Non siamo liberi

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
connormaclaud
00mercoledì 13 agosto 2014 15:19
di Luca Solari
Cosa ne pensate?

www.huffingtonpost.it/luca-solari/non-siamo-liberi_b_5655331.html?utm_hp_r...

Sulla sfondo dell'aspra battaglia politica che riguarda la riforma elettorale e la riforma del Senato sta il vero nodo dell'incapacità dell'Italia di riprendere a crescere: la paralisi della società come conseguenza dell'ipertrofia legislativa e della delega costante alla politica.

Purtroppo, anche forze politiche che per un certo lasso storico si erano fate fautrici di una riduzione del peso del centro decisionale e legislativo come la Lega si sono rapidamente adattate all'italica idea che ad ogni problema debba corrispondere una legge o un decreto ed in ogni caso un'azione dell'esecutivo. Anzi, hanno cercato di costruire a livello locale uno Stato ancora più oppressivo e invasivo. Ancor più non mi rinfranca constatare che l'idea di regolare la società a partire dalla sua rappresentanza politica sia fatta propria anche dal Movimento 5 Stelle. Anzi, mi spavento quando leggo tra le righe l'ambizione utopica a far decidere tutto dalla maggioranza con una sorta di continuo referendum. Ho accarezzato per lo spazio di un istante la speranza che il rinnovamento dei nomi potesse portare ad una ritirata della politica dai palcoscenici, ma sono drammaticamente smentito dalla moltiplicazione olografica dei nuovi, onorevoli, ministri, portavoce e Presidente del Consiglio.

Ma ora sono stufo, profondamente stufo di un carosello di media, approfondimenti, interviste e auspici che concorrono a portarci dentro il profondo del baratro senza mai dire chiaramente che l'origine di tutto sta in quello contro il quale Bruno Leoni e von Hayek con preveggenza ci avevano indicato: la statolatria, la crescita ipertrofica e incontrollata di uno spaventoso Krakken dai mille tentacoli. Questa crescita si accompagna all'ipertrofia della macchina pubblica e burocratica che si associa invariabilmente ad ogni nuova regola, ad ogni articolo, comma, financo riga di una produzione sconfinata. Lo Stato è ovunque, ci spia in ogni momento della nostra vita e la subordina ad una schiera di zelanti burocrati, tronfi del loro potere, spesso privo di alcun ancoraggio ad un minimo di competenza.

Dove è la libertà in questo paese? In cosa possiamo dirci liberi? Non nell'educazione che è rigidamente normata da programmi ministeriali la cui valenza pedagogica ed educativa nel mondo attuale è ai più incomprensibile. E dove non arrivano i programmi, arriva l'ineluttabilità dei diritti acquisiti che fanno sì che se ci servono insegnanti di inglese e forse domani di cinese, ma abbiamo assunto quelli di francese, il nostro progetto educativo sarà quello di farli comunque lavorare. E guai a dirlo che già mi aspetto spataffiate inconcludenti condite di invettive contro la modernità, rimpianti della classicità andata, elegie della diversità delle lingue ecc. Non siamo liberi nel lavoro che è normato in ogni sua caratteristica, certo in parte dandoci garanzie, ma a quale prezzo? Al prezzo dell'occupazione e della speranza dei nostri figli. Al prezzo di una rigidità spaventosa dei modelli di organizzazione del lavoro. Al prezzo del fatto che certi lavori diventano la nostra tomba perché da lì non ti schiodi più, anche se ti fa schifo, perché chi lo rischia un posto sicuro? Non siamo liberi come consumatori perché taglieggiati da uno Stato che impone un'IVA al 22% e dalla lobby del commercio che opera peggio dei peggiori trust per impedire la vera concorrenza, con il pietismo sventolato dei valori e della piccola impresa. Non siamo liberi come cittadini perché subordinati a delle politiche fiscali peggiori del peggiore incubo non di Kafka ma addirittura di Lovecraft. Politiche fiscali che anticipano sugli anticipi di quello che dobbiamo e oltrepassano il muro del suono dell'assurdo con anticipi superiori al 100% di quanto ipoteticamente dovuto. E alimentano l'ipertrofia e la discrezionalità di un esercito di esattori, cupe figure più simili a monatti, ma che dentro sé si sentono schiere di angeli della legalità. E ci dicono che è bello pagare le tasse, ma che soprattutto se lo dicono loro noi dobbiamo stare zitti. Non siamo liberi davanti alla legge, perché la legge è incerta, amministrata con discrezionalità da moderni tribuni pervasi dal sacro fuoco della legalità. Non siamo liberi di procreare o non procreare e nemmeno di amare e scegliere chi vogliamo. Anche qui dobbiamo aspettare il giudizio di un legislatore che non rappresenta altro che se stesso. Ma dove sta scritto che debba essere un drappello di ignoranti, scelti da altri ignoranti, non sempre peggio di loro, a dover discettare delle mie scelte di vita?

