estratto da linkiesta.it
Che il profilo politico di Luigi de Magistris fosse «di lotta e di governo» lo si sapeva anche prima di leggere il titolo del suo libro-intervista, nel quale il sindaco di Napoli risponde alle domande di Claudio Sabelli Fioretti. Negli ultimi giorni lo “scassatutto” della politica italiana, con una serie di sortite di fine agosto, ha attaccato, nell'ordine, il leader di Italia dei Valori, Antonio Di Pietro («in Idv troppi volti impresentabili»); quello di Sel, Nichi Vendola («da solo non va da nessuna parte, non è nuovo per niente») e del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, quest'ultimo sul caso Penati («Bersani non poteva non sapere cosa faceva il suo capo segreteria») in un’intervista a tutta pagina concessa a Conchita De Gregorio su Repubblica.
Le reazioni a queste stilettate? Deboli. Nell'Italia dei Valori i fedelissimi di Tonino si sono limitati ad incassare a denti stretti; in Sinistra e Libertà a Napoli nessuno alza la voce in difesa del leader pugliese, anche perché Sel partenopea è in disfacimento e pende letteralmente dalle labbra di “Giggino”. Più orgogliosa, invece, la reazione tra i democratici, ma solo in Campania con Enzo Amendola e Andrea Orlando: «Se volessimo usare lo stesso metodo di Luigi De Magistris, dovremmo fargli carico nell'Idv di Scilipoti, di Porfidia e di De Gregorio». A livello nazionale la replica è affidata alle seconde file, tant'è che è lo stesso segretario nazionale a dover intervenire di persona, in serata. Del resto, il Pd con de Magistris è in piena fase rancorosa del tipo «ci rivedremo a Filippi». Quando, chissà.
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