Il «Cencelli» di una banca e del Paese

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JuanManuelFangio
00mercoledì 5 ottobre 2011 20:51
Nella prima repubblica l'assegnazione dei ministeri era affidata ad una formula matematica inventata dall'onorevole Cencelli: ad ogni corrente spettava un numero di posti proporzionali ai voti raccolti. Il “manuale” Cencelli simbolizzava i vizi di fondo dell'era democristiana: la lottizzazione, la lotta fratricida tra correnti, l'esasperata proporzionalità nell'assegnazione del potere che impediva qualsiasi decisione.
Le direttive segrete sui criteri di promozione interna alla Banca Popolare di Milano (Bpm), pubblicate di recente sui giornali, altro non sono che la trasposizione in economia del manuale Cencelli. I posti vengono assegnati in base alla appartenenza ai vari gruppi sindacali: un dirigente per ogni sigla sindacale, come si trattasse di vitalizi. A parità di gruppo, conta la lealtà alla propria corrente sindacale. Tra tutti i criteri di promozione, non c'è la minima traccia di meritocrazia. Costoro dovrebbero gestire il credito alle nostre imprese. Ci si stupisce se poi non cresciamo?
Quello che scandalizza di più non è solo che questo manuale segreto esista, ma che la sua rilevazione non abbia provocato né alcuna smentita, né alcuna dimissione. O si tratta di un falso, che va subito smentito, o non si capisce perché non si sono dimessi l'amministratore delegato, il direttore generale e il consiglio di amministrazione. Non dimettendosi costoro avallano questo sistema. E visto che in Italia a dimettersi sono in pochi, non si capisce perché la Banca d'Italia non si sia affrettata a commissariare la banca. Quale garanzia di stabilità offre una banca i cui dirigenti sono stati scelti per appartenenza politica? Alla rivelazione, il titolo ha perfino guadagnato in Borsa, perché non è una novità: così funziona l'Italia. O meglio così procede, perché non si può dire che funzioni.
Vorremmo credere che il problema è limitato alla Bpm. Purtroppo è molto più diffuso. Uno studio di Confindustria ci rivela che l'80% dei manager italiani dichiara che la determinante più importante del successo finanziario è la «conoscenza di persone importanti». La competenza e l'esperienza arrivano solo quinte dopo, tra l'altro, «lealtà ed obbedienza». Da caso a caso, l'affiliazione rilevante cambia: un'associazione cattolica, una loggia massonica, un clan mafioso, o più semplicemente il paese giusto (secondo Bossi, Grilli deve andare alla Banca d'Italia non perché bravo ma perché milanese). Ma il risultato non cambia: al merito, si preferisce il compare. Nella seconda repubblica, il manuale Cencelli è perfino considerato un esempio nobile: ora i posti si assegnano in base ai favori sessuali resi.
Questa trasposizione del manuale Cencelli all'economia è il motivo per cui in Italia si trovano le migliori segretarie e i peggiori manager. In un sistema che non premia il merito, molte persone, soprattutto donne, che avrebbero le capacità di essere manager, sono confinate al ruolo di segretaria. Mentre i posti dirigenziali sono affidati a chi è ben introdotto, anche se spesso incapace. Questo clientelismo è il motivo per cui sia il nostro Paese che Bpm si trovano in una profonda crisi finanziaria.

Questo metodo rende le nostre imprese inefficienti e distrugge nei giovani il desiderio di studiare. Perché devo sudare sui libri, se ad essere premiata non è la conoscenza, ma le conoscenze? Così i giovani investono in relazioni, utili nei rapporti politici, e non in know-how per esportare in Cina. Forse non è un caso che i nostri industriali si siano spostati sulle utilities, dove contano soprattutto i rapporti con il regolatore. È la teoria dei vantaggi comparati.

Quando un'impresa ha una cultura marcia viene acquisita o, prima o poi, fallisce. In un paese democratico come il nostro c'è sempre la speranza di un rinnovamento. Ma non basta un'alternanza politica, occorre una rivoluzione culturale. Senza questa rivoluzione, l'Italia è destinata alla stessa sorte: o un takeover di Francoforte o il fallimento.

L. Zingales Fonte: IlSole24Ore
giusperito
00giovedì 6 ottobre 2011 02:16
In un sistema normale dovrebbero essere premiati coloro che riescono a fare più utili..
in realtà il concetto di utile è più ampio di ottime performance di mercato. Potrebbe ben essere più capace uno di questi manager a piegare una banca all'interesse "nazionale"..
Non è vero che manca il merito, ma si deve vedere su quali parametri il merito viene valutato..
Un ladro è meritevole in un mondo di ladri.. se il sistema bancario deve funzionare in modo complementare ad un certo sistema paese, allora è ovvio che questi sono i meritevoli
.pisicchio.
00venerdì 7 ottobre 2011 03:37
Re:
giusperito, 06/10/2011 02.16:

In un sistema normale dovrebbero essere premiati coloro che riescono a fare più utili..
in realtà il concetto di utile è più ampio di ottime performance di mercato. Potrebbe ben essere più capace uno di questi manager a piegare una banca all'interesse "nazionale"..
Non è vero che manca il merito, ma si deve vedere su quali parametri il merito viene valutato..
Un ladro è meritevole in un mondo di ladri.. se il sistema bancario deve funzionare in modo complementare ad un certo sistema paese, allora è ovvio che questi sono i meritevoli




D'accordo ma questa è una cooperativa...

