Lo specchio della paura

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Etrusco
00venerdì 14 ottobre 2011 10:32


Lo specchio della paura


Incassando l’ennesima fiducia del Parlamento, sia pur con qualche significativa defezione, Berlusconi potrebbe uscire dalla sindrome del bunker, sbaragliare i fantasmi degli agguati e dei tradimenti, non spacciare l’illusione di un’impossibile stabilità fino al termine naturale della legislatura. E dare a un centrodestra esausto e frastornato, con le elezioni anticipate del 2012, il senso di un futuro politico anche con la fine oramai irreversibile del «berlusconismo».

Potrebbe farlo, anche se è molto improbabile che lo faccia con una maggioranza numerica che non ha più il profilo di una vera e credibile maggioranza politica. Il suo discorso di ieri in Parlamento è stato lo specchio di una paura paralizzante. Vago sui contenuti del decreto per lo sviluppo, per la paura di scontentare qualche fetta o frammento della maggioranza, e in primis il suo ministro dell’Economia da cui lo dividono abissi di diffidenza e di insopportazione.
Elusivo sui malumori che attraversano, con tentazioni frondiste e addirittura con malcelate velleità ribaltoniste, il suo stesso partito.
Minimizzatore, quando ha ridimensionato a mero incidente tecnico (di cui si è personalmente scusato) il disastro del governo sul Rendiconto generale dello Stato.
Il suo unico obiettivo è stato quello di placare gli alleati: Bossi e le turbolenze leghiste, la voracità infida dei Responsabili, i mormoratori del partito.
Non ha detto l’unica cosa che avrebbe riscattato l’atmosfera di agonia interminabile che oramai grava sul suo governo: che il centrodestra è pronto ad affrontare il giudizio degli elettori già nei prossimi mesi, che una stagione politica si è irrevocabilmente conclusa e che da questo indubbio fallimento l’elettorato del centrodestra non ne uscirà per forza di cose orfano, sconfitto, senza casa, senza leader.

Riconoscere l’esaurimento di una stagione politica non avrebbe in sé nulla di umiliante, nel caso in cui la paura della fine non assumesse sfumature apocalittiche. Se invece il terrore di un futuro inesistente fosse domato, se si indicasse un orizzonte temporale breve per nuove elezioni in grado (come in Spagna) di tranquillizzare i mercati e stroncare la speculazione, se ci si concentrasse esclusivamente sui provvedimenti per lo sviluppo (senza prove di forza sulle intercettazioni e sulla lunghezza variabile di prescrizioni e processi), allora un gesto di responsabilità verso l’Italia sarebbe anche un possibile traguardo per i moderati italiani spaesati e disillusi.
L’alternativa è invece il vivacchiare tra ricatti e trappole, annunci di disimpegni, rancori sempre più esplosivi tra i ministri e tra il premier e il suo ministro dell’Economia.
Nell’attesa del prossimo, certo, «incidente» che deprimerà sempre più il popolo del centrodestra e galvanizzerà i propugnatori di spallate dal più che dubbio profilo costituzionale. Una possibile, dignitosa via d’uscita ancora c’è. Ed è l’ultima.

Pierluigi Battista 14 ottobre 2011 07:38
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