E ogni giorno più in catene, invece che dimenarci e rifiutare questo giogo, chiediamo ogni volta al legislatore di risolvere qualsiasi problema con una nuova legge che altro non è che o una nuova catena o una riduzione della maglia di una di quelle esistenti. Ed ha un'origine chiarissima nell'assetto del Paese che non ha bisogno di riforma elettorale o Senato non elettivo, ma di una vasta e diffusa opera di disboscamento e di arretramento del legislatore che sta soffocando la società. L'origine è nel vizio fondativo di una Costituzione che ci rende sudditi. Infatti, a ben vedere, la nostra Costituzione, per alcuni la più bella del mondo, non fa alcun accenno alla libertà dell'individuo rispetto allo Stato, anzi ci dice che dobbiamo subordinarci al popolo nell'articolo 1, quello stesso popolo che felicemente ha ad esempio sostenuto Mussolini nell'andare in guerra e all'articolo 2 ci dice che i nostri diritti sono riconosciuti, quindi resi tali da un ente terzo da noi, la Repubblica e soprattutto che abbiamo doveri inderogabili. La Costituzione è l'origine dei nostri mali come ogni parto di ideologie ibride, più un aborto concettuale che un modello. Non è un caso che sia l'esempio estremo di subordinazione della persona ad uno Stato ubiquo e derivi da ideologie tra le più illiberali che la storia dell'uomo abbia partorito.

E mentre l'Italia affonda nella mancanza di libertà ci affidiamo al comandante Schettino di turno, Prodi, Berlusconi, oggi Renzi. Gli chiediamo di risolvere ogni problema e ci facciamo sempre più sudditi. Se la nave affonda, proveremo un altro comandante e incolperemo quello precedente. E lui ci risponderà che voleva fare, ma non ha potuto. La colpa è della legge elettorale, la colpa è delle Camere, lui aveva le idee giuste, lui sapeva cosa fare. Ha fatto il meglio che poteva, proprio come Schettino che ha fatto coricare la nave sugli scogli. Ci sono stati dei morti, è vero, ma potevano essere di più ci verrà detto, come oggi ci si dice che ci sono dei poveri e dei disoccupati, ma potevano essere di più. Ma quando ci sveglieremo? Ma quando si capirà che non c'è futuro se non si rifonda il paese sul mattone della libertà dell'individuo e si smantella un apparato burocratico spaventoso. Un vero nuovo brucerebbe i programmi ministeriali delle scuole e lascerebbe agli insegnanti e alle famiglie di decidere cosa serve. Un vero nuovo annullerebbe la normativa sul lavoro. Un vero nuovo cancellerebbe le sovvenzioni pubbliche ad editoria, industria, sindacati. A tutti, nessuno escluso. Un vero nuovo considererebbe di assegnare allo stato e alla legislazione lo spazio più limitato possibile. Ma il nuovo non c'è, ci son solo nuovi, zelanti servitori della statolatria e dietro di loro, altri che vorrebbero pure dirci che dobbiamo e crescere. Io, non scherzo, ho paura degli uni e degli altri e sto considerando seriamente di scapparmene.
Suprema.Moltheni
00mercoledì 13 agosto 2014 17:46
Non ritengo che questa sia un'epoca totalmente Stato-centrica, inoltre chi ci dice che azzerare quasi completamente l'intervento dello Stato sia la soluzione migliore? L'uomo è un "animale egoista" e quindi tende a sopraffare l'altro, ecco perché auspico l'avvento di uno Stato che, se da una parte concede le libertà fondamentali agli individui, attuando scelte laiche e non secondo "morale", dall'altro sia comunque presente ed intervenga ad eliminare discriminazioni sostanziali di natura economica, sociale ecc. Il problema è a monte, il problema siamo noi italiani, non abbiamo un forte senso della Nazione, dello Stato, allora ci piace affidarci al Messiah di turno: Berlusconi, Grillo, Renzi ecc... L'importante è non scendere in piazza, ma soltanto se la Nazionale vince la Coppa del Mondo, siamo il popolo che si lamenta della crisi ma i soldi per la vacanza o per il cellulare costoso appena uscito, chissà perché ci sono sempre.

