il sistema formativo è il motore attraverso cui una società trasmette la propria visione del futuro, le sue ambizioni, i suoi obiettivi, le sue sfide. Per riformalo non serve solo cambiare una legge o trovare più risorse(che servono dopo aver riformato il sistema) ma occorre creative thinking e capacità di immaginare il futuro.
L'italia è come una nave con il timone rotto che naviga a vista, una visione del futuro non ce l'ha e questo si riverbera nelle aule scolastiche e universitarie.


Sacrosanto, condivido. La formazione si cambia non incominciando dalla scuola. Vero è anche che da qualcosa bisogna pure incominciare: dalla scuola come "ascensore sociale " sarebbe bello. Lo era, ai miei tempi. E non come "meno studio e più diplomi per tutti". Ai predetti miei tempi ci facevano il c..., altroché
MARTINA.SANNINO83
00sabato 2 febbraio 2013 09:40
Re:
(pollastro), 01/02/2013 21:53:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Concordo con tutti voi e innanzitutto con l'utilità della discussione. Ma davvero c'è qualche stronzo che sostiene che la notizia è buona, perché così gli "gli Italiani capiscono che dovrebbero mettersi a lavorare, invece di studiare"? Mi ricorda un aspirante congressman degli Stati Uniti che sosteneva nell'ultima campagna elettorale che studiiare è pericoloso. Anche i fondamentalisti islamici sostengono del resto che è pericoloso per le donne studiare in classi miste, o studiare filosofia (vengono cattivi pensieri in generale), o medicina e storia dell'arte (si vedono nudi, vengono cattivi pensieri sessuali). Il dato che ci riguarda, purtroppo, è che siamo al 34° posto su 36 per numero di laureati tra i Paesi Ocse, cioè quelli più sviluppati (vado a memoria) e che le nostre università non sono alte nella media mondiale, ma di centro classifica.
A Raffaele rispondo poi che ha ragione: ho appena ricevuto l'e-mail di una laureanda, che mi ringrazia con affetto di averla (dice lei) intimorita all'inizio della nostra collaborazione. Alla fine mi ha mandato il testo della tesi tre volte, ogni volta scrivendomi che si trattava di una versione perfezionata. Darle insoddisfazione e voglia di migliorarsi è il meglio che un professore possa insegnare. Io però, pur interagendo costantemente (anche qui), ho spesso trovato chi spacciava come suoi materiali integralmente copiati (come verificavo) da Internet.
Ancora questo pomeriggio, parlando col Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza (nuova denominazione del preside e della facoltà, dopo la riforma Gelmini) ho sollecitato, prendendo spunto dalle notizie che stiamo commentando, una conferenza di Dipartimento (un seminario di professori e studenti di uno o due giorni interi, insomma) in cui dirsi fuori dai denti come migliorare la didattica. anche lui lo ritiene urgente, io insisterò per ottenerlo, come ho sempre fatto.
Altre cose dipendono dai finanziamenti decresciuti, dal sistema complessivo, da cattive scuole, insomma non da noi. Quello che dipende da noi va però decisamente migliorato e reso moderno e concreto, su questo sito conoscete il mio pensiero al riguardo
Infine, a Goisis: scusa l'ignoranza, ma chi è Stefano Borgonovo e che fine ha fatto?






1)E qua inizio ad avere paura. Ogni volta è sempre carino e pieno di compplimenti: "piccerè, va tutto vabe. Statt bona". Devo iniziare a preoccuparmi? [SM=g9242] [SM=g9242] [SM=g9242] [SM=g9242] [SM=g9242] [SM=g9242]
2)Borgonovo è un ex calciatore, adesso affetto da SLA.
MARTINA.SANNINO83
00sabato 2 febbraio 2013 09:45
Per entrare nel merito...qui si salva poco e niente. Purtroppo, non molti giovani si occupano di politica e la politica non chiede altro che fregarsene di noi. I tagli alle borse di studio, la riduzione per l'erasmus, un crescente monte ore di studio teorico e mai pratico...basta, non se ne può più. Nel 1968 la rivoluzione la facevano i giovani, uomini e donne con le palle, gente che lottava per il proprio futuro. Noi che facciamo?Nulla!!E mi metto io per prima in croce, eh!
Qua si parla solo di provare a ridurre il numero degli esami dai 31 attuali a 20 in 5 anni...non mi azzarderò mai a "firmare"una cosa del genere. Invece di chiedere a gran voce il tirocinio prima della laurea, cerchiamo sempre il modo per scegliere la via + semplice.
connormaclaud
00sabato 2 febbraio 2013 09:49
Re:
MARTINA.SANNINO83, 02/02/2013 09:45:

