NAZIM HIKMET... il meglio di...

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kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:48
come già annunciato...

ecco Hikmet!

le poesie forse sono un pò troppe, ma è già una selezione delle più belle e più famose!!


Sperando che non si dica più che qui si parla solo di politica!


un bacio a tutti!
kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:50
NAZIM HIKMET nasce a Salonicco, territorio turco fino al 1912, da una famiglia aristocratica. A 18 anni, interrompe gli studi per passare in Anatolia dove si combatteva la guerra di liberazione guidata dal nazionalista Mustafà Kemal (il futuro Ataturk) ...
(“lì scoprii il mio popolo e le sue lotte. Lottava con i suoi cavalli magri, con le sue armi preistoriche, in mezzo alla sua fame e alle sue cimici, contro l'esercito greco sostenuto dagli inglesi e dai francesi. Ero tutto stupito...”, N.Hikmet, Lettera da Stoccolma).
In seguito scopre i testi di Marx e la rivoluzione sovietica, abbandona il partito kemalista, e decide di trasferirsi a Mosca...
(“fui mille volte più stupito, sentii un'ammirazione mille volte più forte perchè avevo scoperto una carestia cento volte più terribile, e delle cimici cento volte più feroci, e una lotta contro tutto un mondo cento volte più potente, e una immensa speranza”, N.Hikmet, Lettera da Stoccolma).
Quando, clandestinamente, rientra in Turchia, la sua posizione politica non piace affatto al governo, anticomunista, tanto che, dopo varie altre condanne e detenzioni (con accuse di propaganda comunista e di complotto contro il governo), viene processato e condannato a 28 anni di carcere. Ne sconta 12. Rimane per qualche mese a Istanbul, strettamente controllato dalla polizia. Decide allora di espatriare di nuovo in Unione Sovietica, anche se la moglie amatissima, Munnevèr, che aspetta il suo bambino, non avrebbe potuto seguirlo. Muore di lì a poco.





...rimase così, col viso scoperto e col suo abito migliore, secondo la costumanza russa, fino a che non fu calato nella fossa. Il suo unico figlio Mehmet arrivò da Varsavia per vederlo, insieme alla madre Munnevèr. Mehmet, nei suoi dodici anni di vita, aveva visto pochissimo questo padre favoloso. Quando lo vide, disteso nella bara, ebbe una grande scossa e si sentì male. Tirò il braccio della madre e si lamentò che gli girava la testa e che stava per vomitare. La madre lo afferrò per la spalla e gli disse che non poteva né vomitare né cadere né andarsene; e nemmeno fare smorfie.
Quasi quarant'anni prima, Hikmet aveva montato la guardia accanto al volto scoperto di Lenin dentro la bara disadorna, immobile e turbatissimo come Mehmet. Lenin era stato per lui il padre grande e favoloso, assai più reale del pascià dal quale era nato.
Hikmet era un un uomo bello e amabile, che si muoveva con grazia e vivacità, e parlava con gli altri nel modopiù estroso e diretto. Era un grande poeta e un combattente assai voloroso, e piaceva alle donne. Ma questo eccesso di doti aveva come correttivo un ingualcibile candore, una capacità di fiducia, di meraviglia e di rispetto verso l'umanità e verso le cose.
Era appassionatamente legato alla sua terra turca, non meno per sua scelta che per destino. La mescolanza di culture e di esperienze ne avevano fatto un essere ricco ed originale, levigato dalle discipline ma sdegnoso di servire. Non si piegava ai compromessi, nemmeno a quelli che in generale, con sottile opportunismo definiamo necessari. Questo prigioniero minacciato per anni di impiccagione, questo poeta che non ha mai trovato editore nel suo paese, ha vissuto come un uomo libero, padrone sempre di se stesso e della sua condizione consapevolmente affrontata.

Joyce Lussu

[Modificato da kykketta 30/03/2006 17.50]

kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:51
 
Rubai

E' l'alba. S'illumina il mondo
come l'acqua che lascia cadere sul fondo
le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
tu, mio amore, nel chiarore infinito
di fronte a me.

Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
come vetro. Addentare la polpa candida e sana
d'un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
all'aspirare l'aria in un bosco di pini.

Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi.

E' così, mio usignolo, tra te e me
c'è solo una differenza di grado:
tu hai le ali e non puoi volare
io ho le mani e non posso pensare.

Finito, dirà un giorno madre Natura
finito di ridere e di piangere
e sarà ancora la vita immensa
che non vede non parla non pensa.
kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:53
Amo in te

Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

amo in te l'impossibile
ma non la disperazione.


In questa notte d’autunno

In questa notte d’autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.


kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:54
L’addio

L’uomo dice alla donna
t’amo
e come:
come se stringessi tra le palme
il mio cuore, simile a scheggia di vetro
che m’insanguina i diti
quando lo spezzo
follemente.

L’uomo dice alla donna
t’amo
e come:
con la profondità dei chilometri
con l’immensità dei chilometri
cento per cento
mille per cento
cento volte l’infinitamente cento.

La donna dice all’uomo
ho guardato

con le mie labbra
con la mia testa col mio cuore
con amore con terrore, curvandomi
sulle tue labbra
sul tuo cuore
sulla tua testa.
E quello che dico adesso
l’ho imparato da te
come un mormorio nelle tenebre
e oggi so
che la terra
come una madre
dal viso di sole
allatta la sua creatura più bella.
Ma che fare?
I miei capelli sono impigliati ai diti di ciò che muore
non posso strapparne la testa
devi partire
guardando gli occhi del nuovo nato
devi abbandonarmi.

