angel in the sky
00giovedì 17 febbraio 2005 20:21
Mussolini: Silvio un vero leader, Fini è come Badoglio
ROMA - Uno è «il traditore», l’altro sarà «il prossimo a essere tradito» (essendo il precedente nonno Benito). Il primo è «un mediocre», il secondo «umanamente un grande». Fini è «un Badoglio», Berlusconi «un leader». Ci fosse solo il Cavaliere, l’accordo senza cui il centrodestra rischia di perdere il Lazio e quindi le regionali si potrebbe pure fare, «a certe condizioni». È la presenza del suo vice a indurre Alessandra Mussolini a candidarsi contro tutti; già che c’è, anche in Campania. E a tentare un esperimento inedito per la politica italiana: un polo di estrema destra, dichiaratamente fascista anzi mussoliniano, che tenga insieme i nostalgici con i ragazzi di borgata. «Siamo anticomunisti e anticapitalisti. Per questo al sistema facciamo una paura terribile. Il mio ex partito, poi, mi ha dichiarato una guerra totale e personale». L’ultimo affondo è l’esclusione dalla tv, decisa in commissione di vigilanza Rai. «Ho appena parlato con il presidente Petruccioli: dice che La Russa si è battuto come un leone contro di me. Ora tocca a noi di Alternativa Sociale. Adotteremo forme di lotta durissime. Bloccherò le tribune politiche tra i candidati nel Lazio. Manderò i militanti a picchettare la Rai per impedire l’ingresso di Storace e Marrazzo: perché loro sì e io no? Questo è il vero regime, altro che il Ventennio. Che dobbiamo inventarci per avere elezioni regolari? Fare come in Iraq, chiamare gli americani, che occupino l’Italia ancora una volta?». A questo punto, l’accordo Berlusconi se lo sogna. «Ci divide il programma. Noi chiediamo l’abolizione della legge Biagi che precarizza il lavoro. E una legge a tutela dell’infanzia, che preveda il trattamento farmacologico obbligatorio per i pedofili, sul modello americano. Sono andata a vedere i loro siti Internet: una cosa orribile. Abusi sui neonati, ho visto. Per quella gente il carcere non serve: tengono una buona condotta, ed escono subito. Ci vogliono i farmaci».
Un peccato che l'intesa per ora sia impossibile; perché il Cavaliere alla Mussolini è simpatico. «Ci siamo incontrati per la prima volta nel ’94, e ci siamo piaciuti subito. Nel 2001 è stato Berlusconi, non Fini, a impormi come candidata vicesindaco. Berlusconi aveva invitato me, non Fini, allo storico pranzo in pizzeria con Bossi che cantò Maruzzella ; il traditore non era previsto, e mandò la sua segretaria Rita a chiedermi se poteva venire». Insomma, dovendo scegliere un campione della destra il premier preferirebbe Alessandra. «Lui è come me, non viene dalla politica. Ha una visione più ampia di quella di Fini. Ha il dono di parlare alla gente, semplificare le cose, trovare il rapporto diretto con il popolo». Qualcosa di familiare, se non fosse per la degenerazione liberista.
«I traditori invece mi danno la caccia. Vogliono fare terra bruciata attorno a me. Storace a settembre mi ha chiamata per chiedermi appoggio, ora mi attacca dicendo che non ero a Primavalle a piangere i fratelli Mattei, che calcavo ben altre scene. Io nel ’73 avevo 11 anni, e calcavo le scuole elementari. Vado orgogliosa del mio cognome, l’ho dato anche ai miei figli Caterina, Clarissa e Romano, ma ho pagato anch’io il mio prezzo. Amavo Kant, Hegel, Kierkegaard, e mi sono iscritta a Filosofia. Al primo esame, storia della filosofia con Lucio Colletti, gli assistenti mi dicono che con il mio cognome è meglio non mi faccia vedere». Possibile? Gli assistenti di Colletti erano studiosi come Paolo Flores d’Arcais, Tito Magri, Angelo Bolaffi. «Non furono loro, ma ragazzi giovani che tenevano seminari autogestiti e non volevano una Mussolini tra i piedi. Così mi sono iscritta a Medicina. Là andava meglio. Tranne che con il professor Tagliacozzo, ebreo credo, che mi scrisse "respinta" sul libretto e me lo gettò addosso».
