Re: Re: Re: Re:
Sgallino, 24/06/2010 15:37:
Allora ci provo, ma vi (Ti) anticipo che l'argomento necessita di un minimo (ma nel vero senso della parola) di cultura religiosa - ma anche semplice nozionismo, a questo punto andrebbe bene - per essere affrontato seriamente.
In primis affermare che chi crede è ignorante (perchè questa è l'equazione che passa) è da VERI ignoranti, ma su questo lascio sbizzarrire voi.
Secondariamente affermare che nei piccoli paesi si crede al diavolo e tutto gira intorno alla chiesa, mentre nelle città non è così è, a dir poco una nefandezza.
In ultimo sostenere che (nonostante il continuo processo di evangelizzazione) i fedeli nel secolo scorso si sono dimezzati e fra 1000 anni non ci saranno religioni è.....BHE DICIAMO COSI' RIDICOLO.
Sono cosciente che bisognerebbe argomentare molto più appofonditamente l'argomento ed in altre circostanze non mi sarei sottratto, ma lor signori comprenderanno che sono già entrato in clima nazionalista, motivo per il quale mi sottraggo a questo interessantissimo dibattito.
Ca marronn va accumpagn.
P.S. FORZA ITALIA
per fortuna la cultura religiosa non mi manca
Non ha detto che i credenti sono ignoranti. Ma quello che è certo è che spesso sviluppo di un Paese e influenza religiosa sono due fattori molto spesso inversamente proporzionali.
Non so cosa succederà tra mille anni, anche perchè pare che il mondo finirà nel 2012
ma i numeri parlano chiaro, le chiese si svuotano, i preti sono sempre di meno.
Ti copio un articolo che riguarda solo l'Italia, ma è una situazione comune a moltissimi Paesi
Primo shock: i preti diventano sempre più vecchi. L'età media dei sacerdoti diocesani in Italia è ormai di 60 anni. Il record di anzianità è delle Marche (età media 64 anni), seguite da Piemonte (63,7) e poi, via via, da Emilia, Liguria, Umbria, Triveneto, Toscana, Sardegna, Sicilia, tutte regioni in cui i preti hanno un'età media superiore ai 60. Più giovane - si fa per dire - il clero in Lombardia (età media 58 anni) e poi in Abruzzo e Molise, Campania, Puglia, Basilicata. Il record di gioventù va a Lazio e Calabria, con un comunque poco consolante 54 anni e mezzo di media.
Secondo shock: è sempre più difficile rimpiazzare i preti che se ne vanno. In Italia il 40 per cento di chi esce dalla parrocchia (per pensionamento, per invalidità o per decesso) non viene sostituito. In alcune regioni la situazione è drammatica: nelle Marche e in Piemonte le uscite sono tre volte le entrate. Appena meglio in Lazio, Calabria e Puglia. Così così in Lombardia.
Terzo shock: i preti diminuiscono in tutta Italia. Oggi sono poco meno di 32 mila i sacerdoti diocesani. Un terzo di essi (10 mila circa) sta in Lombardia e Triveneto (Umberto Bossi direbbe: in Padania). Poi 2.700 stanno in Piemonte, 2.500 in Emilia-Romagna, 2.200 in Sicilia, altrettanti in Campania, in Toscana, nel Lazio. Attenzione, però: i preti erano 69 mila (più del doppio) agli inizi del Novecento, a disposizione di una popolazione di appena 33 milioni di italiani. Insomma: c'era 1 prete ogni 500 abitanti. Oggi la popolazione in Italia ha appena raggiunto i 60 milioni di persone, dunque c'è un prete ogni 2 mila abitanti (per la precisione, 0,53 ogni mille). Certo, le statistiche ci dicono che in Italia ci sono più sacerdoti che ostetriche (0,26 per mille abitanti), più preti che ricercatori universitari (0,36 per mille abitanti). Ma ci sono meno sacerdoti che odontoiatri (0,60 per mille abitanti), che psicologi (0,66 per mille), che commercialisti (0,89 per mille abitanti). E naturalmente meno preti che insegnanti (sono 21,4 ogni mille italiani).
Non tutta l'Italia è uguale. Va peggio nel centro-sud, soprattutto in Puglia, Sicilia, Lazio e Campania, dove i sacerdoti - dicono le statistiche - sono sotto lo 0,5 ogni mille abitanti. Va meglio invece nel centro-nord e soprattutto in Umbria, nelle Marche e nel Triveneto, regioni in cui ci sono 0,8 preti ogni mille abitanti. Bene, dunque? No, perché maggior densità vuol dire anche maggior anzianità: nelle zone d'Italia dove ci sono più preti, questi sono più vecchi.