Per entrare nel merito...qui si salva poco e niente. Purtroppo, non molti giovani si occupano di politica e la politica non chiede altro che fregarsene di noi. I tagli alle borse di studio, la riduzione per l'erasmus, un crescente monte ore di studio teorico e mai pratico...basta, non se ne può più. Nel 1968 la rivoluzione la facevano i giovani, uomini e donne con le palle, gente che lottava per il proprio futuro. Noi che facciamo?Nulla!!E mi metto io per prima in croce, eh!
Qua si parla solo di provare a ridurre il numero degli esami dai 31 attuali a 20 in 5 anni...non mi azzarderò mai a "firmare"una cosa del genere. Invece di chiedere a gran voce il tirocinio prima della laurea, cerchiamo sempre il modo per scegliere la via + semplice.




Personalmente aumenterei gli esami,ma previa razionalizzazione degli stessi.
MARTINA.SANNINO83
00sabato 2 febbraio 2013 10:14
Re: Re:
connormaclaud, 02/02/2013 09:49:




Personalmente aumenterei gli esami,ma previa razionalizzazione degli stessi.




Pure io. A patto che mi facessero personalizzare il percorso!
connormaclaud
00sabato 2 febbraio 2013 11:00
Re: Re: Re:
MARTINA.SANNINO83, 02/02/2013 10:14:




Pure io. A patto che mi facessero personalizzare il percorso!




Amen!
(pollastro)
00sabato 2 febbraio 2013 11:32
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

La mia ferma convinzione è da tempo che: a) i corsi dovrebbero avere frequenza obbligatoria o almeno incentivata, con larghissima utilizzazione di contatti professori - studenti via Internet , ma anche con verifiche intercorso scritte, con compiti personalizzati, guardandosi negli occhi; b) gli esami andrebbero accorpati in "filoni", diminuendo il numero delle pagine da studiare per ciascuno (indicativamente: 3 voti a "filone", mediamente non opiù di 1000/1200 pagine) e rese invece obbligatorie ed essenziali attività seminariali di esercitazione pratica, in modo da arrivare a molti meno esami di oggi, ma con materie meglio apprese, con collegamenti resi cioè evidenti tra loro; c) gli esami dovrebbero essere diminuiti nel numero degli appelli (per favorire la frequenza) e fondati non sul principio di controlare il corretto riferimento di nozioni altrui, ma di verificare se chi fa l'esame sa ragionare autonomamente; d) i fuoricorso che non provassero di essere tali per seri problemi personali o familiari dovrebbero pagare più tasse: questo scoraggerebbe i perditempo e i meri "parcheggiati" (quelli ingiustificati, ripeto: alcune volte si va fuori corso incolpevolmente) e spingerebbe all'inizio (rendendo però obbligatorio un corso di introduzione allo studio del diritto di due mesi a frequenza realmente obbligatoria, che illustrasse in pratica come studiare al meglio e quali nozioni di base si devono avere per proseguire) a non iscriversi a Giurisprudenza solo per esclusione e con la falsa credenza che frequentare non è necessario.
Una laurea presa tardi (a parte incidenti personali, verso cui si deve avere comprensione e aiutare il recupero) rende purtroppo obsolete le cose apprese: meglio perciò concentrare l'apprendimento, se possibile, che dilatarlo. [C]Stages in studi, aziende, uffici pubblici dopo la laurea, o meglio già all'ultimo anno, completerebbero le lacune di uno studio troppo teorico: da tempo ho proposto una rivista giuridica Internet in cui gli studenti più "anziani", cioè quelli alla fine (soli autori della stessa) pubblicassero loro lavori, come "vetrina" per chi cerca professionalità legali, insomma per l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. In USA si fa così normalmente e questa è una buona prassi che dovremmo recepire.
Preciso che quanto sopra scritto è oggetto di mie puntuali proposte ufficiali per rinnovare l'insegnamento e l'apprendimento del diritto, già comprese in un mio saggio su www.costituzionalismo.it, 2009 e contenute in e-mails protocollate e dirette al Preside (oggi Direttore del Dipartimento). Sto insistendo per una riunione larga e urgente di (e tra) docenti e studenti per discuterle e per discuterne altre, al fine di migliorare la didattica
connormaclaud
00sabato 2 febbraio 2013 13:00

d) i fuoricorso che non provassero di essere tali per seri problemi personali o familiari dovrebbero pagare più tasse: questo scoraggerebbe i perditempo e i meri "parcheggiati" (quelli ingiustificati, ripeto: alcune volte si va fuori corso incolpevolmente)