La casa di Alessandra Mussolini è sulla Nomentana, vicino a villa Torlonia, residenza del Duce. Busto di bronzo del Duce. Opera omnia del Duce in 27 volumi. «Sono le cose che ci ha lasciato; povere, di valore affettivo. I regali importanti, e in vent’anni ne ha ricevuti di magnifici, li donava al patrimonio dello Stato. Quand’ero piccola vivevo a Villa Carpena, in Romagna, con nonna Rachele. Mi parlava del suo uomo. Di quando l’aveva rimproverato perché perseguitava il suo vecchio amico Nenni. Di quando gli aveva rovesciato la pattumiera di casa piena di avanzi per dirgli: è ai borghesi che devi togliere, non ai contadini. Di quando il nonno si spaventava per i fuochi fatui del cimitero di san Cassiano. Oggi mi ritrovo nelle piccole cose che mi raccontavano di lui: anch’io ad esempio detesto stare a lungo a tavola». Inutile parlarle degli errori, dei crimini. «Fino all’alleanza con Hitler, e a queste famose leggi razziali, il nonno aveva il consenso del popolo. E la nonna aveva grande influenza su di lui. Poi durante la guerra si allontanò per stare con i figli. Tollerava le scappatelle, ma ha sofferto molto per la Petacci, temeva che lei e il fratello potessero tradirlo. No, di questo in casa non si parlava. Ho saputo solo dal libro di mio padre che la nonna aveva tentato di uccidersi per il dolore».
Suona il telefono: è Romano Mussolini, per complimentarsi della performance a Otto e mezzo ; «Grazie papà ma è l’ultima volta che mi vedi in tv». È stato il padre ad accompagnarla da Fini, nel ’92, quando Alessandra decise di fare politica. «Il traditore tergiversò, prese tempo, disse che c’erano difficoltà. Neanche lui voleva una Mussolini tra i piedi. Il posto me lo trovò Domenico Mennitti, a Napoli e a Bologna. Ero trentunesima in lista, fui la più votata. Fini mi chiese di scegliere Bologna per fregare Berselli, e io scelsi Napoli». Perché tanto rancore, Alessandra? «Sono loro che ce l’hanno con me. In An sono sempre stata un corpo estraneo, come l’olio nell’acqua. Prima che Fini partisse per Israele gli parlai: va bene che sei diventato liberal, vuoi la Turchia in Europa, l’alleanza con Bush, il voto agli immigrati. Ma attento a quel che dici a Gerusalemme. Mi rispose: tranquilla, dirò le cose di sempre. Poi tirò fuori il male assoluto». Da allora non si sono più sentiti. «Ho saputo però che mi ha insultata. Insomma, mi ha dato della puttana. L’ha scritto Augusto Minzolini sulla Stampa ». Fini ha smentito. «Macché. Aspettavo scuse pubbliche. Lui ha fatto scrivere una letterina. E io l’ho querelato».
Dice la Mussolini di aver smascherato «il bluff di Fiuggi»: «Erano d’accordo, Fini e Rauti, per congelare i voti a destra. Io li ho scongelati». In pessima compagnia: i razzisti di Forza Nuova. «Non sono razzisti. Sono giovani ardenti di passione. Roberto Fiore è il mio cavaliere nero, e il mio candidato in Puglia. E con noi ci sono tantissime donne. Non siamo la vecchia destra. Siamo qualcosa di nuovo. Per questo hanno tanta paura».
Aldo Cazzullo
fonte:corriere della sera 17-02-2005