Chiudo con un pensiero di Eduardo de Filippo tratto da un film, Ferdinando I Re di Napoli:

"E fino a quando lo potete fare, Maestà? Fino a quando la gente ve lo permette. Ogni popolo, ha il re che si merita, e voi fate bene a fare tutto questo. Continuate! Afforcate! La colpa non è vostra, è nostra Maestà."
Paperino!
00mercoledì 13 agosto 2014 18:07
Per lo più dice cose incontestabili, col tono e la faciltà di chi sta sparando sulla Croce Rossa.
Sul alcuni punti, però, è difficile condividere, quantomeno per l'estremismo che manifesta...
Tralasciando il suo giudizio sulla Costituzione, che parte da una sua logica condivisibile, per sfociare in conclusioni troppo estreme e forzate...ci son anche altri passaggi dove calca la mano e forse usa troppa retorica...
Mi limito a citare un passaggio, tra i tanti:

"Un vero nuovo brucerebbe i programmi ministeriali delle scuole e lascerebbe agli insegnanti e alle famiglie di decidere cosa serve. Un vero nuovo annullerebbe la normativa sul lavoro..."

Io leggo il passaggio...mi figuro nella mente tanti professori e - soprattutto - tantissime famiglie...per carità, ne esistono di persone e famiglie serie e coscienziose...ma questo si è mai fatto un giro per le scuole italiane?
Cosa succederebbe se i programmi fossero DAVVERO affidati a una concertazione locale tra famiglie e insegnanti, senza alcun filtro?
Dovremo assistere all'abolizione dell'ortografia in tutti quegli istituti dove, di fatto, già è mal praticata, col beneplacito delle stesse famiglie (di solito l'ignoranza trae origine proprio dal ceppo familiare...) e di alcuni indecenti professori?
Una base minima, COMUNE, deve essere garantita da programmi ministeriali...i programmi e la scelta delle materie non possono essere lasciati alla discrezionalità e al liberismo più assoluti, perché le disparità di preparazione, e quindi di opportunità sociali, che già oggi sono spaventose, tra zona e zona, diventerebbero incolmabili, e questo NON E' GIUSTO.

E sul lavoro...non è che si parla di riformare questo o quel punto...no, addirittura annullare la normativa sul lavoro...
Capisco il liberismo, ma portarlo alle estreme conseguenze, almeno per i termini che sono usati in questo articolo, a mio giudizio non farebbe altro che sostituire una mancanza di libertà a un'altra.

La denuncia, di fondo, resta ineccepibile.
connormaclaud
00giovedì 14 agosto 2014 08:16
In quel passaggio,se la memoria non m'inganna, ha parafrasato Voltaire ( Voulez-vous avoir de bonnes lois? brûlez les vôtres et faites-en de nouvelles) e, quello che leggo, è più l'introduzione del modello americano, con corsi a scelta, che la concertazione docenti famiglie.
La ratio dietro la provocazione dell'abolizione di filoni normativi parte dal presupposto, almeno credo, che siano talmente compromessi da rendere inadeguato puntellarli e inutile restaurarli.
La Carta poi,se prendiamo l'originale, così come uscita nel '48, possiamo affermare che fosse un gran bel pezzo di Costituzione,ma alla luce delle modifiche e delle normative successive che,in maniera diretta o indiretta, da essa promanano il discorso cambia e,paradossalmente, la Costituzione è stata la vera vittima dell'inadeguatezza del legislatore.

Negli ultimi tempi sempre più studiosi -il che è sorprendente- denunciano i metodi e le tendenze autoritarie delle moderne democrazie occidentali, il che mi fa presupporre che il monito dell'autore dell'articolo altro non sia che la riproposizione di questa teoria che,a ben pensarci, non è poi tanto campata in aria.
L'uomo è un animale egoista,ma continua ad esserlo anche come parte del sistema stato e quest'ultimo, così parlò Zarathustra, non è diverso dagli altri animali, anzi forse è il più famelico di tutti.
Non ricordo però giuristi o politici che abbiano avanzato proposte di rimodulo delle competenze dello stato,in senso restrittivo, e non credo che il patriottismo c'entri molto col discorso, tradizionalmente i paesi più orgogliosi sono i più liberal.
L'Italia ha invece mutuato dal mondo germanico una propensione universalistica, incompleta però e senza vocazione di fondo.

