Re: Re: Re:
Allora Giusperito e Pisicchio(al quale chiedo scusa per l'offesa,a patto che la prossima volta eviti sfoghi pubblici additando gente che non conosce,di essere superficiale) con molta pazienza, mi sono letta tutte le dieci proposte e approfondimenti.
Per sommi capi, perché non ho avuto tempo e voglia di analizzare ulteriormente, ti riporto le obiezioni.
Faccio una premessa importante, sono tendenzialmente "sinistroide", ed utilizzo questo termine in senso spregiativo, non con riferimento alla mia persona, ma ad una sinistra che ha smesso i panni della sinistra, per divenire una coalizione non ben identificata, un'accozzaglia populista, che cerca alleanze e consenso al grido " Votare il pd è l'unica alternativa al berlusconismo" e così ha portato avanti una "stupenda" campagna elettorale datata 2013.
Alle primarie del Pd favoreggiavo per Renzi, perché un giovane uomo fresco, innovativo e contrario a D'Alema -anche se troppo mediatico e caldeggiato da certa imprenditoria- avrebbe potuto sollevare la miserabile caduta del partito democratico. Ma ha vinto la gerarchia, quella dei vecchi volponi, tanto per intenderci.
Questa premessa l'ho ritenuta importante per rendervi consapevole che parto tendenzialmente contraria a personaggi esponenti dell'economia e della finanza, ma non per questo resto acritica di fronte a quella politica che, in teoria, avrebbe dovuto rappresentarmi.
Per non parlare delle altre proposte e discese in campo, quali Ingroia, Grillo ecc..Preferisco un no comment.
Tanto premesso, veniamo a noi.
Nell'analizzare il programma di Giannino & Co., dopo averlo letto, mi sono aiutata col web (abbiate pazienza, ma un'analisi più personalizzata,avrebbe imposto tempi che non posso sottrarre allo studio) ed ho trovato spunti interessanti, che riassumono la mia idea al riguardo e che pertanto condivido.
Ne riporto alcuni:
1)
Ridurre l’ammontare del debito pubblico: è possibile scendere rapidamente sotto la soglia simbolica del 100% del PIL anche attraverso alienazioni del patrimonio pubblico, composto sia da immobili non vincolati sia da imprese o quote di esse.
A partire dagli anni '90 , L'italia ha realizzato un’enorme dismissione di partecipazioni statali, tra cui:
1)Alimentari: Sme, Gs, Autogrill, Cirio Bertolli De Rica, Pavesi
2)Siderurgia, alluminio, vetro: Italsider, Acciarieri di Terni, Dalmine, Acciaierie e Ferriere di Piombino, Csc, Alumix, Cementir, Siv
3)Chimica: Montefibre, Enichem Augusta, Inca International, Alcantara
4)Meccanica ed elettromeccanica: Nuovo Pignone, Italimpianti, Elsag Bailey Process Automation, Savio Macchine Tessili, Esaote Biomedica, VitroselEnia, Dea, Alenia Marconi Communication
5)Costruzioni: Società Italiana per Condotte d’Acqua
6)TLC: Telecom Italia
7)Editoria e pubblicità: Seat Pagine Gialle, Editrice Il Giorno, Nuova Same
8)Banche e assicurazioni: BNL, INA, IMI, ecc.
9)Trasporti: Società Autostrade
Negli anni 2000, inoltre, il governo ha messo sul mercato ingenti quantità di immobili di proprietà dello stato.
Questo non ha fatto “scendere rapidamente” il debito pubblico, visto anche che molte di queste società sono state vendute a prezzi bassi a causa della crisi degli inizi degli anni ’90.
Il risultato netto di queste privatizzazioni è che oggi le imprese italiane che hanno una qualche rilevanza internazionale sono solo le due principali aziende ancora controllate dallo stato: Eni ed Enel. L’esatto opposto di quello che i promotori dell’appello sostengono riguardo la presunta efficienza del privato e la irriformabile inefficienza del pubblico.
(vedere link-voce Eni)
www.economist.com/blogs/graphicdetail/2012/07/focus-1
2)
Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del PIL nell’arco di 5 anni. La spending review deve costituire il primo passo di un ripensamento complessivo della spesa, a partire dai costi della casta politico-burocratica e dai sussidi alle imprese (inclusi gli organi di informazione). Ripensare in modo organico le grandi voci di spesa, quali sanità e istruzione, introducendo meccanismi competitivi all’interno di quei settori. Riformare il sistema pensionistico per garantire vera equità inter—e intra—generazionale.
Al di là degli ammiccamenti populisti (“i costi della casta politico-burocratica”; chissà perché non i costi della casta degli economisti che sbagliano le previsioni) il punto centrale è “Ripensare in modo organico le grandi voci di spesa, quali sanità e istruzione”. Ma la nostra spesa sanitaria non è affatto eccessiva, anzi è sotto la media OCSE. Addirittura è minore della sola spesa pubblica pro-capite negli Stati Uniti, assicurando però una copertura maggiore, ed è inferiore a quella di paesi come il Regno Unito, il Canada, la Francia, la Germania.
