Montezemolo e dintorni si muovono per una nuova discesa salvifica in campo

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giusperito
00lunedì 11 aprile 2011 14:38
corriere.it
Lasciati solo su Mirafiori e Pomigliano»
L'accusa di Marchionne: «C'è mancanza di coesione»

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Marcegaglia: «Governo assente, imprenditori lasciati soli» (10 aprile 2011)


L'Ad Fiat Sergio Marchionne (Ansa) MILANO - Nel solco tracciato da Emma Marcegaglia, anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne si scaglia contro il governo: «Nella battaglia per Mirafiori e Pomigliano siamo stati lasciati soli». Il manager è intervenuto a Balocco (Vercelli), alla presentazione della nuova jeep. Ed ha risposto a chi gli domandava un commento alle parole della leader di Confindustria, che domenica in un messaggio video ha denunciato l'assenza di politiche imprenditoriali concrete da parte dell'esecutivo: «Non so neanche come rispondere - ha aggiunto Marchionne - le difficoltà che stiamo incontrando alla Fiat riflettono una mancanza di coesione. La battaglia per Mirafiori e Pomigliano parla chiaro: ci hanno lasciati soli».
L'ANNUNCIO - Marchionne ha anche annunciato l'inevitabile avanzata nel capitale Chrysler: «A giorni saliremo al 30%. È questione di giorni, mancano solo pochi dettagli, non dipende da noi potremo chiederlo anche domani». Mentre per raggiungere il 51% del gruppo Usa, Marchionne ha detto: «Non so se ce la farò quest'anno, l'intenzione c'è. Dipende se riusciremo a rifinanziare il debito con il governo». Un annuncio che ha avuto immediate ripercussioni in Borsa, con la Fiat che è così risalita dai minimi toccati nei giorni scorsi. Il titolo, in difficoltà con tutto il comparto dopo i decisi cali alla borsa di Tokyo a causa dei ritardi nella ripresa delle produzione dopo il sisma e del giudizio sell emesso da Citigroup su Toyota, rimane venduto e perde l'1,06% a 6,53 euro per azione, in parziale recupero dai minimi, quando aveva sfiorato una perdita dell'1,4%. Marchionne ha anche confermato che il marchio Alfa Romeo sbarcherà negli Usa nel 2012, smentendo così indiscrezioni che volevano uno slittamento di un anno.

LA BERTONE - Marchionne ha poi ricordato che per raggiungere un'intesa sulla ex Bertone «ci sono pochi giorni» o salta tutto. «Non possiamo creare due stati nella Fiat. Bisogna trovare un accordo». Per l'ad non sono prevedibili margini di compromesso e a suo parere non c'è alcuna situazione di impasse: «Fiat è stata di una chiarezza incredibile. Abbiamo un contratto che è stato votato dalla maggioranza e approvato dalla maggioranza dei dipendenti». «I piani alternativi - ha proseguito Marchionne - ci sono, li abbiamo sia in Italia sia altrove. Preferirei fare la vettura in Italia, sono ottimista sul fatto che la vettura si possa fare nel nostro Paese». Sull'amministrazione straordinaria l'ad ha concluso dicendo: «Non ho altre idee per il momento». Quanto alla Fiom si è limitato a dire: «Lascio giudicare ai dipendenti della ex Bertone. Sarebbe un vero peccato per loro. Ognuno è libero di fare le proprie scelte».

LA CORREZIONE DI ROTTA - In tarda mattinata, Marchionne ha poi corretto il tiro: «Il governo ha fatto quello che poteva. Il ministro Sacconi ha fatto il massimo in quelle condizioni, ha cercato di inquadrare il discorso nel modo giusto. Quindi in questo senso non siamo stati soli». E anche i sindacati non sono stati completamente contrari: «C'è stata una parte del sindacato - ha spiegato - che ovviamente ci ha appoggiato. Bonanni, Angeletti e altri hanno capito l'importanza della nostra mossa e ci sono stati vicini. È il sistema che continua a costringere la Fiat a difendersi per il suo piano di investimenti nel Paese. Lo trovo assolutamente ridicolo e strano, non mi è mai successo niente del genere nella vita, in questo senso siamo soli, spero che non succeda con altri investitori stranieri che vengono in Italia, cerchiamo piuttosto di incoraggiarli anziché maltrattarli».
giusperito
00lunedì 11 aprile 2011 14:41
«Mai come in questo momento gli imprenditori si sentono soli. In un Paese che stenta sempre di più a crescere mentre l'Europa si divide sempre di più sul rigore, fra pochi Paesi forti e molti a rischio». Sono le parole con cui Emma Marcegaglia ha aperto il suo video messaggio che presenta l'assise generale in programma a Bergamo il 7 maggio della Confindustria, pubblicato sul sito dell'associazione.
L'ASSISE - «L'assise - dice il presidente - chiama ogni singolo imprenditore e ogni associazione della nostra confederazione a dire la sua e esprimersi direttamente su quelle che considera le vere priorità da porre al centro dell'agenda nazionale e della nostra stessa Confindustria. È un grande momento di mobilitazione, è un'iniziativa che si terrà con modalità organizzative studiate apposta per consentire a tutti voi di esprimervi con grande chiarezza e libertà su tutti maggiori impegni, i temi dell'impresa, delle relazioni industriali, della produttività della scuola del , welfare, delle infrastrutture, del fisco, del mezzogiorno, di ricerca e innovazione».

«PAESE DIVISO» - «L'Italia di oggi è un Paese diviso- ha proseguito- e dal mondo delle imprese deve venire un esempio per tutti. Dobbiamo far capire che si può convergere su poche scelte, condivise». E ha concluso «Il caldo invito che vi rivolgo è che partecipiate tutti. È una grande occasione per decidere l'Italia che vogliamo. Uniamo esperienze, passioni, voci e intelligenze. Non è il momento di scaricare sugli altri le colpe».
.pisicchio.
00lunedì 11 aprile 2011 15:55
che bella cosa...
finalmente il salotto buono, l'italia pulita dei giovani (classe 1947)...
quella del made in Italy...
come sono felice...
giusperito
00lunedì 11 aprile 2011 16:12
Ma questi non sono parvenu...
.pisicchio.
00lunedì 11 aprile 2011 16:31
Re:
giusperito, 4/11/2011 4:12 PM:

Ma questi non sono parvenu...




Appunto. Preferisco i parvenu.

La mia invidia si ferma alle tante cifre sulla camicia (G.G.d.G., per esempio)
ObbligazioneNaturale
00lunedì 11 aprile 2011 22:52
Re: Re:
.pisicchio., 11/04/2011 16:31:




Appunto. Preferisco i parvenu.

La mia invidia si ferma alle tante cifre sulla camicia (G.G.d.G., per esempio)


Ci arriveremo pure noi, fai il bravo.
Divertente notare i vari signori arrabattarsi a cavalcare il rigurgito antiberlusconiano immemori di quanto essi stessi abbiano foraggiato il conflitto sociale per anni.
La Marcegaglia arroccata su un presunto moral high ground non si puo' sentire, qualcuno le ricordi dei suoi operai (quelli che si ammalano di cancro nelle sue acciaierie per intenderci)



P.S. Pisellabile la Chiara Geronzi, la vedevo mesta annunciare le dimissioni del papà dallo studio del TG5 (o forse era l'altra biondona strafiga).
.pisicchio.
00martedì 12 aprile 2011 10:23
Re: Re: Re:
ObbligazioneNaturale, 4/11/2011 10:52 PM:


Ci arriveremo pure noi, fai il bravo.
Divertente notare i vari signori arrabattarsi a cavalcare il rigurgito antiberlusconiano immemori di quanto essi stessi abbiano foraggiato il conflitto sociale per anni.
La Marcegaglia arroccata su un presunto moral high ground non si puo' sentire, qualcuno le ricordi dei suoi operai (quelli che si ammalano di cancro nelle sue acciaierie per intenderci)



P.S. Pisellabile la Chiara Geronzi, la vedevo mesta annunciare le dimissioni del papà dallo studio del TG5 (o forse era l'altra biondona strafiga).