In ogni caso, nessuno è profeta in patria [SM=g2725400] [SM=g2725278]
Suprema.Moltheni
00giovedì 14 agosto 2014 11:05
Re:
connormaclaud, 14/08/2014 08:16:



credo che il patriottismo c'entri molto col discorso, tradizionalmente i paesi più orgogliosi sono i più liberal.
L'Italia ha invece mutuato dal mondo germanico una propensione universalistica, incompleta però e senza vocazione di fondo.

In ogni caso, nessuno è profeta in patria [SM=g2725400] [SM=g2725278]




Il patriottismo c'entra nel momento in cui ci si lamenta della classe dirigente dello Stato, facendo riferimento al "nuovo che avanza" quando in realtà non è così, se eleggiamo sempre personaggi che curano solo i propri interessi e non quelli della collettività, ne siamo noi i responsabili. Comunque il liberismo marcato, come è avvenuto negli USA, non è stata una buona soluzione. [SM=g2725341]
trixam
00giovedì 14 agosto 2014 13:17
Tutte cose che noi "teppisti del liberismo"(cit) diciamo da sempre. Francamente ci siamo anche rotti di dirle. Le idee liberali che sono alla base dei grandi paesi, anche di quelli dove l'intervento dello stato è più incisivo come in scandinavia, in Italia sono condivise approssimativamente dall''1% dell'elettorato.
Il restante 99% è a favore di un partito unico, organizzato in correnti diverse che fanno il gioco delle parti in quella che un grande autore oggi dimenticato, KArl Marx, chiamava la sovrastruttura; finalizzato ad un'organizzazione sociale di tipo collettivisto e socialfascista contraddistinta da tutti i caratteri tipici di questi
sistemi: cultura estrattiva basata sulla rapina reciproca, odio per i diritti di proprietà, l'abuso sistematico della legge in chiave di sopraffazione, l'azzardo morale ed elite parassitarie che prosperano.

Stante questi numeri la possibilità di ribaltare la situazione per via culturale o peggio ancora politica è impossibile, non a caso i pochi che sono rimasti al fronte sperano nell'arrivo del buon dittatore sotto forma della Troika, evento che al 50% avverrà nei prossimi 6/12 mesi, dimenticando che il buon dittatore non esiste e che questo evento rappresenterà una sconfitta anche per i liberali.

Ognuno deve decidere a livello individuale cosa fare per salvare sé stesso, sapendo che non si può convivere con un sistema del genere e sperare di rimanerne estranei.

Per chi volesse farsi una meditazione estiva oltre ad alcune opere classiche come "La società libera" e "Legge, legislazione e libertà" di Hayek, "La libertà e la legge" di Bruno Leoni -tre libri che vi daranno una prospettiva molto diversa rispetto a quella che in genere viene fornita all'esame di filosofia del diritto- "Democrazia in deficit" di Buchanan e "Capitalismo e Libertà" di Friedman, dove si tratta del problema della libertà di apprendimento che fa paura a Paperino; ricordo che è stato tradotto in italiano il recente e fondamentale saggio di Acemoglu e Robinson "Perché le nazioni falliscono" che sviluppa una teoria della povertà e della
ricchezza in grado di spiegare perfettamente perché l'italia sta andando dritto contro un muro alla velocità della luce.
Un libro che ogni studente/laureando/laureato dovrebbe leggere.
connormaclaud
00giovedì 14 agosto 2014 18:46
Re: Re:
Suprema.Moltheni, 14/08/2014 11:05:




Il patriottismo c'entra nel momento in cui ci si lamenta della classe dirigente dello Stato, facendo riferimento al "nuovo che avanza" quando in realtà non è così, se eleggiamo sempre personaggi che curano solo i propri interessi e non quelli della collettività, ne siamo noi i responsabili. Comunque il liberismo marcato, come è avvenuto negli USA, non è stata una buona soluzione. [SM=g2725341]




