Spenti per colpa di rete4!!!

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Raf72
00martedì 23 dicembre 2003 16:51
Spenti per colpa di Rete4
intervista a Francesco Di Stefano

Salvate il soldato Fede, grida Berlusconi. Nessuno ne parla, ma Rete4 va in onda dal 1999 sulle frequenze che spettano a Europa7. La «tv degli invisibili», la chiama il diessino Giulietti, che ieri con una delegazione di Articolo21 è andato negli studi di Via di Tor Cervara, ventimila metri quadrati attrezzati, ma inerti. Francesco Di Stefano, titolare di Europa7, aspetta da anni fra un ricorso e l’altro. È furibondo.

Nessuno dice «salvate Europa7».
«Nessuno lo ha mai detto, purtroppo. Ma nel 99 noi abbiamo vinto e Rete4 ha perso. Ci hanno costretto a fare un ricorso insieme all’Adusbef alla Corte Costituzionale e la sentenza, ineludibile, stabilisce che entro il 31 dicembre Rete4 si deve spegnere e noi ripartiamo. Hanno messo le istituzioni sotto i piedi ma Ciampi non poteva che rispettare il dettato costituzionale della sentenza».

La sua tv è pronta per partire?
«Ci sono questi otto studi, la library sempre aggiornata, ma siamo fermi dal luglio ‘99».

Quanti dipendenti ha adesso?
«Una trentina, prima era una syndacation con un centinaio di persone. Abbiamo dovuto chiudere la sede di Milano e una a Roma».

Che ne è stato dei dipendenti?
«Piano piano abbiamo dovuto licenziarli».

Ora Berlusconi vuole salvare i mille dipendenti di Rete4...
«È un ignobile ricatto sull’occupazione, soltanto “pro domo sua”. Rete4 non ha dipendenti, sono di Rti e Videotime, in tutto 3500, ma che lavorano quasi tutti per ogni struttura editoriale di Mediaset: per Canale5, Rete4, Italia1, Jumpy e le altre. Ci sono 40, 50 giornalisti, tutti precari, che potrebbero venire licenziati, ma Mediaset può riassorbirli. E anche noi, ripartendo, saremmo pronti ad assumerli».

Da Fede a Di Stefano?
«Certo, ma non solo 50, a regime assumiamo 700 persone. La concorrenza crea posti di lavoro e pluralismo, il monopolio no. Li crea anche per i censurati...».

Assumerà Santoro e Sabina?
«Anche i censurati e le strutture che hanno attorno, sono posti di lavoro. Sì, Santoro, Sabina Guzzanti e gli altri. E poi fare un decreto per i posti di lavoro è pericoloso. Il governo dovrebbe fare un decreto per tutti i disoccupati, se se la sente. Sono proprio dei dilettanti. Vuol dire che i dipendenti Mediaset, pur essendo pochissimi, sono particolari?».

Cosa fa se passa il decreto e Rete4 non va sul satellite?
«Non pensiamo che si possa fare. Stando a quello che ha scritto Ciampi è possibile solo un decreto di attuazione, non un nuovo termine: se dice entro il 31 gennaio 2004 Rete4 spegne, va anche bene. Si può accettare una transizione, loro spengono piano piano per non far traumatizzare i telespettatori, e noi cominciamo a trasmettere».

Se accendesse la sua tv oggi, come si vedrebbe?
«Una televisione generalista, con film, telefilm, cartoons, intrattenimento. Un po’ più moderna e stimolante, perché la mancanza di concorrenza ha fatto addormentare la tv. E sull’informazione ci sarebbe una vera rivoluzione: molto approfondimento, ma dalla parte del cittadino e non dei partiti».

Vuole ingaggiare Santoro?
«Certo i migliori stanno fuori, adesso. Il problema per noi è dare voce a tutti, destra, centro e sinistra, ma l’occhio va anche agli ascolti, quindi agli interessi dei cittadini».