Ha due figlie e sono entrambe carine (e sposate). Quella del TG5 poi è molto raffinata. Immagino l'abbia mandata in qualche scuola superesclusiva...
trixam
00martedì 12 aprile 2011 17:49
Re: Re: Re: Re:
.pisicchio., 12/04/2011 10.23:



Ha due figlie e sono entrambe carine (e sposate). Quella del TG5 poi è molto raffinata. Immagino l'abbia mandata in qualche scuola superesclusiva...




Sul carina ci sto, ma sul raffinata no dai.
C'ha quella ridondanza di accento romanesco di fondo da principessa di borgata.
.pisicchio.
00martedì 12 aprile 2011 21:38
Re: Re: Re: Re: Re:
trixam, 12/04/2011 17.49:




Sul carina ci sto, ma sul raffinata no dai.
C'ha quella ridondanza di accento romanesco di fondo da principessa di borgata.



E chi l'ha mai ascoltata... Io metto I'll mute ... Mi riferivo all'aspetto...

E comunque anche la Parodi ha l'accento di Bergamo...
trixam
00martedì 12 aprile 2011 22:17
Re: Re: Re: Re: Re: Re:
.pisicchio., 12/04/2011 21.38:



E chi l'ha mai ascoltata... Io metto I'll mute ... Mi riferivo all'aspetto...

E comunque anche la Parodi ha l'accento di Bergamo...




Ma infatti io non ho niente contro gli accenti, anzi quello romanesco mi attizza.
Solo che esclude la raffinatezza.
(pollastro)
00giovedì 14 aprile 2011 19:26
Dal professor Prisco, che mi prega di postare

Non ho visto i servizi televisivi, quindi non conosco ahimé l' accento o la cadenza di Chiara Geronzi, né perciò se sia "pisellabile" (carino, l'aggettivo, lo userò...è più raffinato che dire la cosa nuda e cruda, ma il concetto è lo stesso...).
Quanto a Monti (inteso come il professor Mario...) o a Monty (inteso come Luca, oh yeah!) e simili altri Draghi (:-)...) pseudosalvifici, srà anche vero - per dirla col vecchio Brecht del Galileo che è "Sventurata la terra che ha bisogno di eroi!" - ma con l'opposizione che ci ritroviamo, due sono le cose: o resuscitiamo Gassman (tanto, come armata Brancaleone siamo lì), o - per liberarci di Berlusconi &C. - ci toccherà provare pure questi... Come ho più volte scritto qui, il mio antiberlusconismo non è teologico, ma ragionato ed "estetico". Quello che si sta facendo alle Camere è esemplificativo di quanto intendo: almeno - se fossero davvero liberali, come (falsamente) assumono - si potrebbe discutere nel merito. Invece, con i numeri parlamentari che hanno (e benché siano spaccati anche loro, come lo è il centrosinistra), potrebbero anche mettere in discussione la riforma costituzionale della giustizia (non in tutto dispezzabile, a mio parere). E invece, sotto con l'ennesima microlegge personale e con le dichiarazioni di Tremonti ("Ci vorrebbe ancora l'Iri"). Insomma: davvero non se ne puo più. E anche il caso Ruby e dintorni: vabbé, chissà se ci sono reati o se i p.m. riusciranno a provarli, ma insomma... un pizzico di stile e di riservatezza in più no, eh?! Come rimpiango Andreotti, quando citava l'antica sapienza della Chiesa: Nisi caste, tamen caute
trixam
00giovedì 14 aprile 2011 20:21
Caro professore sono radicalmente in dissenso con questo suo intervento che mi lascia a dir poco perplesso.
La sua mi sembra una resa all'idea che il berlusonismo sia imbattibile, che l'Italia vi sia condannata per qualche ragione divina e che, se così stanno le cose, tanto vale affidarsi a quello che passa il covento.
Ma la politica? Quella vera intendo, che negli ultimi venti anni è sparita dal nostro paese, dove la mettiamo? Dobbiamo rassegnarci al fatto di essere l'unico grande paese europeo dove la Politica non esiste più?

Ma lei riesce ad immaginare, non so, che il partito socialista francese, che è più patetico del Pd e da dieci anni vive in uno stato comatoso, per uscire dalla crisi candidi il presidente della reanult alle prossime elezioni presidenziali?
La sola idea farebbe ridere la francia intera.

Io penso che se accettiamo questo modo di ragionare, la profezia che il berlusconismo sia imbattibile si autoavvererà, con buona pace dei montysniff di turno.
giusperito
00venerdì 15 aprile 2011 13:50
Credo che la differenza principale nei contenuti delle risposte precedenti si riducono alla differenza d'età. Noi abbiamo il dovere di impegnarci in una politica diversa che possa "egemonizzare" (uso il termine per far contento la parte comunista dell'animo di trix) la società civile. Il prof. Prisco, forse con la disillusione (da me in parte condivisa) derivante dall'esperienza culturale e politica, ha analizzato sulla base dei dati reali l'unica alternativa possibile al momento.
A me LucaFerraridaMarazemolo non piace. Posso usare un argomento fallace? Una volta in tv gli sentii dire che una polo da 100€ era un prodotto di bassa fascia di prezzo. Da quel momento per me è diventato un caso psichiatrico. Probabilmente il mio animo da sporco capitalista liberista non è ancora pronto o, forse più semplicemente, è il mio portafoglio che non può permettersi una cifra superiore ai 20.
Non so se è una buona alternativa, ma se togliamo l'attuale abulica opposizione è l'unica che può sembrare possibile.
(pollastro)
00venerdì 15 aprile 2011 22:26
Dal professor Prisco, che mi prega di postare