L'amor di Patria è un concetto molto importante,ma allo stesso tempo indefinito e forse indefinibile; troppo alto per abbassarlo al provincialismo e troppo aleatorio in una Nazione che dalla sua nascita l'ha conosciuto in ben poche occasioni.
La classe dirigente è solo espressione dei limiti della base, c'è da chiedersi se questa riesca non a promuovere, ma quantomeno ad accettare il "nuovo che avanza" non limitandosi al caporalismo intellettuale e su questo ho sempre più dubbi.
La questione USA è problematica e a ben vedere il Paese segue sempre più le tendenze europee nel rapporto stato cittadino, ma tradizionalmente e proporzionalmente al territorio e alla popolazione, laddove si è smarcato dall'ultra puritanesimo, ha sbagliato ben poco.
(pollastro)
00sabato 16 agosto 2014 18:17
Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Che rispondo a fare, da liberale NON iperliberista? Poi ogni popolo ha le istituzioni (e costruisce la società) che è capace di darsi.
Liberamente, ma non iperiberisticamente, vi auguro buona continuazione di riposo estivo [SM=g2725292]
iudicium
00domenica 17 agosto 2014 13:51
Re:
(pollastro), 16/08/2014 18:17:

Dal professore Prisco, che mi prega di postare

Che rispondo a fare, da liberale NON iperliberista? Poi ogni popolo ha le istituzioni (e costruisce la società) che è capace di darsi.
Liberamente, ma non iperiberisticamente, vi auguro buona continuazione di riposo estivo [SM=g2725292]



La regola della maggioranza non è garanzia di libertà, paradossalmente si può essere prigionieri della maggioranza.
Ogni popolo ha le istituzioni che vengono inculcate dalle istituzioni stesse, anche i popoli oppressi possono essere convinti di esseri liberi.
federiciano
00domenica 17 agosto 2014 14:21
Re: di Luca Solari
connormaclaud, 13/08/2014 15:19:

Cosa ne pensate?

www.huffingtonpost.it/luca-solari/non-siamo-liberi_b_5655331.html?utm_hp_r...

Sulla sfondo dell'aspra battaglia politica che riguarda la riforma elettorale e la riforma del Senato sta il vero nodo dell'incapacità dell'Italia di riprendere a crescere: la paralisi della società come conseguenza dell'ipertrofia legislativa e della delega costante alla politica.

Purtroppo, anche forze politiche che per un certo lasso storico si erano fate fautrici di una riduzione del peso del centro decisionale e legislativo come la Lega si sono rapidamente adattate all'italica idea che ad ogni problema debba corrispondere una legge o un decreto ed in ogni caso un'azione dell'esecutivo. Anzi, hanno cercato di costruire a livello locale uno Stato ancora più oppressivo e invasivo. Ancor più non mi rinfranca constatare che l'idea di regolare la società a partire dalla sua rappresentanza politica sia fatta propria anche dal Movimento 5 Stelle. Anzi, mi spavento quando leggo tra le righe l'ambizione utopica a far decidere tutto dalla maggioranza con una sorta di continuo referendum. Ho accarezzato per lo spazio di un istante la speranza che il rinnovamento dei nomi potesse portare ad una ritirata della politica dai palcoscenici, ma sono drammaticamente smentito dalla moltiplicazione olografica dei nuovi, onorevoli, ministri, portavoce e Presidente del Consiglio.

Ma ora sono stufo, profondamente stufo di un carosello di media, approfondimenti, interviste e auspici che concorrono a portarci dentro il profondo del baratro senza mai dire chiaramente che l'origine di tutto sta in quello contro il quale Bruno Leoni e von Hayek con preveggenza ci avevano indicato: la statolatria, la crescita ipertrofica e incontrollata di uno spaventoso Krakken dai mille tentacoli. Questa crescita si accompagna all'ipertrofia della macchina pubblica e burocratica che si associa invariabilmente ad ogni nuova regola, ad ogni articolo, comma, financo riga di una produzione sconfinata. Lo Stato è ovunque, ci spia in ogni momento della nostra vita e la subordina ad una schiera di zelanti burocrati, tronfi del loro potere, spesso privo di alcun ancoraggio ad un minimo di competenza.

