Depositata in cancelleria la sentenza: ordinanza 23 del 2004
Sono state rese note le motivazioni della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 1 del cosiddetto Lodo Schifani.
Secondo la Consulta viola
i principi costituzionali che sanciscono l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge e il diritto di tutti alla difesa (articoli 3 e 24 della Costituzione). Afferma la Corte che
la sospensione del processo penale nei confronti delle cinque più alte cariche dello Stato prevista dal Lodo Schifani è generale, automatica e di durata non determinata.
La Corte Costituzionale, nelle motivazioni della sentenza, non farebbe riferimento al fatto che il Lodo sia un ampliamento delle immunità per cui sarebbe stata necessaria una legge costituzionale (violazione art. 138 della Costituzione).
La Consulta riterrebbe il Lodo Schifani
illegittimo perché crea una disparità di trattamento rispetto alla giurisdizione.
«La sospensione - fa rilevare la Corte nelle motivazioni della sentenza - concerne i processi per imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi, che siano extrafunzionali, cioè estranei alle attività inerenti alla carica, come risulta chiaro dalla espressa salvezza degli articoli 90 e 96 della Costituzione». I giudici della Consulta hanno contestato alla norma non solo la generalità e l'automatismo della sospensione dei processi, ma anche il fatto di non fissare in modo esplicito la durata massima dell'interruzione del procedimento penale.
Di seguito uno stralcio della sentenza (
Ordinanza n. 23 del 2004):
La sospensione «è automatica nel senso che la norma la dispone in tutti i casi in cui la suindicata coincidenza si verifichi, senza alcun filtro, quale che sia l'imputazione ed in qualsiasi momento dell'iter processuale, senza possibilità di valutazione delle peculiarità dei casi concreti».
«Infine la sospensione... legata com'è alla carica rivestita dall'imputato, subisce, per quanto concerne alla durata gli effetti della reiterabilità degli incarichi e comunque della possibilità di investitura in altro tra i cinque indicati.
E non è fondata l'obiezione secondo la quale il protrarsi del resto del processo sarebbe da attribuire da accadimenti e non alla norma, perché è questa a consentire l'indefinito protrarsi della sospensione».
Da queste ed altre considerazioni dello stesso tenore, una serie di affermazioni:
a) «la misura predisposta dalla normativa censurata
crea un regime differenziato riguardo all'esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale»;
b) «l'automatismo generalizzato della sospensione incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell'imputato, al quale è posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso di un'imputazione che, in ipotesi, può concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, l'accertamento giudiziale che egli può ritenere a sè favorevole, rinunciando al godimento di un diritto costituzionalmente garantito»;
c) viene inoltre sacrificato il diritto della parte civile «la quale, anche ammessa la possibilità di trasferimento dell'azione in sede civile, deve soggiacere alla sospensione prevista dal terzo comma dell'art.75 del codice di procedura penale».
fonte:
Ansa