Caro Trixam , parlando seriamente: credo che al momento il berlusconismo sia battibile solo per suicidio (come il fascismo si suicidò con un autogolpe nella notte del Gran Consiglio, il 25 luglio 1943...). Certo, questo non avverrà non affidandoci ancora alle eterne mummie Bindi, Bersani, D'Alema e Veltroni, eccetera, né al giovane Renzi ("sotto il vestito - da giovane rottamatore - niente") o alle elucubrazioni del professor Asor Rosa (quando ho fatto inviare il post precedente non lo avevo letto sul "Manifesto", ma mi verrebbe da dire che la sua invocazione del golpe dei carabinieri dev'essere l'effetto del malumore, per non avere digerito i peperoni a cena la sera prima; in alternativa dovrei pensare che è tanto rincoglionito da non accorgersi che con perorazioni del genere lui consegna il Paese a Berlusconi fino a che il decorso naturale della vita non lo batterà), ma nemmeno ai pubblici ministeri e al popolo viola, ai grillini, ecc...
Leggo che a lei piace meditare sulla nozione di egemonia e questo conferma a mio parere che è acuto. Bene, le assicuro che io penso (non da oggi) che Berlusconi abbia vinto nel preciso momento in cui si è incontrato con la sensibilità della maggioranza degli Italiani, che non ne poteva più di un sistema di idee e di pratica di sinistra stantie e conservatrici. Vale a dire che non lui ha condizionato gli Italiani con le televisioni (Fede e il TG3 servono solo a rinsaldare gli opposti tifosi nelle loro convinzioni di partenza, ma non spostano voti, né consenso...), bensi si è trovato al posto giusto nel momento giusto. Molti avrebbero votato chiunque li avesse liberati dall'ossessione della Repubblica fondata sulla/dalla Resistenza (intesa come giaculatoria retorica diventata innocua), delle scuole "politically correctess", del pubblico impiego a vita (e della cattedra universitaria a prescindere dai meriti), del cattolicesimo non come silenziosa pratica di vita solidale e soccorrevole coi deboli, ma come medaglietta di preti maneggioni e di affaristi ipocriti, con l'amante giovame e però tutti a messa la domenica... Si è rifiutato insomma il conformismo, pazienza se chi incarna la rivolta è un vecchio libertino con il parrucchino e i tacchi rialzati, tanto ed evidentemente ossessionato dalla paura della morte da pagare ruffiani e giovani puttanelle, pazienza se all'estero (come a me risulta personalmente) ci ridono dietro e non capiscono perché ce lo teniamo... Berlusconi non ha vinto cioè alle sue prime elezioni, ma molto prima e non con la politica, ma sul piano del costume. Il suo modelo è appunto egemone. Solo trovando un nuovo equilibrio culturale, vale a dire una nuova e opposta egemonia, all'interno di un differente blocco sociale), dimostrata da valori solidaristici non più predicati, ma vissuti davvero, si uscirà da "questa lunga notte (che) dovrà pur finire", come canta Vecchioni. Però - temo - questo non accadrà domani. Non saprei dire se il nuovo orizzonte lo vedrò io, forse lo vedrete (e lo imporrete e lo guiderete) voi, molto più giovani e freschi. Ve lo auguro e me lo auguro: ho un figlio della vostra età...
trixam
00sabato 16 aprile 2011 02:55
Professore, io pur essendo un anarco liberista della peggior specie, di quelli per intederci che sono cattivi a prescindere, sono un appassionato lettore di Gramsci e quindi concordo in buona parte con quello che lei dice nella seconda parte dell'intervento. Ma con distinguo.
Personalmente essendo nipote di un partigiano comunista della mitologia della resistenza ne avevo piene le tasche già quando avevo sette anni più o meno, il che avveniva nell'anno di grazia 1992.
Non oso nemmeno immaginare cosa ha dovuto subire chi ha vissuto nell'età della ragione nei decenni precedenti. E lo stesso dicasi di quei riti della prima repubblica: dai governi balneari alle convergenze parallele ai compromessi storici.
Insomma è tutto vero, la prima repubblica finì per avvolgere l'Italia in un sudario talmente opprimente da toglierle il respiro.
Per cui l'ingresso del signor B in politica con la sua velocità, i modi spicci, gli slogan efficaci, ha rappresentato una rivoluzione culturale.
Ma io alla teoria che B si sia preparato il campo con le televisioni, le veline, i calciatori, insomma con il silvio way of life, non ci credo molto. Non nego che B abbia una egemonia culturale di tipo gramsciano, ma si tratta di quella che io definisco una egemonia culturale di tipo sovrastrutturale, per riprendere marx.
In altre io non credo alla teoria che B abbia cambiato l'antropologia culturale della nazione.

Non ci credo perché altrimenti dovrei pensare che Umberto eco è stato apripista di questo cambiamento antropologico. Se lo ricorda lei quel l'articolo sull'espresso del 1983 in cui Eco parlava in termini entusiastici delle tv berlusconiane, la turbo tv la chiamava, che aveva mandato in soffitta la paleo tv lenta e noiosa.
Le televisioni berlusconiane negli anni ottanta liberarono gli istinti libertari soffocati dal cattocomunismo, dal resistenzialismo, insomma da tutti gli ismi di cui noi italiani ci innamoriamo regolarmente.

Ma da qui a dire che il voto nelle urne è stato determinato da questo io non lo credo.
Di recente è uscito un bel libro che sia chiama "il voto degli italiani" edito dal mulino, dove sono stati analizzati con minuzia i flussi elettorali. Il risultato, secondo me scontato, è che negli ultimi venti anni i comportamenti di voto degli italiani non si sono sostanzialmente discostati da quelli degli altri popoli europei.
Per dirne una, la personalizzazione della politica e il leaderismo non sono solo una caratteristica della nostra democrazia.
Ovvio però che avere per dieci anni Tony Blair o per dieci anni berlusconi, non è la stessa cosa.
Ma il problema è sempre quello di cui io parlavo nel mio intervento contestatorio: la politica.
Berlusconi è nato come fenomeno antipolitico, ma poi ha saputo trasformarsi in un fenomeno politico capace di occupare il centro della scena politica con un atteggiamento classico delle destre conservatrici, quello di porre problemi senza dare risposte. Questo atteggiamento, confrontato alla politica del nulla che gli si opponeva, è stato sempre in grado di convincere la maggioranza dell'elettorato indipendente, che esiste anche da noi, che B fosse il male minore, tanto che anche quando il centrosinistra ha vinto, sono state vittorie di pirro.
Ecco spesso si accusa l'opposizione di non essere abbastanza dura contro le leggi ad personam, pochi però si lamentano che sia incapace di elaborare una proposta politica forte e alternativa che non sia un elogio della ghigliottina che non arriva mai.
Se lo fai, ti dicono che sei una quinta colonna del berlusconismo.