(vedere grafico :Spesa sanitaria procapite pubblica e privata; fonte OCSE 2007, elaborazione Sole24Ore)
Riguardo i sussidi alle imprese: i soldi non bastano. Prima serve quell'infrastruttura fondamentale che si chiama legalità e poi sicurezza. Senza di loro nessun investimento finisce per raggiungere alcun risultato.
3)
Ridurre la pressione fiscale complessiva di almeno 5 punti in 5 anni, dando la priorità alla riduzione delle imposte sul reddito da lavoro e d’impresa. Semplificare il sistema tributario e combattere l’evasione fiscale destinando il gettito alla riduzione delle imposte.
Tutti vogliamo meno tasse. Il problema è fare in modo che il maggiore reddito disponibile non finisca in risparmio. Per ora quel che succede è che lo Stato preleva dalle tasche degli italiani troppo e lo destina in quantità sempre crescenti a pagare gli interessi ai rentier (sia italiani che stranieri) detentori di titoli di stato. Forse sarebbe il caso di analizzare come risolvere questo problema, dopodiché abbassare le tasse sarà facile senza compromettere i servizi.
4)
Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali, a titolo di esempio: trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali e banche (inclusi gli assetti proprietari). Privatizzare le imprese pubbliche con modalità e obiettivi pro-concorrenziali nei rispettivi settori. Inserire nella Costituzione il principio della concorrenza come metodo di funzionamento del sistema economico, contro privilegi e monopoli d’ogni sorta. Privatizzare la RAI, abolire canone e tetto pubblicitario, eliminare il duopolio imperfetto su cui il settore si regge favorendo la concorrenza. Affidare i servizi pubblici, incluso quello radiotelevisivo, tramite gara fra imprese concorrenti.
La concorrenza nei trasporti ferroviari c’è da alcuni mesi: il risultato è che le tariffe standard sono sostanzialmente le stesse tra operatore pubblico e privato, mentre le FS, pressate dalla concorrenza, sono indotte a ridurre i servizi meno remunerativi (treni notte, trasporto locale).
Privatizzare la RAI comporterebbe non tanto la svendita della Rai quanto il suo definitivo smantellamento.
Non sarebbe meglio, e utile per tutti, piuttosto che dissolverla, liberarla dall’assedio dei partiti e riformarla affinché possa assumere un’autentica funzione di servizio pubblico e un ruolo trainante nel sistema italiano della comunicazione?
Quanto alle altre privatizzazioni, va aggiunto che questo è senz’altro il momento meno indicato a causa della svalutazione delle nostre imprese, che già sta favorendo importanti acquisizioni estere.
5)
Sostenere i livelli di reddito di chi momentaneamente perde il lavoro anziché tutelare il posto di lavoro esistente o le imprese inefficienti. Tutti i lavoratori, indipendentemente dalla dimensione dell’impresa in cui lavoravano, devono godere di un sussidio di disoccupazione e di strumenti di formazione che permettano e incentivino la ricerca di un nuovo posto di lavoro quando necessario, scoraggiando altresì la cultura della dipendenza dallo Stato. Il pubblico impiego deve essere governato dalle stesse norme che sovrintendono al lavoro privato introducendo maggiore flessibilità sia del rapporto di lavoro che in costanza del rapporto di lavoro.
Dal 2003 l’Italia ha diminuito le protezioni dai licenziamenti (cioè ha aumentato la flessibilità) più di ogni altro paese OCSE. Il risultato è che l’occupazione non è aumentata, l’incertezza è diventata la condizione standard del lavoratore, i figli guadagnano meno dei padri. Ovviamente non si è proceduto ad alcuna compensazione in termini di welfare: difficile sostenere contemporaneamente che occorre diminuire la spesa pubblica mentre si propongono misure che la farebbero aumentare a dismisura. A meno che tali costi non siano a carico di imprese e lavoratori, ovvero si trasformino in un aumento dei contributi (quindi dell’imposizione). Ma non si era detto al punto 3) di diminuire la tassazione su lavoro e imprese?
6)
Adottare immediatamente una legislazione organica sui conflitti d’interesse.
"In Italia il problema del conflitto di interessi nel rapporto tra interessi pubblici e privati ha assunto notorietà nazionale da quando Silvio Berlusconi ha preso parte alla campagna elettorale del 1994".
Da allora tante parole e niente fatti. Ergo FUFFA!. E non sarà Giannino a convincermi del contrario, è argomento riciclato ad ogni tornata elettorale.Ogni tanto ripescato dal cassetto dei ricordi.