Dove è la libertà in questo paese? In cosa possiamo dirci liberi? Non nell'educazione che è rigidamente normata da programmi ministeriali la cui valenza pedagogica ed educativa nel mondo attuale è ai più incomprensibile. E dove non arrivano i programmi, arriva l'ineluttabilità dei diritti acquisiti che fanno sì che se ci servono insegnanti di inglese e forse domani di cinese, ma abbiamo assunto quelli di francese, il nostro progetto educativo sarà quello di farli comunque lavorare. E guai a dirlo che già mi aspetto spataffiate inconcludenti condite di invettive contro la modernità, rimpianti della classicità andata, elegie della diversità delle lingue ecc. Non siamo liberi nel lavoro che è normato in ogni sua caratteristica, certo in parte dandoci garanzie, ma a quale prezzo? Al prezzo dell'occupazione e della speranza dei nostri figli. Al prezzo di una rigidità spaventosa dei modelli di organizzazione del lavoro. Al prezzo del fatto che certi lavori diventano la nostra tomba perché da lì non ti schiodi più, anche se ti fa schifo, perché chi lo rischia un posto sicuro? Non siamo liberi come consumatori perché taglieggiati da uno Stato che impone un'IVA al 22% e dalla lobby del commercio che opera peggio dei peggiori trust per impedire la vera concorrenza, con il pietismo sventolato dei valori e della piccola impresa. Non siamo liberi come cittadini perché subordinati a delle politiche fiscali peggiori del peggiore incubo non di Kafka ma addirittura di Lovecraft. Politiche fiscali che anticipano sugli anticipi di quello che dobbiamo e oltrepassano il muro del suono dell'assurdo con anticipi superiori al 100% di quanto ipoteticamente dovuto. E alimentano l'ipertrofia e la discrezionalità di un esercito di esattori, cupe figure più simili a monatti, ma che dentro sé si sentono schiere di angeli della legalità. E ci dicono che è bello pagare le tasse, ma che soprattutto se lo dicono loro noi dobbiamo stare zitti. Non siamo liberi davanti alla legge, perché la legge è incerta, amministrata con discrezionalità da moderni tribuni pervasi dal sacro fuoco della legalità. Non siamo liberi di procreare o non procreare e nemmeno di amare e scegliere chi vogliamo. Anche qui dobbiamo aspettare il giudizio di un legislatore che non rappresenta altro che se stesso. Ma dove sta scritto che debba essere un drappello di ignoranti, scelti da altri ignoranti, non sempre peggio di loro, a dover discettare delle mie scelte di vita?

E ogni giorno più in catene, invece che dimenarci e rifiutare questo giogo, chiediamo ogni volta al legislatore di risolvere qualsiasi problema con una nuova legge che altro non è che o una nuova catena o una riduzione della maglia di una di quelle esistenti. Ed ha un'origine chiarissima nell'assetto del Paese che non ha bisogno di riforma elettorale o Senato non elettivo, ma di una vasta e diffusa opera di disboscamento e di arretramento del legislatore che sta soffocando la società. L'origine è nel vizio fondativo di una Costituzione che ci rende sudditi. Infatti, a ben vedere, la nostra Costituzione, per alcuni la più bella del mondo, non fa alcun accenno alla libertà dell'individuo rispetto allo Stato, anzi ci dice che dobbiamo subordinarci al popolo nell'articolo 1, quello stesso popolo che felicemente ha ad esempio sostenuto Mussolini nell'andare in guerra e all'articolo 2 ci dice che i nostri diritti sono riconosciuti, quindi resi tali da un ente terzo da noi, la Repubblica e soprattutto che abbiamo doveri inderogabili. La Costituzione è l'origine dei nostri mali come ogni parto di ideologie ibride, più un aborto concettuale che un modello. Non è un caso che sia l'esempio estremo di subordinazione della persona ad uno Stato ubiquo e derivi da ideologie tra le più illiberali che la storia dell'uomo abbia partorito.