Finché una proposta alternativa non ci sarà, il berlusconismo vincerà per sempre e aggiungo io, che pensare di cancellarlo come se fosse una parentesi, tipo l'invasione degli hycsos di cui parlava croce a proposito del fascismo, è una pura illusione. Io credo che molta gente, anche a sinistra abbia ormai una serie di convinzioni: che lo stato deve avere un ruolo ma non deve andare oltre certi limiti, che lo stato sociale va bene ma non deve diventare un strumento di abusi e di privilegi, che le tasse non devono andare oltre un certo livello perché la gente vuole essere libere di spendere senza sentirsi in colpa.
Forse saranno obiettivi egoistici, io invece penso che siano i paletti per raccogliere e costruire una grande sfida riformista.
Il partito laburista in Inghilterra lo ha fatto e pur con errori e incertezze, ha ottenuto grandi risultati. Quello che io mi chiedo sempre è perché non possiamo farlo anche noi.
Mi si risponde spesso che noi non abbiamo un tony blair, al che io rispondo che nel 1992 non sapevano di averlo nemmeno i laburisti inglesi.
Blair era un mezzo sconosciuto semi emarginato nel suo partito, cinque anni dopo era primo ministro dopo aver sconfitto una destra molto molto più forte di quella fantozzesca italiana.
Ma qui credo che sto andando oltre, parlo di politica senza aver ancora citato una sola volta ruby, quindi rientro subito nei ranghi e dico che secondo me ruby è un cesso, che di questi tempi è un pensiero politico.
JuanManuelFangio
00lunedì 18 aprile 2011 22:02
Esiste una strana convinzione insita nelle menti degli aruspici di una nuova politica. Leggo sempre più spesso, sia nei giornali cosiddetti d'opinione, sia su questo forum, che l'attuale opposizione, nell'inseguire inopinatamente le vicende personali del nostro premier, stia maturando il proprio suicidio politico a causa dell'assenza d' una voce chiara ed innovativa su argomenti forti. Il mio timore è che, abbarbicandosi su simili castelli argomentativi, si perda di vista la situazione peculiare che sta vivendo il nostro paese.
Leggendo le argomentazioni di Trixam, mi trovo ovviamente per una buona parte in totale disaccordo. I discorsi sulle vittorie elettorali di B., le quali sarebbero costruite esclusivamente sulle macerie d'una opposizione troppo impegnata a sbirciare nelle camere da letto dell'avversario, lasciano in ombra aspetti tutt'altro che marginali.
Partiamo con ordine. Onestamente, credo sia impossibile scindere le vittorie elettorali di B. dall'ascesa del suo potere mediatico. L'esempio calzante è rappresentato dalla chiamata alle urne del 2006. In quella circostanza il Cavaliere disse ai suoi di avere ancora una speranza di vittoria, in una tornata elettorale che lo dava come sconfitto da tutti i sondaggi, se la percentuale dei votanti si fosse attestata oltre l'80%. L'affluenza ai seggi fu dell'83,6% e Prodi vinse alla fine con soli 25.000 voti di scarto subendo l'incredibile recupero di B. che in un anno, più precisamente dalle elezioni regionali del 2005 ove il centro destra subì una sconfitta clamorosa, guadagnò oltre sei punti percentuali.
Come spiegare questo repentino cambio d'umore nel paese? Colpa d'una sinistra impalpabile? Forse si o forse semplicemente considerando che, in qualsiasi tornata elettorale, il voto degli indecisi ha sempre avuto un peso determinante. Nei giorni precedenti le elezioni del 2006 ricordo la presenza di B. addirittura al programma di cucina condotto da Antonella Clerici (tipico luogo deputato all'informazione politica). In quei giorni, grazie al presenzialismo pianificato militarmente dal premier, il paese subì un bombardamento mediatico senza precedenti. Ora, una nazione che annovera grosse fasce della popolazione con una bassissima scolarizzazione, che vende il proprio voto per una manciata di spiccioli, oppure semplicemente vota perché il Nostro riesce a trasmettere una immagine di sé, veicolata dalla compiacenza dei media, totalmente edulcorata, non può dirsi maturo per un confronto elettorale basato esclusivamente sulle idee. Sono un eretico se dico che all'idea di democrazia liberale non corrisponde necessariamente quella di suffragio universale? L'esistenza di un complesso di poteri presuppone un certo grado di responsabilità da parte di chi questi poteri vuole o deve esercitare. Una cittadinanza poco scolarizzata può validamente esprimere un consenso sulla separazione delle carriere dei magistrati, se chi dovrebbe agevolarle la formazione d'una opinione è contiguo alla parte politica che inevitabilmente, perché l'ha proposto, tende a far prevalere il proprio progetto politico? A meno che non crediamo che la conoscenza delle cose sia frutto esclusivamente di una pre-comprensione non possiamo prescindere dall'importanza che assume una informazione pluralista per la stessa esistenza dei regimi democratici.
Inoltre, trovo alquanto peregrino citare l'Inghilterra per dimostrare l'inconsistenza della nostra sinistra , perché in Gran Bretagna le elezioni non sono falsate dall'esistenza di situazioni del genere o comunque il più elevato livello di partecipazione alle scelte pubbliche, unito al maggior livello culturale della media della popolazione, rende fenomeni di tipo clientelare assolutamente trascurabili. In sostanza, quando la sinistra parla agli elettori sulla necessità di sacrifici per il contenimento del debito pubblico e di fronte v'è un imbonitore che lapidario promette di abolire l'ICI, sostenuto dalla solita schiera di giornalisti baciapile, siamo così sicuri che i due schieramenti stiano confrontandosi nel rispetto delle stesse regole del gioco?
Con ciò non voglio affermare che il berlusconismo sia esclusivamente frutto di un sistema mediatico squilibrato ma ridurre l'assetto del sistema radio-televisivo a particolare di poca o pressoché nulla importanza non rende un'immagine esaustiva della disgraziata situazione politica italiana.
Altra affermazione che ho letto è che la vicenda legata alla nota Ruby non è degna di appartenere ad un dibattito politico serio. A parte che in tutti i paesi del mondo, almeno quelli democratici, la vita privata di un governante è al vaglio dell'opinione pubblica, perché, ci si chiede, la cosa non dovrebbe essere oggetto di dibattito? Con lo stesso relativismo con il quale fondate l'impossibilità di discernere ciò che è arte da ciò che non lo è, come fate a categorizzare l'argomento "politico", quindi degno di dibattito, e l'argomento "non politico"?
Credo che un premier ricattato da una minorenne sia degno di grande attenzione ai fini della contesa elettorale. Può dirsi davvero libero nel fine un organo ricattabile? E un organo non pienamente libero nel fine può efficacemente perseguire gli interessi generali, o almeno quelli pubblici? Questi sono argomenti di politica e non, come vorrebbero farci passare alcuni prezzolati cortigiani, inconsistente chiacchiericcio di moralisti avvelenati dalle troppe sconfitte. Senza poi dimenticare che qui, senza il bisogno di scomodare Spinoza,la morale c'entra ben poco, se mai sarebbe più corretto parlare di etica pubblica e del minimum che deve imprescindibilmente sussistere nell'azione dei governanti. "L'eroismo romantico è una forma di tirannia morale ", dice Ignatieff, altrimenti e ragionando diversamente, dovremmo inferire che per avanzare istanze di maggiore trasparenza e legalità bisogna tutti incarnare lo spirito di Gandhi, almeno fino a quando il Feltri di turno non sfornerà l'ennesimo dossier anche sul Mahatma indiano.
giusperito
00martedì 19 aprile 2011 00:01
Su un aereo ci sono Fini, Berlusconi e Bersani. Ad un certo punto l'aereo sta per precipitare, ma a bordo c'è un solo paracadute. I tre decidono di mettere ai voti chi dovrà salvarsi. Alla fine delle votazioni vince B. che si lancia con il paracadute. Allora Bersani fa: Ha vinto di nuovo lui. E Fini gli risponde: E' vero che ha vinto, ma mi domando come ha fatto ad avere 6.300 voti?
giusperito
00martedì 19 aprile 2011 00:04
Caro Juan,
condivido alcuni punti del tuo discorso. L'unico dubbio è come la mettiamo con l'analisi di D. Miliband? Se mi smonti quella, allora faccio call su questa discussione, altrimenti continuo con le barzellette.
JuanManuelFangio
00martedì 19 aprile 2011 22:06
Re:
giusperito, 19/04/2011 00.04:

Caro Juan,
condivido alcuni punti del tuo discorso. L'unico dubbio è come la mettiamo con l'analisi di D. Miliband? Se mi smonti quella, allora faccio call su questa discussione, altrimenti continuo con le barzellette.




E' in parte condivisibile. Non condivido, però, l'unire nello steso ragionamento paesi che vivono situazioni spesso molto differenti tra loro. Penso alla vittoria della destra nazionalista in Finlandia. In questo caso il rischio di default dei PIGS (esistono poi?), unito alla necessità delle manovre di salvataggio ha provocato un forte sentimento antieuropeo. Considera -e weimar insegna - che in periodi di forte crisi economica è più facile parlare alle pulsioni disgregatrici della popolazione che alla ragione.
Il call evitatelo, la discussione ha un mark to market troppo basso. Rischi una grossa perdita.
trixam
00mercoledì 20 aprile 2011 22:02
Ogni volta leggo persone come Juan rimango sconfortato, perché se lui che è intelligente sta così, significa che non c'è proprio speranza a sinistra.
Non che quello che scriva non sia in parte vero, ma non c'è prospettiva, non c'è elaborazione politica ma solo la rassegnazione al berlusconismo come dittatura degli ignoranti a cui i sapienti devono rispondere con la sconsolata meditazione solitaria o qualcosa di simile.