7)
Far funzionare la giustizia. Riformare il codice di procedura e la carriera dei magistrati, con netta distinzione dei percorsi e avanzamento basato sulla performance; no agli avanzamenti di carriera dovuti alla sola anzianità. Introdurre e sviluppare forme di specializzazione che siano in grado di far crescere l’efficienza e la prevedibilità delle decisioni. Difendere l’indipendenza di tutta la magistratura, sia inquirente che giudicante. Assicurare la terzietà dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati. Gestione professionale dei tribunali generalizzando i modelli adottati in alcuni di essi. Assicurare la certezza della pena da scontare in un sistema carcerario umanizzato.
Un sistema carcerario umanizzato richiede più spesa, ma non possiamo farla perché il punto 2) dice che dobbiamo ridurla.
Che significa "introdurre e sviluppare forme di specializzazione che siano in grado di far crescere ....la prevedibilità delle decisoni"?
8) Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne, oggi in gran parte esclusi dal mercato del lavoro e dagli ambiti più rilevanti del potere economico e politico. Non esiste una singola misura in grado di farci raggiungere questo obiettivo; occorre agire per eliminare il dualismo occupazionale, scoraggiare la discriminazione di età e sesso nel mondo del lavoro, offrire strumenti di assicurazione contro la disoccupazione, facilitare la creazione di nuove imprese, permettere effettiva mobilità meritocratica in ogni settore dell’economia e della società e, finalmente, rifondare il sistema educativo.
“Eliminare il dualismo occupazionale” richiederebbe dare ai giovani le stesse garanzie dei padri. Ma questo è l’opposto di quanto affermato in precedenza. L’alternativa è fare il contrario, ovvero togliere garanzie ai lavoratori a tempo indeterminato, come si è iniziato a fare con la riforma dell’art.18. Ma come questo aiuterebbe i giovani è difficile immaginarlo. Riguardo gli “strumenti di assicurazione contro la disoccupazione” si è già detto.
“Facilitare la creazione di nuove imprese”: è stato già fatto. Ora si può aprire un’impresa con un solo euro. Trovare un cliente che si fidi di una società senza capitali è altro discorso. Peraltro il problema del nostro paese è l’esatto opposto: ci sono troppe aziende e troppo piccole per realizzare quelle necessarie economie di scala che permettano l’aumento della produttività.
9)
Ridare alla scuola e all’università il ruolo, perso da tempo, di volani dell’emancipazione socio-economica delle nuove generazioni. Non si tratta di spendere di meno, occorre anzi trovare le risorse per spendere di più in educazione e ricerca. Però, prima di aggiungere benzina nel motore di una macchina che non funziona, occorre farla funzionare bene. Questo significa spendere meglio e più efficacemente le risorse già disponibili. Vanno pertanto introdotti cambiamenti sistemici: la concorrenza fra istituzioni scolastiche e la selezione meritocratica di docenti e studenti devono trasformarsi nelle linee guida di un rinnovato sistema educativo. Va abolito il valore legale del titolo di studio.
Ma come, non si era detto al punto 2) che bisogna intervenire anche sull’istruzione per ridurre le spese? Riguardo all’abolizione del valore legale del titolo di studio, gli unici che se ne avvantaggerebbero sono le scuole e le università private, come accade negli Stati Uniti.
Peraltro mi preme di ricordare che l'abolizione del valore legale del titolo di studio era auspicata dalla loggia P2 nel Piano di rinascita democratica.Ergo una proposta da MASSONI.
10)
Introdurre il vero federalismo con l’attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute. Totale trasparenza dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici con l’obbligo della loro pubblicazione sui rispettivi siti Internet. La stessa “questione meridionale” va affrontata in questo contesto, abbandonando la dannosa e fallimentare politica di sussidi seguita nell’ultimo mezzo secolo.
Il federalismo porta ad aumentare l’inefficienza moltiplicando i centri di spesa e di decisione. Non a caso infatti nella spending review si è puntato molto sugli acquisti centralizzati. Si guardi alle Regioni che già oggi sono più autonome, come la Val d’Aosta e la Sicilia: non esattamente un modello in termini di efficienza. Certo, il manifesto parla di “pareggio di bilancio”, ma dare alle Regioni una più ampia autonomia in termini di entrate significa una cosa semplice: più tasse. Darla in termini di spesa significa più spesa, magari in prebende agli amici degli amici, come ci ricordano sempre gli stessi firmatari del manifesto. Il pareggio di bilancio si fa anche tassando al 100% i redditi privati e spendendo il 100% degli introiti: gli estensori dell’appello vogliono una repubblica federale socialista?
La strada è semmai opposta, a partire dall’abolizione delle province (tutte).
Questo è quanto. In sostanza Giannino non può rappresentarmi. Ho letto Gius, che corri per la lista di questo partito, che attualmente si aggira attorno al 2,0% dei consensi. Non è un voto sprecato? piccola provocazione ; )