Ha pensato a una novità?
«Far vedere in Italia l’informazione degli altri paesi europei. Ci sarà una compenetrazione, collegamenti con servizi esteri. Non dico di più sennò mi copiano...».

È vero che Tarak Ben Ammar sta cercando di trasmettere in chiaro?
«Sembra che stia cercando di far diventare PrimaTv e EuropaTv delle reti free, con il benestare e un’autorizzazione di Gasparri. È illegale, se avverrà ci opporremo con un ricorso. E poi sembra che Sky abbia voluto vendere solo a loro, agli altri hanno detto: non trattiamo con voi. Insomma, sembra proprio che ci sia un gestore solo...».

fonz
00mercoledì 24 dicembre 2003 02:00
Grottesco
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge che consente a Rete 4 di trasmettere in chiaro e a Rai Tre di mantenere la pubblicita'. Il DL prevede l'affidamento all'Authority per le Tlc del compito di svolgere, entro il 30 aprile 2004, un esame della complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri. Entro 30 giorni dal compimento di tale indagine, l'Autorita' dovra' inviare una relazione al governo e alle competenti commissioni parlamentari, avendo la facolta', nel caso in cui l'Authority verifichi che non ci siano le condizioni necessarie per un effettivo arricchimento di pluralismo, di adottare i provvedimenti gia' previsti dalla legge 249 (la legge Maccanico) cioe' le misure necessarie per eliminare o impedire il formarsi di posizioni dominanti o comunque le file del pluralismo, con possibilita' di ordine di rimozione degli effetti, e addirittura di misure che possono incidere sulla struttura dell'impresa. Fino alla data di adozione di queste deliberazioni da parte dell'Authority e' previsto che le emittenti che superano i limiti antitrust fissati dalla legge 249 possano proseguire l'esercizio delle reti eccedenti e che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo continui ad avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti analogiche e digitali. L'esame dell'offerta complessiva dei programmi televisivi digitali terrestri da parte dell'Authority per le Tlc, previsto dal decreto sulle tv varato oggi dal Consiglio dei Ministri, dovra' accertare ''la quota di popolazione raggiunta dalle nuove reti digitali terrestri; la presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili; l'effettiva offerta al pubblico su tali reti anche di programmi diversi da quelli diffusi dalle reti analogiche''. Nel decreto tv e' dunque contenuta, di fatto, una proroga di almeno 5 mesi: 4 necessari all'Authority per le Tlc per svolgere l'accertamento e uno per trasmettere la relazione al Governo e al Parlamento, dopo la quale l'Autorita' potra' adottare i provvedimenti. Naturalmente, questi tempi potrebbero essere accorciati dall'approvazione, da parte del Parlamento, della legge Gasparri. ''Invece di fare un decreto di rinvio temporaneo, abbiamo preferito dare, con questo provvedimento, una risposta, un segnale positivo ai rilievi sostanziali contenuti nel messaggio del Capo dello Stato'' ha detto il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, illustrando ai giornalisti i contenuti del decreto tv.


[URL]Fonte: www.asca.it/primopiano/completi/GASC0296.shtml[=URL]http://www.asca.it/primopiano/completi/GASC0296.shtml
Un bel regalo del governo a ... se stesso [SM=g27816]
Ed Europa 7? Non merita di festeggiare il natale? [SM=x43600]
:anizza:

[Modificato da fonz 24/12/2003 2.01]

robbydam
00mercoledì 24 dicembre 2003 02:53
come faremo senza europa 7

milioni di italiani se lo chiedono
fonz
00mercoledì 24 dicembre 2003 03:08
No no scherzavo neanche io riuscirei a vivere senza Fede [SM=x43611]
siddharta75
00mercoledì 24 dicembre 2003 12:39
il problema nn è Fede, Europa / o RAI 3...... il problema è la democrazia, il pluralismo, la libertà!!!!!!!!