Prima voglio soffermarmi un attimo sul 2006. Io non ero in Italia, quindi può essere che le cose non le ricordo bene. Ma i motivi della non vittoria della sinistra furono ben altri, tre in particolare: la più penosa campagna elettorale della storia politica, una coalizione che definire eterogenea è dir poco, un leader che aveva un carisma pari allo zero assoluto.
Il centrosinistra usa sistemi di comunicazione antidiluviani che sarebbero giudicati indegni di far pubblicità ad una rosticceria, figurarsi vincere le elezioni. Due mesi fa ho partecipato alla presentazione del libro di Peter Mandelson il quale parlò proprio di quella campagna elettorale e ci informò, nella costernazione di un Bersani che si torturava sulla sedia in prima fila, che essa era stata studiata dagli esperti di comunicazione inglesi e indicata come modello da non seguire mai.
Oggi la comunicazione fa parte dell'azione politica e senza una strategia comunicativa efficace non si vince. Non parlo poi per carità di patria del programma di qualche centinaio di pagine che si incentrava su pallini ideologici che spaventarono e misero in fuga l'elettorato moderato che nelle trasmissioni della dandini non ha diritto di cittadinanza ma il giorno delle elezioni è quello che decide chi va al governo e chi all'opposizione.
Quel tipo tipo di coalizione era destinata al suicidio, con capi e capetti che si scannavano ancor prima di aver vinto e che poi una volta al governo misero in scena atti ridicoli tipo andare a protestare contro il governo di cui facevano parte.
Su prodi, è come sparare sulla croce rossa. Io non dimenticherò mai che durante uno dei dibattiti tv Berlusconi fece una gaffe clamorosa. Arringando i suoi elettori disse in toni apocalittici: “la sinistra vuole che il figlio dell'operaio abbia le stesse opportunità del figlio del professionista”.
Reazione di prodi? Nessuna. Rimase a leggere i suoi foglietti su cui c'erano i numeri da cui dipendendeva il mondo secondo lui. Un leader di razza avrebbe azzannato B al collo, come fece Clinton nel 1992 nel terzo dibattito con bush senior.
Ma Prodi non era un leader, era un burocrate e quindi capisco che sia amato da quelli che come Juan hanno una visione burocratica della politica.

Affrontiamo per un attimo questo atavico problema della bassa scolarizzazione.
L'idea che una alta scolarizzazione aumenti la qualità della democrazia è una ipotesi che non ha nessun fondamento empirico.
Un laureato in chimica o biologia può non capire un piffero di politica e fregarsene esattamente quanto uno che ha la quinta elementare.
Riprendiamo l'esempio della civile Finlandia, il paese più istruito del mondo in cui ho l'onore di essere ospitato in questo momento. Ebbene la prima cosa che ho notato arrivando qui è che il dibattito politico praticamente non esiste, la politica occupa uno spazio abbastanza ridotto sui giornali. Diciamo che i finlandesi non hanno una grande passione per la democrazia partecipata, come la chiameremmo noi, anche se sono un popolo che ha una enorme dignità.
Per dirne una, qui stanno costruendo due centrali nucleari. Dopo i fatti del giappone il movimento antinuclearista aveva organizzato una manifestazione di protesta, si sono presentati in 50, uno più uno meno. Durante l'ultimo mese di campagna elettorale l'argomento principale è stata la love story tra la bella ministra del lavoro e un italiano, stiamo sempre in mezzo. Lo scandalo nasceva dal fatto che questo signore in Italia è stato indagato, poi archiviato, per terrorismo.
La ministra ha difeso il suo amore e si è anche beccata una intervista alla Cnn.
Poi ci sono stati i veri finlandesi che usano un linguaggio che fa sembrare i leghisti dei gentiluomini di campagna. Risultato che anche qui l'estrema destra cresce, come in svezia, olanda, norvegia, francia, tutti paesi che non mi sembrano pieni di ignoranti di massa.

Ma restiamo un attimo all'istruzione, che è un tema giustamente centrale su cui sviluppare il discorso. Esso è stato centrale nelle sinistre europee degli ultimi 15 anni.
Tutto è partito dalla scoperta che nei sistemi di istruzione pubblici ed universali si creavano enormi ingiustizie che venivano scaricate sui più deboli. L'istruzione dei figli dei poveri era affidata al caso e al capriccio burocratico: se nascevi in una zona con una buona scuola potevi avere una buona istruzione, altrimenti te lo prendevi dritto in quel posto. Siccome le scuole pubbliche erano in larga parte deficitarie, la qualità dell'istruzione era bassa, la gente non riusciva ad acquisire competenze e cresceva la rabbia. Questa situazione fu un elemento centrale nei trionfi della destra negli anni ottanta. La new left se ne è riappropriata promuovendo politiche che aumentassero la qualità e permettessero di scegliere. Che cosa pensa la sinistra italiana su questo punto?
Qual è la sua politica sull'istruzione? Boh, è tutto quello che mi viene in mente a parte la difesa dei precari contro i quali io manderei cariche di squadroni di carabinieri a cavallo.

Ora veniamo al punto cruciale: il potere mediatico berlusconiano. Io quando faccio un ragionamento lo do come un dato di fatto visto che esso esiste e che è una anomalia.
Diamo anche per ovvi i discorsi sulla necessità che l'opinione pubblica si informi, anche se ricordo che la possibilità che poi questo avvenga realmente è molto difficile. Qui dovrei dilungarmi troppo e sono discorsi che ho già fatto, ribadisco che le società moderne si basano sulla dispersione delle conoscenze(per fortuna) e che spesso, per non dire sempre, gli stessi esperti non sono altro che apprendisti stregoni. Io personalmente odio il termine pluralismo, che in politica fu introdotto dalla dottrina sovietica. Se non sbaglio fu Cruskev ad usarlo rispondendo alle critiche di un giornalista del NYT che diceva che l'urss era una dittatura, C disse: “come si permette? Da noi c'è pluralismo, esiste il partito degli spazzini, quello delle casalinghe” ecc, fu una lista interminabile.
Il pluralismo informativo come concetto astratto significa nulla, come quella di libertà di stampa. Esiste la libertà di impresa, che si concretizza anche nel mercato editorale, che è legato alle circolazione delle idee. In italia questo mercato non esiste, non solo perché c'è B, ma perché i giornali sono posseduti dalle banche, o da coalizioni di gruppi finanziari, o come nel caso di Repubblica da industriali che li utilizzano come partiti.
Quindi vedere l'anomalia solo in B è una incoerenza, per quelli che fanno della coerenza la loro bandiera.
Il problema è se questo potere mediatico sia davvero un elemento determinante per il voto. La mia risposta è no e ho già esplicitato altre volte perché.
Il voto non è un elemento razionale. La sinistra largofighettina pensa che esso possa essere espresso dalla semplice operazione artmetica: giornalista venduta+ culo di velina= voto pdl.
Il voto è un elemento irrazionale, Lakoff dice che esso è determinato dal paradigma morale che vige nella società, che altro non è che la riproposizione dell'egemonia gramsciana.
Allora come nasce questa egemonia? Con il grande fratello, il Milan, le veline, maria de filippi e company? No, questa è sovrastruttura.
L'egemonia nasce sempre con l'incontro tra una proposta politica e il senso comune delle persone.
Berlusconi è il portatore di una proposta politica che si è incontrata con il senso comune degli italiani, che grosso modo è quello fotografato da gervasoni nel suo bel libro sugli anni ottanta: “il desiderio di essere moderni, unito al terrore assoluto di diventarlo davvero”.
Ecco questo credo che siano gli italiani allo stato dell'arte, per questo al posto della vera modernizzazione, preferiscono accontentarsi dell'estetica berlusconiana, che magari al prof prisco apparirà decadente, ma è comunque più luccicante.