Domanda: c'entrano qualcosa i sindacati?
--letizia22--
00venerdì 7 ottobre 2011 10:29
Re:
giusperito, 06/10/2011 02.16:

In un sistema normale dovrebbero essere premiati coloro che riescono a fare più utili..
in realtà il concetto di utile è più ampio di ottime performance di mercato. Potrebbe ben essere più capace uno di questi manager a piegare una banca all'interesse "nazionale"..
Non è vero che manca il merito, ma si deve vedere su quali parametri il merito viene valutato..
Un ladro è meritevole in un mondo di ladri.. se il sistema bancario deve funzionare in modo complementare ad un certo sistema paese, allora è ovvio che questi sono i meritevoli




il punto e' proprio questo,il sogno utopico di smantellarlo.
trixam
00venerdì 7 ottobre 2011 16:04
Non riesco a capire lo stupore di zingales, che è un po' falso perché il sistema Bpm nell'ambiente lo conoscono tutti.
La bpm è il classico esempio di cosa succede quando in una azienda comandano i sindacati corporativi.
Quattro anni fa nel periodo delle grandi fusioni il presidente della banca, lo stimato roberto mazzotta, propose di fare una fusione con la Bper, la banca gemella delle cooperative rosse. Sarebbe così nata la quinta banca italiana, oltre che un terzo polo bancario ante litteram.

I sindacati bpm si misero di mezzo e fecero saltare l'affare. Furono più potenti della chiesa, del governo, di tutto il mondo cooperativo, che volevano fortemente la fusione e riuscirono a farla fallire.

I sindacati la giurarono a Mazzotta, il quale fu defenestrato nell'aprile dell'anno scorso a favore di Ponzellini, uno che dalle parti della campania è tristemente noto per essere il grande capo di Imprengilo, non proprio il massimo della garanzia in fatto di efficienza. Dopo un anno e mezzo in cui i sindacati hanno avuto il potere assoluto la banca capitalizza in borsa 700 milioni, la metà di quanto valeva diciotto mesi fa.

Ora la Bpm è una grana enorme e bisognerà trovare il modo di salvarla, perché se va avanti così salta in aria e rischia di portarsi dietro metà del nostro sistema finanziario.

Sarà interessante capire come sarà gestito questo primo bailout italiano.
giusperito
00venerdì 7 ottobre 2011 20:12
Re: Re:
.pisicchio., 07/10/2011 03.37:




D'accordo ma questa è una cooperativa...

Domanda: c'entrano qualcosa i sindacati?




In ogni caso il punto è che gli utili (oppure in questo caso le utilità) sono altre rispetto a quelle che giustificano la destinazione...

Non è tanto, o meglio non solo, il problema del sindacato, ma dell'intero sistema nel quale il commercialista bravo è quello che fa evadere le tasse, l'avvocato bravo è quello che inquina le prove, l'impiegato bravo è quello che spala la neve ad Agosto a Palermo...
.pisicchio.
00venerdì 7 ottobre 2011 22:40
Re: Re: Re:
giusperito, 07/10/2011 20.12:




In ogni caso il punto è che gli utili (oppure in questo caso le utilità) sono altre rispetto a quelle che giustificano la destinazione...

Non è tanto, o meglio non solo, il problema del sindacato, ma dell'intero sistema nel quale il commercialista bravo è quello che fa evadere le tasse, l'avvocato bravo è quello che inquina le prove, l'impiegato bravo è quello che spala la neve ad Agosto a Palermo...




Ovviamente sono d'accordo.

Il timore è che un certo tipo di cooperazione, unita allo strapotere fine a se stesso dei sindacati italiani, possa favorire certe distorsioni.


giusperito
00sabato 8 ottobre 2011 01:55
Su questo hai pienamente ragione...
Il punto è che sono gli stessi sindacati a far parte di questo sistema. In pratica i sindacalisti strumentalizzano i loro rappresentati, come appunto dici tu, ma secondo me sono anche funzionali al sistema nella misura in cui la loro posizione tutela posizioni di potere.
Non penso di dire un assurdo se affermo che ai sindacati la divisione corporativa della società attraverso gli albi conviene enormemente. Fare sindacato vuol dire fare casino con Marchionne e concludere contratti simili lontani dal clamore per fare un servizio al potente di turno che a sua volta ricambierà con una poltrona o qualche altra prebenda per il sindacalista.

La forma più becera di CGIL non è la CGIL stessa, ma Confindustria...
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