e, storicamente, questi sono argomenti carialla destra liberaldemocratica! misteri italiani...[SM=g27825]
Werty74
00mercoledì 24 dicembre 2003 22:28
Re:

Scritto da: siddharta75 24/12/2003 12.39
il problema nn è Fede, Europa / o RAI 3...... il problema è la democrazia, il pluralismo, la libertà!!!!!!!!

e, storicamente, questi sono argomenti carialla destra liberaldemocratica! misteri italiani...[SM=g27825]



Il problema è di diritto e c'è una sentenza della Corte Costituzionale a Robbydam sfugge perchè non ha fatto, secondo fonti del Tg4, diritto costituzionale. Intelligente invece il post di Raf72 che ci dà l'idea di quello che sta accadendo in Italia.
gran generale
00giovedì 25 dicembre 2003 22:16
Re:

Scritto da: Raf72 23/12/2003 16.51
Spenti per colpa di Rete4
intervista a Francesco Di Stefano

Salvate il soldato Fede, grida Berlusconi. Nessuno ne parla, ma Rete4 va in onda dal 1999 sulle frequenze che spettano a Europa7. La «tv degli invisibili», la chiama il diessino Giulietti, che ieri con una delegazione di Articolo21 è andato negli studi di Via di Tor Cervara, ventimila metri quadrati attrezzati, ma inerti. Francesco Di Stefano, titolare di Europa7, aspetta da anni fra un ricorso e l’altro. È furibondo.

Nessuno dice «salvate Europa7».
«Nessuno lo ha mai detto, purtroppo. Ma nel 99 noi abbiamo vinto e Rete4 ha perso. Ci hanno costretto a fare un ricorso insieme all’Adusbef alla Corte Costituzionale e la sentenza, ineludibile, stabilisce che entro il 31 dicembre Rete4 si deve spegnere e noi ripartiamo. Hanno messo le istituzioni sotto i piedi ma Ciampi non poteva che rispettare il dettato costituzionale della sentenza».

La sua tv è pronta per partire?
«Ci sono questi otto studi, la library sempre aggiornata, ma siamo fermi dal luglio ‘99».

Quanti dipendenti ha adesso?
«Una trentina, prima era una syndacation con un centinaio di persone. Abbiamo dovuto chiudere la sede di Milano e una a Roma».

Che ne è stato dei dipendenti?
«Piano piano abbiamo dovuto licenziarli».

Ora Berlusconi vuole salvare i mille dipendenti di Rete4...
«È un ignobile ricatto sull’occupazione, soltanto “pro domo sua”. Rete4 non ha dipendenti, sono di Rti e Videotime, in tutto 3500, ma che lavorano quasi tutti per ogni struttura editoriale di Mediaset: per Canale5, Rete4, Italia1, Jumpy e le altre. Ci sono 40, 50 giornalisti, tutti precari, che potrebbero venire licenziati, ma Mediaset può riassorbirli. E anche noi, ripartendo, saremmo pronti ad assumerli».

Da Fede a Di Stefano?
«Certo, ma non solo 50, a regime assumiamo 700 persone. La concorrenza crea posti di lavoro e pluralismo, il monopolio no. Li crea anche per i censurati...».

Assumerà Santoro e Sabina?
«Anche i censurati e le strutture che hanno attorno, sono posti di lavoro. Sì, Santoro, Sabina Guzzanti e gli altri. E poi fare un decreto per i posti di lavoro è pericoloso. Il governo dovrebbe fare un decreto per tutti i disoccupati, se se la sente. Sono proprio dei dilettanti. Vuol dire che i dipendenti Mediaset, pur essendo pochissimi, sono particolari?».

Cosa fa se passa il decreto e Rete4 non va sul satellite?
«Non pensiamo che si possa fare. Stando a quello che ha scritto Ciampi è possibile solo un decreto di attuazione, non un nuovo termine: se dice entro il 31 gennaio 2004 Rete4 spegne, va anche bene. Si può accettare una transizione, loro spengono piano piano per non far traumatizzare i telespettatori, e noi cominciamo a trasmettere».