E mentre l'Italia affonda nella mancanza di libertà ci affidiamo al comandante Schettino di turno, Prodi, Berlusconi, oggi Renzi. Gli chiediamo di risolvere ogni problema e ci facciamo sempre più sudditi. Se la nave affonda, proveremo un altro comandante e incolperemo quello precedente. E lui ci risponderà che voleva fare, ma non ha potuto. La colpa è della legge elettorale, la colpa è delle Camere, lui aveva le idee giuste, lui sapeva cosa fare. Ha fatto il meglio che poteva, proprio come Schettino che ha fatto coricare la nave sugli scogli. Ci sono stati dei morti, è vero, ma potevano essere di più ci verrà detto, come oggi ci si dice che ci sono dei poveri e dei disoccupati, ma potevano essere di più. Ma quando ci sveglieremo? Ma quando si capirà che non c'è futuro se non si rifonda il paese sul mattone della libertà dell'individuo e si smantella un apparato burocratico spaventoso. Un vero nuovo brucerebbe i programmi ministeriali delle scuole e lascerebbe agli insegnanti e alle famiglie di decidere cosa serve. Un vero nuovo annullerebbe la normativa sul lavoro. Un vero nuovo cancellerebbe le sovvenzioni pubbliche ad editoria, industria, sindacati. A tutti, nessuno escluso. Un vero nuovo considererebbe di assegnare allo stato e alla legislazione lo spazio più limitato possibile. Ma il nuovo non c'è, ci son solo nuovi, zelanti servitori della statolatria e dietro di loro, altri che vorrebbero pure dirci che dobbiamo e crescere. Io, non scherzo, ho paura degli uni e degli altri e sto considerando seriamente di scapparmene.




Bisognerebbe fare tabula rasa e riscrivere le regole di una civile convivenza. Ma sfido chiunque a riscrivere una Costituzione migliore di quella scritta dai nostri Padri. Il problema è che ognuno l'interpetra secondo le proprie esigenze e secondo le proprie convenienze (di parte). L'Italia ha bisogno di legislatori di qualità e non di sfornare leggi. Poche leggi ma efficaci ed efficienti.
iudicium
00domenica 17 agosto 2014 14:51
Re:
trixam, 14/08/2014 13:17:

Tutte cose che noi "teppisti del liberismo"(cit) diciamo da sempre. Francamente ci siamo anche rotti di dirle. Le idee liberali che sono alla base dei grandi paesi, anche di quelli dove l'intervento dello stato è più incisivo come in scandinavia, in Italia sono condivise approssimativamente dall''1% dell'elettorato.
Il restante 99% è a favore di un partito unico, organizzato in correnti diverse che fanno il gioco delle parti in quella che un grande autore oggi dimenticato, KArl Marx, chiamava la sovrastruttura; finalizzato ad un'organizzazione sociale di tipo collettivisto e socialfascista contraddistinta da tutti i caratteri tipici di questi
sistemi: cultura estrattiva basata sulla rapina reciproca, odio per i diritti di proprietà, l'abuso sistematico della legge in chiave di sopraffazione, l'azzardo morale ed elite parassitarie che prosperano.

Stante questi numeri la possibilità di ribaltare la situazione per via culturale o peggio ancora politica è impossibile, non a caso i pochi che sono rimasti al fronte sperano nell'arrivo del buon dittatore sotto forma della Troika, evento che al 50% avverrà nei prossimi 6/12 mesi, dimenticando che il buon dittatore non esiste e che questo evento rappresenterà una sconfitta anche per i liberali.

Ognuno deve decidere a livello individuale cosa fare per salvare sé stesso, sapendo che non si può convivere con un sistema del genere e sperare di rimanerne estranei.

Per chi volesse farsi una meditazione estiva oltre ad alcune opere classiche come "La società libera" e "Legge, legislazione e libertà" di Hayek, "La libertà e la legge" di Bruno Leoni -tre libri che vi daranno una prospettiva molto diversa rispetto a quella che in genere viene fornita all'esame di filosofia del diritto- "Democrazia in deficit" di Buchanan e "Capitalismo e Libertà" di Friedman, dove si tratta del problema della libertà di apprendimento che fa paura a Paperino; ricordo che è stato tradotto in italiano il recente e fondamentale saggio di Acemoglu e Robinson "Perché le nazioni falliscono" che sviluppa una teoria della povertà e della
ricchezza in grado di spiegare perfettamente perché l'italia sta andando dritto contro un muro alla velocità della luce.
Un libro che ogni studente/laureando/laureato dovrebbe leggere.




Non è necessario leggere qualche testo per capire perché e dove l'Italia è andata a finire. Purtroppo chi ci governa fa finta di non vedere, ma la cosa peggiore e che tutti noi facciamo finta di non vedere (non a caso il Prof. Prisco commenta: i popoli hanno le istituzioni che si meritano).
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:58.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com