Un punto finale dico sulla questione della democrazia. Non c'è dubbio che essa sia fatta al 50% di regole e al 50% dalla sovranità che deve appunto essere esercitata entro le regole.
Credo che tutti vorremmo che la nostra democrazia funzionasse meglio, il che però implicherebbe anche eliminare le rendite di posizione, piccole o grandi che siano, e la possibilità di veti di blocchi sociali organizzati, cose attorno a cui non credo che ci sia una maggioranza ampia.
Che la democrazia sia in pericolo nel nostro paese è una idiozia.
Io detesto il concetto di stato, ma ho una concezione religiosa dell'idea di repubblica.
Ricordo con emozione il giorno in cui le ho giurato fedeltà durante il servizio militare, si tratta di un giuramento per me sacro. Se avessi anche solo il sospetto che la repubblica fosse in pericolo, prenderei il mio fucile per difenderla, perchè io credo nel diritto di abbattere i tiranni, anche con la violenza.
La concezione personalistica di B, mi ripugna. Il suo non è un atteggiamento repubblicano.
Ma l'unica strada per uscire dal personalismo è tornare alla politica.
Io non ho mai votato dal 2003 per una questione ideologica, mi rifiuto di partecipare ad elezioni in cui non ci siano i pariti politici espressioni delle culture politiche della nostra storia.
Quando non ci sono i partiti, la democrazia non esiste e si ritorna al baronato, ai notabili e in definitva al feudalesimo.
Accettare la logica dello scontro attorno alla persona di B, significa stare al suo gioco, sul suo ring.
Attaccare la sua persona sperando che gli italiani capiscano che è indegno si è rivelata una strategia ampiamente fallimentare. Quindi che facciamo?
Stiamo così aspettando di prendere gli italiani per sfinimento? Finché non si convinceranno che è giusto che si facciano cambiare la testa dagli onesti?
Non so, io ho scritto in un quadretto ben evidenziata una frase che diceva sempre un collaboratore di Clinton: “ è più facile cambiare il programma del partito che la testa della gente”.
JuanManuelFangio
00lunedì 2 maggio 2011 20:49
Caro Trixam, evidentemente nei nostri interventi non abbiamo evidenziato a sufficienza gli aspetti – forse pochi – sui quali siamo rispettivamente d’accordo. Non ho mai detto né pensato che l’unica alternativa al berlusconismo sia arrendersi o magari chiudersi in un deleterio e controproducente aventinismo. Anch’io credo sia necessario tornare alla politica, quella vera, quella che costruisce alternative ed eleva il confronto.
Nel mio intervento precedente, però, ritenevo specioso il parallelismo tra i critici della way of life berlusconiana e il trionfo dell’antipolitica.
Innanzitutto, vorrei precisare che la politica è anche burocratismo. Con ciò non nego l’importanza dell’elemento comunicativo, però non possiamo accettare né sostenere che tale aspetto debba addirittura prevaricare la sostanza dell’azione politica nella sua concretezza. Lo dico da liberal convinto e profondo sostenitore di Obama fino al midollo, un presidente che fino ad ora ha brillato più per carisma e ars oratoria che capacità di attuare il suo programma iniziale di riforme. Dispiace, ma quando vi è da redigere un bilancio c’è bisogno di tecnici, quando c’è da varare una riforma economica vi sono dei modelli matematici da rispettare, per cui un politico capace deve incarnare anche la figura del burocrate. I proclami e gli slogan saranno affascinanti ma il trattato di Maastricht non fa differenza tra un tasso d’indebitamento ben infiocchettato e un freddo dispaccio ministeriale; un eccellente spin doctor come Giddens non risolverà la crisi di RBS né riuscirà a dare mai una risposta concreta ai problemi delle lavoratrici madri.
Consapevole di appartenere a quella sparuta minoranza che appoggia l’outsider di turno preferirò sempre un noiosissimo ma concreto burocrate ad uno sfavillante ma fumoso comunicatore.
Veniamo al rapporto tra istruzione e partecipazione alla vita della res publica.
L’assenza di una dimostrazione empirica che avalli la correlazione tra alta scolarizzazione e più elevata consapevolezza nelle scelte dei cittadini è smentita dalle considerazioni sul controllo delle nascite. Una società molto povera, che non ha risorse a sufficienza per i suoi membri, trarrà grave nocumento da un esponenziale ed incontrollato incremento demografico. Come insegnava John Stuart Mill più di centocinquanta anni or sono, solo un’adeguata istruzione renderà le masse popolari edotte del rischio che comporta un tasso di natalità troppo elevato rispetto alla ricchezza collettiva ed individuale esistente nella nazione in quel determinato periodo storico. Per avvalorare tali considerazioni si pensi al problema quanto mai attuale delle gravidanze adolescenziali indesiderate. La risposta più efficace in questi casi non può che venire dall’educazione sessuale. Nessuna persona assennata potrà mai pensare di risolvere la questione semplicemente imponendo maggiori restrizioni ai mores degli adolescenti.
La verità è che proprio la responsabilizzazione dei cittadini nelle proprie scelte costituisce l’argine più efficace ad un intervento autoritativo dello stato – che dovrebbe essere il vero nemico di voi liberisti – il quale troverebbe comunque una sua empia autolegittimazione nella tutela di interessi collettivi e superiori rispetto all’interesse individuale.
L’esempio della Finlandia, a questo proposito, prova ben poco. Sarà anche accettabile l’idea secondo cui ad un elevatissimo livello di educazione non corrisponde necessariamente un forte empito alla partecipazione nelle scelte pubbliche ma non è vero l’opposto. Una partecipazione responsabile, ragionata ed efficace necessita imprescindibilmente di un buon livello di informazioni disponibili. Condivido il passaggio sulla dispersione delle conoscenze ma ciò non fa che avvalorare la mia tesi di fondo. Se analizziamo brevemente in prospettiva storica le forme con le quali il popolo ha partecipato alle scelte collettive vediamo quanto l’istruzione – intesa come bagaglio di conoscenze necessario a costruire una clara et distincta perceptio Cartesiana – abbia inciso in maniera essenziale sugli accadimenti storici. Prendiamo a titolo d’esempio le tante rivoluzioni di matrice liberale fallite o soffocate nel sangue. Penso al movimento decabrista il cui fatale destino è dipeso dall’assenza di partecipazione delle masse popolari al tentativo d’insurrezione. Gli ideali propugnati dall’intellighenzia – il termine non è casuale – russa dell’epoca parlavano di abolizione della servitù della gleba, negazione dell’assolutismo, libertà di iniziativa economica, tutti valori che avrebbero liberato gli strati più poveri della popolazione dal giogo della nobiltà zarista. Ora si vuole sostenere che tali sommovimenti fallirono solo per scarsa attrattività dei propugnatori o perché prive di spessore politico? Credo proprio di no. Ogni qual volta una elite illuminata – e per tale intendo un gruppo di persone ispirata da ideali di stampo illuministico – ha tentato di costruire un’alternativa all’assolutismo, in un contesto sociale caratterizzato da bassissimi livelli di educazione, ha sempre pagato con sangue e rivolta tale iniziativa. Fin quando la maggioranza della popolazione non sarà informata adeguatamente su vantaggi e svantaggi di un determinato progetto politico vi sarà sempre una Santa Fede pronta ad insinuarsi veneficamente tra le pieghe più recondite degli istinti popolari.
Il mondo moderno, a causa del progresso scientifico e tecnologico, ci obbliga ai fini di una scelta consapevole a possedere quante più informazioni possibile. Il pluralismo dell’informazione – inteso come presenza contemporanea del numero più variegato possibile di opinioni e certo non alla maniera sovietica – è elemento basilare ed irrinunciabile per la comprensione delle cose in una realtà totalmente diversa da quella esistente cento anni fa. Agli inizi del ‘900 le masse operaie, nonostante il basso livello di scolarizzazione, riuscivano a coalizzarsi e avanzare istanze di maggior valorizzazione del rapporto di lavoro perché i partiti politici, anche sottoforma di associazionismo clandestino, oltre ad essere formidabili catalizzatori di insofferenze più o meno sopite, svolgevano anche una funzione didattica. La cosa era resa possibile anche dall’esiguità, almeno se paragonate ad oggi, delle informazioni necessarie al fine di una seppur superficiale presa di coscienza del proprio stato. Oggi le cose non stanno più così. Cento anni fa non c’era il nucleare e non si chiedeva alle persone di capire cosa è una barra d’uranio e che differenza passa tra fusione e fissione. Effetto automatico di tale evoluzione è il ruolo dei media in quanto maitre a penser.
Prima hai proposto l’esempio della Finlandia , io invece rispondo con l’esempio francese. Non mi dilungo troppo sul regime ivi vigente e sui poteri della Presidenza della Repubblica se non per sottolineare come il vero e proprio contrappeso del Presidente, il “monarca repubblicano”, altro non è che l’opinione pubblica. Potrebbe mai esistere un così vigoroso baluardo di democrazia se i francesi avessero un livello d’istruzione media pari a quello presente in alcune regioni del sud Italia?
Per cui, assodata l’irrinunciabilità d’una opinione pubblica matura e consapevole, bisogna chiedersi, in un mondo caratterizzato dalla tendenza verso la complessità, come evitare ineluttabile allontanamento delle persone dalle fonti di conoscenza ed informazione. Partendo sempre dall’assunto che conoscere è fondamentale per scegliere razionalmente, come attirare o almeno limitare l’emorragia di sempre più vaste fette della popolazione che si lasciano abbacinare dal luccicore del qualunquismo? Come rendere un giornale appetibile ai desideri di un lettore? Ecco, in questo caso condivido pienamente un discorso sulla necessità di una valida capacità comunicativa. L’individuo, nel momento in cui vuole informarsi, fa una ponderazione tra l’utilità marginale del suo tempo libero speso in facezie e l’utilità marginale dello stesso speso però nel ricercare informazione. Ora, se l’utilità marginale della seconda attività è superiore alla prima, il soggetto si informerà. Come risolvere questo contrasto, che altro non è che una scelta tra l’annoiarsi un po’ e il cazzeggiare? A mio modo di vedere, in questi casi, è l’obiettivo di arrivare a quanti più destinatari possibile ciò che conta. Per cui se il FT vuole allegare l’inserto con le doti più in vista di Ruby, che ben venga, allo stesso modo se Playboy si avvalga si Boskin come columnist.
Ora, se permetti, un dardo contro l’incoerenza vorrei scagliarlo anche io, così non sei il solo a divertirti. Se il voto è composto da una grossa componente irrazionale, come sostenuto da Lakoff, ciò non significa che una democrazia sia sana. La presa d’atto che alle consultazione elettorali gli istinti spesso prevalgono sui ragionamenti non migliora le cose, né tantomeno deve portarci a subire tale abominio dell’intelletto come un dato di fatto per cui la politica deve, adattandosi, supinamente accettare lo status quo.
L’idea di un popolo che vota consapevolmente è il basamento del concetto di sovranità. E il concetto di sovranità popolare non è una invenzione del soviet supremo, bensì è una delle caratteristiche più innovatrici e di rottura del pensiero liberale. Essa nasce come limite all’assolutismo, all’idea di stato che trova in sé la sua ragione giustificatrice. Come ci si piò arrendere all’idea che il voto, massimo esercizio della sovranità popolare, sia dominato nella sua totalità da componenti irrazionali? Che differenza ci sarebbe tra una dittatura e una democrazia se la volontà popolare è un mero coacervo di istinti e pulsioni irrazionali?
Allora sei tu, se permetti, che ti arrocchi meditabondo entro le mura della sconfitta, perché svuotare della sua essenza primigenia il concetto di sovranità popolare apre la strada alla concezione Hegeliana dello stato, testa di ponte dei regimi autoritari. Come si fa ad accettare l’idea di un popolo che vota inconsapevolmente e allo stesso tempo difendere i valori di libertà che la moderna concezione dello stato liberale ci ha fornito? Il sonno della ragione genera mostri. Ragionando così si rischia di partorire il mostro per antonomasia: il totalitarismo.
The open society from his enemy” si diceva canzonando Popper. Ovviamente detto per celia.
trixam
00giovedì 5 maggio 2011 01:22
Caro Juan, non ho il tempo di replicare punto per punto al tuo discorso interessante teoricamente, ma praticamente inconsistente.
Faccio quindi qualche annotazione, partendo dalla coda.
Possiamo fare un giochino? Andiamo a prendere le opere di locke o degli altri grandi filosofi del liberalismo inglese, che è il padre della democrazia liberale, come berkley e hume, e vediamo quante volte compare il concetto di sovranità. La risposta è mai. I grandi filosofi del liberalismo inglese non concepironò mai la sovranità, perchè la democrazia liberale è le teoria del potere limitato, il potere limitato è composto da soggetti relativi. Il sovrano è un potere assoluto e dunque non può avere circolazione nella democrazia liberale. Infatti il parlamento inglese a seguito della gloriosa rivoluzione del 1689 aveva solo due compiti: votare il bilancio e votare la guerra, che era intrinsecamente connessa al bilancio.
In base alla sentenze coke del 1606 non poteva varare nessun atto che andasse contro la common law e così rimase fino al 1832.
Questo per dire che la democrazia liberale, che non concepisce la sovranità, non concepiva nemmeno il potere legislativo ordinario.
Infatti il primo emendamento della costituzione americana prevede un divieto a legiferare su determinate materie, divieto posto per tutelare il popolo da sé stesso.
La deriva legislativa dello stato, l'idea che la libertà fosse tutelata dalla legge del parlamento ecc, sono tutte idee del liberalismo francese che ha portato alle ghigliottine, al terrore, fino al totalitarismo napoleonico e via di questo passo fino ad oggi.
Insomma quello francese è stato un liberalismo dispostico, che ovviamente ha avuto tantissimi amanti in Italia.
Tutto questo non è per metodologia, che come diceva Lucio colletti è notoriamente la scienza dei nullatenenti, ma per mettere a posto i paletti quando ragioniamo su certe cose.
La sovranità è la continuazione del dispotismo con altri mezzi, e se proprio volessimo ammetterla essa dovrebbe essere affidata alla legge, che non va intesa come quella votata dal parlamento, ma come i principi negativi generali che reggono l'ordine spontaneo. Ma qui sto andando oltre e sarebbe troppo lungo.