Se accendesse la sua tv oggi, come si vedrebbe?
«Una televisione generalista, con film, telefilm, cartoons, intrattenimento. Un po’ più moderna e stimolante, perché la mancanza di concorrenza ha fatto addormentare la tv. E sull’informazione ci sarebbe una vera rivoluzione: molto approfondimento, ma dalla parte del cittadino e non dei partiti».

Vuole ingaggiare Santoro?
«Certo i migliori stanno fuori, adesso. Il problema per noi è dare voce a tutti, destra, centro e sinistra, ma l’occhio va anche agli ascolti, quindi agli interessi dei cittadini».

Ha pensato a una novità?
«Far vedere in Italia l’informazione degli altri paesi europei. Ci sarà una compenetrazione, collegamenti con servizi esteri. Non dico di più sennò mi copiano...».

È vero che Tarak Ben Ammar sta cercando di trasmettere in chiaro?
«Sembra che stia cercando di far diventare PrimaTv e EuropaTv delle reti free, con il benestare e un’autorizzazione di Gasparri. È illegale, se avverrà ci opporremo con un ricorso. E poi sembra che Sky abbia voluto vendere solo a loro, agli altri hanno detto: non trattiamo con voi. Insomma, sembra proprio che ci sia un gestore solo...».




credo che la mia opinione sull'argomento ormai non sia più un mistero...
cmq vorrei solo precisare a chi non ha ben chiaro il concetto che PLURALISMO non significa diversi telegiornali o fonti d'informazione ma diversi proprietari dei mezzi di informazione...
e intanto europa7 attende...:iii:

[Modificato da gran generale 25/12/2003 22.26]

fonz
00mercoledì 14 gennaio 2004 19:15
Altra intervista ad Europa 7
Viaggio negli studi fantasma dell’emittente a cui la Consulta ha dato ragione ma che Rete4 ha «oscurato»
Era già tutto pronto dal ’99 quando fu vinta la concessione a trasmettere sul territorio nazionale. Ma da allora i riflettori sono rimasti spenti
Il proprietario Di Stefano fa da guida negli studi romani: ora ci sono trenta dipendenti ma siamo pronti ad assumere anche chi resta a terra se Fede va sul satellite
L’acquisto degli spazi in cemento a Tor Cervara appartenuti negli anni Sessanta alla Voxon
Una tecnologia ultramoderna flessibile per ogni esigenza e studiata per facilitare il lavoro