Se permette,basterebbe non permettere l'iscrizione all'anno successivo.
(pollastro)
00sabato 2 febbraio 2013 16:21
Dal pofessore Prisco, che mi prega di postare

Se vogliamo essere più precisi, la mia proposta può essere precisata nei termini che seguono: ci si iscrive all'università con profili diversi (nel tempo, si può cambiare profilo, se cambiano le condizioni di partenza): a) studente a tempo pieno, tasse in partenza medio-basse, in proporzione al reddito (ma incrociando i dati con quelli dell'amministrazione finanziaria e con verifiche a sorpresa), che si mantengono tali o si alzano in proporzione al rendimento--> obbligo di frequenza, obbligo di superare tutti gli esami dell'anno, altrimenti non ci si iscrive all'anno successivo (è così in molti Paesi stranieri); b) studente a tempo parziale--> non c'è obbligo di frequenza, ma c'è l'obbligo di finire negli anni del corso + un tempo x da convenire, tasse che si alzano se si sfora, opzione per programmi differenziati e più ridotti, ma penalizzazione sul voto di laurea, salvo la possibilità di esami supplementari per aspirare al di più. Occorre scoraggiare il parcheggio immotivato.
Il regime del "fuori corso" andrebbe mantenuto (senza penalizzazioni , né su tasse, né sul percorso) solo per comprovati motivi di salute e di famiglia, da precisare con apposito regolamento uniforme per tutte le università della Repubblica. Il sistema dovrebbe prevedere inderogabilmente adeguate borse di studio per i capaci e meritevoli, come prescritto dalla Costituzione; "prestiti d'onore", da restituire con trattenute sullo stipendio quando si avrà un lavoro, salvo la possibilità di estinguerli prima (di nuovo: è così in molti Paesi); studio universitario alternato e/o integrato da stages formativi: non si può ad esempio dare un esame di procedura, se non si prova di avere assistito agli atti fondamentali e determinanti di un processo (ad. es.: costituzione delle parti; assunzione di prove; escussione di testimoni; arringhe dell'avvocato difensore e del p.m. nel caso di esame di procedura penale, esposizione di consulenza tecnica nel processo civile o in quello penale), non si può dare un esame di diritto societario se non si prova di sapere esaminare ed esporre un bilancio, eccetera
connormaclaud
00sabato 2 febbraio 2013 19:54
Da studente proporrei anche una maggior flessibilità nella sospensione degli studi.
cucciolottastupenda
00domenica 3 febbraio 2013 11:24
a pochi esami dalla fine e vedendo come la situazione lavorativa sia peggiorata (13% della popolazione è disoccupata) io metterei il numero chiuso per tutte le facoltà...non ha senso sfornare tanti laureati che poi devono ridursi a fare i disoccupati!
io ho la sensazione che la nostra generazione..quelli nati tra la fine degli anni 70 e anni 80 sia una generazione di transizione...una massa di laureati, con ogni sorta di titolo accademico e post accademico che dovrà "sacrificarsi" per i posteri... [SM=g2725300]
(pollastro)
00domenica 3 febbraio 2013 13:34
Però, a proposito del numero chiuso, va tenuto presente che i laureati sono da noi il 24/25 % , nei Paesi sviluppati (Ocse) il 40%. Mancano all'appello i cosiddetti "iscritti tardivi", cioè si è visto che la pecentuale di chi si iscrive subito dopo la scuola non è sostanzialmente diminuita (salvo possibili abbandoni dopo l'iscrizione), quello che è crollato rispetto agli anni scorsi è il numero di quelli che si iscrivevano qualche anno dopo la fine della scuola (Fonte: "Il Sole 24 Ore")
goisis
00domenica 3 febbraio 2013 13:42
Cucciolottastupenda concordo con te.Bisogna fare come è stato fatto circa 30 anni fa per Medicina.Bisogna sfornare laureati in relazione alle richieste del mercato.
(pollastro)
00domenica 3 febbraio 2013 16:19
E' verissimo che gli albi professionali degli avvocati sono inflazionati (anche da chi è iscritto senza fare realmente la professione), che i concorsi per magistratura e notariato sono per una piccola parte dei laureati in giurisprudenza, che altri concorsi pubblici per chi ha questa laurea se ne fanno pochi e anche nel privato ci sono oggi minori occasioni, ma: a) il mercato non può in questa situazione essere inteso solo come l'offerta di lavoro interna; b)come ripeto, le statistiche (come quella riportata sopra) non sono favorevoli ad un numero chiuso generalizzato: all'estero il numero di laureati complessivo (in tutte le discipline) è il doppio che da noi. Per Medicina (numero chiuso con quiz di accesso) conosco situazioni in cui in Italia lavorano perciò anche medici - e paramedici: ad esempio personale infermieristico - stranieri.
Non dico quanto sopra perché sia pregiudizialmente contrario al numero chiuso, ma per invitare a discutere tenendo presenti anche questi dati. Lo stesso allarme recente del Cun, riportato nell'articolo postato da Connormclaud, è stato lanciato perché le università italiane perdono studenti (che non si iscrivono o abbandonano) e docenti (che vanno in pensione o muoiono e non vengobo sostituiti), non per il contrario. Il senso è cioè che gli iscritti che si laureano e i professori non sono troppi, ma troppo pochi
cucciolottastupenda
00domenica 3 febbraio 2013 17:30
personalmente credo che il numero di iscritti all università sia aumentato perchè molti giovani si sono resi conto che il diploma non basta per trovare un impiego..ovviamente parlo della realtà in cui vivo che non è che sia delle più avanzate..però nonostante questa arretratezza almeno nella mia zona hanno capito la necessità di andare all'università...
connormaclaud
00domenica 3 febbraio 2013 19:49
Avere un aumento degli iscritti, senza una diversificazione dei corsi, significa solo spostare l'asticella dal diploma di scuola media superiore alla laurea e non so quanto sia utile sia in termini di istruzione che occupazionali.
Avrò una visione troppo utopica o da film,ma l'università dovrebbe far crescere e non "indottrinare" automi.
gattinanera85
00lunedì 4 febbraio 2013 14:52
Io invece abolirei il numero chiuso ma organizzerei dei percorsi approfonditi di indirizzo anche pratico dopo le superiori...cosi almeno ognuno puo studiare ciò che vuole senza ripiegare su altre facoltà(tipo la nostra) ad accesso libero senza alcuna motivazione..poi è ovvio siamo in 1 periodaccio il mercato mi pare ormai fermo 1 po x tutti..che dire..a pochi mesi dalla laurea io sono avvilita anche perchè tutti mi dicono che non avrò 1 futuro facile
trixam
00lunedì 4 febbraio 2013 18:15
Volete il numero chiuso? Bene allora rendiamolo retroattivo sottoponendo ai test anche chi è in corso, se non supera il test si congela il suo percorso di laurea fino a che non passa. Vi piace come idea? Perché chiedere il numero chiuso dopo essere entrati senza nessun tipo di test è fare i froci con il culo degli altri.