Dunque il tuo problema fondamentale è che non ti piace il mondo come esso è nella realtà, quindi tu ragioni su come dovrebbe essere.
Il problema è che ragionando su come dovrebbe essere la sinistra perde le elezioni in questo paese da più di sessanta anni.
Tu mi chiedi come sia possibile accettare il fatto che il voto sia dominato da elementi irrazionali? Come sia possibile accettarlo non lo so e francamente nemmeno mi pongo il problema che è troppo complicato per le mie modeste capacità. Il fatto è che così. Il voto è irrazionale.
Questo ti fa rabbrividire perché voto irrazionale per te significa i rincitrulliti dalle tv berlusconiane che vanno a votare per B.
Ma se pensi alle elezioni politiche nella germania del 1933 per la grande maggioranza dei tedeschi era irrazionale non votare per il partito nazista che incarnava i veri valori del volk.
Quindi bisogna andarci con i piedi di piombo.
Non so, ti faccio l'esempio su me stesso che è quello che conosco meglio. Se facessi cadere la mia pregiudiziale ideologica che mi impedisce di votare per una repubblica senza partiti, dovrei pormi davanti al sistema partitico attuale. Dovrei cercare un partito che esprime idee liberali in sintonia con le mie, almeno a larghe linee.
Non esistono. Quindi, se proprio volessi votare, dovrei adattarmi alla logica del meno peggio. Se volessi ragionare razionalmente, guarderei i due schieramenti. Il centrodestra ad esempio ha molti punti negativi: non condivido la concezione non repubblicana di B, non potrei votarlo per la sua situazione di conflitto di interessi, la cosa peggiore è la politica economica che mi fa venire l'esaurimento nervoso solo a pensarci, non né parliamo dell'alleanza di ferro con la russia putiniana. Tutti elementi negativi. Però il governo Berlusconi sostiene Israele, questa per me è una cosa importantissima.
Ora se qualcuno legge non troverà assurdo questo mio ultimo ragionamento? Che cazzo gliene frega di israele, si chiederà?
Eh, per me conta tantissimo. Dunque inizierò a chiedermi, preferisco avere un governo che sostiene israele o avere un governo di centrosinistra il cui ministro degli esteri nel 2006 se ne andava a passeggio sotto braccio con un esponente di hezbollah?
Ora sai quanti di questi ragionamenti apparentemente strampalati passano nella testa di ogni elettore prima di andare a votare?
Il voto è uno, ma è la sintesi di tanti di quegli elementi che influenzano la mente che inevitabilmente quelli irrazionali prevalgono. Tutto qui. Ora tu vorresti che l'elettore prima di andare a votare si informasse sulla politica economica, sul nucleare, sulla politica estera ecc, tutto cose nobilissime, che però nella pratica dell'elettore medio non succede. E qui vorrei mettere un punto che per me è importantissimo. Non succede perché le nostre sono democrazie rappresentative. Lo so che per i grillini dirò una cosa eversiva, ma la democrazia rappresentativa è l'unica vera democrazia.
La democrazia diretta è la miglior strada per il totalitarismo, perché si traduce in un gioco a somma zero dove tutti cercano di fottere tutti.
Inoltre essa è possibile solo in sistemi come quello dell'antica atene che si basavano sul coinvolgimento totalizzante del cittadino all'interno della vita pubblica, e sullo schiavismo, cioè sulla destinazione permanente di una parte della popolazione alla produzione coattiva di beni per l'intera collettività.
Il mantra della canzone "libertà è partecipazione", non è mia così giusto. Partecipare è importante, soprattutto quando la partecipazione è qualificata, anche se in pratica difficilmente lo è, ma anche non partecipare, non essere costretti a vivere una vita pubblica permanente, è importante, altrimenti finiamo in mondo dove a furia di buone intenzioni finiamo in uno scenario orwelliano.