«Questo sappiamo fare, la televisione è il nostro mestiere. Ma da quattro anni e mezzo non ci permettono di esistere». Francesco Di Stefano apre le porte del suo «mestiere» su un enorme studio televisivo: uno spazio che sembra una pista da ballo ipertecnologica. Al centro un palco esagonale, una scena circondata da gradinate ad emiciclo. È lo studio più grande dei cinque di Europa7. La tv che c’è ma non si vede. Duemila metri quadrati attrezzati nell’edificio della Voxson produzione tv, che domina nella periferia est della capitale.
Alziamo gli occhi su una fittissima rete di acciaio nero, passerelle sulle quali si cammina agevolmente, pensate per facilitare gli «elettrici» che posizionano i proiettori; mega areatori come camini capovolti soffiano aria condizionata. «Tutto il sistema di climatizzazione è computerizzato. Vengono anche i giapponesi a vederlo, è un jumbo all’avanguardia, gli altri hanno un pulmino », spiega orgoglioso il titolare. Europa7, una tv mai accesa. Tutto pronto per partire dal 1999 quando vinse la gara per la concessione a trasmettere sul territorio nazionale. Ma tutto è fermo.
«Da allora noi che abbiamo vinto non abbiamo mai acceso, Rete4 ha perso e avrebbe dovuto spegnere, invece trasmette». Questa la semplice equazione che tormenta Di Stefano da anni. Per mantenere il marchio compare in affitto in un circuito di emittenti locali, accanto ai loghi di TvrVoxson nel Lazio, TeleEtna, o Azzurra- Tv nel Triveneto.
Insieme ai consumatori dell’Adusbef ha fatto ricorso e la sentenza della Corte Costituzionale, la 466 del 2002, gli ha dato ragione: ha stabilito il termine «non prorogabile » del 31 dicembre 2003, entro il quale i programmi «irradiati dalle emittenti eccedenti» devono «essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo». Rete4 e Telepiù nero.
La sentenza poneva fine alle precedenti proroghe, ai tanti salvataggi di Rete4 la cui responsabilità si perde nelle alchimie della politica in un «fifty-fifty», commenta Di Stefano. L’imprenditore ha una collezione di sentenze della Corte, la Bibbia è quella del 1994 che sanciva i principi per il pluralismo, garantiti solo dalla presenza di più voci possibili nelle frequenze. Sono un bene pubblico, ma finché Rete4 ne occupa 1470 nessun altro può usarle. Già nel ‘94 il gruppo Fininvest aveva una rete di troppo, sforava il 20% delle reti nazionali in mano a uno solo proprietario. È sempre lo stesso, il premier che ha firmato ad occhi chiusi il decreto alla vigilia di Natale per salvare la sua rete e la sua pubblicità.
Cinque anni fa, il 7 gennaio del ‘99, Francesco Di Stefano ha rilevato la Voxson. Uno di quegli enormi edifici in cemento anni ‘60, un gigante dormiente ma pronto a svegliarsi lungo la Via di Tor Cervara. «Ho attrezzato gli studi proprio per partecipare alla gara», spiega l’imprenditore. Gentile e curato, Di Stefano porta avanti la sua battaglia «di principio sul pluralismo» con ostinazione abruzzese, «ma ci sentiamo soli», lamenta. È «quel signore che ci vuole espropriare di Rete4», tuonava Fedele Confalonieri giovedì nei corridoi di Montecitorio. Lui, il presidente Mediaset, ha speso «60milioni di euro per il digitale. Mica bruscolini. E c’è chi vorrebbe le nostre frequenze senza sborsare una lira?». Sarebbe «un regalo di Stato», per Confalonieri.
«Mediaset il regalo di Stato l’ha avuto dal ‘94», replica «quel signore» di Europa7, ovvero gli impianti e rami di azienda di emittenti - ci sono solo quelle di serie C che coprono il 20% del territorio, mentre abbiamo una concessione nazionale. Mi dispiace, ma questa soddisfazione a Confalonieri non gliela do». E per la stessa Corte nell’attuale sistema delle tv analogiche c’è una generale «mera occupazione di fatto delle frequenze», al «di fuori di ogni logica di incremento del pluralismo». Cosa che, come ha rilevato anche il Garante Antitrust, Tesauro, il digitale non risolve, anzi mantiene il duopolio Rai-Mediaset. Recentemente il ministero delle Comunicazioni ha assegnato le frequenze in chiaro riconsegnate da Tele+3 a Telemontecarlo, a ReteA e la Mtv di oggi.