L'italia è una società collettivista(cosa che a tanti di voi piace), l'università la pagano i contribuenti(sarebbero quelli che pagano le tasse) quindi è giusto che le iscrizioni siano libere. Fatevelo entrare. Con le vostre proposte e con i test all'italiana il figlio dell'avvocato che evade al 50% entrerebbe all'università pagata dall'operaio che non evade(o non evade il 50%) il cui figlio in maggioranza non si iscrive all'università.
Si tornerebbe alla società cetuale e al fascismo.

Il numero chiuso ha senso in sistemi universitari radicalmente diversi dal modello italiano che temo non vi piacerebbero per niente.
MARTINA.SANNINO83
00lunedì 4 febbraio 2013 18:26
Re:
trixam, 04/02/2013 18:15:

Volete il numero chiuso? Bene allora rendiamolo retroattivo sottoponendo ai test anche chi è in corso, se non supera il test si congela il suo percorso di laurea fino a che non passa. Vi piace come idea? Perché chiedere il numero chiuso dopo essere entrati senza nessun tipo di test è fare i froci con il culo degli altri.

L'italia è una società collettivista(cosa che a tanti di voi piace), l'università la pagano i contribuenti(sarebbero quelli che pagano le tasse) quindi è giusto che le iscrizioni siano libere. Fatevelo entrare. Con le vostre proposte e con i test all'italiana il figlio dell'avvocato che evade al 50% entrerebbe all'università pagata dall'operaio che non evade(o non evade il 50%) il cui figlio in maggioranza non si iscrive all'università.
Si tornerebbe alla società cetuale e al fascismo.

Il numero chiuso ha senso in sistemi universitari radicalmente diversi dal modello italiano che temo non vi piacerebbero per niente.







Io amo quest'uomo!!! [SM=x43814] [SM=x43814] [SM=x43814] [SM=x43814] [SM=x43814] Sapessi le volte in cui avrei preferito 4-5 prove intercorso x testare passo passo la mia preparazione.
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