Qui il discorso del controllo delle nascite ci sta come i cavoli a merenda, così come citare john stuart mill che è l'idolo di coloro che vogliono le società dei buoni samaritani.
Io non ho mai detto che aumentare l'istruzione sia deleterio, sarebbe una cretinata, soprattutto nelle materie in cui dici tu dove l'informazione ha permesso grandi progressi.
Io mi riferivo alla democrazia nella sua natura politica.
L'illuminismo francese ha lasciato questa credenza che la politica sia una cosa alla portata di tutti, purché essa si basi sulla retta ragione, che è poi alla base delle ideologie della società civile e altre boiate del genere.
Non è così. L'arte del governo è complicatissima, tanto complicata che appunto le democrazie avanzate hanno avuto bisogno di dotarsi di specifici strumenti di governo che sono i partiti, cioè organizzazioni che dovrebbero formare al meglio la classe dirigente del paese, con concezioni profondamente diverse, perché la concezione dei partiti che hanno in america è molto diversa da quella che hanno in germania.
Il punto comune è che i paesi avanzati sentono il bisogno di avere una classe dirigente preparata il più possibile e si dotano di meccanismi di selezione, discorso che non riguarda l'italia ovviamente, che diventano sempre più rigidi a mano a mano che la democrazia è avanzata. L'inghilterra, che è una democrazia funzionante, ha una classe dirigente mediamente più preparata di altre democrazie, anche perché hanno la grande tradizione dell'impero.
Ma poi il mercoledi al question time si scannano in diretta televisiva facendo delle sceneggiate pazzesche. Mercoledi cameron ha detto ad una deputata laburista "calm down dear" ed è successo un putiferio.
Questo per dire che anche nelle democrazie avanzate i dibattiti sulla politica economica tirano poco, mentre le nozze di william e kate fanno vendere 20 milioni di giornali.
Ora ripeto, se noi escludiamo quelle materie che sono intrinsecamente legate alla governance, come l'economia o la legge, e anche queste non garantiscono nulla, per il resto anche avere una laurea o un master, non significa in alcun modo migliorare il livello della democrazia.
Riprendendo un esempio, nel 1933 le classi intellettuali votarono in massa per Hitler perché H aveva capito le loro paure.
Un laureato può non capire un ciufolo di politica, esattamente quanto uno che ha la quinta elementare.
Riprendo l'esempio della finlandia che sto conoscendo bene. Si tratta di un paese istruito? Non c'è dubbio, ma di che tipo? Gran parte degli studenti frequentano scuole tecniche, imparano la matematica, l'informatica e sognano di andare a lavorare alla Nokia.
Di politica gliene frega poco o nulla. Solo la notizia che la Nokia vuole delocalizzare ha riacceso un po' il dibattito e suscitato un po' di interesse tra i giovani.

In definitiva esitono questi due livelli: la classe politica, che dovrebbe essere razionale al massimo, che è sottoposta al giudizio del popolo che è per sua natura irrazionale. Qual è la chiave di volta?
Le idee, le culture politiche, i leader, esattamente nell'ordine in cui li ho elencati. Esattamente le cose che mancano all'Italia.
Non piace? Come diceva quel vecchietto? La democrazia è il peggior sistema di governo mai inventato, peccato che non se ne conosca uno migliore.
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