sotto le splendide rovine romane di «Alba Fucens» è «noto per la solidarietà fra la gente». Venticinque anni di esperienza dagli anni ‘70 nelle radio libere e tv locali: Tvr Voxson e Italia7, una «syndication» di 11 emittenti che copriva «l’80% del territorio nazionale, con un 2,5% di audience». Era il circuito Europa7. Dal ‘95 al ‘99 «con il “Seven show”, la prima striscia satirica, abbiamo lanciato tutti i comici di Zelig», racconta. Marianna, la segretaria «tuttofare» porta l’elenco: i Fichi d’India, il Mago Forrest, Bertolino, Max Pisu; e poi Ferrara e Picone, Max Giusti, Gabriele Cirilli, fino a Teo Mammuccari, Vinta la gara, il danno e la beffa: «Ho dovuto dismettere il circuito, avendo avuto la concessione sociali, un po’ assurdo...».
Dal ‘99 Europa7 è pronta: duemila metri quadrati e un un sistema tecnologico che fa impallidire il mitico studio 5 di Cinecittà. Tutto è studiato per facilitare il lavoro, funzionale e flessibile per ogni esigenza scenografica. Tecnologia intelligente a misura d’uomo, insomma, pensata dal titolare insieme a Gerry Bocci, direttore degli studi di produzione. I servizi sono a due passi dagli studi, «comodo, no? Un concetto “ergonomico”. A Cinecittà star e comparse devono uscire fuori». Trenta camerini che sembrano salotti con doccia e bidet in quelli delle star, «sala prova balletto», sala prova «musica», è scritto sulle porte, «sala stampa» con Adsl, sartoria, parrucchieri e attrezzeria. Tecnigrafi per le scenografie. Stanze organizzate e tirate a lucido. Ma deserte. Un bar accogliente è attivo all’ingresso. Al primo piano gli uffici rivestiti in legno, Alessandra, Sabina, Vania, Viviana, segretarie all’erta. Mario «il genio del computer» controlla l’impianto da sottomarino.
Come sopravvivete? «Raramente affittiamo gli studi, magari alla Rai. Mediaset non ci fa venire nessuno». Nello studio di 1600 metri quadrati alcuni macchinisti smontano le gigantografie dei divi dei 50 anni Rai, Delia Scala e Lelio Luttazzi scorrono via capovolti. Qui è stato celebrato «Il compleanno tv» e girato «La Bella e la Bestia» con Sabrina Ferilli. Di Stefano ha «due pallini, la tv e la finanza, non speculativa, che mi permette di reggere». Chiuse le sedi di Milano e una romana, ora sono rimasti trenta dipendenti, ma è pronto «ad assumerne 700», compreso chi rimarrebbe a terra se Fede volasse satellite. Una «library» di oltre 3500 ore di programmazione «sempre aggiornata con film, cartoni animati». La battaglia continua, contro «la bufala del digitale». E nell’audizione alla Camera Di Stefano ha avvertito tutti, sotto il silenzio di Paolo Romani, deputato forzista che conosce bene l’amico imprenditore tv: «Con la somma dei canali digitali Mediaset potrà comprare anche La7, Mtv, Telepiù bianco; e grazie al Sic Publitalia (concessionaria Mediaset, ndr.) potrà raccogliere pubblicità per Sky, per le emittenti locali, per “Il Giornale” e per il «Corriere», se Paolo Berlusconi deciderà di comprarlo». Berlusconi asso pigliatutto, insomma. L’Adusbef ha diffidato la Rai dall’acquisto di frequenze, a settembre 2002, con l’accusa di agire per «favorire gli interessi di Mediaset e non propri». E i ripetitori che la Dmt (società di ex manager del Biscione) istallerà, secondo Di Stefano, creeranno un problema di interferenze con quelli analogici. Il patron di Europa7 non cede, di ricorsi al Tar del Lazio ne ha una catena, con tanto di richiesta di risarcimento danni. Quanti sono? «Secondo alcune banche solo per quattro anni e mezzo di non avvio sono 3 miliardi di euro». L’interruttore del sogno resta acceso: «Voglio fare una tv libera che dà voce a tutti, dai comici censurati come Sabina Guzzanti agli altri, con un occhio all’audience. Ma senza voci diverse come si fa il pluralismo? Possibile che non lo capiscano?».
Natalia Lombardo

da "l'Unità" del 10 gennaio 2004 - pagina 12
capt.claricesparrow
00mercoledì 14 gennaio 2004 20:00
Re:

Scritto da: robbydam 24/12/2003 2.53
come faremo senza europa 7

milioni di italiani se lo chiedono



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