La donna ha taciuto
si sono baciati
un libro è caduto sul pavimento
una finestra si è chiusa.

È così che si sono lasciati.


kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:55
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro

[Modificato da kykketta 30/03/2006 18.02]

[Modificato da kykketta 30/03/2006 21.52]

kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:55
Anche questa mattina

Anche questa mattina mi sono svegliato
e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
si son buttati addosso a me alla rinfusa
la luce d’argento annerito della lampada

mi si é buttato addosso anche un biglietto di tram
e il giallo della parete e tre righe di scritto
e la camera d’albergo e questo paese nemico
la metà del sogno caduta da questo lato s’è spenta

mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
la nostra separazione e quello che siamo

mi sono svegliato anche questa mattina
e ti amo.

kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:57
Foglie morte

Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno, una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso
veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali dei viali d'ippocastani.


Il più bello dei mari

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.


kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:58
Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me

Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me
e mi chiude la gola
Senza nessuna ragione sobbalzo ad un tratto
lasciando a mezzo lo scritto
senza nessuna ragione nella hall di un albergo
sogno in piedi
senza nessuna ragione l'albero sul marciapiede
mi batte in fronte

senza nessuna ragione un lupo urla alla luna
iroso infelice affamato
senza nessuna ragione le stelle scendono a dondolarsi
sull'altalena del giardino
senza nessuna ragione vedo come sarò nella tomba
senza nessuna ragione nebbia e sole nella mia testa
senza nessuna ragione mi attacco al giorno che inizia
come se non dovesse finire mai più
e ogni volta sei tu
che sali dalle acque.
kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 17:59
A Mehmet

Da una parte gli aguzzini ci separano come un muro.
Dall'altra questo cuore sciagurato mi ha fatto un brutto scherzo,
mio piccolo,
mio Mehmet,
forse il destino m'impedirà di rivederti.
Sarai un ragazzo, lo so,
simile alla spiga di grano:
biondo, snello, alto di statura.
Ero così quand'ero giovane.
I tuoi occhi saranno vasti come quelli di tua madre,
con dentro talvolta uno strascico amaro di tristezza.
Avrai una bella voce,
la mia era atroce.
La tua fronte sarà chiara.
Le canzoni che canterai spezzeranno i cuori.
Sarai un conversatore brillante.
In questo ero maestro anch'io,
quando la gente non m'irritava i nervi.
Dalle tue labbra colerà il miele.
Ah Mehmet,
quanti cuori spezzerai!
Non dare pena a tua madre.
Tua madre, forte e dolce come la seta,
sarà bella anche all'età delle nonne,
come il primo giorno che la vidi.
Aveva 17 anni,
sulle rive del Bosforo.
Era il chiaro di luna,
era il chiaro del giorno,
era simile a una susina dorata.
Tua madre un giorno, come al solito, ci siamo lasciati:
a stasera!
Era per non rivederci mai più.
Tua madre nella sua bontà
la più saggia delle madri.
Non ho paura di morire, figlio mio.
Eppure malgrado tutto
a volte trasalisco di colpo.
Contare i giorni difficile.
Non ci si può saziare della vita, Mehmet,
non ci si può saziare.
Non vivere a questo mondo come un inquilino.
Vivi su questa terra come se fosse la casa di tuo padre.
La nostra terra, la Turchia,
un bel paese tra gli altri paesi,
e i suoi uomini,
quelli di buona lega,
sono lavoratori pensosi e coraggiosi
e atrocemente miserabili.
Tu, il futuro,
lo vedrai coi tuoi occhi,
lo toccherai con le tue mani.
Io forse morirò lontano dalla mia lingua,
dalle mie canzoni,
dal mio sale ,dal mio pane,
sentendo la nostalgia di tua madre e di te.
Mehmet, piccolo mio,
me ne vado. Sono calmo.
La vita che si disperde in me si ritroverà in te,
per lungo tempo.
angel in the sky
00giovedì 30 marzo 2006 20:51
meravigliose! [SM=g27836]

mi piace tantissimo "il più bello dei mari"

LOLLY82
00giovedì 30 marzo 2006 21:45
Re:

Scritto da: kykketta 30/03/2006 17.57
Il più bello dei mari

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.







che ricoooordi [SM=x43607]
mitrokin1979
00giovedì 30 marzo 2006 21:46
...davvero belle...

alcune m'han fatto venire i brividi
kykketta
00giovedì 30 marzo 2006 21:54
quella dedicata a suo figlio mehmet, la prima volta che l'ho letta, mi ha fatto venire un magone...

è troppo un grande Nazim!
kispera
00giovedì 30 marzo 2006 21:57
molto belle le sue poesie [SM=x43601]
cariche d'intensità e di forte emozionalità
kykketta
00venerdì 31 marzo 2006 09:48
Re:





dai, mettiamola sotto il punto di vista che qui ce ne sono anche delle altre...

che ci posso fare se è il mio poeta preferito?
probabilmente siamo in due...

[SM=x43610]
Ike84
00venerdì 31 marzo 2006 09:54

Scritto da: kykketta 31/03/2006 9.48



dai, mettiamola sotto il punto di vista che qui ce ne sono anche delle altre...

che ci posso fare se è il mio poeta preferito?
probabilmente siamo in due...

[SM=x43610]


[SM=g27811]
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